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COMIT–NEWS n. 15 - Febbraio 2020

Notiziario ad uso interno del Comitato di Gemellaggio e Cooperazione fra i Popoli - ODV

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SPECIALE VIAGGIO

IN BANGLADESH 2019

EMOZIONI DEL MIO PRIMO VIAGGIO

Nel novembre scorso ho condiviso con Alberto e Fiorenzo un viaggio molto intenso ed emozionante. E’ durato tre settimane e insieme abbiamo attraversato tutto il Bangladesh, dall’estremo nord fino a vedere l’India oltre il confine, al profondo sud, arrivando ai margini della Foresta del Bengala, 80 km di mangrovie che dividono gli ultimi villaggi di fango dalle onde dell’Oceano Indiano.

Per visitare 24 scuole e conoscere migliaia di bambini, abbiamo percorso migliaia di km nel traffico caotico e rumorosissimo delle città o nel silenzio assordante dei sentieri che si snodano sugli argini assolati di immense risaie.

Ho vissuto moltissime emozioni, non tutte belle, ma tutte estremamente forti e acuminate... di quelle capaci di perforare l’anima e di penetrarci fino al nucleo più profondo. Raccontarle tutte è praticamente impossibile per cui mi limiterò a due: due bambini, due incontri, due emozioni.

La prima bambina, il primo incontro, la prima emozione si chiama Molina. Anche se è vietata dalla legge, la violenza di dare in sposa bambine piccolissime è ancora molto radicata in Bangladesh, soprattutto nei villaggi. L’ho definita violenza perché è esattamente questo il matrimonio precoce, un’inaccettabile violenza. Molte bambine muoiono durante il primo parto perché il loro corpo non è ancora pronto a sopportarlo. A tutte, comunque, viene tolto il diritto di essere bambine, il tempo di giocare e di crescere e la possibilità di studiare. Sono costrette, ancora acerbe, a diventare donne e mogli.

Molina ha 15 anni e da due anni vive con le suore a Dargachala, un complesso che, oltre al convento, comprende una scuola e una chiesa. All’età di 13 anni Molina si sarebbe dovuta sposare. Il marito era già stato scelto e i preparativi erano quasi ultimati ma, grazie a una serie di fortunate coincidenze, è riuscita a sfuggire a quel matrimonio che non voleva e a rifugiarsi nel convento. L'ho tenuta per mano per tutto il tempo, anzi, è stata lei a prendermi la mano e a stringermela forte. Me l'ha lasciata soltanto quando stavamo per andarcene.

Molina ha gli occhi nerissimi, lo stesso nero di una notte senza luna. E brillano, tantissimo, molto di più delle stelle. Chiunque abbia la fortuna di poter spingere lo sguardo in quello scintillio, giù, dentro, in profondità, li vede molto chiaramente. Vede tutto il suo coraggio, tutta la sua determinazione e tutta la sua forza.

La seconda bambina, il secondo incontro, la seconda emozione è uno scricciolo di poco più di un anno. E’ una bambina seguita dal Centro di Fisioterapia di Botyaghata gestito da Pang'onoPang'ono onlus. Era in braccio a suo padre e, quando mi sono avvicinato, lui me l'ha affidata immediatamente, senza che glielo chiedessi. Probabilmente aveva percepito il mio fortissimo desiderio che lo facesse. L'ha fatto, però, con estrema attenzione e cura. Le stesse che si userebbero per maneggiare un preziosissimo oggetto di finissima e fragilissima porcellana.

