Progetto PLS fermentazione

STUDIO INVESTIGATIVO SULLA FERMENTAZIONE DI LIEVITO

Introduzione.

Questa indagine sulla fermentazione di Saccharomyces cerevisiae (il lievito usato nella produzione di pane, vino e birra) offre opportunità per studenti delle scuole secondarie di studiare il metabolismo e sviluppare conoscenze e capacità manuali utili nella sperimentazione. L’esperienza è ispirata a quella proposta da Steven R. Spilatro del Marietta college (www.marietta.edu/~biol).

In questo protocollo viene descritta un apparato molto semplice ed economico per la misura della fermentazione in lievito e vengono riportati una serie di suggerimenti per il suo utilizzo in analisi investigative. Questo sistema ben si adatta ad un processo di apprendimento in quanto permette misure rapide e riproducibili ed una semplice manipolazione delle variabili che influenzano la fermentazione. Viene incluso un esercizio di laboratorio che gli studenti devono cercare di risolvere. Vengono anche rese disponibili altre informazioni relative ai fattori che influenzano la fermentazione, alcune risorse sulla respirazione cellulare. Le versioni più recenti dell’esercizio di laboratorio e la pagina delle risorse può essere consultata navigando nella presente pagina web “https://sites.google.com/site/stefanocampanaro/home/teaching-activity/progetto-pls-fermentazione”.

La quantificazione dell’etanolo e della produzione di CO2 sono due approcci standard per la misurazione della fermentazione in lievito. Esistono numerosi apparecchi precedentemente utilizzati per la misura della della produzione di CO2, alcuni di questi sono adatti per l'uso in classe mentre altri sistemi sono troppo complessi o richiedono tempi di misura troppo lunghi (si veda ad esempio Mader, 1994; Reiking et al, 1994; Tatina, 1989; Yurkiewicz et al, 1989). Il sistema qui descritto si basa sulla misurazione volumetrica della produzione di CO2 in lievito effettuata registrando lo spostamento di una goccia d'acqua in una pipetta. Utilizzando questo sistema, gli studenti possono studiare gli effetti di una vasta gamma di parametri sul processo di fermentazione, e gli esperimenti possono essere facilmente replicati all'interno di un singolo pomeriggio di laboratorio. Inoltre, i dati generati forniscono l'occasione per mostrare agli studenti come usare il computer nel calcolo dei tassi di fermentazione e come presentare i dati in forma di grafico.

Un'ulteriore analisi di tipo bioinformatico consente una migliore comprensione dell'influenza delle modifiche del genoma nel processo di fermentazione.

In questo esercizio di laboratorio, gli studenti costruiscono un semplice sistema sperimentale e viene chiesto loro di sviluppare un semplice protocollo per testare una variabile selezionata. Come parte dello studio, agli studenti viene chiesto di utilizzare Microsoft Excel per generare linee di tendenza, scrivere una semplice relazione di laboratorio, usare la letteratura scientifica. Per fornire più ampia rilevanza all’argomento, lo studio viene collocato nel contesto della produzione di biofuel. Ciò consente anche agli studenti di prendere in considerazione alcune questioni etiche che sorgono dall'applicazione della scienza.

I ceppi di lievito differiscono per le loro capacità di fermentazione.

Numerose specie di funghi sono rilevanti per la fermentazione alcoolica e rivestono un ruolo rilevante nella produzione di bevande come il vino. Queste specie di funghi rientrano nel phylum Ascomycota e nell’ordine Saccharomycetes (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/Taxonomy/Browser/wwwtax.cgi?id=4932), ma quella che sicuramente riveste il ruolo principe nel settore alimentare di produzione di bevande alcooliche e in quello industriale dei biocarburanti è Saccharomyces cerevisiae. All’interno di questa specie si possono altresì differenziare numerosissimi ceppi che molto spesso si distinguono tra loro per le caratteristiche fenotipiche (dal greco phainein, che significa “apparire”, e týpos, che significa “impronta”). Le differenze possono riguardare numerosi caratteri: morfologici (per es. la forma delle cellule o delle colonie), metabolici (per es. la capacità di utilizzare certi zuccheri o di resistere ad un composto tossico), oppure fisiologici (per esempio la velocità di fermentazione).

