L'Origine delle Specie

On the Origin of Species by Means of Natural Selection, or the Preservation of Favoured Races in the Struggle for Life. È questo il titolo completo dell'opera principe di Charles Darwin, quella in cui il naturalista espone la sua teoria dell'evoluzione, costruita dopo un tempo molto lungo dedicato allo studio, alla sperimentazione e alla riflessione.

Darwin stesso, consapevole della portata delle sue idee, in una lettera del 1844 indirizzata a Joseph Dalton Hooker, riguardo alle conclusioni cui stava giungendo scrive "È come confessare un omicidio"!

Il volume vede la luce dopo circa vent'anni di lavorazione, tanto che il saggista e divulgatore scientifico contemporaneo David Quammen definisce Darwin un "evoluzionista riluttante".

Ancora una volta, però, tutto accade in modo quantomeno inaspettato.

Era, infatti, desiderio di Darwin pubblicare un'opera composta da più volumi, dopo aver accuratamente - e quasi maniacalmente - controllato ogni più piccolo dettaglio, ogni esperimento, dopo aver chiarito ogni dubbio... insomma, dopo aver compiuto un lavoro titanico.

Ma la storia non aveva deciso così.

Alfred Russel Wallace (1823 - 1913)

(Immagine: Wellcome Library, London, via Wikimedia Commons CC BY 4.0)

Quel 18 giugno 1858 cambiò le sorti della storia della scienza. Nelle mani di Darwin giunse, infatti, un plico di alcune pagine accompagnato da una lettera che lo pregava di dare la propria opinione sullo scritto e chiedeva altrettanto al geologo Charles Lyell, amico di Darwin. Il mittente era Alfred Russel Wallace, naturalista a quel tempo stabilitosi nelle Molucche. Nello scritto Wallace illustrava le proprie riflessioni sul cambiamento delle specie nel tempo e giungeva a conclusioni molto simili a quelle di Darwin.

Possiamo solo immaginare la reazione di Darwin. In quelle pagine era riassunto tutto il suo lavoro degli ultimi vent'anni, di cui la comunità scientifica e il grande pubblico non erano ancora stati messi a conoscenza.

Dopo aver chiesto consiglio a Lyell e all'amico botanico Joseph Dalton Hooker e dopo aver presentato le proprie conclusioni in una riunione della Linnean Society, assieme a quelle di Wallace sottolineando però il suo immenso lavoro precedente, Darwin si convinse a scrivere un volume da pubblicare.

L'opera fu pubblicata il 24 novembre 1859 a Londra, dall'editore John Murray, in 1250 copie che andarano tutte esaurite il giorno stesso al prezzo di 15 scellini l'una.

Era iniziata una nuova epoca, anche se nessuno aveva chiaro fino in fondo quale sarebbe stata l'influenza che quel libro avrebbe avuto nei decenni a venire.

Ma... cosa afferma la teoria dell'evoluzione di Darwin? Su quali basi si poggia? Proviamo a scoprirlo insieme...

Frontespizio della prima edizione de "L'Origine delle specie" (Immagine: John Murray, Publisher, Public domain, via Wikimedia Commons)

Evoluzione, una questione di... cambiamento!

Una delle tante possibili definizioni del concetto di evoluzione è quella data dal biologo Ernst Mayr (1904 - 2005) secondo il quale essa consiste nel cambiamento a cui vanno incontro tutti gli esseri viventi nel corso del tempo. Il termine "evoluzione" deriva dal verbo latino evolvĕre, che significa "svolgere, spiegare un rotolo di papiro". Estendendo il significato, si può interpretare la parola "evoluzione" comecambiare rispetto a prima”.

I cambiamenti cui vanno incontro gli esseri viventi sono casuali e non necessariamente garantiscono la sopravvivenza degli individui in relazione alle condizioni ambientali. Questi cambiamenti, infatti, vengono mantenuti nella popolazione solamente se assicurano un qualche vantaggio a chi li possiede e scompaiono, invece, qualora si rivelino essere ininfluenti o svantaggiosi. Questa azione di "filtro" è condotta da ciò che Darwin chiama "selezione naturale". Ricordiamo che l’evoluzione non porta affatto a organismi perfettamente adattati agli ambienti in cui vivono, perché un carattere che si è dimostrato favorevole in una situazione può essere inutile o addirittura dannoso in circostanze diverse. Il risultato dell'evoluzione, quindi, non è la perfezione bensì l'adattamento più funzionale in quel tempo e in quel luogo con quelle determinate condizioni.