L'ho definita scricciolo non a caso, era davvero come un piccolo uccellino appena uscito dall'uovo. Non aveva ancora allungato le zampine e nemmeno aperto le ali. Rattrappita e incapace di muoversi, sembrava fosse ancora rinchiusa dentro il guscio. I fisioterapisti la stanno aiutando a distendere e a irrobustire le gambe e le braccia per poter pian piano spiccare il volo. L'aiuteranno ad aprirsi, a sbocciare come un fiore. Da sola, senza il loro aiuto, non riuscirebbe mai a farlo, resterebbe per sempre chiusa nel suo uovo invisibile. Sarebbe troppo lungo descrivere tutte le emozioni che ho sentito mentre stringevo al petto quel piccolo scricciolo immobile e indifeso, per cui mi limito all'ultima, la più intensa che, comunque, in un certo senso, racchiude tutte le altre. Un attimo dopo averla restituita alle braccia di suo padre, con la stessa identica attenzione e cura che lui aveva usato, ho provato un profondo senso di gratitudine verso quella bambina. Sì, gratitudine, perché mi ha fatto ricordare quanto sia preziosa e fragile la vita e che bisognerebbe sempre usare un'estrema attenzione e cura quando la "maneggiamo". Dovremmo sempre vivere ricordando di avere tra le mani un preziosissimo oggetto di finissima e fragilissima porcellana, perché è esattamente così la nostra vita e quella di chiunque altro, soprattutto quella dei bambini, preziosissima e fragilissima.

Paolo

DIARIO DI VIAGGIO - 4 NOVEMBRE 2019

Stamattina sveglia presto, rapida e sostanziosa colazione alla Caritas e poi partenza con pulmino; meta della giornata la visita a tre parrocchie ed altrettante scuole situate al Nord. Incontreremo tre realtà diverse: prima parrocchia Biroudakuni: complesso scolastico molto grande, oltre 700 ragazzi che frequentano dalla prima alla decima, c’è il desiderio di ampliare l’offerta scolastica al grado superiore.

Seconda scuola nella parrocchia di Cassiapara, zona molto povera, edificio piccolo e bisognoso di restauri; in passato il Comitato è intervenuto per far costruire la recinzione ed il cancello di accesso all’area scolastica. I responsabili della scuola ci chiedono se possiamo aiutarli e se possiamo prendere in “adozione” qualche bimbo piccolo del loro villaggio dal momento che molti tra i più grandi, concluso il ciclo primario, lasciano la scuola per andare a lavorare. Nella piccola aula assiepata di bambini e genitori, con quelli che non sono riusciti ad entrare e che si accalcano affacciati alle finestre, al momento dello scambio di saluti fra noi e gli insegnanti si alza e chiede la parola una donna dall’aspetto umile e dimesso: è la mamma di un ragazzo che, parecchi anni fa, è stato adottato da un sostenitore del Comitato. Vuole pubblicamente ringraziare per l’aiuto economico ricevuto per suo figlio Belrak, somme che gli hanno consentito di studiare e di arrivare fino all’università. Oggi egli è un uomo che può più facilmente entrare nel mondo del lavoro e vedere più rispettata la sua vita (non dimentichiamo che la maggioranza delle persone che incontriamo e che il Comitato aiuta sono dei “fuori casta” e, come tali, privati di ogni dignità). E’ un momento di intensa emozione per noi del Comitato che siamo lì presenti.

La stretta di mano tra Fiorenzo e la mamma è l’abbraccio di due popoli, lontani geograficamente, ma che vogliono essere vicini col cuore e con la concretezza dei gesti; siamo noi grati a questo popolo, a questi bambini ed alle loro famiglie che ci insegnano con semplicità ad amare il nostro prossimo.

Carichi di questa emozione partiamo in gran fretta (siamo in ritardo!) per raggiungere l’ultima scuola, in elenco per la giornata, che si trova nella parrocchia di Dharpara. Troviamo la situazione molto diversa rispetto all’ultima volta che l’abbiamo visitata nel viaggio del 2017; l’edificio che ospitava la scuoletta, piccola e malandata, ora è stato ristrutturato ed è alloggio di una comunità di suore, mentre la scuola è stata riedificata ed ampliata e può ospitare molti più bambini.

