[94] Exeundum deinde est, ut extera Europae dicantur, transgressisque Ripaeos montes litus oceani septentrionalis in laeva, donec perveniatur Gadis, legendum. Insulae complures sine nominibus eo situ traduntur, ex quibus ante Scythiam quae appellatur Baunonia unam abesse diei cursu, in quam veris tempore fluctibus electrum eiciatur, Timaeus prodidit. Reliqua litora incerta. Signata fama septentrionalis oceani. Amalchium eum Hecataeus appellat a Parapaniso amne, qua Scythiam adluit, quod nomen eius gentis lingua significat congelatum.
[94] Devo ora discostarmi da questi argomenti per descrivere i luoghi ai margini dell’Europa: una volta oltrepassati i Monti Rifei, si costeggia necessariamente il litorale sinistro dell’Oceano settentrionale finché non si sopraggiunge a Cadice. Si narra che in quella regione ci siano numerose isole che non hanno nome e che, tra quelle di fronte alle coste della Scizia, ve ne sia una chiamata Baunonia a distanza di un giorno di navigazione; Timeo ha tramandato che nella stagione primaverile le onde riversano ambra sulle sue spiagge. Le altre coste di quell’area sono note soltanto in modo impreciso, mentre si ha una buona conoscenza dell’Oceano del Nord. Nel punto in cui bagna la Scizia, a partire dal fiume Parapaniso, Ecateo lo definisce Amalchio, nome che nell’idioma di quelle genti ha il significato di "ghiacciato".
[95] Philemon Morimarusam a Cimbris vocari, hoc est mortuum mare, inde usque ad promunturium Rusbeas, ultra deinde Cronium. Xenophon Lampsacenus a litore Scytharum tridui navigatione insulam esse inmensae magnitudinis Balciam tradit, eandem Pytheas Basiliam nominat. Feruntur et Oeonae, in quibus ovis avium et avenis incolae vivant, aliae, in quibus equinis pedibus homines nascantur, Hippopodes appellati, Phanesiorum aliae, in quibus nuda alioqui corpora praegrandes ipsorum aures tota contegant.
[95] Secondo Filemone, da quella parte fino al promontorio Rusbee, i Cimbri lo chiamavano Morimarusa, vale a dire "mare morto", e oltre quel punto lo denominavano Cronio. Senofonte di Lampsaco riporta che a tre giorni di navigazione dal litorale scitico vi è un’isola di grandezza smisurata, Balcia, la stessa che Pitea nomina Basilia. Si tramanda anche la presenza delle isole Eone, nelle quali gli abitanti si nutrono di uova di uccelli e biade, e di altre isole dove uomini nascono con piedi equini e sono perciò chiamati Ippopodi, e infine le isole dei Fanesii, i quali coprono interamente i loro corpi, altrimenti nudi, con le loro enormi orecchie.
[96] Incipit deinde clarior aperiri fama ab gente Inguaeonum, quae est prima in Germania. Mons Saevo ibi, inmensus nec Ripaeis iugis minor, inmanem ad Cimbrorum usque promunturium efficit sinum, qui Codanus vocatur, refertus insulis, quarum clarissima est Scatinavia, inconpertae magnitudinis, portionem tantum eius, quod notum sit, Hillevionum gente quingentis incolente pagis: quare alterum orbem terrarum eam appellant. Nec minor est opinione Aeningia.
[96] Inizia poi a farsi più chiara la conoscenza di quei luoghi a partire dal popolo degli Ingenueoni, il primo che si incontra in Germania. In quelle terre si erge lo sconfinato Monte Sevo, per nulla inferiore neppure alle vette dei Rifei, che forma un enorme golfo che si estende fino al promontorio dei Cimbri: questa insenatura viene chiamata Codano e include un gran numero di isole, la più celebre delle quali è la Scandinavia. La sua reale estensione è ignota e, stando a ciò che si conosce, soltanto una parte di essa è abitata dagli Illevioni raccolti in cinquecento villaggi, i quali definiscono quella terra come se fosse un mondo diverso dal nostro. Di grandezza non inferiore è ritenuta l’Eningia.
[97] Quidam haec habitari ad Vistlam usque fluvium a Sarmatis, Venedis, Sciris, Hirris tradunt, sinum Cylipenum vocari, et in ostio insulam Latrim, mox alterum sinum Lagnum, conterminum Cimbris. Promunturium Cimbrorum excurrens in maria longe paeninsulam efficit, quae Tastris appellatur. XXIII inde insulae Romanis armis cognitae. Earum nobilissimae Burcana, Fabaria nostris dicta a frugis multitudine sponte provenientis, item Glaesaria a sucino militiae appellata, barbaris Austeravia, praeterque Actania.
