Dialogo Aperto 3

Copertina

Riscaldamento globale (V. F. 2021)

Penny Black


Oggi è il momento di riprendere in mano uno dei film più intensi e intelligenti del cinema italiano: “La tigre e la neve”.

Si può spiegare la poesia?

Attilio improvvisa una concitata lezione intrecciando metafore, ossimori, antitesi, dice e non dice, afferma e nega, esplora ed evoca. La poesia d’amore, per la vita, per una donna, per gli esseri umani è l’unica forma che riesce a concepire, a comporre, a sentire. Ma la realtà cozza inesorabilmente con il suo modo di vedere il mondo, la guerra, gli scorni, la complessità dei rapporti; le responsabilità di un padre e marito lo mettono a dura prova.

L’alternativa è la poesia civile, di denuncia, di condanna dell’essere umano, delle guerre e delle distruzioni. La poesia di Fuan, iracheno in esilio, che dà voce al suo dolore, che crede nella melodia di un verso per vincere la ferita di un popolo sottomesso e devastato. Due uomini, una passione, una sensibilità comune, due sguardi antitetici. Non vi racconterò il seguito di una trama complessa ma intrigante, vi chiedo di cercare la soluzione da soli: ma quella bellissima tigre che incede per le vie di Roma, sotto uno sfarfallio di pollini, che sembrano neve, in una primavera bellissima, sono il messaggio che arriva a chi sa ascoltare, a chi riesce a vedere con gli occhi di un fanciullo.

La poesia è leggera, come la neve, ma non va banalizzata: è la voce dirompente che il tempo non riesce a scalfire, che sia la guerra o un’epidemia; l’armonia del verso vince su ogni tentativo di brutalizzare l’uomo, di ridurlo a una controfigura di se stesso. Vince la desolazione, crea catene di solidarietà nel momento in cui risveglia i sensi. Si può ancora leggere poesia, si deve leggere poesia, per poter volare alti, leggeri, per ritrovare la magia di una tempesta, senza averne paura, per ascoltare una voce creata dal fruscio delle fronde o dal fragore delle onde e lasciarsi travolgere senza paura di annegare. Si deve riuscire a ritrovare il gusto di quell’intimità che da anni è stata sconvolta dal fragore delle masse, dalla frenesia di ritrovarsi senza aver nulla da dirsi, dal caos degli assembramenti in cui ognuno si annulla. Oggi, più che mai, la soluzione alla nostra disperazione, alla nostra fragilità emotiva, alla nostra rabbia di reclusi… oggi, la soluzione è la poesia.

Hikikomori

I ragazzi che si "tirano in disparte"

S. A.

Con l’arrivo del Covid e dei lunghi mesi di lockdown la fascia di popolazione più sofferente è senz’altro quella degli adolescenti. La chiusura, la lontananza da scuola, l’annullamento di ogni scansione della giornata hanno determinato il diffondersi di atteggiamenti sempre più asociali. Chi già prima della pandemia viveva con difficoltà le relazioni fra pari ha trovato nel lockdown la condizione favorevole all’annullamento di ogni contatto fisico. La casa, e poi sempre più la camera sono diventati gli spazi protettivi, l’universo in cui immergersi. In Italia, secondo le ultime indagini, inizia a diffondersi sempre più il fenomeno hikikomori, un fenomeno giapponese che porta all’isolamento sociale volontario degli adolescenti, che si rinchiudono nelle proprie camere.

Prima di spiegare cos’è un hikikomori bisogna prima sapere cosa non è. Con l’aumento di questo fenomeno se ne sente molto più spesso parlare in testate giornalistiche e in televisione. Per alcuni l’ansia sociale può portare chi ne soffre ad evitare la maggior parte delle situazioni sociali, per paura di comportarsi in modo sbagliato o di venir mal giudicato. È innegabile che dopo l’uscita da un lungo periodo di isolamento si tenda ad avere ancora più paura di uscire di casa, ma una fobia sociale non può essere definita come causa. C’è chi attribuisce questo comportamento alla dipendenza da Internet, ma al contrario, nel caso dell’hikikomori la dipendenza da Internet, come la depressione o la fobia sociale, sono solo conseguenze del fenomeno. Spesso si definisce inappropriatamente l’hikikomori come una malattia.

E allora come definirlo? Sarebbe forse più opportuno definirlo una tendenza all’isolamento volontario, continuo nel tempo, per un periodo non inferiore ai sei mesi. Può verificarsi conseguentemente a una serie di pressioni sociali, come conseguenti fallimenti a scuola o a lavoro, ma anche nelle relazioni affettive e sociali. Tuttavia ci sono casi dichiarati di profitti scolastici eccellenti, di interazioni sociali regolari a cui hanno fatto seguito un isolamento inspiegabile, persino di 7 anni. Durante il periodo di isolamento si perdono gli interessi per lo studio o per il lavoro e ci si rifiuta di mantenere rapporti con le persone, compresi amici o parenti.

Ciò che preoccupa gli specialisti è l’aumento esponenzialmente in Italia di questo fenomeno da quando è iniziato il lockdown. Non vuol dire che siamo tutti hikikomori, dato che c’è differenza tra isolamento forzato e volontario, e di conseguenza le ripercussioni psicologiche sono diverse. Ad esempio, la solitudine psicologica è una condizione soggettiva che varia da individuo a individuo e consiste nel non sentirsi riconosciuti dagli altri per ciò che davvero si è. Questo porta alla sensazione di essere soli anche quando siamo a contatto con gli altri. Chi stava iniziando a uscire, o ci stava provando, ha perso i suoi appigli e non può più svolgere attività esterne che lo avrebbero aiutato ad ambientarsi nuovamente al mondo sociale. Chi invece stava iniziando ad isolarsi trova nel lockdown un acceleramento della fase, arrivando, prima di ricevere aiuti, all’isolamento. Secondo un sondaggio di “Hikikomori Italia” circa il 40% delle persone in isolamento volontario si sono sentite meglio durante il lockdown, il disagio è invece iniziato quando pian piano le attività quotidiane sono riprese. La DAD pare sia comunque riuscita ad avvicinare alcuni ragazzi alla scuola e a favorire la ripresa delle relazioni. Non tutto il male vien per nuocere!


