POVERTA' GLOBALIZZAZIONE LIBERISMO
POVERTA' GLOBALIZZAZIONE LIBERISMO
Ecco come la Germania in crisi può suicidarsi (uccidendo l’Ue)
Il modello basato su pochi investimenti e basso costo di energia e lavoro, è morto: La nuova austerità farà solo danni.
Un’acuta analisi ci viene dalla Germania da LUCIO BACCARO, Direttore del Max Planck Institute di Colonia.
La Germania sta affrontando una crisi che va oltre la tipica recessione economica. La crisi in cui si dibatte l’economia tedesca prelude ad una crisi europea e del nostro paese inesorabilmente travolto dalle politiche recessive imposte dalla BCE e dalla Commissione Europea. La globalizzazione dell’economia consente al capitale di delocalizzare le aziende là dove il lavoro costa meno e le leggi molto tolleranti nei confronti di uno sfruttamento feroce. Ciò sta provocando la desertificazione dell’industria europea e la subordinazione dei lavoratori al ricatto occupazionale. In queste condizioni sarà difficile che Landini la spunti contro un Governo deciso ad abbracciare la logica della austerità. Il recupero sull’inflazione è ormai quasi impossibile, visti i limiti imposti dalla finanziaria e sul rientro dal debito pubblico a marce forzate. L’impoverimento del paese riguarda anche i ceti medi e il loro livello di vita. Pensate all’aumento di stipendio concesso in questi giorni ai medici ospedalieri: 15 euro al mese! Non andrà meglio al pubblico impiego. L’abbassamento del salario e degli stipendi al di sotto dei livelli inflattivi è accompagnato dalla galoppante privatizzazione del welfare. Sanità, scuola, università, trasporti , energia e acqua, pensioni ecc. subiscono nuovi prelievi sui magri guadagni di chi lavora, in fabbrica come a scuola.
Vi invito a leggere l’ottima analisi del direttore del Max Planck institute di Colonia, pubblicata sul Fatto il 4 novembre. Ci aiuterà a riflette sulla finanziarizzazione dell’economia che non è un concetto astratto ma pane amaro della nostra quotidianità.
Titta Fazio
La ricchezza dei cinque miliardari più ricchi al mondo è più che raddoppiata, in termini reali, dall’inizio di questo decennio, mentre la ricchezza del 60% più povero dell’umanità non ha registrato alcuna crescita. In Italia, a fine 2022, l’1% più ricco era titolare di un patrimonio 84 volte superiore a quello detenuto dal 20% più povero della popolazione, la cui quota di ricchezza nazionale si è dimezzata in un anno. Per anni Oxfam ha lanciato l’allarme sull’estremizzarsi della disuguaglianza, ed oggi, agli inizi del 2024, il vero pericolo è che questa incredibile divaricazione diventi la normalità. Il potere economico, la sua estrema concentrazione e le rendite di posizione associate favoriscono l’accumulazione di enormi fortune nelle mani di pochi e generano ampi divari nella società. Il potere politico e l’uso che ne viene fatto costituiscono una leva potentissima per contrastare o al contrario alimentare le disuguaglianze. Siamo davanti a un bivio: tra un’era di incontrollata supremazia oligarchica o un’era in cui il potere pubblico riacquista centralità promuovendo società più eque e coese ed un’economia più giusta ed inclusiva. ©