Proviamo ora a descrivere alcuni pilastri della teoria darwiniana.

LA VARIAZIONE


"Io sono quasi convinto [...] che le specie non siano (è come confessare un omicidio) immutabili" (Lettera di C. Darwin a J. D. Hooker, 11 gennaio 1844). È Darwin stesso a illustrarci quale sia la sua visione del mondo naturale, in aperta contraddizione a quella fissista dell'epoca, risalente in realtà a secoli prima. Le specie animali e vegetali che vediamo tutt'attorno a noi non sono le stesse che erano presenti secoli e millenni fa sul pianeta; alcune si erano estinte, altre si erano modificate, altre ancora avevano fatto la loro comparsa sulla scena della vita.

Un buon punto di partenza per provare a spiegare con parole semplici l’evoluzione potrebbe essere il fatto che ogni individuo in natura è in buona parte unico e diverso da tutti gli altri, anche se appartenenti alla sua stessa specie. Senza questa "unicità di differenze" l'evoluzione non potrebbe nemmeno avviarsi.

Inoltre, alcune di queste differenze tendono a trasmettersi alle generazioni seguenti.

"No one supposes that all the individuals of the same species are cast in the very same mold. These individual differences are highly important for us, as they afford materials for natural selection to accumulate, in the same manner as man can accumulate in any given direction individual differences in his domesticated productions."

(C. Darwin, On the Origin of Species, Chap. II)

Variabilità all'interno della specie Harmonia axyridis (Pallas, 1773)

(Immagine: © entomart, via Wikimedia Commons)

In natura compaiono molte variazioni tra individui della stessa specie. Esse, in relazione alla vita dell'organismo in cui compaiono, possono rivelarsi vantaggiose, negative oppure ininfluenti.

Ciò che Darwin non poteva ancora sapere, è da cosa siano originate tali variazioni. Oggi sappiamo che esse sono dovute ad errori di copiatura della molecola del DNA, il codice della vita, il libretto di istruzioni del quale ogni cellula di ogni organismo vivente è dotata. Gli scienziati chiamano questi errori "mutazioni". Se una mutazione avviene nel DNA contenuto in spermatozoi e ovuli, essa diviene ereditabile e passa ai discendenti costituendo il combustibile dell'evoluzione.

Struttura a doppia elica del DNA

(Immagine: Forluvoft, Public domain, via Wikimedia Commons)

Darwin stesso aveva chiaramente osservato che, all’interno di una stessa specie, possono originarsi individui che presentano infinite variazioni. Ed è proprio su queste variazioni che l'uomo a volte interviene e di esse si serve per i propri scopi (alimentari, di bellezza...).

Darwin, per sostenere le proprie posizioni, nel primo capitolo de L'Origine delle specie, porta l’esempio della variabilità negli animali allevati dall’uomo. Allo stato domestico, afferma, quando l'uomo modifica per le sue necessità una determinata specie (normalmente tramite particolari e ben studiati incroci tra animali), si ottengono individui caratterizzati da un'enorme variabilità, a volte perfino maggiore di quella osservata in natura nelle stesse specie.

Darwin definisce l'intervento dell'uomo sulle varianti "selezione artificiale".

La selezione artificiale ha trasformato il teosinte (a sinistra) nel moderno mais (a destra) permettendoci di aumentare quantità e qualità dei raccolti di questo cereale.

(John Doebley, CC BY 2.5, via Wikimedia Commons)

LOTTA PER L’ESISTENZA



Il secondo pilastro della teoria di Darwin prende spunto dal Saggio sul principio di popolazione del filosofo, economista e demografo Thomas Malthus (letto nel 1838), secondo il quale le risorse disponibili all’uomo sono poche e limitate e pertanto non sufficienti per garantire una degna sopravvivenza alla popolazione che è in continua crescita.

Thomas Malthus

(Immagine: John Linnell, Public domain, via Wikimedia Commons)

Malthus identifica la causa principale della miseria in cui viveva la maggior parte della popolazione del suo tempo, nel fatto che essa tendeva ad aumentare più rapidamente rispetto alle risorse utilizzabili. L'incremento demografico, tuttavia, poteva essere ritardato e contenuto grazie ad eventi repressivi come guerre, epidemie, carestie o da freni preventivi come la restrizione morale. Quest'ultima, a cui Malthus invitava tutti gli uomini e soprattutto i poveri, consisteva in una limitazione volontaria delle nascite.