[97] Nell’opinione di alcuni questa è popolata fino al fiume Vistola da Sarmati, Venedi, Sciri e Irri; lì esiste un golfo definito Cilipeno e all’ingresso di esso si trova l’isola di Latri e subito dopo, al confine con il territorio dei Cimbri, un secondo golfo, il Lagno. Il promontorio dei Cimbri si prolunga notevolmente nel mare e crea una penisola chiamata Tastri. Proseguendo, si incontrano poi ventitre isole scoperte dagli eserciti romani: le più celebri tra queste sono le isole Burcana, che noi definiamo "Fabarie" a causa dell’abbondante produzione di fave che lì crescono naturalmente, e l’isola Glesaria, chiamata in questo modo dai soldati per l’ambra, ma definita tra i barbari Austeravia o Actania.
[98] Toto autem mari ad Scaldim usque fluvium Germaniae accolunt gentes, haud explicabili mensura: tam inmodica prodentium discordia est. Graeci et quidam nostri |XXV| oram Germaniae tradiderunt, Agrippa cum Raetia et Norico longitudinem DCXXXVI, latitudinem CCXLVIII, Raetiae prope unius maiore latitudine, sane circa excessum eius subactae; nam Germania multis postea annis nec tota percognita est.
[98] L’intera costa che si affaccia sul mare fino al fiume Scaldi in Germania è popolata da genti per una lunghezza difficile da determinare a causa dell’eccessiva discordanza tra le diverse testimonianze. I Greci, così come alcuni Romani, hanno calcolato la lunghezza del litorale germanico in 2500 miglia, mentre invece Agrippa, che ha incluso nel computo anche la Rezia e il Norico, ne riportava 686 di lunghezza e 248 di larghezza, sebbene soltanto la Rezia, sottomessa in realtà all’incirca nel periodo della sua morte, abbia una larghezza quasi maggiore di quella da lui calcolata; d’altronde, ancora dopo molti anni dalla sua conquista, la nostra conoscenza della Germania non è stata del tutto perfezionata.
[99] Si coniectare permittitur, haut multum ora deerit Graecorum opinioni et longitudini ab Agrippa proditae. Germanorum genera quinque: Vandili, quorum pars Burgodiones, Varinnae, Charini, Gutones. Alterum genus Inguaeones, quorum pars Cimbri, Teutoni ac Chaucorum gentes.
[99] Se è concesso fare congetture, allora la costa non dovrebbe essere di molto inferiore a quanto ipotizzato dai Greci e la sua lunghezza alla cifra tramandata da Agrippa. I Germani si distinguono in cinque stirpi: una è quella dei Vandali, cui appartengono i Burgodioni, i Varinni, i Carini e i Gutoni; un’altra è quella degli Inguaeoni, formata dai Cimbri, dai Teutoni e dalle tribù dei Cauci.
[100] Proximi autem Rheno Istuaeones, quorum (...)[1] mediterranei Hermiones, quorum Suebi, Hermunduri, Chatti, Cherusci. Quinta pars Peucini, Basternae, supra dictis contermini Dacis. Amnes clari in oceanum defluunt Guthalus, Visculus sive Vistla, Albis, Visurgis, Amisis, Rhenus, Mosa. Introrsus vero nullo inferius nobilitate Hercynium iugum praetenditur.
[100] Il popolo stanziato più vicino al Reno è quello degli Istueoni, tra cui vanno annoverati (…); l’entroterra è occupato dagli Ermioni, di cui fanno parte gli Suebi, gli Ermunduri, i Catti e i Cherusci. La quinta stirpe include i Peucini e i Basterni, confinanti con il popolo sopracitato dei Daci. In quel paese celebri corsi d’acqua defluiscono in direzione dell’Oceano, come il Gutalo, il Visculo o Vistola, l’Albi, il Visurgi, l’Amisi, il Reno e la Mosa. Nella parte interna si protende la catena degli Ercini, che indubbiamente non è inferiore a nessuna per fama.
[101] In Rheno autem ipso, prope C in longitudinem, nobilissima Batavorum insula et Cannenefatium et aliae Frisiorum, Chaucorum, Frisiavonum, Sturiorum, Marsaciorum, quae sternuntur inter Helinium ac Flevum. Ita appellantur ostia, in quae effusus Rhenus a septentrione in lacus, ab occidente in amnem Mosam se spargit, medio inter haec ore modicum nomini suo custodiens alveum.
[101] Sullo stesso corso del Reno poi, si trova l’isola assai famosa dei Batavi e dei Cannefati, con una lunghezza di circa 100 miglia, e poi vi sono le altre, cioè quella dei Frisii, dei Cauci, dei Frisiavoni, degli Sturii e dei Marsacii, che si estendono tra l’Elinio e il Flevo. In questo modo sono definiti i punti in cui sfocia il Reno, il quale a nord si immette in laghi e a ovest nel fiume Mosa, mentre all’altezza della bocca posta sul suo medio corso tra questi due punti il Reno conserva a suo nome soltanto un piccolo corso d’acqua.