Figura 1. Colonie "petite" di lievito determinate dalla presenza di una mutazione nel gene codificante una proteina della catena respiratoria mitocondriale.

Un grosso interesse da parte dei ricercatori è volto all’identificazione di quei ceppi che presentano dei caratteri fenotipici vantaggiosi per le produzioni industriali. Questi ceppi, dotati di caratteristiche differenti, si originano spontaneamente per insorgenza di mutazioni nel DNA che vengono selezionate naturalmente. Di origine diversa sono invece i ceppi prodotti in laboratorio e generati dai ricercatori modificando il genoma di lievito con procedure di ingegnerizzazione genetica, un processo che in S. cerevisiae risulta piuttosto semplice. Spesso gli studiosi preferiscono ricercare in natura i ceppi che presentano caratteristiche interessanti, piuttosto che intervenire sul genoma con tecniche molecolari, questo perchè la legislazione attualmente vigente in Italia vieta l’utilizzo di organismi geneticamente modificati (artificialmente) per produzioni alimentari.

Tra i caratteri di maggiore interesse per distinguere i ceppi di lievito ci sono quelli che riguardano l’efficienza con cui esso è capace di metabolizzare un certo zucchero convertendolo in etanolo e generando anidride carbonica come sottoprodotto della fermentazione. Poiché esiste una proporzionalità diretta tra il numero di molecole di CO2 rilasciate e la quantità di etanolo prodotto durante la fermentazione alcoolica, l’avanzamento del processo può essere monitorato misurando la quantità di CO2 rilasciata (anziché la quantità di etanolo).

Figura 2. La fermentazione alcoolica di lievito.

L’analisi della produzione di CO2 dall’inizio della fermentazione fino all’esaurimento degli zuccheri disponibili è definita “curva di fermentazione” (Fig. 3) e consente di monitorare le proprietà di un certo ceppo. La curva è caratterizzata da numerosi parametri come ad esempio il massimo tasso di fermentazione (Rmax [g CO2/L/h]) o la durata totale della fermentazione (Fermentation duration, Fd) [h]. Ceppi differenti presentano curve caratterizzate da parametri specifici, per esempio in figura il ceppo P301 (curva rossa) presenta un minore Rmax rispetto agli altri ceppi (curve gialla, blu e verde). Nella selezione dei ceppi per la produzione di biocarburanti si tende a privilegiare ceppi con una maggiore efficienza. Nel presente esperimento misureremo la velocità di fermentazione all’inizio della curva di fermentazione (Ri) quando sono ancora disponibile una grande quantità di zuccheri. Inoltre evidenzieremo come ceppi differenti presentano tassi di fermentazione caratteristici.

Figura 3. Esempi di curve di fermentazione determinate per differenti ceppi di lievito.

Numerose variabili chimico-fisiche possono influire sul processo di fermentazione.

Durante il processo di fermentazione vengono introdotti dall’uomo numerosi composti chimici; questo avviene sia nel caso della produzione di bevande per uso alimentare, sia nella produzione di bioetanolo. Questi composti hanno numerosi scopi differenti, possono avere azione antimicrobica e servire per il controllo di specie microbiche contaminanti, possono fungere da antiossidanti (solfiti), oppure possono essere importanti per il controllo dei funghi patogeni che aggrediscono la pianta da cui viene ottenuta la materia prima per la fermentazione (solfato di rame). L’uso protratto negli anni di tali composti determina in alcuni ceppi di lievito l’insorgenza di fenotipi di resistenza. Come accennato precedentemente la comparsa di questi fenotipi è determinata dall’insorgenza spontanea di mutazioni che vengono poi selezionate naturalmente. Altri composti naturali, come ad esempio l’etanolo, vengono prodotti dallo stesso lievito utilizzato durante la fermentazione e divengono tossici quando raggiungono concentrazioni molto elevate. I ceppi che presentano un’elevata resistenza a questi composti sono di notevole interesse industriale in quanto svolgono in maniera più efficiente la fermentazione anche in presenza di questi composti.