Anche qui l’accoglienza è calorosa e gioiosa come dovunque; addirittura qui riceviamo l’investitura a “cittadini onorari del villaggio” testimoniata dal dono del tipico copricapo locale, ornato di piume, che gli uomini indossano nelle grandi cerimonie e feste, oltre al dono di un’oca viva, consegnata a Fiorenzo, e di due bottiglie del loro tipico liquore, il “ciù”, molto gradito ed apprezzato da tutti noi, in particolare da me che vengo “casualmente” designato per la consegna.

Nello scambio di informazioni che sempre abbiamo con gli insegnanti e con i responsabili delle varie scuole cerchiamo di fare emergere le necessità presenti per avere un quadro il più possibile dettagliato che indirizzi i futuri interventi del Comitato. Qui indubbiamente constatiamo che la situazione è molto migliorata sul piano strutturale, è richiesto, se possibile, un aiuto per tutto quel materiale che serve all’insegnamento: lavagne, quaderni, penne, materiale didattico vario, ecc.

A tale scopo decidiamo di lasciare un contributo di €. 500 che costituiscono una parte della “liquidità” consegnataci prima della partenza da diversi amici del Comitato proprio per utilizzarla per queste piccole esigenze ed emergenze locali che spesso incontriamo nei nostri viaggi. Dopo un sostanzioso pranzo, (alle 5 del pomeriggio!), offertoci dalle suore, ripartiamo per raggiungere il villaggio e la parrocchia di Ranicongh dove pernotteremo in vista della visita alla scuola che faremo domani.

Il villaggio è situato molto a nord, ai confini del paese; la chiesa ed una parte delle scuole fiancheggiano le sponde del grande fiume sul quale è costruita a sbalzo una piccola veranda da cui si gode una vista magnifica sul panorama circostante, dal fiume fino alle colline che fanno da confine naturale con l’India. Come di consueto la sera, cullati dal rumore dell’acqua del sottostante fiume, unico rumore nel silenzio della notte, sulla veranda faremo un momento di meditazione su quanto di bello ci ha regalato questa giornata, prima di coricarci sereni e carichi di sonno nei letti duri, ma che con tanto amore ed attenzione ci hanno preparato i ragazzi dell’ostello della scuola di Ranicongh.

Grazie Signore e buonanotte.

Alberto

NON SOLO LUPETTI

MA FRATELLI DEL MONDO!

Il 3 agosto scorso, i lupetti del branco Popolo Libero della parrocchia San Pio X hanno indossato il fazzolettone, chiuso gli zaini e sono finalmente partiti per le usuali Vacanze di Branco. Per chi non masticasse abitualmente il gergo scout, esse rappresentano il momento più importante dell’anno, in quanto permettono ad ogni bambino di crescere e sperimentarsi per un’intera settimana, non solo giocando insieme ma anche attraverso momenti di responsabilità, servizio e spiritualità. Proprio durante uno di quei giorni caldi ed assolati, il branco ha conosciuto Alberto, un volontario del Comitato di Gemellaggio e Cooperazione fra i Popoli, invitato a portare la sua preziosa testimonianza maturata in anni e anni di impegno a favore delle missioni in Bangladesh. Il suo arrivo è stato il culmine di un’intera giornata dedicata alla riflessione sul tema della disuguaglianza economica globale che per centinaia di milioni di persone in tutto il mondo si traduce nella quasi impossibilità di nutrirsi, curarsi o accedere alle risorse naturali e sociali come l’istruzione. Fin dal mattino, i lupetti si sono immersi con entusiasmo in attività che hanno permesso loro di visualizzare in maniera simulata la distribuzione della ricchezza nei vari continenti e di calarsi nei panni di bambini provenienti da altri Paesi, cambiando la propria carta d’identità e la propria storia. Hanno scoperto così che molti aspetti della loro vita ritenuti scontati (come ad esempio il diritto all’infanzia), non lo sono affatto per la grande maggioranza dei loro coetanei nati in altre parti del mondo. Che sorpresa rendersi conto attraverso il gioco che in realtà questo nostro pianeta sarebbe in grado di soddisfare le esigenze di tutti e non esisterebbero la fame, la povertà e la sofferenza se le risorse che esso produce fossero equamente distribuite! Purtroppo, è proprio la mancanza di condivisione, l’egoismo consumistico, il cieco desiderio di potere e possesso che porta ad esempio i bambini di alcuni Paesi a morire di fame e altri a combattere l’obesità. “Ci rattrista il fatto che semplicemente nascendo in un luogo o in un altro alcune possibilità possano essere precluse, come andare a scuola!” ribadiscono Giovanni, Filippo, Martina e Carlo. L’incontro con Alberto ha permesso al branco di percepire concretamente questi concetti che fino a quel momento erano stati compresi solo in maniera teorica. È stato emozionante vedere gli occhi rapiti dei lupetti osservare i video e le foto scattate durante i viaggi in Bangladesh, mentre Alberto ne raccontava non solo la cultura e le usanze, ma anche aneddoti divertenti ed esperienze vissute in prima persona. “Le cose che ci hanno colpito di più sono state il modo in cui loro mangiano, la scuola (meno grande e organizzata della nostra) e… i bastoni di cacca!”

