2/8/2025
E' stato un venerdì nero per le borse mondiali, dopo l'ordine esecutivo sui dazi firmato dal presidente americano Trump.
L'Europa ha bruciato 269 miliardi di euro, di cui 22 nella sola Piazza Affari. Anche Wall Street ha chiuso in terreno negativo, Dow Jones -1,23%, sull'onda tra le altre cose dei dati deludenti sul mercato del lavoro statunitense - notizia alla quale Trump ha reagito licenziando la responsabile dell'ufficio statistiche sull'occupazione, per provare a nascondere la polvere sotto il tappeto. Tornando alla questione tariffaria, a Bruxelles si è tirato un parziale sospiro di sollievo dopo l'ordine esecutivo, che ha confermato i dazi al 15% per l'Unione. Ma questa rischia di essere l'unica notizia positiva, in un accordo ancora tutto da definire nei dettagli e apertamente contestato da un peso massimo come la Francia. Nè ha giovato la notizia che le tariffe sull'import di auto europee restano per ora vicine al 30% e non al 15, scatenando la frustrazione tedesca. Le settimane dopo la pausa estiva dovranno necessariamente fare chiarezza, col rischio di aprire anche un fronte interno, oltre ovviamente a quello dei negoziati bilaterali con Washington. Le nazioni più penalizzate dall'ordine esecutivo reagiscono: il Canada, con il suo 35% di dazi, opterà sulla diversificazione delle rotte dell'export, rafforzando il mercato interno e attraendo investimenti. La Svizzera, per bocca della sua presidente Keller-Sutter, ha definito "assurda" l'accusa trumpiana secondo cui Berna ruberebbe 40 miliardi di franchi all'anno a Washington - affermazione che ha giustificato i dazi al 39%.
31/7/2025
Si guarda a domani per fare chiarezza sulla controversa intesa commerciale raggiunta domenica in Scozia tra Unione Europea e Stati Uniti.
Ieri fonti comunitarie hanno lanciato un segnale a Washington, facendo trapelare che Bruxelles intende congelare per sei mesi i controdazi già approntati. Premesso questo, la nebbia condensatasi sui dettagli della trattativa, con versioni disallineate tra le due sponde dell'Atlantico, dovrebbe diradarsi entro ventiquattrore, con la pubblicazione di una dichiarazione congiunta non vincolante. Nei fatti, una roadmap sulla politica commerciale, che rischia di lasciare ancora molte domande aperte. Il presidente francese Macron ha sparato a zero contro la discutibile strategia negoziale del team Von Der Leyen: "l'Unione non è stata temuta abbastanza dagli Stati Uniti - per essere liberi, bisogna essere temuti. Non è la fine della storia, non ci fermeremo", ha detto Macron. Poco dopo il Ministro per il Commercio, Saint-Martin, ha dichiarato che Parigi spinge affinché vini, liquori e settore aeronautico vengano esentati dall'accordo euroamericano. A tenere banco ieri è stata la duplice offensiva di Trump contro India e Brasile: il presidente americano ha prima minacciato tariffe al 25% da domani contro Nuova Dehli, poi ha firmato una misura per imporre dazi al 50% contro il Brasile del suo nemico Lula. E ha pure fissato tariffe al 50% su alcune importazioni di rame.
30/7/2025
Un congelamento dei controdazi sui prodotti americani per sei mesi, fino a inizio febbraio, non appena sarà chiarito definitivamente il testo quadro dell'intesa finalizzata domenica tra la presidente della Commissione Von Der Leyen e quello americano Trump.
Fonti comunitarie hanno anticipato così la prossima mossa nell'estenuante negoziato tra Bruxelles e Washington, dopo i primi disallineamenti sui testi emersi negli ultimi giorni. L'incertezza permane, tanto che i sei mesi potrebbero pure accorciarsi, fa trapelare Bruxelles: per questo Unione Europea e Stati Uniti puntano a pubblicare una dichiarazione congiunta non vincolante entro venerdì. Nelle ultime ore è esplosa la contestazione francese: dopo il premier Bayoru, anche il presidente Macron ha sparato a zero contro l'intesa, in particolare contro la strategia negoziale di Von Der Leyen: "l'Unione non è stata temuta abbastanza dagli Stati Uniti, per essere liberi, bisogna essere temuti. Questa non è la fine della storia, non ci fermeremo", ha detto Macron. Poco dopo il Ministro transalpino per il Commercio, Saint-Martin, ha dichiarato che Parigi spinge affinché vini, liquori e settore aeronautico vengano esentati dall'accordo euroamericano. E che il dossier non sia affatto sigillato lo ha fatto intuire anche il segretario al Commercio statunitense Lutnick, affermando che pure le tasse sui servizi digitali "saranno sul tavolo" dei colloqui tra Stati Uniti e Unione Europea. A tenere banco nelle ultime ore è stato l'attacco di Trump all'India: il presidente americano ha minacciato tariffe al 25% da venerdì, e ha anche accusato New Dehli di acquistare armi ed energia dalla Russia, minacciando per questo possibili sanzioni secondarie.
19/7/2025
Si complicano i negoziati sui dazi tra Unione Europea e Stati Uniti, dopo il cauto ottimismo fatto trapelare ieri da Bruxelles, nella speranza di poter trattare fino all'ultimo minuto, non escludendo neppure ulteriori tempi supplementari dopo il primo agosto.
Nella serata di ieri il Financial Times ha raffreddato precoci entusiasmi, riferendo che il presidente americano Trump avrebbe posto l'asticella minima dei dazi sui prodotti importati dall'Unione Europea tra il 15 e il 20%. Meno del 30% minacciato una settimana fa, ma più di quanto Bruxelles cerca di ottenere, vale a dire il 10% sulla maggior parte dei beni esportati. Fonti della Commissione hanno riferito che il Commissario al Commercio Sefcovic, parlando ieri agli ambasciatori dei 27, avrebbe fornito un resoconto poco incoraggiante, dopo i suoi ultimi colloqui a Washington. Trump dal canto suo ieri sera ha annunciato che presto saranno resi noti alcuni importanti accordi commerciali, senza fornire dettagli. Tra le righe, ha fatto intendere che faranno perno su una riduzione delle tariffe spesso astronomiche minacciate dalla Casa Bianca, in cambio di un'apertura dei mercati della controparte ai prodotti americani. Tra i Paesi europei, l'atteggiamento di sottomissione e ineluttabilità comincia a lasciare spazio alle prime crepe: diplomatici comunitari non escludono più una guerra commerciale, qualora Trump non lasciasse loro altra scelta. Due pacchetti di contromisure sono già sul tavolo.