Uno dei casi più interessanti, che considereremo in questo laboratorio, è la resistenza ai solfiti, composti ampiamente utilizzati in enologia come antiossidanti e antimicrobici fin dalla fine del 1800. I solfiti a concentrazioni elevate (25-100 mg/L) sono tossici per un’ampia gamma di microorganismi (compreso il lievito). Esistono tuttavia numerosi ceppi che presentano un carattere fenotipico di resistenza a questo composto e che pertanto possono essere utilizzati efficientemente nella vinificazione anche in presenza di solfiti. Poiché i solfiti ad elevate concentrazioni sono tossici anche per gli esseri umani, il loro utilizzo è sottoposto ad una severa regolamentazione.

La tossicità dei solfiti è determinata dalla loro capacità di reagire con gli acidi nucleici e le proteine (rompendo i ponti disolfuro) e inibendo l’azione di numerosi enzimi. Dato l’ampio spettro d’azione dei solfiti i ceppi resistenti hanno evoluto la capacità di “sbarazzarsi” di questo composto in modi differenti. Uno dei modi più efficienti è quello di “spostare” attivamente il composto al di fuori delle cellule utilizzando delle proteine speciali che fungono da “pompe/trasportatrici”. Il meglio noto di questi geni è SSU1, localizzato in molti ceppi di lievito sul cromosoma XVI e che codifica una di queste “proteine-trasportatrici”. Molti ceppi che hanno una notevole resistenza a questo composto presentano una modifica che insorge spontaneamente nel genoma e che sposta questo gene (lo trasloca) sul cromosoma VIII alterandone il livello di espressione. Ciò significa in parole semplici che i ceppi mutati presentano un numero molto elevato di copie di questa proteina "traslocatrice" e pertanto riescono a sbarazzarsi più efficacemente dei solfiti e a sopportare quindi concentrazioni molto elevate (superiori ai 100 mg/L). La capacità di produrre molte copie della proteina è determinata dallo “spostamento” del gene nel cromosoma VIII che cambia l’espressione del gene (il numero di copie di mRNA prodotte).

Nel nostro esperimento sottoporremo due ceppi differenti (uno resistente VL3) ed uno sensibile (AWRI79) ad una concentrazione tossica di solfiti (100 mg/L) e vedremo come ciò si riflette sulla loro efficienza di fermentazione. Per capire la differenza presente nel DNA dei due ceppi confronteremo poi la regione che si trova a monte dei due geni con un semplice strumento bioinformatico (il blastn).

Utilizzo di S. cerevisiae in campo alimentare, industriale ed ambientale

Numerosi ceppi di lievito afferenti alla specie S. cerevisiae sono stati utilizzati nel corso dei millenni dall’uomo in molteplici applicazioni. La fermentazione di zuccheri semplici ad etanolo e quindi a bevande fermentate alcooliche (soprattutto vino e birra) è una delle applicazioni più antiche. Molti ceppi di S. cerevisiae sono utilizzati nella panificazione e tuttora sono sviluppati per la produzione di biocarburanti, al fine di sostituire i combustibili fossili (benzina e gasolio) con alternative più ecologiche, quali il bioetanolo. Infine, le versatili capacità metaboliche di S. cerevisiae hanno consentito di sostenere numerose esperienze di biorisanamento.