Attraverso le immagini Alberto ha spiegato ai bambini come il Comitato agisce per migliorare la qualità della vita nei villaggi, compiendo dei veri e propri miracoli di generosità e bontà. Tutti i progetti che vengono portati avanti infatti mirano all’emancipazione e all’autonomia delle persone, ad esempio attraverso la costruzione di pozzi per accedere all’acqua potabile, salvando moltissime persone dalle malattie, o costruendo scuole e incentivando l’istruzione anche attraverso le adozioni a distanza. Dal sorriso e dall’entusiasmo con cui Alberto condivideva le sue esperienze, traspariva chiaramente la passione che con gratuità e gioia investe nelle opere sostenute dal Comitato, riuscendo a catturare l’attenzione e l’interesse di ogni bambino. Un esempio reale di come la fede possa essere fertile, una fede che non si ferma alle parole ma si sporca le mani e si mette in viaggio, consapevole che solo attraverso la carità si possa realizzare il comandamento dell’amore. “Vorremmo che anche le altre persone conoscessero le cose che accadono in Bangladesh, perché capiscano la fortuna che noi abbiamo nel poter fare più pasti al giorno o nel poter vivere in case comode e resistenti. Questa esperienza ci ha cambiato: non sprecheremo più cibo o soldi in cose inutili mentre sappiamo che ci sono bambini come noi che non possono avere neanche il minimo indispensabile.” Vedere i bambini trovarsi a loro agio con concetti così ardui e impegnativi anche per noi adulti scalda il cuore e ci fa pensare che dovremmo davvero avere fiducia in queste nuove generazioni per sperare nel futuro in un mondo più equo e solidale.

Elena i lupetti e i capi del branco “Popolo Libero”

del Gruppo Scout Forlì 13, parrocchia San Pio X in Ca’Ossi

I ragazzi bengalesi ringraziano e salutano gli scout di Forlì 13

Mi parli con gli occhi

e mi baci con lo sguardo

Un bimbo di 4 anni mi ha tolto il sonno. Nei miei 20 anni di vita in Bangladesh ho incontrato e accolto tanti bambini che vivevano in situazioni difficili, ma Angelus ha qualcosa nel suo essere che mi ha scombussolato. È nato idrocefalo; ricordo che l’acqua che aveva nella testa faceva pressione anche sugli occhietti che quasi non si vedevano più. Una testa enorme attaccata ad un corpo esile lo costringeva a vivere sdraiato lateralmente. Apparentemente una croce. Dopo l’intervento di drenaggio ha iniziato a fare movimenti che gli permettono di guardarsi attorno. Il suo sorriso è magnetico e cerca di comunicare regalando sorrisi a chiunque gli dedica un po’ di attenzione. Indossa un piccolo orologio di plastica che ora è diventato un simbolo durante i nostri incontri.