17/7/2025
Dopo le trattative a la carte, il tasso unilaterale generalizzato: il presidente americano Trump starebbe mirando a imporre dazi del 10 o del 15% a un grande numero di Paesi, di taglia medio-piccola.
"Avremo ben oltre 150 nazioni alle quali invieremo un avviso di pagamento", ha minacciato parlando con i giornalisti, lasciando intendere che la tariffa sarà identica per tutti e che riguarderà soprattutto i Paesi medio-piccoli - mappamondo alla mano, coi 45 rimanenti, di cui la metà appartenenti all'Unione Europea, si desume che i negoziati dovrebbero continuare a essere diretti. E nella nebbia negoziale che circonda le trattative, lo stesso Trump -dopo aver affermato di essere molto vicino ad un accordo commerciale con l'India- ha nuovamente teso la mano all'Europa, affermando in un'intervista che Washington potrebbe raggiungere un'intesa con l'Unione. "E' stata brutale con noi, ora si sta comportando in modo molto gentile", ha ribadito Trump, riproponendo la consueta tattica del bastone e della carota, stavolta nel giro di neppure una settimana. Al di qual dell'Oceano, dopo l'intorpidimento e lo choc seguito all'annuncio delle tariffe al 30%, Bruxelles starebbe preparando un elenco di potenziali tariffe sui servizi statunitensi, nonché controlli sulle esportazioni, come parte di una ritorsione in caso di fallimento dei negoziati commerciali. E secondo il Financial Times, non dovrebbe colpire solo il settore tech. Nel gioco di ombre della Casa Bianca, di fughe in avanti e retromarce improvvise, filtra pure un possibile rinvio dei dazi al 50% sui prodotti brasiliani, previsti dal primo agosto.
14/7/2025
Riprendono oggi i negoziati tecnici tra Unione Europea e Stati Uniti per trattare sui dazi, in vista della nuova scadenza del primo agosto. E, dopo lo schiaffo di Donald Trump, Bruxelles mostra segnali di impazienza e paventa un secondo pacchetto di controdazi da 72 miliardi.
L'Europa fa la voce grossa sui dazi americani, pur continuando a trattare, seguendo la strategia delineata nel weekend. Il Ministro degli Esteri e presidente di turno, il danese Rasmussen, definisce inaccettabili e ingiustificati i dazi al 30% annunciati dal presidente statunitense Trump. Rasmussen ha ribadito che si continuerà a lavorare per un'intesa, purchè si tratti di un accordo reciprocamente vantaggioso. Il Commissario al Commercio e caponegoziatore europeo Sefcovic, che fin qui ha fatto le veci negoziali della presidente della Commissione Von Der Leyen, senza però produrre i risultati sperati, ha deciso di mettere sul tavolo negoziale una pistola finalmente carica: Bruxelles parla apertamente del secondo pacchetto di controdazi - il primo resta sospeso, e potrebbe entrare in vigore a inizio agosto. Il secondo pacchetto "vale 72 miliardi", mentre lo strumento anti-coercizione, il bazooka commerciale dell'Unione, "è sul tavolo", ma la valutazione avverrà "passo dopo passo", ha confermato Sefcovic. I rischi per le industrie esportatrici comunitarie, secondo quanto stimato dalla Direzione Generale per il Commercio della Commissione, potrebbero crescere: se a finire sotto la scure tariffaria di Trump sarebbe oggi il 70% delle esportazioni europee, circa 380 miliardi, le indagini commerciali in corso Oltreoceano rischiano di estendere a nuovi settori i dazi, colpendo fino al 97% dell'export comunitario.
14/7/2025
Il dossier dazi approda oggi sul tavolo dei Ministri del Commercio europei, dopo lo schiaffo americano nel weekend, con l'annuncio di tariffe al 30% e la risposta attendista della Commissione, che preferisce trattare fino al primo agosto, prima di varare un primo pacchetto di contromisure da 21 miliardi.
"L'attuale incertezza causata da dazi ingiustificati non può persistere all'infinito e dobbiamo prepararci a tutti gli esiti, compresa" la possibilità "di misure proporzionate e ponderate per ripristinare l'equilibrio nelle nostre relazioni transatlantiche", ha dichiarato il Commissario al Commercio Sefcovic, arrivando al vertice. Sefcovic ha annunciato che avrà un nuovo scambio con le controparti americane sul dossier. La presidenza danese dell'Unione, per bocca del Ministro degli Esteri Rasmussen, ha affermato che l'intesa deve essere equa e ha sottolineato il punto cruciale dell'unità tra i 27, che va mantenuta. La Francia si conferma il Paese con la strategia più aggressiva: "anche la questione dei servizi" digitali "e dello strumento anti-coercizione", il bazooka commerciale dell'Unione, "devono essere sollevate", ha affermato il Ministro per gli Affari europei, Laurent Saint-Martin, evidenziando che "non ci dev'essere alcun tabù nella capacità di risposta europea". E pure l'Austria preme per un atteggiamento meno morbido: l'Europa deve "preparare le contromisure: sia i due pacchetti già previsti, sia preparando un terzo pacchetto sulle aziende digitali", ha affermato il Ministro Hattmannsdorfer.
13/7/2025
Prima riunione di emergenza questo pomeriggio a Bruxelles tra i 27 ambasciatori europei, per trovare una linea comune in tempi rapidi sulla risposta da inviare a Washington.
Le reazioni ieri dalle capitali hanno evidenziato unità solo nello choc di fronte all'annuncio di Donald Trump, ma sulle contromisure si ondeggia tra il decisionismo francese - Macron propone di valutare l'arma nucleare delle misure di anticoercizione, e il pragmatismo tedesco, che teme i contraccolpi sulla sua industria e suggerisce alla Commissione di sfruttare le prossime tre settimane per negoziati a oltranza. Due strade anticipate dalla reazione a caldo della presidente della Commissione Von Der Leyen. Resta da capire se, dopo il naufragio della strategia morbida, con l'Europa disposta a concedere a Trump dazi asimmetrici al 10%, non sia il caso di passare ad un atteggiamento muscolare in stile cinese, rispondendo colpo su colpo, per non rischiare di umiliarsi anche su questioni molto serie, quali gli standard dei prodotti importati dagli Stati Uniti o le regole sui colossi digitali, che Washington vede come fumo negli occhi. Le armi sono sul tavolo: martedì scatterebbe, in assenza di contrordini, il primo pacchetto di dazi varato dall'Europa, fin qui sospeso per favorire il dialogo. Tariffe settoriali tra il 10 e il 25% sulle importazioni americane, per un valore di quasi 21 miliardi, che andrebbero a colpire il cuore agricolo-industriale dell'America trumpiana. E -se non bastasse il primo- è in rampa di lancio anche un ipotetico secondo pacchetto da oltre 70 miliardi.