PANIFICAZIONE Oltre alle applicazioni già presentate nel caso delle bevande alcooliche (birra e vino), S. cerevisiae viene utilizzato come agente di lievitazione nell’industria della panificazione. La farina infatti viene impastata con acqua e zucchero a 20-25 °C, segue quindi l’aggiunta di lievito; la successiva fermentazione ad opera di S. cerevisiae favorisce lo sviluppo di anidride carbonica che fa rigonfiare la pasta, rendendola spugnosa e di conseguenza più idonea alla cottura.

BIOETANOLO L’elevata performance fermentativa di S. cerevisiae nel convertire zuccheri semplici in etanolo ha sostenuto lo sviluppo di numerose tecnologie per la produzione di bioetanolo di prima e seconda generazione da utilizzarsi al posto della benzina nel serbatoio delle automobili.

Per prima generazione si intende l’alcool etilico prodotto dopo la fermentazione di saccarosio della canna da zucchero e di glucosio ottenuto dall’idrolisi enzimatica dell’amido presente in mais e frumento. Si tratta in ogni caso di substrati relativamente semplici che derivano da derrate alimentari.

Per seconda generazione si definisce l’alcool etilico prodotto dalla fermentazione di zuccheri semplici ottenuti in seguito a pre-trattamenti molto più complessi e costosi a carico di substrati lignocellulosici che esulano dalla catena alimentare. È il caso di sottoprodotti industriali ed agricoli come paglia di riso o frumento, trucioli di legno, residui della lavorazione della carta.

Mentre il bioetanolo di prima generazione è già una realtà industriale soprattutto in USA e in Brasile, il bioetanolo di seconda generazione è ancora in via di sviluppo. In entrambi i casi un ruolo chiave è giocato da ceppi di lievito, nel primo caso, selezionati per garantire le più elevate performance fermentative e, nel secondo, ingegnerizzati per sviluppare cloni ricombinanti capaci di fermentare altri zuccheri semplici (xilosio, arabinosio) solitamente non fermentescibili da parte di ceppi parentali di S. cerevisiae.

BIORISAMENTO Una applicazione poco conosciuta di S. cerevisiae è il biorisanamento, che può essere definito come l’insieme di tutte le tecnologie di bonifica ambientale che sfruttano il metabolismo microbico di specifici batteri, lieviti e funghi capace di utilizzare o detossificare specifiche sostanze inquinanti. In questa prospettiva, nell’ultimo ventennio, molte attività di ricerca hanno sfruttato le straordinarie capacità metaboliche di S. cerevisiae per decontaminare effluenti industriali con elevate concentrazioni di metalli pesanti quali cadmio (Cd), rame (Cu), mercurio (Hg). S. cerevisiae può accumulare infatti notevoli concentrazioni di metalli pesanti. Tale capacità è stata sfruttata con successo in molte applicazioni di biorisanamento utilizzando come vero e propri agenti di assorbimento le cellule di lievito esauste dopo la birrificazione.

Componenti dell'apparato di misura (respirometro).

- Siringa di plastica da 50 ml.

- Pipetta di plastica da 1 ml con gradazione da 0.01 ml.

- Parafilm.

- Contenitore di plastica largo (diametro circa 5-10 cm) per aspirare il liquido nella siringa.

Altro materiale. Colture di lievito precedentemente inoculate e cresciute per 24-48 h. Dell'acqua (meglio se colorata con un colorante) posta in un contenitore qualsiasi. Una soluzione di anidride solforosa per i test di resistenza (10 g/L). Bisogna considerare che 1 g di sodio metabisulfito rilascia 0.81 g di SO2.

C1*V1=C2*V2 => 25 mg/L*10 ml = 8100 mg/L*V2 => V2=30.0 microlitri

L'apparecchiatura, denominata in gergo "respirometro", è costituita da una siringa da 50 ml e da una pipette da 1 ml tenute insieme e sigillate da una striscia di parafilm (Figura 4). L'apparecchio funziona con una singola pipetta, tuttavia si possono unire due pipette per estendere la raccolta di dati su un range di 2 ml. Poichè questi apparati hanno un costo molto ridotto, ne possono essere costruiti diversi e utilizzati per effettuare esperimenti in parallelo. Il lievito da utilizzare nell’esperimento può essere coltivato in laboratorio e preparato prima dell’uso come nel nostro caso, oppure si possono acquistare dei panetti di lievito secco attivato all’ingrosso oppure in un panificio. Il lievito secco deve essere preparato circa un’ora prima dell’esperimento risospendendo circa 80 g per litro di lievito in acqua in un agitatore magnetico.

