Rickson Gracie: La Leggenda Invincibile del Jiu-Jitsu
Rickson Gracie: La Leggenda Invincibile del Jiu-Jitsu
Rickson Gracie è nato il 21 novembre 1959 a Rio de Janeiro, in Brasile. È il terzo figlio di Hélio Gracie e uno dei nove fratelli Gracie (Rorion, Relson, Rickson, Rolker, Royler, Royce, Rerika, Robin e Ricci). Fin da bambino, passava la maggior parte del suo tempo sui tatami di Jiu-Jitsu, allenandosi con la famiglia.
Suo padre, Hélio Gracie, vedeva in lui un talento speciale e lo preparò per diventare il rappresentante della famiglia nei combattimenti, seguendo l’eredità lasciata dai suoi cugini Carlson Gracie (dominatore degli anni '50 e '60) e Rolls Gracie (stella degli anni '70).
Anche se Rickson ha combattuto in tornei di Vale Tudo e ha avuto opportunità di entrare nelle MMA, ha sempre rifiutato di definirsi un "fighter di MMA". Per lui, il Jiu-Jitsu Gracie era tutto, e non si è mai allenato in altre arti marziali per adattarsi agli avversari.
L’inizio della carriera: la sfida con Rei Zulu
Nel 1980, Rickson aveva solo 18 anni, ma ricevette la sua prima grande opportunità quando Waldemar Santana, ex rivale del padre, chiese alla famiglia Gracie se avessero qualcuno pronto a sfidare il suo allievo, Rei Zulu.
Zulu era un colosso imbattuto, alto, forte e incredibilmente atletico, con una striscia di 120 vittorie consecutive. Nessuno in Brasile voleva combatterlo, ma Hélio decise che sarebbe stato Rickson a rappresentare la famiglia.
Nonostante fosse più leggero di 20 kg e non si sentisse al massimo della forma, Rickson accettò. Carlos Gracie, noto per le sue credenze spirituali, gli consigliò di non combattere, sentendo che "non era la sua battaglia". Ma Rickson, fedele a suo padre, salì comunque sul ring a Brasilia, la città di Zulu.
La lotta fu durissima, con Rickson che soffrì di vertigini per tutto il match (probabilmente a causa dell’aria secca di Brasilia, molto diversa da quella umida di Rio de Janeiro). Ma alla fine, resistette e vinse con una "mata leão" (rear naked choke), sottomettendo l'enorme avversario.
Nel 1984, quattro anni dopo, Rei Zulu lo sfidò di nuovo, questa volta nello stadio Maracanãzinho di Rio de Janeiro, davanti a 40.000 spettatori. Ancora una volta, fu una guerra brutale, ma Rickson vinse nuovamente per strangolamento, consolidando il suo status di invincibile.
L’invasione del Giappone e lo "Spirito del Samurai"
Negli anni '90, Rickson divenne il volto internazionale del Jiu-Jitsu e fu invitato a combattere in Giappone, il paese delle arti marziali per eccellenza. Nel 1994, accettò di partecipare al Vale Tudo Japan, un torneo a otto uomini. Sottomise tutti i suoi avversari in una sola notte e ripeté l’impresa anche nel 1995.
Dopo queste performance incredibili, i giapponesi, noti per il loro orgoglio marziale, gli riconobbero lo "Spirito del Samurai".
Non tutti, però, erano felici del dominio di Rickson. Nobuhiko Takada, un noto lottatore di wrestling giapponese, lo sfidò pubblicamente, cercando di vendicare l’onore del Giappone. Rickson ignorò inizialmente la provocazione, ma la tensione aumentò quando un allievo di Takada, Yoji Anjo, si presentò senza preavviso alla sua accademia in California per sfidarlo davanti alle telecamere.
Rickson accettò la sfida, ma impose una condizione: nessuna telecamera, solo un video girato dai suoi studenti. Dopo aver chiuso la palestra a chiave, affrontò Anjo in un match privato e lo distrusse. Alla fine dell'incontro, pronunciò una delle frasi più celebri nella storia delle arti marziali:
"Se combattiamo per soldi, smetterò di colpirti quando me lo chiederai.
Se combattiamo per onore, smetterò di colpirti quando ne avrò voglia."
Nel 1997, Rickson tornò in Giappone e sconfisse Takada nel primo round. L’anno successivo, nella rivincita davanti a 50.000 spettatori, lo batté di nuovo. Il suo ultimo match ufficiale avvenne nel 2000, quando sconfisse Masakatsu Funaki in TV davanti a 30 milioni di spettatori.
La tragedia e il ritiro
Rickson avrebbe dovuto affrontare Kazushi Sakuraba, soprannominato "The Gracie Hunter", l’unico lottatore ad aver sconfitto più membri della famiglia Gracie. Ma nel 2000, la tragedia colpì Rickson: suo figlio Rockson Gracie morì improvvisamente.
Distrutto dal dolore, Rickson lasciò le competizioni e smise di allenarsi per un lungo periodo. Non tornò mai più a combattere, ma riprese a insegnare, dedicandosi a trasmettere il Jiu-Jitsu a suo figlio Kron, che oggi è una delle più grandi stelle del grappling mondiale.
Il Maestro e la sua eredità
Nel 2014, Rickson fondò la Jiu Jitsu Global Federation (JJGF), un’organizzazione creata per riportare il Jiu-Jitsu alle sue radici di lotta reale, allontanandolo dalla versione sportiva troppo focalizzata sui punti e sulle competizioni regolamentate.
Nel 2017, ricevette la cintura rossa, il massimo riconoscimento nel Jiu-Jitsu, come tributo alla sua carriera e alla sua influenza nella disciplina.
Oltre che per la sua imbattibilità sul tatami, Rickson è ammirato per il suo spirito calmo e disciplinato fuori dal ring, qualità che lo hanno reso un esempio di integrità e rispetto. Ha insegnato a uomini, donne, bambini, anziani, membri dell’FBI, Navy SEALs, atleti e attori, trasmettendo non solo la tecnica, ma anche la filosofia del Jiu-Jitsu come stile di vita.
Rickson Gracie non è solo un lottatore leggendario, ma un maestro che ha lasciato un’eredità immortale nel mondo del Jiu-Jitsu.
"Dove c'è disagio, c'è la paura. In queste posizioni molto difficili, sei in un piccolo angolo di inferno. E attraverso questa sofferenza quotidiana, che impari a sopravvivere in quelle situazioni. Devi trovarti a tua agio nelle situazioni scomode. Devi essere in grado di vivere il tuo incubo peggiore.Il Jiu-Jitsu ti mette in situazioni in cui devi essere completamente concentrato per trovare una soluzione al problema. Questo allena la mente a costruire la concentrazione, ad aumentare la consapevolezza, e la tua capacità di risolvere i problemi. A volte, non vincerai. Non si può sempre vincere. Ma questo non ha nulla a che fare con la sconfitta."
Rickson Gracie