12/7/2025
La Commissione era a conoscenza della decisione americana di annunciare dazi al 30% a partire dal primo agosto. E' quanto si apprende da una portavoce dell'esecutivo comunitario.
Entra in modalità crisi l'Europa, colpita al cuore da un annuncio sui dazi inatteso, dopo aver lavorato per settimane all'ipotesi di una concessione su tariffe asimmetriche al 10%, riconoscendo a Donald Trump una vittoria simbolica. L'atteggiamento remissivo non ha pagato e ora si aprono due strade, sintetizzate dal laconico post della presidente della Commissione Von Der Leyen, che definisce l'annuncio sconvolgente per le catene di approvvigionamento: usare le prossime tre settimane per portare ai supplementari i negoziati, contando sull'ormai proverbiale tirarsi indietro di Trump, o cambiare strategia e passare ad un atteggiamento muscolare, in stile cinese, rispondendo colpo su colpo. Domani pomeriggio gli ambasciatori dei 27 Paesi si riuniranno a Bruxelles per un primo punto della situazione, in attesa del vertice dei Ministri del Commercio lunedì. Senza dimenticare che martedì scatterebbe, in assenza di contrordini, il primo pacchetto di controdazi varato tre mesi fa dall'Europa, e fin qui tenuto in sospeso per favorire il dialogo. Parliamo di tariffe settoriali comprese tra il 10 e il 25% sulle importazioni americane, per un valore di quasi 21 miliardi, che andrebbero a colpire il cuore agricolo-industriale che rappresenta la base elettorale di Trump. Dalle capitali europee, un coro di reazioni preoccupate da Germania, Spagna e Olanda. Il presidente francese Macron invoca le maniere forti contro Washington, ricorrendo all'arma nucleare del meccanismo di anticoercizione.
11/7/2025
Prosegue l'attesa in Europa nelle ormai estenuanti trattative sui dazi con gli Stati Uniti: "i colloqui continuano", fanno sapere da Bruxelles, mentre l'intesa sembra ancora in bilico.
"Siamo pronti a un accordo", ribadisce la Commissione Europea, che non prevede però incontri nel weekend con la controparte americana. L'obiettivo resta raggiungere un'intesa di principio, il cui punto di caduta sembra ruotare tuttora sull'ipotesi di dazi generali sull'export Oltreoceano al 10%, con eccezioni settoriali. Ma l'incertezza regna sovrana, tra annunci del presidente americano Trump su lettere in arrivo e scadenze magicamente prolungatev - per l'Europa si parla del primo agosto, e le discussioni interne al Continente, che riprenderanno lunedì, con i Ministri del Commercio, che dovranno anche fare il punto sulle possibili contromisure comunitarie in caso di mancata intesa. Anche quelle sono rimaste in sospeso, nell'incertezza che avvolge il dossier. Chi per ora paga dazio nell'ultimo round di offensive commerciali da parte di Trump è il Canada, per il quale scatteranno dazi il primo agosto pari al 35%. Eccezioni saranno però previste per tutti i beni compresi nell'accordo sottoscritto cinque anni fa tra Stati Uniti, Messico e lo stesso Canada. Per tutti gli altri Paesi Trump ha annunciato dazi tra il 15 e il 20% - un indizio che potrebbe complicare le trattative con l'Europa.
10/7/2025
L'ora della verità per la presidente della Commissione Von Der Leyen scoccherà a mezzogiorno dell'ultima giornata di sessione pre-vacanziera: la mozione di censura presentata da un deputato romeno dei Conservatori, gruppo di cui fa parte Fratelli d'Italia, quasi certamente non passerà.
Ma sarà la portata dei voti espressi a favore e contro la politica tedesca a determinarne la solidità futura: la buona notizia per lei è che i Socialisti, tentati dall'astensione, avrebbero optato ieri sera per un voto favorevole, dopo l'apparente e clamorosa retromarcia della stessa Von Der Leyen sui piani relativi al prossimo bilancio comunitario, che avrebbero marginalizzato le regioni a favore degli Stati in termini di potere decisionale sui finanziamenti per la coesione. Così non dovrebbe essere. Socialisti che -con i liberali e i Verdi- sono sul piede di guerra, dopo che il partito di Von Der Leyen, il Ppe, ha più volte tradito il patto europeista, preferendo a Strasburgo alleanze variabili con destra ed estrema destra. Proprio a destra i deputati meloniani dovranno strappare con polacchi e rumeni, firmatari della mozione di sfiducia. Non un bello spettacolo di compattezza. Così come andrà in scena un'altra spaccatura, tutta nazionale, tra Fratelli d'Italia e Lega, quest'ultima a favore della censura contro la presidente della Commissione. Comunque vada, i numeri finali del voto saranno i fondi del caffè con cui leggere sia il futuro di Von Der Leyen sia soprattutto quello delle maggioranze e alleanze europarlamentari.
4/7/2025
Accelerano le trattative tra Unione Europea e Stati Uniti sui dazi, con incontri diretti ad alto livello tra il Commissario al Commercio Sefcovic e i segretari americani chiave nella partita, quello al Tesoro Bessent e quello di settore Lutnick. La presidente della Commissione Von Der Leyen, dalla città danese di Aahrus, ha aperto all'ipotesi di un accordo quadro con Washington entro la scadenza di mercoledì.
"Guardiamo al 9 luglio: quello che ci attende è un compito enorme, considerata la mole di interscambi euroatlantica, pari a 1500 miliardi di euro", ha dichiarato Von Der Leyen, evidenziando come sia "impossibile" raggiungere un accordo nel dettaglio in soli 90 giorni. Vogliamo un'intesa di principio", ha chiosato, ribadendo che Bruxelles chiede "una soluzione negoziale, ma si sta preparando nel caso non ci fosse un'intesa. Ogni opzione è sul tavolo". Questo mentre il segretario americano Bessent ha annunciato altri accordi commerciali entro la fatidica data del 9 luglio - ma ha anticipato che la decisione su un'eventuale intesa con l'Europa sarà del presidente Trump. Tra le poche certezze, quella che Bruxelles dovrebbe cedere sul dazio base al 10%, impegnandosi ad acquistare più prodotti made in USA. In cambio chiederebbe esenzioni su settori chiave quali auto e alluminio, tra gli altri. Il presidente francese Macron ha sostenuto ieri un progetto di accordo commerciale chiuso "il più rapidamente possibile", con i dazi "più bassi possibile".