Figura 4. Struttura del respirometro.

Referenze.

Mader, S. S. (1994) Biology Laboratory Manual. Boston MA: W.C. Brown.

Reinking, L.R., Reinking, J,L, & Miller, K. (1994) Fermentation, Respiration & Enzyme Specificity: A Simple Device & Key Experiments with Yeast. The American Biology Teacher, 56: 164-168.

Tatani, R. (1989) Apparatus & Experimental Design for Measuring Fermentation rates in yeast. The American Biology Teacher, 51: 35-39.

Yurkiewicz, W.J., Ostrovsky, D.S., & Knickerbocker, C.B. (1989) A Simple Demonstration of Fermentation. The American Biology Teacher, 51: 168-169.

La procedura per la misurazione della fermentazione.

Numerosi prodotti agricoli come il mais vengono utilizzati e continueranno ad esserlo in futuro per la produzione di biocarburanti tramite l’utilizzo del lievito, pertanto, al di là delle considerazioni etiche, è opportuno cercare di massimizzare la resa di etanolo. Un modo per farlo è quello di studiare gli effetti di vari fattori sulla velocità di fermentazione. Ci sono numerosi metodi per misurare questo parametro. Dal momento che siamo interessati alla produzione di etanolo, il metodo più semplice sarebbe la misura diretta della quantità di etanolo prodotto nel tempo, però la misura dell’etanolo prodotto dalle cellule richiede una strumentazione piuttosto complessa per un laboratorio di introduzione alla biologia molecolare. Al contrario, la produzione di CO2 può essere misurata con rapidità e precisione sufficiente, offrendo un mezzo accettabile per studiare gli effetti di diverse variabili sulla fermentazione alcoolica. Gli esperimenti verranno effettuati utilizzando il cosiddetto respirometro (Figura 1). Il principio di funzionamento è semplice: la sospensione di lievito viene introdotta in una siringa, e la CO2 rilasciata dalle cellule durante la fermentazione spinge una piccola goccia d'acqua in alto lungo una pipetta, ciò permette di misurare in tempi diversi il volume di CO2 prodotto per un periodo di tempo di circa 10-60 minuti.

Procedura sperimentale.

Nell'esperienza di laboratorio viene analizzata la velocità di produzione di CO2 in cellule di lievito poste in presenza di una fonte di glucosio, è possibile utilizzare del succo di mela oppure una soluzione di glucosio ad una concentrazione pari a 5% (w/v). Nell’esperimento verranno analizzati due ceppi di lievito differenti (VL3 e AWRI796) in presenza ed in assenza di un composto antimicrobico (anidride solforosa -> SO2) alla concentrazione di 25 mg/L. Ciò ha lo scopo di determinare la differente efficienza di fermentazione in ceppi differenti e la loro capacità di resistere e adattarsi alla presenza di un composto "tossico" per il lievito.

Ogni membro del gruppo deve eseguire il proprio esperimento.

1. Prelevare due aliquote da 10 ml di ognuna dalle due colture di lievito cresciute per circa 24-48 h (4 aliquote) e inserirle SEPARATAMENTE ognuna in un contenitore di plastica da 10 ml (Falcon).

2. Centrifugare i quattro contenitori in una centrifuga in modo che le cellule si depositino sul fondo (5 minuti a circa 1500 rpm), alla fine dovrebbe essere ben visibile un grosso pellet di lievito con un volume di circa 0.5-1 ml.