Batte il suo orologio contro il mio quasi come una stretta di mano forte e un sorriso che dice “ciao sei arrivato? “Vive all’interno dell’orfanotrofio delle suore di Madre Teresa a Khulna dove è stato abbandonato alla nascita. Le suore ci hanno chiesto di accoglierlo e lui lo sa. Vorrei potergli dire sì senza riflettere molto ma anche le accoglienze necessitano di un tempo di adattamento per l’intera famiglia. Da 1 mese circa sono entrati a fare parte della nostra casa Rinku e Prodip quindi abbiamo bisogno di capire come potere accogliere Angelus che ha bisogno di assistenza continua. Sarà questione di tempo ma sono certo che Pang’ono Pang’ono sarà la famiglia dove Angelus potrà contribuire con il suo sguardo a fare sentire in modo deciso la sua presenza ai restanti 16 bimbi accolti . Ho voluto condividere questi sentimenti che ho provato perché un bimbo allettato, senza possibilità di esprimersi verbalmente può essere un rivoluzionario che con la sola arma dello sguardo può combattere una battaglia: abbattere come un colpo di vento i pilastri piantati sulla sabbia. Grazie Angelus.

Rudy

Carissimi amici del Comitato di Gemellaggio

Shanti e Subeccha (Pace e Auguri) dal Bangladesh. La vostra presenza qui in Bangladesh si fa visibile attraverso il volto sorridente di molti bambini e bambine che con la vostra preziosa vicinanza hanno la possibilità di studiare camminando verso un futuro ricco di speranza. La visita di Alberto, Fiorenzo e Paolo accompagnati da Rudy nel visitare I vari villaggi e’stato un dono prezioso per ciascuno di noi che con la loro simpatia hanno portato tanta allegria nel cuore di tanti ragazzi e ragazze. Visitando la missione di Noluakuri, incontrando gli studenti sponsorizzati dal Comitato ci siamo spostati il giorno dopo nel villaggio di Pajgao, che è uno dei tre villaggi della nostra missione di Noluakuri. In questo villaggio situato in mezzo alla jungla, ci vivono 20 famiglie cristiane della tribù dei Mandi. In questa realtà c’è una piccola scuoletta che accoglie I bambini e le bambine dalla classe prima alla classe terza. L’insegnante si chiama Rupali, sposata con due figlie, che con molta premura insegna ai bambini. La gente ci ha accolto con tanta allegria ed erano contenti di vedere gli amici del Comitato che per la prima volta visitavano questo luogo.

Nell’incontro, avuto nella scuoletta, ci siamo intrattenuti nel Benvenuto e nei vari ringraziamenti da parte della gente del villaggio. Verso la fine ha preso la parola colui che è il capo del villaggio che parlava di una costruzione della Chiesa. Al momento la messa si fa nella scuoletta, certamente ha espresso questo desiderio ma prima della chiesa c’è da formare la comunità cristiana che cresca prendendosi le proprie responsabilità e smettendo di fare e di vendere il vino fatto con il riso. Nella priorità c’è la riparazione della scuoletta che avrà il compito di formare I ragazzi per il loro futuro e sopratutto che imparino ad essere persone che sappiano relazionarsi con tutti nella generosità, nell’amore e nella carità. A tutti voi un caro saluto e spero di potervi incontrare nel 2020 durante le mie vacanze in Italia. Shanti

P. Giua’ sx (Padre Giovanni Gargano)

AUGURI DI BUON 2020: ESTRATTO DA UNA LETTERA DI SUOR ROBERTA

6 gennaio 2020

Ciao

un grande abbraccio! BUON ANNO

…il Natale quest’anno mi ha fatto un grande regalo che desidero condividere: da un po’ di tempo ero stanca e tanto tesa e mi ero un po’ raffreddata nel mio curare i pazienti con amore e tenerezza, il Natale ha riportato in me il desiderio profondo e mai perso, ma forse solo soffocato, di essere BALSAMO PER QUESTA GENTE!