3/7/2025
Nel giorno in cui i negoziatori europei capitanati dal Commissario al Commercio Sefcovic incontrano i segretari americani chiave nella partita sui dazi, quello al Tesoro Bessent e quello di settore Lutnick, la presidente della Commissione Von Der Leyen apre all'ipotesi di un accordo quadro con Washington entro la scadenza di mercoledì prossimo.
"Guardiamo al 9 luglio: quello che ci attende è un compito enorme, considerata la mole di interscambi tra Europa e Stati Uniti, pari a 1500 miliardi di euro", ha dichiarato Von Der Leyen, evidenziando come sia "impossibile" raggiungere un accordo nel dettaglio in soli 90 giorni. Vogliamo un'intesa di principio", ha chiosato, ribadendo che Bruxelles vuole "una soluzione negoziale, ma si sta preparando nel caso non ci sia un'intesa. Ogni opzione è sul tavolo". Questo mentre il segretario americano Bessent, in un'intervista a Cnbc, ha annunciato altri accordi commerciali entro la fatidica data del 9 luglio - ma ha anticipato che la decisione su un'eventuale intesa con l'Europa sarà del presidente Trump. Tra le poche certezze, quella che Bruxelles cederà sul dazio base al 10%, dopo aver promesso di combattere e aver minacciato ritorsioni. Fronte Cina, il Ministro degli Esteri di Pechino Wang ha esortato l'Unione a non mantenere un rapporto da avversaria con la superpotenza orientale, ma ha dovuto incassare l'attacco dell'omologo tedesco Wadephul, secondo cui le restrizioni nelle esportazioni di terre rare da parte della Cina "non sono molto trasparenti".
3/7/2025
Dazi, difesa europea e Ucraina prendono la scena nella conferenza stampa di inaugurazione della presidenza danese dell'Unione.
"Guardiamo al 9 luglio, quello che ci attende è un compito enorme, considerata la mole di interscambi tra Europa e Stati Uniti: vogliamo un'intesa di principio, in tre mesi è impossibile raggiungere un accordo di dettaglio", ha detto la presidente della Commissione Von Der Leyen, che ha ribadito concetti già espressi: "vogliamo una soluzione negoziale, ma ci stiamo preparando nel caso non ci sia un'intesa. Vogliamo tutelare gli interessi europei, per questo ogni opzione è sul tavolo". Sullo stop ad alcune forniture americane all'Ucraina, Von Der Leyen vede il bicchiere mezzo pieno: "e' un chiaro segnale per aumentare i nostri sforzi nel sostegno a Kiev, per l'Unione e per il Continente". Più allarmata la presidente di turno dell'Unione, la premier danese Frederiksen: "se gli Stati Uniti hanno deciso così, questo rappresenterà un serio ostacolo per l'Unione e per la Nato. Noi speriamo che la partnership con Kiev continui". Frederiksen che ha tenuto a sottolineare l'importanza del dossier migrazione per Copenhagen: "l'attuale sistema di asilo si è rotto. Noi vediamo le conseguenze di una migrazione non controllata sulle nostre società. Dobbiamo essere molto franchi con chi viene: chi commette crimini e non rispetta i nostri valori non ha posto in Europa e deve essere espulso", ha detto, mirando all'obiettivo di finalizzare gli hub per i rimpatri. C'è spazio anche per il rapporto Draghi, vecchio ormai di nove mesi: Von Der Leyen tira le prime somme e guarda fiduciosa alla realizzazione del programma. Nessuna delle due però si sogna di citare l'ipotesi Eurobond.
2/7/2025
Un altro tassello dello spazio Schengen cade, dopo l'annuncio della Polonia in merito alla reintroduzione dei controlli alle frontiere con Germania e Lituania, a partire da lunedì prossimo.
"La pazienza polacca verso la Germania, dopo l'introduzione di controlli unilaterali ai nostri confini, si sta esaurendo", ha accusato con toni inaspettatamente duri il premier polacco Tusk, rivolto al cancelliere tedesco Merz. Tusk ha aggiunto: "consideriamo la reintroduzione dei controlli come necessaria a ridurre al minimo il flusso incontrollato di migranti al confine". I controlli tedeschi sulla frontiera con la Polonia risalgono all'ottobre 2023, ma a maggio sono stati rafforzati dal Governo Merz, scatenando le ire di Varsavia, stanca di vedersi rimandare indietro i migranti alla frontiera. Anche perchè il tema era entrato nel frattempo nella campagna per le elezioni presidenziali, vinte dal sovranista Nawrocki, la cui elezione è stata definitivamente certificata ieri dalla Corte Suprema Polacca. Merz, in evidente imbarazzo, considerate pure le pesanti critiche dell'altroieri dell'ex-cancelliera Merkel in merito alle nuove politiche migratorie tedesche, ha abbozzato, definendo quello dei migranti un problema europeo e proponendo pattugliamenti congiunti nelle aree vicine alla frontiera. Ha anche citato l'ingresso tedesco nel gruppo tematico di Paesi europei, capitanato da Italia, Olanda e Danimarca. Ma le sue posizioni in materia sono finite nel mirino delle critiche anche dell'alleato di coalizione Spd e di alcuni membri Cdu.
1/7/2025
C'è voluto il voto del vicepresidente americano Vance per rompere il perfetto equilibrio di 50 a 50 al Senato americano, consentendo ora alle quasi mille pagine del testo della Legge di Bilancio federale di approdare alla Camera, in tempo per la firma del presidente americano Trump - intenzionato ad apporla entro venerdì, giorno della Festa per l'Indipendenza.