3. Controllare che la quantità di cellule nei quattro contenitori sia approssimativamente equivalente (eventualmente effettuare una pesata), quindi rimuovere il terreno con cura (se necessario sgocciolare il residuo su una carta assorbente).

4. Se il volume cellulare dovesse essere notevolmente differente aggiungere dell'altra coltura nel contenitore con la quantità minore e ripetere la centrifugazione.

5. Aggiungere 10 ml di succo di mela in ognuno dei contenitori con il lievito e agitare bene fino a risospensione.

6. In uno dei due contenitori contenenti il ceppo di lievito e substrato di fermentazione aggiungere SO2 ad una concentrazione finale pari a 25 mg/L (quindi aggiungere 30.9 microlitri di soluzione preparata a 10 g/L), mescolare bene:

SCHEMA SPERIMENTALE -> ceppo VL3 (senza SO2) - ceppo VL3 (SO2 25 mg/L) - ceppo AWRI796 (senza SO2) - ceppo AWRI796 (SO2 25 mg/L)

7. Ognuna delle miscele va inserita in una siringa da 50 ml in modo da determinarne l’efficienza di fermentazione. Per far ciò versare il tutto in un contenitore di plastica largo a sufficienza da poter aspirare la miscela con la siringa.

8. Aspirare la miscela con una siringa da 50 ml e far entrare anche qualche ml di aria. Aspettare 20 minuti in modo che inizino a formarsi delle bolle di CO2.

9. Infilare la pipetta da 1 ml in un’altra siringa e aspirare una piccola goccia d’acqua da un contenitore, farla entrare nella pipetta fino in corrispondenza della tacca “0 ml”.

10. Completare il montaggio del respirometro staccando la pipetta da 1 ml dalla siringa avendo cura di non far uscire la goccia d’acqua e infilarla nella siringa contenente la miscela di lievito, sigillare la giuntura tra la pipetta e la siringa con del parafilm (Figura 4).

11. Attendere 10-20 minuti affinchè il lievito si adatti alla nuova condizione (non è importante il tempo trascorso ma bisogna che tutte le colture abbiano lo stesso tempo per adattarsi), poi se necessario muovere leggermente il pistone della siringa in modo da posizionare la goccia d'acqua sulla tacca dello “zero”.

12. Iniziare le misurazioni ad intervalli di 30-60 secondi e registrare i dati in un foglio. È possibile contrassegnare le misurazioni utilizzando la parte superiore o inferiore della goccia, l'importante è essere coerenti. Potrebbe essere necessario ridurre l'intervallo di tempo tra misurazioni se il tasso di produzione di CO2 è elevato. Può risultare utile monitorare l'andamento della fermentazione con una semplice fotocamera digitale (anche quella di uno smartphone) per una decina di minuti; il filmato che si ottiene può essere visualizzato in un computer (con un programma come VLC media player) o direttamente sulla fotocamera per calcolare precisamente il volume.

13. Riportare i dati delle misurazioni (tempo sull'asse delle ascisse vs. volume misurato sull'asse delle ordinate) su un foglio e trasferirli su un foglio excel. Può accedere che all’inizio delle misure non ci sia un andamento lineare, in questo caso per determinare il tasso di produzione di CO2 utilizzare solamente la parte lineare della curva (Tabella 1 e Figura 5).

Tabella 1. Esempio di dati ottenuti dalle misure (i ml di CO2 prodotta si ottengono direttamente dalla lettura dello spostamento della goccia d'acqua).

minuti 0; 1.2; 2.4; 4; 5.2; 6.5; 8; 9

letture sulla pipetta 0; 0.1; 0.2; 0.3; 0.4; 0.5; 0.6; 0.7

ml CO2 0; 0.01; 0.02; 0.03; 0.04; 0.05; 0.06; 0.07

Figura 5. Grafico excel ottenuto con i dati delle misure nella parte lineare della curva (escludendo i dati iniziali ottenuti fuori dalla linearità). Il tasso di produzione di CO2 ottenuto dall'interpolazione dei risultati è pari a 0.0077 ml/ min (calcolato dal grafico). Si noti che il tasso di fermentazione viene calcolato dalla pendenza della linea tracciata nella parte lineare della curva.

