A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, grazie alla seconda rivoluzione industriale, ci fu un grande sviluppo dell’economia, sia in Europa che in America, con nuove scoperte legate alla scienza, alla tecnologia, alla medicina e all’industria. Il sistema economico continuò ad espandersi incessantemente e la potenza degli stati aumentò notevolmente; grande importanza fu data anche allo sviluppo dell’industria bellica con invenzioni impressionanti anche in questo campo (mitragliatrici, cannoni, granate, aerei da combattimento, ...). Gli stati si trovavano quindi con un’elevata potenza militare inutilizzata che, unita alle alleanze che si erano formate (Triplice Alleanza e Triplice Intesa), era una bomba ad orologeria pronta ad esplodere; perciò l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria fu solo un pretesto per far cominciare una guerra che si preannunciava da tempo. La Grande Guerra fu devastante per l’Europa, ma per gli Stati Uniti, i quali parteciparono solo alla fase finale del conflitto, essa ebbe come effetto quello di provocare un ulteriore sviluppo dell’economia, che ne uscì rafforzata grazie anche agli interessi che Italia, Francia e Regno Unito dovevano pagare agli USA a causa dei debiti contratti per la guerra. La Germania, invece, fu lo Stato che subì maggiormente gli effetti negativi del conflitto, poiché doveva pagare le riparazioni di guerra agli stati europei, ma con l’instaurazione del Piano Dawes (e poi di quello Young) essa riusciva a rimborsare i soldi dovuti, attraverso prestiti bancari.
Tuttavia, l’espansione dell’economia statunitense era in procinto di arrestarsi; infatti, le industrie americane aventi le maggiori quote di mercato producevano soprattutto beni durevoli (automobili, elettrodomestici, ....), che una volta acquistati dalle famiglie non avevano più una domanda elevata. Ciò nonostante, le imprese continuarono a produrre incessantemente e le loro azioni erano alle stelle; quando però gli operatori economici si accorsero che il valore nominale delle azioni non corrispondeva più a quello reale, le vendettero in massa, provocando così la crisi di Wall Street. Le banche furono le prime ad essere colpite e così dilagò una considerevole disoccupazione, ma soprattutto si verificò la non efficacia dei piani per il pagamento delle riparazioni di guerra, espandendo così la crisi all’Europa.
Questa situazione determinò effetti differenti: in alcuni paesi fu una sollecitazione per l’instaurazione di sistemi democratici, mentre in altri fu la causa dell’affermazione di regimi totalitari.
Totalitarismo
Il concetto di totalitarismo è un idealtipo usato da alcuni scienziati politici e storici per spiegare le caratteristiche di alcuni regimi nati nel XX secolo, che mobilitarono intere popolazioni nel nome di un'ideologia o di una nazione.
Il termine totalitarismo, inoltre, è usato nel linguaggio politico, storico e filosofico per indicare "la dottrina o la prassi dello Stato totalitario", cioè di qualsiasi stato intenda inserirsi nell'intera vita anche privata dei suoi cittadini, al punto da identificarsi in essi o da far identificare essi nello Stato.
Definizione
In un regime totalitario lo stato controlla quasi ogni aspetto della vita di un individuo, attraverso il massiccio uso della propaganda, che cerca di plagiare le menti di tutti i cittadini con un’ideologia di stato. Un ruolo fondamentale in tal senso è svolto dalla scuola e dai mass media. Il partito unico totalitario controlla tutti gli aspetti della vita politica e sociale, infatti i governi totalitari non accettano le attività di individui o gruppi che non siano indirizzate al bene dello stato.
Hannah Arendt nel suo libro Origini del totalitarismo (1951) delinea le caratteristiche dei sistemi politici totalitari:
1) dominio di un partito unico che si identifica con le strutture istituzionali dello Stato;
2) presenza di una ristretta élite politica, dotata di poteri pressoché illimitati;
3) adozione di una rigida ortodossia ideologica, che viene imposta alla popolazione con metodi polizieschi o con l’uso del sistema educativo e dei mezzi di comunicazione di massa;
4) azione politica volta alla realizzazione di un “nuovo ordine” sociale, economico, politico, morale attraverso l’uso di metodi coercitivi particolarmente violenti.
Totalitarismo sovietico e nazista
Il totalitarismo nella Germania nazista ebbe un carattere di pervasività ed efficacia tali da costituire, secondo alcuni studiosi, l'idealtipo di trasformazione totale della realtà sociale tedesca. Il totalitarismo nazista, alla cui base stavano la ripresa dell'economia e il riscatto della Germania dalle umiliazioni e frustrazioni imposte dalla pace di Versailles, raggiunse un’intensità e dei risultati così importanti da imporsi come esempio portante nella costruzione dello stato totalitario.