Una lunga notte di votazioni ha lasciato i senatori esausti: tre repubblicani hanno votato contro, e non è detto che la maggioranza di sette deputati alla Camera basti. Anche perchè i tagli ai programmi di assistenza medica e gli oltre tre trilioni di dollari di debito aggiuntivi provocati dai tagli fiscali contenuti nella legge rischiano di aprire voragini nei conti pubblici. Questo mentre è ormai guerra aperta tra Donald Trump e Elon Musk, dopo un'apparente tregua rotta dallo stesso Musk nel weekend, quando è tornato nuovamente ad attaccare il Big Beautiful Bill di Trump. Il presidente ora non esclude più di deportare Musk, cittadino americano nato in Sudafrica. Non solo: minaccia persino di scatenare il Doge, il Dipartimento per l'Efficienza Governativa, ideato e diretto da Musk prima della sua uscita di scena, per riesaminare i contratti governativi con Tesla e Space X, potenzialmente privandole di una quarantina di miliardi in sussidi federali. Sottotraccia si muove dell'altro: Musk ha fatto sapere che, qualora il Congresso approvasse il bilancio, lancerebbe subito il suo America Party, in una guerra fratricida contro i Repubblicani di Trump, che finirebbe per decimarli alle prossime elezioni di midterm.
1/7/2025
Torna pubblicamente a deflagrare lo scontro tra Donald Trump e Elon Musk, in una contesa che -superando la sfera personale- si espande anche agli ambiti industriale e politico.
"Ci darò un'occhiata", così Trump ha risposto a chi gli chiedeva della possibilità di deportare Musk. Il miliardario è infatti nato in Sudafrica e solo successivamente è divenuto cittadino americano. Ma non finisce qui: "senza sussidi per le auto elettriche, Elon probabilmente dovrebbe chiudere bottega e tornare a casa in Sudafrica", aveva precedentemente attaccato con un post social Trump, minacciando -in un clamoroso cortocircuito politico- di scatenare il DOGE, Dipartimento per l'Efficienza Governativa, ideato e diretto per alcuni mesi dallo stesso Musk, contro Tesla e Space X, al fine di tagliare i sussidi pubblici elargiti alle sue aziende. Il risultato è stato un crollo della stessa Tesla a Wall Street. A scatenare la nuova lite tra i due erano state le critiche espresse da Musk contro la legge di bilancio federale attualmente in esame al Senato, da lui definita pazza e insana. Sottotraccia, a preoccupare davvero Trump si muove un nuovo progetto politico: Musk ha fatto sapere che, qualora il Senato approvasse il bilancio, lancerebbe subito il suo America Party, in una guerra fratricida contro i Repubblicani di Trump, che finirebbe per decimarli alle prossime elezioni di midterm, indebolendo drammaticamente lo stesso presidente nell'ultimo biennio di mandato.
27/6/2025
Clima di progressiva fiducia tra Unione Europea e Stati Uniti circa la possibilità di siglare un'intesa commerciale entro il 9 luglio, evitando così l'abisso tariffario di dazi al 50%.
Secondo l'agenzia di stampa Bloomberg, la presidente della Commissione von der Leyen si sarebbe detta ottimista -nel corso di un incontro a porte chiuse- sulla possibilità di raggiungere un accordo prima della scadenza, per evitare un'escalation economicamente dannosa. Von Der Leyen che alla fine del Consiglio Europeo aveva lasciato aperte tutte le ipotesi, non escludendo neppure la creazione di una organizzazione parallela del commercio con i Paesi dell'indopacifico. La fiducia di von Der Leyen riecheggia dichiarazioni analoghe del segretario al Commercio americano Lutnick. Intanto nuovo colloquio sui dazi tra il commissario al Commercio, Sefcovic, e il caponegoziatore americano Greer. Sui dazi pesa pure la variabile cinese: il Ministro degli Esteri Wang Yi sarà in Europa la prossima settimana, tra Bruxelles, Berlino e Parigi. Questo mentre dopo l'accordo commerciale Washington-Pechino gli Stati Uniti hanno fatto sapere che "cancelleranno una serie di misure restrittive" al commercio cinese, stando a quanto dichiara proprio Pechino.
27/6/2025
Le tensioni commerciali euroatlantiche hanno ravvivato ieri sera le discussioni tra i 27 leader europei, al termine di un summit sottotono, segnato da veti incrociati e dalla paura di osare.
L'annuncio che ha cambiato le carte in tavola è giunto da Washington, con la Casa Bianca che ha aperto la porta ad una proroga della scadenza del 9 luglio per arrivare ad una intesa tariffaria tra Europa e Stati Uniti. Poco dopo è trapelato che la Commissione ha ricevuto l'attesa controproposta americana sul negoziato. "Siamo pronti per un'intesa, ma siamo anche pronti a considerare l'ipotesi di non riuscire ad arrivare a un accordo soddisfacente", ha dichiarato la presidente della Commissione Von Der Leyen. Il cancelliere tedesco Merz ha suonato la carica, sottolineando la necessità di raggiungere rapidamente un'intesa con Washington di chiudere anche l'accordo commerciale Mercosur. Ma il presidente francese Macron ribatte: "no ad accordi sbilanciati". Sul fronte della politica estera, l'Unione è finita nelle sabbie mobili della sua impotenza: l'affondo mattutino del premier spagnolo Sanchez su Gaza, con la minaccia di chiedere la sospensione dell'accordo di associazione con Israele, ha prodotto un rinvio del dossier a metà luglio, insieme a un tentativo di studiare misure contro le violazioni umanitarie nella Striscia. Sull'Ucraina, nonostante l'appello del presidente Zelensky, i 27 sono riusciti a spuntare solamente il rinnovo semestrale delle sanzioni già in vigore contro la Russia. La Slovacchia ha messo in stallo il 18esimo pacchetto di misure e l'Ungheria si è sfilata dalla dichiarazione comune su Kiev. Infine sulla difesa, dopo il vertice Nato l'Europa ha ripreso a tracciare roadmap, senza però avere ancora bene idea di come finanziare lo sforzo del 5% del Pil in spese militari entro i prossimi dieci anni.
27/6/2025
La guerra commerciale sui dazi rianima in extremis un Consiglio Europeo fin lì sottotono, con i 27 leader bloccati da veti incrociati o dalla paura di osare troppo.
