Testi di terracotta

attrezzi usati per la preparazione dei testi                                      
l'impasto della terra 
la modellazione dei testi
la buca per la cottura 

I testi sono dischi piatti di terracotta spessa e grossolana, muniti di un orlo più o meno rialzato. Sono usati per cuocere focaccette a base di farina (di castagne e di graminacee varie) ed acqua previo surriscaldamento diretto sul focolare. Per evitare l'adesione dell'impasto alimentare al testo, vengono impiegate foglie inumidite di castagno, ed i testi riempiti vengono ampliati onde ottenere una cottura più omogenea.

L'uso dei testi già presente in epoca romana raggiunse il massimo sviluppo nei primi secoli dopo il mille, quando tale sistema di cottura era pienamente impiegato nelle aree montane che si estendono dal genovesato all'Emilia ed alla Toscana meridionale. Soltanto nell'area compresa tra la valle dell'Entella e quella della Magra, però, la produzione e l'utilizzazione dei testi sono sopravissute fino ai giorni nostri.

Reperti archeologici dimostrano che nella Liguria orientale la terra di gabbro, molto diffusa in tutto l'Appennino, era usata per fabbricare vasi da fuoco già in epoca preistorica e tale tecnica di produzione è rimasta sostanzialmente invariata nella produzione di testi riscontrabile in Val di Vara almeno fino agli anni '50. Si tratta di procedimenti molto semplici, ma sufficienti a conferire ai manufatti le caratteristiche richieste: terra non depurata, impastata con poca acqua mediante lunga pestatura con bastoni o mazze di legno, o con un'eventuale aggiunta di degrassante (sabbia di torrente o roccia macinata); foggiatura a mano, con l'aiuto di uno stampo di legno, essicamento all'ombra e cottura di alcune ore in una fossa riempita di legna secca e parzialmente coperta per regolare il regime del fuoco. In base alle memorie orali raccolte negli anni '60 ad Agnola la produzione di testi era praticata in passato solo da alcune famiglie contadine che conoscevano le terre adatte e le tecniche di lavorazione, e ne fabbricavano da cinquanta a cento pezzi per volta durante i periodi di minore lavoro nei campi, proprio come avveniva per tutti gli altri artigiani rurali. Le famiglie che fabbricavano i testi li smerciavano a prezzi molto bassi o in cambio di altri prodotti agricoli, nell'ambito della stessa vallata, ma in certe annate di carestia si spingevano sino ai sobborghi della Spezia, dove vivevano famiglie immigrate dalla campagna.

Le tecniche di produzione dei testi sono state studiate in particolare da Tiziano Mannoni che per il suo studio Fabbricazione, uso e diffusione del "testo" in Val di Vara (in Val di Vara, un grido, un canto a cura di Paolo De Nevi, 1988, Centro Sudi Val di Vara) si recò proprio ad Agnola dove questa tecnica era ancora praticata negli anni '60. Dagli incontri da contadini che furono intervistati, fotografati e ripresi nelle diverse fasi della lavorazione venne ricavato il saggio da cui abbiamo tratto le notizie e le immagini.

La videocassetta sulla fabbricazione dei testi ad Agnola è stata oggetto di studi da parte del Dipartimento di Archeologia dell'università di Siena.