[102] Ex adverso huius situs Britannia insula, clara Graecis nostrisque monimentis, inter septentrionem et occidentem iacet, Germaniae, Galliae, Hispaniae, multo maximis Europae partibus, magno intervallo adversa. Albion ipsi nomen fuit, cum Britanniae vocarentur omnes de quibus mox paulo dicemus. Haec abest a Gesoriaco Morinorum gentis litore proximo traiectu L. Circuitu patere |XXXXVIII|: LXXV Pytheas et Isidorus tradunt, XXX prope iam annis notitiam eius Romanis armis non ultra vicinitatem silvae Calidoniae propagantibus. Agrippa longitudinem DCCC esse, latitudinem CCC credit, eandem Hiberniae, sed longitudinem CC minorem.
[102] Di fronte a questa regione vi è l’isola della Britannia, nota sia per le testimonianze dei Greci sia per le nostre, che si estende tra settentrione e occidente ergendosi a grande distanza davanti a Germania, Gallia e Spagna, le quali sono di gran lunga le regioni più vaste d’Europa. Un tempo essa portava il nome Albione, quando invece tutte le località di cui tratteremo qui di seguito erano chiamate Britannie. Seguendo il tragitto più veloce, l’isola dista cinquanta miglia da Gesoriaco, centro marittimo della tribù dei Morini; nell’opinione di Pitea e di Isidoro il suo perimetro si estende per 4875 miglia. La conoscenza dell’isola è stata approfondita nel corso degli ultimi trent’anni per opera delle truppe romane, che si sono spinte fino alle vicinanze della foresta Calidonia e non oltre quel punto. Agrippa ritiene che la lunghezza dell’isola sia di 800 miglia e la sua larghezza di 300, al pari di quella dell’Ibernia, ma la lunghezza della Britannia sarebbe di 200 miglia inferiore ad essa.
[103] Super eam haec sita abest brevissimo transitu a Silurum gente XXX. Reliquarum nulla CXXV amplior circuitu proditur. Sunt autem XL Orcades, modicis inter se discretae spatiis, VII Haemodae, XXX Hebudes et inter Hiberniam ac Britanniam Mona, Monapia, Riginia, Vectis, Silumnus, Andros, infra vero Samnis et Axanthos et ab adversa in Germanicum mare sparsae Glaesiae, quas Electridas Graeci recentiores appellavere, quod ibi electrum nasceretur.
[103] L’Ibernia è situata a nord della Britannia e nel punto più breve per l’attraversamento dista 30 miglia dalle terre dei Siluri. Si tramanda che delle rimanenti isole nessuna abbia un perimetro maggiore di 125 miglia: si tratta delle quaranta Orcadi, che sono separate da brevi tratti di mare, delle sette Acmodi, delle trenta Ebridi, dell’isola di Mona tra Ibernia e Britannia, di Monapia, di Riginia, di Vecti, di Silumno, di Andro, di Samni e Asanto più a sud e, dalla parte opposta, delle Glesie disseminate in direzione del Mare Germanico; in tempi recenti i Greci le hanno ribattezzate Elettridi in virtù del fatto che lì si forma l’ambra.
[104] Ultima omnium quae memorantur Tyle, in qua solstitio nullas esse noctes indicavimus, cancri signum sole transeunte, nullosque contra per brumam dies. Hoc quidam senis mensibus continuis fieri arbitrantur. Timaeus historicus a Britannia introrsus sex dierum navigatione abesse dicit insulam Ictim, in qua candidum plumbum proveniat; ad eam Britannos vitilibus navigiis corio circumsutis navigare. Sunt qui et alias prodant, Scandias, Dumnam, Bergos maximamque omnium Berricen, ex qua in Tylen navigetur. A Tyle unius diei navigatione mare concretum a nonnullis Cronium appellatur.
[104] L’ultima di tutte le isole che sono ricordate è Tule, nella quale, come è stato accennato sopra, non vi è notte durante il solstizio quando il sole oltrepassa la costellazione del Cancro, e all’opposto non esiste giorno nel corso dell’inverno. Alcuni ritengono che tale fenomeno sussista in modo continuato per un periodo di sei mesi. Secondo lo storico Timeo, a distanza di sei giorni di navigazione dalla Britannia in direzione dell’entroterra vi è l’isola di Icti, in cui viene prodotto stagno; i Britanni la raggiungono per mare con imbarcazioni di vimini ricoperte per mezzo di brandelli di cuoio cuciti. Vi è anche chi riporta l’esistenza di altre isole, come le Scandie, Dumna, Bergo e Berrice, tra tutte la più grande, dalla quale è possibile navigare verso Tule. Partendo da Tule in un giorno di traversata si raggiunge il mare condensato, chiamato da alcuni Mare Cronio.
[1] Secondo H. Rackham (Natural history in ten volumes, vol. II, Cambridge-London 1942, p. 196) la lacuna andrebbe colmata con ''pars Sicambri'', riferimento a una potente popolazione germanica stanziata tra i fiumi Lippe, Reno e Weser e conquistata da Druso nel 12 a.C.