L'annuncio che cambia le carte in tavola arriva in serata da Washington, con la portavoce della Casa Bianca Leavitt che apre la porta ad una proroga della scadenza del 9 luglio per arrivare ad una intesa tariffaria tra Europa e Stati Uniti. A stretto giro di posta, trapela pure la notizia che la Commissione avrebbe finalmente ricevuto la controproposta americana sul negoziato - poche pagine, per delineare un'intesa provvisoria tra le due sponde dell'Atlantico, in attesa - come già avvenuto tra Londra e Washington, di mettere nero su bianco i dettagli. Per il resto l'Europa si è trovata impantanata nelle crisi internazionali: l'affondo mattutino del premier spagnolo Sanchez su Gaza, con la minaccia di esigere la sospensione dell'accordo di associazione con Israele, produce solamente un rinvio del dossier a metà luglio, insieme a un timido tentativo di studiare misure contro le violazioni umanitarie a Gaza. Analogamente, una volta di più i leader devono approvare una dichiarazione a 26 sull'Ucraina, per il gran rifiuto dell'ungherese Orban, e la Slovacchia mette in stallo il 18esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, nonostante l'accorato appello in videoconferenza del presidente Zelensky. Anche sulla difesa, dopo il vertice Nato l'Europa riprende a tracciare le sue roadmap, senza però avere ancora bene idea di come finanziare lo sforzo considerevole del 5% del Pil in spese militari entro i prossimi dieci anni.
26/6/2025
E' un vertice che per ora schiva i problemi, anzichè affrontarli, quello in corso a Bruxelles: sulla difesa comunitaria conclusioni di prammatica, senza le auspicate fughe in avanti su eurobond o forme di finanziamento comuni per aiutare i Paesi membri a raggiungere il 5% del Pil in spese militari, come concordato in sede Nato - l'unica decisione è stata rappresentata dalla richiesta avanzata alla Commissione di presentare entro ottobre una tabella di marcia per conseguire gli obiettivi del piano di riarmo.
Anche le conclusioni sul Medio Oriente puntano al minimo comun denominatore: sull'Iran l'appello a evitare nuove escalation e il no europeo ad armi nucleari a Teheran, mentre per Gaza viene riproposta una litania già letta di richieste di cessate il fuoco, stop al blocco degli aiuti, rilascio degli ostaggi e appelli a Israele, affinchè adempia ai suoi obblighi umanitari. L'unica vera leva di pressione verso Gerusalemme, l'ipotesi di sospensione dell'accordo di associazione per violazione dell'articolo 2 sui diritti umani, viene rinviata a metà luglio - nel frattempo l'Alta Rappresentante Kallas dovrebbe definire proposte di misure contro le violazioni israeliane. Le speranze per azioni più decise vengono riposte su un consenso politico relativo al 18esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, dopo la videoconferenza serale con il presidente ucraino Zelensky. E su novità relative alla linea da seguire sui dazi americani: tema non in agenda, ma i 27 leader proveranno a coordinare le posizioni con la Commissione, che sta conducendo i negoziati con Washington, in vista della scadenza della tregua il 9 luglio.
26/6/2025
Primo dossier chiuso senza sorprese al Consiglio Europeo, con il capitolo difesa post-vertice Nato. Nessuna fuga in avanti su eurobond o forme di finanziamento comuni per aiutare i Paesi membri a raggiungere il 5% del Pil in spese militari, ma -come previsto- la richiesta avanzata alla Commissione di presentare entro ottobre una tabella di marcia per raggiungere l'obiettivo della prontezza comune -il piano di riarmo europeo, per intenderci- fissato al 2030.
I 27 hanno sottolineato la necessità di affrontare, in modo urgente, "le carenze critiche in termini di capacità, il finanziamento dell'aumento delle spese per la difesa e la promozione di partenariati". La discussione attuale verte invece sul dossier mediorientale, che si annuncia ben più spinoso: se sull'Iran, nonostante dodici giorni di guerra e bombardamenti, la bozza prevede al momento uno scarno appello a non consentire a Teheran di acquisire armi atomiche, su Gaza il premier spagnolo Sanchez è entrato a gamba tesa sulla questione, proponendo la sospensione del patto di associazione con Israele. Nonostante un rapporto del Servizio di Azione Esterna europeo confermi le violazioni dei diritti umani a Gaza, la proposta iberica non ha perrò possibilità di passare oggi, ma tornerà il prossimo mese sul tavolo dei Ministri degli Esteri. A seguire, i 27 affronteranno la questione Ucraina e sanzioni contro la Russia, con l'intervento in videoconferenza del presidente ucraino Zelensky: qui saranno Ungheria e Slovacchia a mettere i bastoni tra le ruote e occorrerà trovare una via diplomatica per approvare le conclusioni.
26/6/2025
Ha da poco preso il via il vertice europeo, che avrà al centro tre questioni: le sanzioni contro la Russia, le spese per la difesa e la situazione in Medio Oriente.
In agenda anche l'immigrazione: a questo proposito la premier Meloni ha presieduto, con Danimarca e Olanda, la consueta riunione di coordinamento tra i Paesi più duri sul tema migranti - primo obiettivo velocizzare la legislazione sui rimpatri. Tornando ai temi principali: si proverà a trovare un consenso sia sul 18esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia sia sullo stop all'import di gas e petrolio russi proposti dalla Commissione: Ungheria e Slovacchia si metteranno nuovamente di traverso, per cui occorrerà negoziare un accordo con loro. Sul Medio Oriente, premesso che la bozza di conclusioni parla di situazione umanitaria catastrofica a Gaza, è improbabile che si raggiunga un'intesa per sospendere l'accordo di associazione con Israele, per violazione dell'articolo 2 sui diritti umani: il premier spagnolo Sanchez è tornato a chiederlo stamattina, ha accusato l'Europa di doppio standard, ma progressi sono difficili prima di luglio. E poi c'è il tema difesa, dopo l'intesa Nato per la spesa militare al 5% del Pil in dieci anni: dove trovare i fondi però, oltre ai 150 miliardi di prestiti comunitari decisi in primavera? Senza dimenticare la questione dazi, come ricordato dal cancelliere tedesco Merz, al suo primo summit. Merz che ha espresso il suo pieno appoggio alla Commissione, anche "in tutti i suoi sforzi per raggiungere rapidamente un accordo commerciale con gli Stati Uniti". Per Merz è importante chiudere l'intesa commerciale Mercosur e portare a termine altri accordi.
26/6/2025
Da L'Aja a Bruxelles. La settimana dei vertici internazionali si sposta di neppure 200 km., riproponendo in Belgio alcuni dei dossier che hanno animato il summit Nato in Olanda.