Esistono sicuramente molti altri libri che potrebbero insegnare valori importanti, ma mi chiedo se il valore del messaggio di un libro non stia soprattutto in chi lo legge e ha voglia di trovarlo. Se non ascoltiamo con la voglia di scoprire ciò che i grandi scrittori hanno scritto, nessun capolavoro sarà in grado di “parlare” con noi.

I Promessi Sposi

T. V.

I Promessi Sposi sono considerati un testo fondamentale della letteratura italiana e per questo da decenni sono inseriti nel programma scolastico delle scuole medie e superiori.

Non tutti però riconoscono al testo di Manzoni la sua utilità: c’è chi lo ritiene superato, un esempio di letteratura dell’Ottocento che ormai non ha nulla da dirci, se non dal punto di vista storico, e che andrebbe sostituito da testi più “contemporanei”, capaci di parlare alle nuove generazioni.

Altri, invece, sostengono che le vicende di Renzo e Lucia sono facilmente trasferibili ai nostri giorni e possono parlare ai giovani di oggi e dare una chiave di lettura del mondo attuale.

Sicuramente la storia di due innamorati che devono superare tante prove per coronare il loro sogno di diventare marito e moglie non è originale: mi vengono in mente alcuni film che ho visto, anche tratti da libri famosissimi, come “Giulietta e Romeo” (scritto da Shakespeare e trasformato in un film da Zeffirelli) oppure “West Side Story”, un musical di Arthur Laurents e Stephen Sondheim, musicato da Leonard Bernstein. Il fatto è che le storie d’amore complicate sono senza tempo, forse perché l’amore di due giovani è un argomento che, in modi diversi, resta uguale in ogni epoca storica: i ragazzi che si amano e che combattono per poter stare insieme parlano un linguaggio comune a tutti, capace di superare le barriere del tempo.

Questo primo elemento, secondo me, rende il romanzo di Manzoni un libro in grado di parlare a tutte le generazioni.

Sicuramente il linguaggio dell’Ottocento di Manzoni, che era “attuale” nel momento in cui il romanzo è stato scritto, allontana i giovani della mia generazione dalla sua lettura: le parole sono complicate, qualche volta mai sentite e le frasi sono lunghe e complesse, tanto che molto spesso perdo il filo del discorso e devo rileggerle da capo. Le note di spiegazione, che aiutano a comprendere il testo, rallentano e rendono più faticosa il coinvolgimento nella storia. Insomma, bisogna avvicinarsi ai Promessi Sposi con la voglia di scoprire cosa ha da dirci, per provare a capire se la storia di Renzo e Lucia potrebbe essere anche una storia di oggi.

I due promessi sposi vivono in un mondo complicato, in cui chi ha il potere lo esercita spesso per i suoi fini personali, sottomettendo i deboli con prepotenza e arroganza. Come si può dire che questo aspetto della società non sia molto simile a quanto accade in ogni epoca? Le molestie nei confronti delle donne, la legge che non è uguale per tutti, la forza che viene usata senza giustizia sono cose che si riconoscono facilmente anche oggi, nei fatti di cronaca, sfogliando i giornali. Sicuramente Renzo e Lucia oggi avrebbero più possibilità di trovare aiuto dalla legge e dallo Stato, ma non è detto che troverebbero subito giustizia.

E come accade in ogni epoca, nel romanzo ci sono, accanto ai prepotenti e agli arroganti, gli uomini giusti, guidati da senso del dovere e della responsabilità, che cercano di portare a termine i propri compiti per i bene della comunità. Costoro per Manzoni alla fine vincono sui corrotti, perché sono guidati dalla provvidenza di Dio.

Questo aspetto dei Promessi Sposi forse è quello che più lo allontana dall’attualità: il suo legame con la religione cattolica e con l’idea che Dio “vede e provvede” e fa in modo che il Bene trionfi sempre sul Male lo rende un romanzo molto legato all’epoca in cui è scritto, mentre lo allontana dalle caratteristiche della società di oggi.

Insomma, anche se il dibattito tra chi riconosce all’opera di Manzoni un valore che scavalca i secoli e chi invece la ritiene un’opera datata rimarrà ancora aperto, secondo me guardando il testo in modo ampio e tralasciando i dettagli della lingua, che certamente non può essere vicina a noi, e di pochi altri aspetti, Manzoni ci ha lasciato un libro che può parlare a chiunque. Lo ha fatto scegliendo come protagonisti due ragazzi di origini umili, ma con il coraggio di chi ha un sogno da raggiungere, che si abbattono, perdono la speranza e soffrono nelle avversità, ma che non si danno per vinti e trovano forza intorno a loro, nelle persone che li aiutano e che gli ridanno speranza.

Esistono sicuramente molti altri libri che potrebbero insegnare valori importanti, ma mi chiedo se il valore del messaggio di un libro non stia soprattutto in chi lo legge e ha voglia di trovarlo. Se non ascoltiamo con la voglia di scoprire ciò che i grandi scrittori hanno scritto, nessun capolavoro sarà in grado di “parlare” con noi.