Cause
Le cause della crisi attuale vanno ricercate negli Stati Uniti e sono essenzialmente due:
Per quanto riguarda i mutui subprime, essi sono dei particolari prestiti che vengono concessi a dei soggetti che non hanno delle garanzie sufficienti per rimborsarli. La concessione di questi mutui ha avuto una grande espansione negli USA per una serie di fattori:
In sostanza, nell’ipotesi in cui il contraente non avesse rimborsato il proprio debito, la banca avrebbe pignorato la casa, rivendendola e ottenendo così un utile.
Questo sistema si è cominciato a diffondere a partire dagli anni ’90, ma ha iniziato a trovarsi in crisi dal 2006, quando il tasso della Federal Reserve è aumentato: i debitori non sono più riusciti a rimborsare le rate e le banche hanno venduto gli immobili pignorati, però nel frattempo la domanda degli edifici era diminuita e i loro prezzi non riuscivano a coprire l’importo dei prestiti facendo così registrare delle ingenti perdite alle banche.
Questi eventi sono stati aggravati dalla cartolarizzazione: le banche, per avere liquidità immediata, vendevano i mutui a delle società veicolo, che si impegnavano a riscuotere le rate. Queste società emettevano delle obbligazioni relative ai mutui, che venivano poi acquistate dalle banche e dai risparmiatori perché solitamente avevano un rating alto, quindi una prospettiva di rimborso sicura. Il guadagno delle società veicolo è in pratica la differenza tra i tassi dei mutui (più alti) e i tassi che venivano pagati a chi sottoscriveva le obbligazioni (più bassi).
Quando i debitori non hanno più pagato i loro mutui le società veicolo sono fallite e non hanno rimborsato le obbligazioni, facendo così estendere la crisi a livello mondiale, dato che molte banche e risparmiatori esteri avevano acquistato questi titoli.
Conseguenze
Le conseguenze di questi eventi sono state molteplici e sono collegate in un circolo vizioso.
Il primo effetto è stato quello di causare una crisi di fiducia tra le banche: esse non si prestano più i soldi tra di loro perché temono che non li riavranno alla scadenza (credit crunch). Questo fatto è inoltre alimentato dal rating che le agenzie mondiali (Standard & Poor’s, Moody’s, Fitch) assegnano alle banche (questo valore è più basso in quelle imprese bancarie che hanno acquistato i titoli delle società veicolo fallite).
Dato che le banche non si concedono dei prestiti tra loro, esse si trovano in una situazione di scarsa liquidità, quindi non elargiscono prestiti e vendono i titoli per avere più soldi disponibili, però questa alienazione di titoli su larga scala causa il crollo delle borse, principali fonti di guadagno per le imprese bancarie, facendo in modo che esse registrino delle ingenti perdite.
A causa dei bilanci passivi, perciò, si ha un’ulteriore crisi di fiducia che fa ricominciare il processo descritto.
Soluzioni adottate
Per far sì che le banche si fidino l’una dell’altra sono intervenuti gli stati, che collaborano tra loro e adottano due tecniche principali per sostenere le imprese bancarie:
In questo modo si è cercato di interrompere il processo della crisi, che ha evidenziato l’importanza del capitale interno alla banca; quindi la tutela del sistema finanziario dipende anche dal patrimonio detenuto dalle banche che assorbe i rischi della gestione e assicura il rimborso delle somme depositate.
Questo principio era già stato evidenziato dagli accordi di Basilea I e Basilea II. In particolare, con Basilea I si afferma che le banche hanno un certo grado di rischio che deve essere supportato dal capitale (patrimonio di vigilanza). Con Basilea II il principio è lo stesso, ma la determinazione di questa somma è diversa. Infatti, con Basilea I non si tiene conto della qualità dei crediti, ma solo del loro ammontare; questo cambia con il secondo accordo che ha tre pilastri principali:
In questo modo le imprese bancarie per determinare il patrimonio di vigilanza tengono conto del rating, danno quindi una valutazione ai propri clienti in base alle informazioni reddituali (dichiarazioni dei redditi), patrimoniali (bilanci) e andamentali (solvibilità). In pratica la banca dovrà accantonare una somma maggiore per clienti con un profilo di rischio più alto. L’impresa bancaria avrà quindi un costo maggiore concedendo prestiti a soggetti con un rating negativo perché, aumentando il patrimonio di vigilanza, toglierà denaro per gli investimenti; il rating è dunque una sintesi del merito creditizio di un’azienda.
Le banche, quindi, per diminuire i rischi economici e finanziari, saranno più propense a concedere dei prestiti ai clienti più affidabili, che avranno la capacità di restituire le somme prestate nei tempi e nei modi concordati.