Un summit che, mettendo nero su bianco l'impegno dei 32 alleati ad alzare al 5% la spesa in difesa sul Pil entro il 2035, ha rimandato a Washington un Donald Trump soddisfatto, che parla di "vittoria monumentale" per gli Stati Uniti, invia messaggi protettivi ai leader europei, non più come visti come parassiti, ma come appassionati difensori dei loro Paesi, e arriva persino a non escludere un invio di Patriot all'Ucraina, dopo l'incontro con il presidente Zelensky - a sua volta rassicurato dal minisummit con cinque leader comunitari, che gli hanno rinnovato il sostegno e hanno promesso nuove sanzioni contro Mosca. Il tempo dirà se questa luna di miele euroatlantica durerà, ma intanto oggi e domani proprio i 27 leader europei, riuniti a Bruxelles, dovranno offrire risultati concreti sul 18esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, proposto dalla Commissione, superando le resistenze ungheresi e slovacche. Poche speranze invece di aprire i primi capitoli negoziali di adesione all'Unione per Kiev. Un posto di primo piano lo avranno anche la situazione mediorientale, tra Iran e Gaza, anche se sul secondo dei due dossier l'Europa può fare ben poco oltre a condannare la catastrofica situazione umanitaria. L'Europa della Difesa resta un work in progress: gli obiettivi di spesa stabiliti al summit Nato hanno chiarito il quadro generale. L'immigrazione e la competitività completeranno i dossier sul tavolo, con la guerra tariffaria con Washington non formalmente in agenda ma che potrebbe rientrare dalla finestra quale contropartita all'accordo Nato.
25/6/2025
Si conclude con un'intesa annunciata sull'obiettivo di spesa del 5% del Pil in difesa il vertice Nato, un summit pensato e studiato per soddisfare le richieste di Donald Trump.
"Un salto quantico nella difesa collettiva", afferma il segretario generale Rutte, i cui toni adulatori verso Trump hanno caratterizzato il summit, portando all'atteso risultato del 5%, target da raggiungere in dieci anni con revisione intermedia nel 2029. Sulla ripartizione, tutto come previsto: tre punti e mezzo in spese militari pure, la parte restante in investimenti legati alla difesa, quali infrastrutture, base industriale e cybersicurezza. "E' una vittoria monumentale per gli Stati Uniti, perché portavamo un peso ingiusto, ma è anche una vittoria per l'Europa e la civiltà occidentale", ha dichiarato Trump, che dopo l'accoglienza ricevuta afferma di aver riconsiderato l'atteggiamento degli europei verso la difesa continentale - non più parassiti insomma, ma difensori del loro territorio. Per ora svaniscono i timori su un possibile disimpegno americano nei confronti della difesa collettiva. Trump ha minacciato una guerra commerciale contro la Spagna, rea di aver chiesto un'esenzione dai nuovi obiettivi di spesa, e ha incontrato il presidente ucraino Zelensky - incontro definito proficuo, al termine del quale ha aperto all'invio di Patriot a Kiev, prima di definire difficile una fine delle ostilità, anche se Putin la vorrebbe. Cinque leader europei, tra cui la premier Meloni, hanno incontrato Zelensky, rinnovandogli il sostegno e promettendo nuove sanzioni contro la Russia.
25/6/2025
Tutto come previsto al vertice Nato de L'Aja: "un salto quantico per la difesa europea", ha annunciato poco fa il segretario generale Rutte con l'enfasi dei momenti importanti, chiudendo il summit e annunciando formalmente il varo dell'impegno di investimento del 5% del Pil in difesa da parte dei 32 membri entro il 2035.
Almeno il 3,5% sarà dedicato alla spesa militare pura, quali ad esempio difesa aerea e munizioni, mentre il restante punto e mezzo percentuale sarà dedicato alle spese collegate alla difesa, quali infrastrutture, innovazione e sviluppo di una base industriale. Rutte ha affermato in conferenza stampa che gli Stati Uniti hanno riaffermato il loro impegno verso l'Alleanza Atlantica. La dichiarazione dell'Aja si compone di cinque paragrafi: il primo riguarda proprio l'impegno dei 32 alleati alla difesa collettiva, come stabilito dall'articolo 5. Il secondo riguarda l'Ucraina, beneficiaria nei primi sei mesi dell'anno di 35 miliardi di aiuti in difesa: Rutte ha parlato un cammino irreversibile di Kiev verso la membership Nato. Nel comunicato però non c'è alcuna menzione al riguardo. La Russia invece viene definita una minaccia per la sicurezza euroatlantica, ma su richiesta americana è stato omesso il termine di aggressore. Tra le prime dichiarazioni post-vertice, quella del presidente francese Macron, secondo cui 'è molto importante tornare, tra alleati, ad una vera pace del commerciale. Vale a dire ridurre tutte le barriere doganali che sono state innalzate".
25/6/2025
Obiettivo 5%: il vertice Nato apertosi in tarda mattinata a L'Aja ha fatto registrare un coro praticamente unanime di dichiarazioni favorevoli a offrire a Donald Trump l'incremento della spesa in difesa chiesto da Washington.
Obiettivo ribadito dal segretario Nato Rutte, in un punto stampa proprio con Trump. "Con questo 5% di spesa in difesa sul Pil Europa e Stati Uniti allineeranno le proprie percentuali", ha detto Rutte, promettendo un voto unanime. "Una grande vittoria", ha commentato Trump, che ha parlato di "notizia importante, la Nato sarà molto forte con noi, quando c'era Biden era tutto morto", ha chiosato, accusando nuovamente il suo predecessore. Trump che è sembrato dissipare i dubbi sull'impegno americano a difesa degli alleati, sancito dall'articolo 5: "siamo con loro fino in fondo", ha detto. Per il resto, una litania di dichiarazioni a favore dell'incremento delle spese in difesa: "Le decisioni che prendiamo non sono prese per fare un favore a nessuno, ma piuttosto sulla base della nostra consapevolezza, della nostra convinzione che la Nato debba impegnarsi di più nei prossimi anni per garantire la propria capacità di difesa", ha affermato il cancelliere tedesco Merz, che ha promesso un'intesa. Il premier belga De Wever ha anticipato che l'obiettivo del 5%, di cui tre punti e mezzo in spese militari pure, sarà raggiunto in dieci anni. Isolato appare il premier spagnolo Sanchez, che ha evitato ogni contatto con Trump prima dell'inizio del vertice, dopo l'apparente intesa raggiunta nel weekend per esonerare Madrid dall'obiettivo del 5%.
25/6/2025
Un breve documento composto da cinque paragrafi, da sottoscrivere al termine di un vertice di appena due ore e mezza: la Dichiarazione de L'Aja che, salvo sorprese, vedrà la luce questa mattina giungerà al termine di un minisummit che avrà come obiettivo innanzitutto adulare il presidente americano Trump.