Figura 6. Confronto tra i ceppi VL3 e AWRI796 in presenza e assenza di anidride solforosa. In ordinata è riportata la CO2 generata [ml] e in ascissa il tempo [sec].

Come si identifica una modificazione genomica che determina la resistenza alla SO2?

In genere quando si identifica un ceppo dotato del carattere fenotipico di resistenza alla SO2 ci si chiede se ciò sia determinato dalla presenza di una traslocazione, la più frequente è quella che sposta una porzione del cromosoma XVI in cui si trova "normalmente" il gene SSU1 su un altro cromosoma (ad es. il chr VIII o il chr XV).

Per verificare ciò si determina la sequenza della regione a monte del gene SSU1 con tecniche di biologia molecolare (PCR, sequenziamento Sanger).

Vediamo in questa semplice procedura "bioinformatica" come differiscono due ceppi diversi di lievito a livello della regione promotoriale del gene in questione.

Per prima cosa verifichiamo la struttura della regione a cui siamo interessati visualizzandola sul browser genomico dell'Università di Santa Cruz.

Si ricordi che un browser è un programma che consente di visualizzare su una pagina internet la struttura del genoma di un organismo in forma grafica.

Nel browser è presente la struttura del genoma di S288c, un ceppo di laboratorio di cui è nota la sequenza genomica e nel quale il gene SSU1 si trova nella sua posizione "tipica" sul cromosoma XVI.

- Andare sul sito "https://genome-euro.ucsc.edu/cgi-bin/hgGateway?redirect=manual&source=genome.ucsc.edu",

-premere "GO",

-sulla finestra "Position/Search Term" cercare il gene di interesse digitando SSU1 e premere "go",

-cliccare il primo dei link che vengono proposti,

-ora nella schermata è rappresentato il gene di interesse,

-con i tasti "zoom in", "zoom out" e le "freccette" ci posizioniamo nella regione promotoriale (alternativamente digitare chrXVI:372,903-373,820 nella finestra di ricerca),

Sotto è riportata la struttura "normale" della regione contenente il gene SSU1 a valle del gene NOG1.

Figura 6. Regione genomica del chr XVI contenente il gene SSU1 nel ceppo S288c.

Adesso invece verifichiamo se la regione genomica sottostante, appartenente ad un ceppo RESISTENTE ALLA SO2 presenta delle differenze evidenti rispetto a quella degli altri ceppi.

