Quando si decide di trascorrere un periodo di studio all'estero, non si possono immaginare le diversità, e in alcuni casi le stranezze, a cui si andrà incontro stando a contatto con culture diverse. Per esempio il rito del tè: se si decide di andare a vivere con una famiglia inglese, la maggior parte delle volte bisogna essere pronti al fatto che probabilmente non si berrà altro se non tè. Non importa l’ora del giorno, gli inglesi ne bevono dalla mattina alla sera, e non bisogna neanche chiedere se per caso ne vogliano un po’, perché la risposta sarà sempre sì! I momenti in cui si prepara il tè erano diventati per me quasi come un rituale sistematico: dal tipico bollitore, alla giusta tipologia di tè, fino alla perfetta quantità di latte da aggiungere.
Un altro aspetto piuttosto bizzarro è il fatto che quasi sicuramente i pavimenti della tipica casa inglese sono ricoperti interamente da uno strato di moquette: dalla cucina, al salotto, le camere, per arrivare a mettere tappeti persino in bagno! La cosa più sconvolgente è stato il fatto di ritrovare una sorta di moquette anche in alcune aule scolastiche, che
forse dava una sensazione di accoglienza, ma al tempo stesso non era il massimo nelle frequenti giornate di pioggia.
Un altro elemento è il saluto. Mi ha stupito il modo nel quale gli inglesi si salutano quando si incontrano. Quello che dicono letteralmente è “you all right?” al quale verrebbe da rispondere dicendo che va
tutto bene e chiedendo di rimando all’altra persona come sta. Il punto è questo: molte volte quando si incontrano gli inglesi chiedono all’altro come sta e poi proseguono per la loro strada senza aspettare la risposta, mentre lo straniero rimane lì con ancora la risposta sulle labbra, chiedendosi dove abbia sbagliato.
Parlando di precipitazioni improvvise, la maggior parte delle volte, se non si è del posto, ci si ritrova senza ombrello sotto la pioggia scrosciante perché dieci minuti prima, quando si era usciti di casa, c’era il sole, mentre le persone del luogo continuano la loro vita normalmente, non curanti del mal tempo, e guardando al povero turista completamente zuppo di pioggia.
Le stranezze insomma non mancano, ma forse è proprio questo il bello: potersi confrontare con una realtà così diversa e mettersi in gioco adattandosi alle circostanze come meglio si può; e alla fine di tutte le disavventure che possono capitare, ci si riderà sopra una volta tornati a casa, conservando gelosamente il ricordo delle belle (e brutte) avventure passate.
Elisabetta Semeraro, 4^AS
Trascorrere il mio quarto anno di superiori in America è stata un’esperienza indimenticabile che ti cambia la vita. Ho incontrato moltissime persone fantastiche in questi 8 mesi, persone con cui ho legato veramente tanto e che hanno reso il mio anno di studio all'estero davvero speciale.
Gli Stati Uniti sono un paese enorme e di conseguenza tutto è più grande, dalle case ai supermercati, alle macchine e alle scuole. E, come si pensa, anche le feste negli USA sono spropositate! A partire da Halloween in cui il giardino di casa diventa un cimitero, a Natale in cui trovi tre babbi natale sul tetto e venti proiettori per illuminare la casa. Ovviamente non si scherza nemmeno con lo sport e, come in Italia il calcio, in America il football è l’attrazione principale. Essendo vissuta in Wisconsin è stato impossibile non diventare una fan dei Packers e, ogni domenica in cui giocavano, era d’obbligo indossare vestiti con il logo o i colori della squadra.
Anche per la scuola lo sport è considerato importantissimo; non solo è un momento di crescita per i ragazzi, ma crea anche grandi entusiasmi tra la comunità. Un esempio sono le partite di football e basketball del venerdì sera; tutti erano presenti, la sezione studentesca, genitori, amici, insegnanti e persino la band della scuola per suonare nelle pause. Finita la partita, tutti noi ragazzi ci ritrovavamo poi da Culver’s, una gelateria tipica del Wisconsin. Io ho giocato nella squadra di pallavolo ed è stato molto divertente. Le partite erano sempre durante la settimana dopo scuola, e quando eravamo in trasferta, il
classico pullman giallo veniva a prenderci e ci portava tutte insieme. Essere nella squadra della scuola mi ha permesso di farmi nuovi amici e di creare un rapporto anche con i professori, poiché sono alcuni di loro a farci da coach.
Durante questi otto mesi ho vissuto come una vera ragazza americana, andando a scuola con una decappottabile, mangiando in un fast food più volte a settimana, partecipando ai mega balli scolastici e partecipando a vari club extrascolastici.
Sono molto contenta di aver avuto la possibilità di fare questa esperienza che, non solo mi ha aperto gli occhi su realtà diverse, ma mi ha anche fatto capire quanto ci si possa affezionare a persone e luoghi di cui non supponevo nemmeno l’esistenza.
Veronica Vergagni, 4^AA