Il testo si offre come un'affascinante riflessione sullo sviluppo dell'architettura moderna e sulla sua evoluzione verso un ritorno al simbolismo e alla monumentalità, con una particolare attenzione alla figura di Jørn Utzon, autore del celebre progetto della Sydney Opera House, e alla sua influenza su alcuni dei maggiori architetti contemporanei, come Frank Gehry.
La prima parte del testo stabilisce un filo conduttore che attraversa diversi progetti e architetti, iniziando da Utzon e giungendo fino a Gehry, passando per altre figure significative come Renzo Piano, Ralph Erskine e alcuni riferimenti al movimento del Bauhaus. La riflessione verte sul cambiamento della concezione dell'architettura da un linguaggio funzionalista e minimalista, tipico dell'architettura moderna, verso una nuova attenzione al simbolo, alla forma monumentale e alla rappresentazione collettiva.
L'autore sottolinea l'importanza di Utzon come precursore in questo ritorno al simbolo: il suo progetto per la Sydney Opera House non solo rappresenta l'iconico edificio che è oggi, ma diventa un simbolo di una collettività, di un continente. La scelta di Utzon di dar vita a un'opera che non si limita a essere un semplice edificio funzionale, ma che è in grado di rappresentare culturalmente e socialmente una comunità, segna un'importante transizione nella storia dell'architettura. La sua capacità di unire l'estetica con il simbolismo e l'identità collettiva è vista come un aspetto innovativo e radicale per l'epoca.
Il testo poi passa ad analizzare l'opera di Frank Gehry, in particolare il Museo Guggenheim di Bilbao, come esempio di una nuova forma di monumentalismo che non è legata ai poteri autoritari o politici, ma a una rinascita civica e collettiva. La "luna meccanica" e la "pelle e spazi" che caratterizzano il museo di Gehry sono descritti come una risposta al caos della città, ma anche come un simbolo di rinascita, che si integra con il paesaggio e le dinamiche sociali. Qui, la lettura del monumento come un "fatto civico" è molto forte: l'architettura diventa non solo un luogo di fruizione, ma anche un motore di cambiamento sociale e culturale.
La riflessione si spinge poi verso una comparazione tra l'architettura di oggi e quella del passato, in particolare riguardo alla metaforizzazione. Se in passato l'architettura era vista come una "macchina" (un concetto ancora evidente in opere come il Beaubourg di Piano), oggi si tende a cercare un significato simbolico più profondo nei progetti. L'autore suggerisce che questo cambiamento è il riflesso di un mutamento nella società e nella cultura, dove l'architettura non è più solo un oggetto funzionale, ma anche un veicolo di significato, in grado di rappresentare valori, emozioni e idee.
Nel suo complesso, il testo esplora in modo appassionato e articolato l'evoluzione dell'architettura moderna, evidenziando il passaggio dalla pura funzionalità e astrattezza alla ricerca di un linguaggio più ricco e complesso, che include la dimensione simbolica e rappresentativa. La figura di Utzon emerge come quella di un precursore in questo processo, mentre l'analisi di Gehry e degli altri architetti contemporanei dimostra come il monumentalismo e il simbolismo siano tornati ad avere un ruolo centrale, non solo come riflesso di potere, ma come manifestazione di un'identità collettiva e civica.
In definitiva, il testo invita a riflettere su come l'architettura possa evolversi e rispondere ai cambiamenti storici e culturali, e come, da un linguaggio puramente funzionalista, si sia passati a un'architettura che, pur mantenendo un forte legame con la modernità, riacquista anche una dimensione simbolica e monumentale, capace di dialogare con la collettività e di esprimere valori universali.