>P283_chr16_2_133108-134080

GAGATAGTTGATTGTATGCTTGGTATAGCTTGAAATATTGTGCAGAAAAAGAAACAAGGA

AGAAAGGGAACGAGAACAATGACGAGAAAACAAAAGATTAATAATTGCAGGTCTATTTAT

ACTTGATAGCAAGACAGCAAACTTTTTTTATTTCAAATTCAAGTAACTGGAAGGAAGGCC

GTATACCGTTGCTCATTAGAGAGTAGTGTGCGTGAATGAAGGAAGGAAAAAGTTTCGTGT

GCTTCGAGATACCCCTCATCAGCTCTGGAACAACGACATCTGTTGGTGCTGTCTTTGTCG

TTAATTTTTTCCTTTAGTGTCTTCCATCATTTTTTTGTCATTGCGGATATGGTGAGACAA

CAACGGGGGAGAGAAGAAAAAAAAAAAAGAAAAGAAGTTGCATGCGCCTATTATTACTTC

AATAGATGGCAAATGGAAAAAGGGTAGTGAAACTTCGATATGATGATGGCTATCAAGTCT

AGGGCTACAGTATTAGTTCGTTATGTACCACCATCAATGAGGCAGTGTAAATGGTGTAGT

CTTGTTTAGCCCATTATGTCTTGTCTGGTATCTGTTCTATTGTATATCTCCCCTCCGCCA

CCTACATGTTAGGGAGACCAACGAAGGTATTATAGGAATCCCGATGTATGGGTTTGGTTG

CCAGAAAAGAGGAAGTCCATATTGTACACCCGGAAACAACAAAAGGATATCCGAAATATT

CCACGGTTTAGAAAAAAATTTTTACCTATTTAACTAGAGGTTCTAAAAGAATAGCCAACC

AGCGTGTAGTTCTTATTTCTAATCCTTGTCTTGTTAAGTGGAAACTTGTGATATTGGCTG

AACAAATTCTCCACATTTAGACAACACACAAATTACAGCTTTCCCCTAGTAACGATTGTT

GATTGAGCTCAGACAATACGCGCAATTTAAAAACGTTTTATAGTGTAAGAAAAGACAAGT

ACAAGAAAAAAAT

-facciamo una ricerca di similarità tramite BLASTN sul sito del Saccharomyces Genome Database (quindi facciamo una ricerca di similarità della sequenza nucleotidica),

-apriamo una nuova finestra sul browser e digitiamo http://www.yeastgenome.org/blast-sgd

-"incolliamo" nella finestra di ricerca (Type or Paste a Query Sequence : FASTA or RAW format, or No Comments, Numbers are okay) la sequenza riportata sopra,

-compariamo la nostra sequenza con quella del ceppo di riferimento (S288c) (selezionare S288C REFERENCE: GENOMIC SEQUENCE) ,

-cliccare sul tasto "run WU-BLAST",

-dopo alcuni secondi il programma restituisce una schermata col risultato,

-nell'output si dovrebbe notare come una parte della sequenza si allinea sul cromosoma XV del ceppo di riferimento (S288c) (160602-161342) ed una parte sul cromosoma XVI (373561-373791),

-ciò si può apprezzare meglio scorrendo in basso nella pagina dove sono riportati i dettagli relativi all'allineamento ottenuto.

Figura 6. Risultato ottenuto dall'analisi BLAST.

Ciò indica che la regione in analisi ha subito una traslocazione rispetto al ceppo di riferimento.

-Se rotorniamo sulla pagina web del genome browwser (https://genome.ucsc.edu/cgi-bin/hgGateway) possiamo controllare i geni che si trovano in prossimità delle regioni identificate (chrXV:160,602-161,342) e (chrXVI:373,561-373,791).

-Che geni avete identificato nel ceppo di riferimento S288c in prossimità delle regioni visualizzate?

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Materiale richiesto e costi (anno 2016).

-Una bottiglia di succo di mela da usare come substrato per la fermentazione (in alternativa una soluzione di glucosio in acqua al 5%)

MATERIALE SIGMA

-YPD agar 250 g (circa 4 L, 100 piastre) -> 114.50 €

http://www.sigmaaldrich.com/catalog/product/sial/y1500?lang=it&region=IT

-YPD broth 250 g (5 litri ma si possono fare anche 6 L) -> 89.80 €

http://www.sigmaaldrich.com/catalog/product/sigma/y1375?lang=it&region=IT

-Sodium metabisulfite 31448-500G-D -> 23.8 €

MATERIALE MAGAZZINO BIOLOGIA

-Siringhe 50 ml - 100 pezzi -> 46.8 €

-Falcon 15 ml - 10 sacchetti (500 pezzi) -> 57.9 €

-Falcon 50 ml - 2 sacchetti (50 pezzi) -> 6.16 €

-Pipette plastica per sierologia da 1 ml - 2 confezioni (200 pezzi) -> 13.56 €

-Parafilm - 1 rotolo -> 17.87 €

-Piastre per batteri - 2 confezioni -> 2.96 €

-Puntali da 1 ml - 4 scatole -> 21.2 €

-Puntali da 100 ul - 10 scatole -> 48.1 €