STOP N.6 ~ PLUTONE
DEL GRAN ZEBRÙ - MINIERA DI FERRO
STOP N.6 ~ PLUTONE
DEL GRAN ZEBRÙ - MINIERA DI FERRO
Secondo la Teoria della tettonica delle Placche verso la fine del periodo Cretacico inizia l’apertura dell’oceano Atlantico meridionale (separazione tra Africa e il Sud America). Questo ha provocato la rotazione verso nord della placca Africana con conseguente scontro con la placca Euroasiatica. Si passa in questo modo da un regime tettonico divergente (stop 3) ad uno convergente
Con la formazione della catena alpina (orogenesi) si formarono in particolare dei vulcani esplosivi con la classica forma di cono, dai fianchi più o meno ripidi (chiamati anche vulcani a strato o stratovulcani come il vulcano Stromboli) che eruttavano un’alternanza di lave e ceneri ricche in silice con temperature intorno ai 700 °C.
Il magma, che qualche km sotto la superficie terrestre alimentava questi vulcani, interagiva anche con le rocce circostanti riscaldandole e trasformandole in rocce diverse (principalmente marmi e skarn) attraverso un meccanismo definito come metamorfismo di contatto
Con la fine della formazione delle Alpi i vulcani si estinsero. Il magma presente in profondità cominciò a raffreddarsi molto lentamente e a solidificarsi formando dei corpi magmatici intrusivi chiamati in geologia "Plutoni" e costituiti in larga parte da rocce granitiche, ricche di minerali quali quarzo, feldspati, biotite e anfiboli
Successivamente, soprattutto con l'arrivo delle ere glaciali, i processi erosivi divennero dominanti sulle Alpi. L'avanzamento e il ritiro dei ghiacciai, associato all'azione dei fiumi, modellò le valli alpine facendo affiorare sulla superficie terrestre i Plutoni (compreso quello del Gran Zebrù) insieme alle rocce circostanti metamorfosate (p.es. marmi). I detriti provenienti dalle Alpi andarono poi a riempire la Pianura Padana.
Il Plutone del Gran Zebrù e le sue rocce rocce metamorfiche di contatto (Dal Piaz et al., 1988) sono ben visibili guardando la Cima della Miniera (3408 m), sul versante idrografico destro vicino alla Linea dello Zebrù (stop 5).
Cima della Miniera.
Le rocce chiare (sulla carta geologica di colore arancione) sono rocce metamorfiche di contatto (marmi ) mentre le rocce di colore grigio scuro (sulla carta geologica di colore rosso) sono le rocce magmatiche intrusive (quarzodioriti e granodioriti) del Plutone del Gran Zebrù.
Rocce magmatiche intrusive (quarzodioriti e granodioriti)
del Plutone del Gran Zebrù
Roccia metamorfica di contatto (skarn)
Roccia metamorfica di contatto (marmo)
Le masse di rocce plutoniche e quelle chiare di marmo presenti sulla parete subito a nord della Linea dello Zebrù hanno poi dato origine alla leggenda del cavaliere Johannes Zebrusius
Frammento roccioso del giacimento di ferro formato dal minerale magnetite
Infine, il metamorfismo di contatto, legato all'intrusione del Plutone del Gran Zebrù è anche responsabile del nome "Cima della Miniera" perché nei suoi effetti non ha solo formato marmi e skarn ma ha anche creato un giacimento di ferro sfruttato industrialmente e costituito principalmente dal minerale magnetite.
Sull'estrazione e la commercializzazione del ferro proveniente non solo dalla Val Zebrù ma anche da altre miniere dell'alta Valtellina esistono documenti storici che dimostrano come già nel XV secolo circa il minerale prendeva la via per Milano per essere usato nelle fabbriche di armi della famiglia degli Sforza.
L'attività estrattiva della miniera della Val Zebrù ebbe un forte impulso alla metà del 1800, quando a Premadio (frazione del comune di Valdidentro, SO) fu costruita un nuovo stabilimento siderurgico (ferriera). Campioni rappresentativi del ferro magnetico della Val Zebrù dalla manifattura di Premadio furono presentati alla grande esposizione internazionale di Londra del 1862, all'esposizione universale di Parigi nel 1867 e all’esposizione nazionale di Milano del 1871.
Dal 1870 però, a causa principalmente della concorrenza inglese e belga, la ferriera di Premadio incominciò ad entrare in crisi fino ad essere dismessa nel 1875. La coltivazione della miniera della Val Zebrù, già poco conveniente a così elevate altitudini, fu quindi abbandonata.
Finita la I Guerra Mondiale la miniera della Val Zebrù tornò ad essere oggetto di ricerca da parte della "Società alti forni, fonderie e acciaierie" di Terni anche perché le disagevoli condizioni di ubicazione del giacimento erano adesso migliorate per la presenza della strada militare carreggiabile che raggiungeva la Baita del Pastore. I lavori per il ripristino della miniera iniziarono nel 1919 e si protrassero fino al 1924. Tra le altre cose fu realizzato un sentiero di accesso e due baraccamenti a poca distanza dalla miniera (di cui uno a pochi passi dall’imbocco di una galleria esplorativa della lunghezza di circa 40 m). La società di Terni andò avanti nelle ricerche e nei lavori in Val Zebrù fino a pochi mesi del 1924 fino a che si vide costretta ad abbandonare i lavori di nuovo per la concorrenza economicamente conveniente del materiale ferroso proveniente dall'estero e per un riassetto societario interno.
Le ultime ricerche minerarie in Val Zebrù risalgono al 1940, quando la "Società Anonima Comacina" ripristinò la galleria precedentemente scavata dalla società di Terni negli anni '20 ma solo per pochi anni (probabilmente fino al 1943; Hofmann, 2013; Cola, 2020; Centro Studi Storici Alta Valtellina).
Scatti fotografici - Giuseppe Cola - Bollettino storico 2023