Accidenti, che rischio ho corso, quello di essere travolta da tante tensioni e la possibilità di perdere di vista il centro, il mio desiderio di essere balsamo per questa gente, segno e strumento della misericordia del Padre per tutti loro, anche se di Lui non se ne può parlare.

Ma che cosa c’è di più bello se non il prendersi cura di questa gente solo per un amore che rimane nel mio cuore come balsamo per me e che... diventa cura per loro?

Ma niente parole su Gesù, su chi mi ha mandata qui…

E questa è la nostra specificità come Missionarie dell’Immacolata, dire con i fatti e non tanto con le parole!

Bello questo risveglio spirituale che mi ha permesso di riprendere in mano il mio modo di servire i poveri qui!!!

È bello scoprire che non si è mai arrivati, che ci sono sempre cadute e rialzate e che, il Signore è sempre qui al mio fianco pronto a prendersi cura di me!

Ho avuto per mesi qui ricoverata una mamma (in terapia per TB per la terza volta) con due cuccioli splendidi, che festa ogni giorno con queste “belve” che si davano da fare per distruggere il nostro ospedale che è appena stato rimesso a posto!

Un’altra mamma affetta da TB polmonare, vent’anni con un bambino di un anno sordo e cieco, una situazione pesantissima, Suma lei Mugiai il bambino. Suma mi ha insegnato la pazienza dell’amore, il bambino piange e non si capisce perché’, non sente quello che gli si dice e non vede quando gli si va vicino, sente solo il contatto fisico. Non ho mai avuto il coraggio di chiederle quello che prova, ma quanta pazienza e quanto amore continuo a vedere in lei, mai un momento di inquietudine e di scoraggiamento, sempre un sorriso e sempre la domanda che mi mette con le spalle al muro: “mio figlio migliorerà?”

Lo abbiamo mandato in un centro e gli faranno i trattamenti del caso, ma...

Le donne ricoverate spesso parlano delle loro condizioni dopo il matrimonio, fatico ad ascoltarle senza inquietarmi, ascolto ma dentro si accende il fuoco nel sentire come vengono trattate dai mariti e ancora peggio dalle suocere. Noi donne occidentali non accetteremmo minimamente la condizione di vita che devono sopportare loro e spesso mi sento dire: ”beh è normale che sia così, è normale che mio marito mi picchi, sono sua moglie!”.

Rimango in silenzio e poi alla sera in cappella porto tutto nella preghiera.

I miei ragazzi stanno bene, Emanur ha compiuto 14 anni e Aminur 24, sono belli come il sole, felici e crescono bene. La scorsa settimana sono stata a cena da loro nella casa-famiglia di Rudy, e Aminur mi ha fatto vedere che ha aperto WhatsApp così gli ho dato il mio numero che è “privato” e lui dopo il numero ha scritto: MAMMA WHATSAPP”. Che tuffo al cuore, sentire che per loro sono la mamma e soprattutto che quando parlano con la loro nonna e parlano di me mi chiamano MAMMA!

Che meraviglia, spesso penso a cosa sarebbe stato della loro vita se io non avessi incontrato Rudy proprio nel momento nel quale cercavo per loro una sistemazione. Non è certo nulla per caso!

Ti chiedo anche di pregare per me, perché’ possa continuare così, perche, non smetta mai di avere quel desiderio che ho “rispolverato” in questo Natale. …

Roby (Suor Roberta Pignone - Pime)

2 ovembre 2019 - meditazione per i defunti nella chiesetta della Comunità di Taizè (Mymensingh)

8 novembre 2019 – foto di gruppo con Enzo e Laura alla Rishilpi

13 novembre 2019 – cena con le ragazze nella missione di Padre Luigi Paggi

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