Il grafico qui a fianco rappresenta le crescite nel tempo delle risorse disponibili e della popolazione, la quale si sviluppa in modo sproporzionato rispetto alle risorse, portando eventualmente ad una crisi.

La popolazione, ancora oggi, sta crescendo esponenzialmente rispetto alle disponibilità delle risorse che offre il territorio e questo meccanismo, abbinato ad una distribuzione ineguale dei beni, crea i presupposti per una instabilità economica, politica e sociale.

Grafici di crescita della popolazione e delle risorse disponibili

(Immagine: CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons)

Darwin lesse il libro di Malthus alcuni mesi dopo il ritorno dal viaggio a bordo del Beagle, grazie al quale potè raccogliere dati, compiere osservazioni e abbozzare idee sullo sviluppo delle specie nel tempo. Darwin, quindi, trasportò le idee di Malthus nel mondo naturale, rielaborandole con le sue riflessioni ed esperienze, arrivando a ritenere che nel mondo nascono più individui di quanti ne possano in realtà sopravvivere.

L’importante conseguenza che ne deriva è che, sia tra individui appartenenti alla stessa specie sia tra individui di specie diverse, si viene a creare una vera e propria “lotta per l’esistenza, nella quale gli individui o le specie competono per aggiudicarsi le risorse di cui hanno bisogno per vivere.

"Hence, as more individuals are produced than can possibly survive, there must in every case be a struggle for existence, either one individual with another of the same species, or with the individuals of distinct species, or with the physical conditions of life."

(C. Darwin, On the Origin of Species, Chap. III)

Non dobbiamo pensare alla lotta per l’esistenza come ad un insieme di scontri cruenti tra organismi. In realtà ci si riferisce soprattutto alle relazioni ecologiche come, ad esempio, la difesa del territorio, la ricerca di un partner o le reti alimentari.

SELEZIONE NATURALE



Se il primo motore dell’evoluzione è la variabilità, il secondo motore è la "selezione naturale". Essa interviene senza intenti nè progetto alcuno sulle variazioni che casualmente si originano in natura, agendo proprio come un setaccio, conservando le variazioni favorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione degli individui e scartando quelle svantaggiose.

In un contesto di competizione per accaparrarsi le risorse necessarie alla sopravvivenza, una qualsiasi variazione che offra anche un piccolo vantaggio è sempre ben accetta e viene, di norma, mantenuta dalla selezione naturale.

"Owing to this struggle for life, any variation, however slight, and from whatever cause proceeding, if it be in any degree profitable to an individual of any species, in its infinitely complex relations to other organic beings and to external nature, will tend to the preservation of that individual, and will generally be inherited by its offspring. The offspring, also, will thus have a better chance of surviving, for, of the many individuals of any species which are periodically born, but a small number can survive. I have called this principle, by which each slight variation, if useful, is preserved, by the term of Natural Selection, in order to mark its relation to man's power of selection."

(C. Darwin, On the Origin of Species, Chap. III)

Secondo la teoria dell'evoluzione darwiniana, le giraffe in possesso di un collo più lungo riescono a raggiungere meglio le foglie degli alberi di cui si nutrono e pertanto hanno un vantaggio di sopravvivenza sulle altre, che soccombono senza potersi riprodurre. In tal modo la variante "collo lungo" si diffonde nella popolazione.

Volendo riassumere la struttura della teoria darwiniana per punti, potremmo quindi affermare che:

  • le popolazioni, in natura, crescono a dismisura in seguito alla grande fertilità che le caratterizza;

  • le risorse e gli spazi limitati, tuttavia, ne regolano la crescita e ne bloccano l'espansione incontrollata;

  • la fertilità eccessiva da un lato e le risorse limitate dall'altro, fanno scaturire una vera "lotta per l'esistenza" nella quale ogni individuo si gioca la propria sopravvivenza;

  • in ogni popolazione gli individui sono estremamente variabili (noi sappiamo che il motivo sono le mutazioni nel DNA) e, in modo del tutto casuale, alcune variazioni possono risultare vantaggiose per la sopravvivenza dell'individuo;

  • tali individui, in possesso di un vantaggio, hanno più chance di sopravvivere e riprodursi rispetto a chi non lo ha. In tal modo essi potranno trasmettere alle generazioni seguenti il loro tratto vantaggioso.

  • è avvenuta la "discendenza con modificazioni", cuore della teoria di Darwin, ciò che definiamo "evoluzione per selezione naturale".