Come dimostrato dal messaggio privato del segretario Nato Rutte, pubblicato proprio da Trump, nel quale veniva celebrata la sua vittoria per essere riuscito a far pagare l'Europa. Il punto d'arrivo è il 5% sul Pil per le spese in difesa dei 32 alleati. Si dovrà definire se raggiungere il target in sette o dieci anni - quest'ultima l'opzione più probabile, premesso che tre punti e mezzo andranno in spese militari pure, e la restante parte in spese legate alla difesa, quali infrastrutture e cybersicurezza. Una revisione intermedia è prevista nel 2029. Il punto di domanda è: quanto l'esenzione spagnola ottenuta da Pedro Sanchez farà deragliare la discussione, trascinando altri Paesi che non vogliono incrementare le spese in difesa, quali la Slovacchia? E con quali esiti? Altro tema delicato l'articolo 5 per la difesa reciproca: sarebbe nelle conclusioni del summit, ma ieri Trump ha fatto scattare ogni sorta di allarme, affermando sibillino che "esistono molte definizioni di articolo 5". Ai margini finirà la guerra in Ucraina: Trump esita a definire la Russia aggressore, per cui Zelensky dovrà accontentarsi di un riferimento al sostegno finanziario, che ieri Rutte ha quantificato in oltre 50 miliardi quest'anno.
25/6/2025
E' un vertice Nato che potrebbe riservare sorprese, quello iniziato ieri sera a L'Aja con una cena dei leader e -in contemporanea- le riunioni dei Ministri degli Esteri e della Difesa: alla fine tutto ruoterà intorno a un unico uomo, il presidente americano Trump. In partenza dagli Stati Uniti ha dato sfoggio al suo ego rendendo pubblico un messaggio privato del segretario generale Nato Rutte, talmente adulatorio da mettere potenzialmente in imbarazzo i leader europei presenti al summit.
Rutte, ex-premier olandese, ha scritto "l'Europa pagherà molto, come dovrebbe, e sarà la tua vittoria". Questo mentre lo stesso Trump, parlando con i cronisti, è sembrato fare passi indietro sugli obblighi di difesa derivanti dall'Articolo 5 della Nato: "esistono molte definizioni dell'articolo, ma mi impegno ad essere loro amico, li aiuterò", ha dichiarato, restando vago. Lo stesso obiettivo del 5% degli investimenti del Pil in difesa entro dieci anni per i 32 membri, obiettivo del vertice, è stato sabotato dalla Spagna di Pedro Sanchez, che ha negoziato un'esenzione nel weekend, trascinando dietro di sè -con analoghe richieste- Slovacchia e Canada. Al punto che il premier svedese Kristersson ha dichiarato ieri che l'intesa non è più così scontata. Il grosso dei negoziati si giocherà nella minisessione di lavoro in programma stamattina. Nella cena di ieri lungo colloquio tra la premier Meloni e lo stesso Trump sui principali dossier internazionali, mentre -sul fronte ucraino- faccia a faccia Macron-Zelensky per aumentare i caccia Mirage a disposizione di Kiev.
24/6/2025
E' un vertice Nato che si annuncia estremamente complicato e non al riparo da sorprese, quello al via in questi minuti a L'Aja con la cena dei leader e le riunioni dei Ministri degli Esteri e della Difesa: alla fine tutto ruoterà intorno a un unico uomo, il presidente americano Donald Trump.
In partenza dagli Stati Uniti ha dato sfoggio al suo ego rendendo pubblico un messaggio privato del segretario generale Nato Rutte, talmente adulatorio da mettere potenzialmente in imbarazzo i leader europei presenti al summit. Rutte, ex-premier olandese, ha scritto "l'Europa pagherà molto, come dovrebbe, e sarà la tua vittoria". Questo mentre lo stesso Trump, parlando con i cronisti, è sembrato fare passi indietro sugli obblighi di difesa derivanti dall'Articolo 5 della Nato: "esistono molte definizioni dell'articolo 5, ma mi impegno ad essere loro amico, li aiuterò", ha dichiarato, restando volutamente vago. Lo stesso obiettivo del 5% degli investimenti del Pil in difesa entro dieci anni per i 32 membri, totem e obiettivo del vertice, è stato sabotato dalla Spagna di Pedro Sanchez, che ha negoziato un'esenzione nel weekend, trascinando dietro di sè -con analoghe richieste- Slovacchia e Canada. Al punto che il premier svedese Kristersson ha dichiarato che l'intesa non è più così scontata. Il grosso dei negoziati si giocherà nella minisessione di lavoro in programma domani mattina. Grande attesa anche per il possibile faccia a faccia Trump-Zelensky, nel corso del quale il presidente ucraino chiederà sistemi Patriot per la difesa e perorerà la sua richiesta di aumentare la pressione sanzionatoria contro Mosca.
24/6/2025
Vertice Nato ufficialmente al via tra due ore a L'Aja, con arrivo dei capi di Stato e di Governo per la cena e la contemporanea riunione dei Ministri della Difesa e degli Esteri.
Le ultime indiscrezioni indicano un clima incerto, a causa delle continue esternazioni del presidente americano Trump: dall'Air Force One in volo verso l'Olanda Trump è parso frenare sull'ipotesi di definire la Russia "aggressore" nella dichiarazioni finale del vertice. "Dovrò dare un'occhiata al testo", ha risposto ai reporter, affermando che spera di raggiungere un'intesa con Mosca. Punto di vista che cozza con quello espresso poco fa dal segretario generale Nato Rutte, che -incontrando il presidente ucraino Zelensky- ha ribadito l'accusa alla Russia di aver iniziato una guerra senza provocazioni preventive. E ha ribadito come europei e canadesi abbiano promesso quest'anno 35 miliardi di stanziamenti all'Ucraina. Poi c'è il tema ancora più spinoso delle spese in difesa: Trump ha ripostato online i complimenti privati e decisamente adulatori di Rutte, per aver obbligato gli europei a pagare una cifra consistente. Trump si è scagliato contro la Spagna, che si rifiuta di alzare il suo contributo al 5% del Pil, ma va detto che anche la Svezia oggi ha lanciato segnali dubitativi sul fatto che l'intesa sia già chiusa. Sempre al summit Nato, dovrebbe tenersi un incontro Trump-Zelensky, nel corso del quale il presidente ucraino chiederà sistemi Patriot per la difesa e perorerà la sua richiesta di aumentare la pressione sanzionatoria contro Mosca.