L'uso della categoria di totalitarismo per accomunare nazismo e il comunismo degli stati socialisti è controverso. Questo paragone, infatti, si fa con governi presieduti da un partito unico e dittatoriale (come in URSS e Cina), e non con governi comunisti in una democrazia. Per questo alcuni preferiscono parlare di stalinismo o socialismo reale per sottolineare una differenza con l'ideologia comunista. Altri invece, soprattutto da parte liberale, non distinguono fra diversi tipi di comunismo, bensì fra comunismo al potere (come in Urss e nei paesi satelliti) e comunismo che non è mai riuscito ad entrare in una coalizione governativa.
Una corrente minoritaria del movimento comunista internazionale, all'epoca di Stalin, contestava la supremazia del dittatore, ad esempio tramite i movimenti anarchico-comunisti e di ispirazione trotzkista, mentre i partiti comunisti di stampo strettamente marxista e legati in qualche modo ideologicamente o politicamente all'Unione Sovietica, erano o più accomandanti riguardo alle politiche totalitarie del sistema sovietico o semplicemente ignari delle stesse.
Entrambi i regimi, tedesco e sovietico, si basavano su un unico partito fortemente legato, centralizzato e guidato da un capo carismatico, con ampio ricorso al terrore e alla propaganda così come alla polizia politica. Le due ideologie per molti aspetti paragonabili, in un certo senso, hanno storicamente tratto vantaggio l'una dall'altra. Il nazismo e il comunismo hanno, infatti, indicato reciprocamente nell'altro il massimo avversario ideologico, salvo poi allearsi nel 1939 per suddividersi l'Europa dell'Est. Dopo la rottura del patto nel 1941, le potenze dell'Asse riadottarono l'ideologia anti-comunista e l'URSS si presentò come il maggior paladino dell'anti-fascismo, in qualità di legittimazione morale delle proprie azioni.
Alcuni affermano che, mentre il nazismo indicava all'esterno il proprio nemico e rivolgeva, quindi, all'esterno le proprie forze distruttive (verso i popoli slavi e gli ebrei in primo luogo), lo stalinismo vedeva il nemico (potente forza di compattezza ideologica) all'interno e lo combatteva dentro i propri confini (ad esempio nello sterminio dei kulaki). Se queste premesse sono vere, allora deriva una differente natura del consenso nei due regimi: spontaneo quello al nazismo da parte dei tedeschi, imposto e formale quello dei russi nei confronti del partito bolscevico, perlomeno fino alla vittoria nella seconda guerra mondiale, sebbene il nazionalsocialismo non abbia goduto sin dall'inizio di un compatto consenso pubblico, e abbia dovuto eliminare gli avversari politici, sia liberali sia comunisti.
Fascismo come totalitarismo
Il fascismo definiva se stesso un sistema politico "totalitario". Nella concezione fascista dello Stato, infatti, l'individuo ha libertà e gode di diritti solo quando è pienamente inserito all'interno del corpo sociale gerarchicamente ordinato dello Stato.
Hannah Arendt, però, lo considera come prettamente "autoritario". Tale interpretazione si basa in gran parte sull'idea di considerare il terrore come "la vera essenza" della forma totalitaria di governo; in tal senso, il regime fascista non può considerarsi "puramente" totalitario in quanto mancò, a differenza di altri regimi quale quello nazista e quello stalinista, uno "sterminio di massa" e un uso costante del "terrore di massa". Mancò inoltre, un completo controllo della comunicazione e dell'informazione.
Inoltre, sempre secondo questa interpretazione, lo stato autoritario ha limiti prevedibili all'esercizio del potere, ovvero è possibile "vivere tranquilli" e non incorrere nella vendetta dello Stato se si seguono alcune regole di comportamento, e non si fa opera di militanza e propaganda politica, mentre nello stato totalitario i limiti all'esercizio del potere sono mal definiti e incerti.
Infine, a sostegno di questa tesi, vi è anche il fatto che il fascismo (a differenza di nazismo e comunismo sovietico) fu obbligato a convivere (spesso anche trovando un comune accordo) con i poteri della Monarchia e della Santa Sede, i quali, nonostante una progressiva erosione dei propri poteri, mantennero la propria autonomia (spesso più formale che sostanziale).