3/6/2020
Giorni cruciali per il ritorno alla mobilità tra i Paesi europei, in vista della riunione in videoconferenza -dopodomani- dei Ministri dell'Interno comunitari, chiamati a decidere una riapertura il più possibile coordinata delle frontiere interne, in vista dell'estate.
"Servono prudenza e coordinamento", ha ribadito ieri la Commissaria agli Affari interni Johannson, nel giorno in cui Bruxelles ha presentato le linee guida in materia. Il principio-base resta quello della non discriminazione - non si potrà cioè scegliere riaperture selettive: se si apre ad un Paese o ad una regione, occorrerà fare lo stesso con gli altri territori che hanno una situazione epidemiologica simile. Questo mentre la situazione resta fluida: la Grecia ha sospeso tutti i voli col Qatar fino a metà giugno, dopo che un aereo da Doha ha portato 12 contagiati. La Repubblica Ceca ha lanciato un sistema di ingressi a semaforo, dividendo i Paesi di arrivo in tre fasce: gli italiani, col giallo, potranno entrare da metà giugno solo se dimostreranno di essere negativi al virus. Lo stato di emergenza in Spagna finirà il 21 giugno, mentre per il secondo giorno consecutivo non si registrano vittime. In Francia hanno riaperto i bistrot. L'Austria indica a sorpresa la possibile riapertura del confine con l'Italia -o alcune sue regioni- dal 15 giugno, qualora la situazione sanitaria lo consentisse, mentre la Germania deciderà oggi sulla fine delle restrizioni ai viaggi in Europa, secondo quanto ha anticipato il Ministero degli Esteri.
31/5/2020
Il mezzo passo indietro della Grecia sull'apertura delle frontiere agli italiani accende nuove polemiche.
L'Ambasciata ellenica ha chiarito che a partire dal 15 giugno i voli internazionali saranno nuovamente ammessi negli aeroporti di Atene e Salonicco. La mobilità sarà dunque libera, eccezion fatta per i passeggeri in arrivo dalle regioni con elevato rischio di trasmissione da coronavirus - così come consigliato dall'Agenzia per la Sicurezza Aerea europea. Per l'Italia figurano Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte. A questi passeggeri sarà effettuato un test, con annessa quarantena obbligatoria - una settimana se si risulta negativi, due settimane se si risulta positivi. Va precisato che questa misura resterà in vigore solo due settimane: dal primo luglio tutti gli arrivi saranno liberi e i test saranno a campione, senza alcuna differenziazione regionale. Una misura certamente più equa, quella ellenica, che non discrimina più tra Paesi, ma che non placa le proteste: "la Grecia che mette al bando il Veneto mi pare allucinante. Sappiano che non ci vedono più", dice il Governatore Zaia. "Non accettiamo di essere considerati degli untori", rincara l'assessore regionale al Turismo emiliano, Andrea Corsini. A onor di cronaca va precisato che nella lista nera ellenica compaiono anche quattro regioni spagnole e praticamente tutti gli aeroporti britannici. Atene è stata un esempio nella lotta alla pandemia, con solo 175 vittime: da due giorni non si registrano decessi.
31/5/2020
Si moltiplicano i fronti di attrito tra Europa e Stati Uniti, arrivando ad intaccare persino la partecipazione tedesca al prossimo G7.
In sole 24 ore Vecchio e Nuovo Continente hanno mostrato un evidente disaccordo su due dossier importanti: in primis la rottura di Washington con l'Oms - "devono essere evitate azioni che indeboliscono i risultati internazionali" nella lotta alla pandemia, "in questo contesto esortiamo gli Stati Uniti a riconsiderare la loro decisione", hanno scritto la presidente della Commissione von derLeyen e l'Alto rappresentante Borrell. Che marcano le distanze con il problematico alleato americano: "l'Unione europea continua a sostenere l'Oms e ha già fornito finanziamenti aggiuntivi". Non è finita qui: ad allargare l'Oceano Atlantico arriva pure la questione iraniana: "ci rammarica profondamente la decisione degli Stati Uniti di mettere fine a tre esenzioni dalle sanzioni per altrettanti progetti nucleari-chiave in Iran, all'interno dell'Accordo sul nucleare", hanno messo nero su bianco Europa, Francia, Regno Unito e Germania. Proprio Berlino registra le discrepanze maggiori con l'amministrazione Trump: a differenza del britannico Johnson, la cancelliera Merkel ha rispedito al mittente l'invito a partecipare di persona al G7 di fine giugno a Washington. Questo, alla luce dell'attuale situazione pandemica. L'episodio segue una recente telefonata infuocata tra Merkel e Trump, su temi quali Nato, Nord Stream 2, e rapporti con la Cina.
29/5/2020
Tornano tese le relazioni tra Cina ed Europa, in particolare con la Gran Bretagna, dopo l'annuncio di Londra sui possibili visti agevolati ai cittadini di Hong Kong, che consentirebbero loro di risiedere Oltremanica senza limiti di tempo.
Una risposta alle ultime mosse cinesi, mirate a soffocare le libertà nell'ex-colonia britannica, attraverso la nuova legge sulla sicurezza. L'annuncio è arrivato dal Ministro degli Esteri britannico Raab. E varrebbe per quei cittadini di Hong Kong, circa 300mila, già in possesso del documento di British National, una sorta di passaporto bis che consente al titolare di visitare il Regno Unito senza visto per un semestre. Pechino ha reagito mostrando i denti: la Cina ha minacciato l'adozione di "contromisure" contro Londra. In precedenza il regime aveva presentato "proteste formali" contro Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Australia, dopo la nota congiunta di questi Paesi, che condannava l'imposizione della legge sulla sicurezza nazionale. Della questione si sono occupati anche i Ministri degli Esteri europei: "le sanzioni non sono il modo per risolvere il nostro problema con la Cina", ha dichiarato l'Alto rappresentante Borrell. Che ha però punzecchiato Pechino: la decisione presa dalla Cina su Hong Kong mette in questione il tema della fiducia" con Pechino, ha detto.
28/5/2020
Iniziano sottotraccia i negoziati per arrivare al varo del fondo europeo per la ripresa entro l'estate: il premier Conte ha avuto un colloquio telefonico con la presidente della Commissione Von Der Leyen. La quale ha sottolineato come Next Generation EU abbia lo scopo di rimodellare l'economia continentale, puntando su sostenibilità, digitale e investimenti sanitari.
"Il Recovery and Resilience facility " non ha a che fare con la condizionalità e l'intrusione di Bruxelles, è volontario, gli Stati membri si assumono la responsabilità della propria crescita", ha puntualizzato intanto il Commissario all'Economia Gentiloni, presentando a Bruxelles lo Strumento per la Ripresa, cuore del Recovery Fund. Questo strumento avrà una dotazione da 560 miliardi, suddivisi in 310 per gli aiuti e 250 per i prestiti, e si concentrerà soprattutto su riforme e investimenti, per modernizzare le economie. Gentiloni ha chiesto che almeno il 60% delle sovvenzioni comunitarie vengano impegnate entro fine 2022. Sempre secondo Gentiloni, i Paesi interessanti possono già cominciare a sottoporre i loro piani legati al fondo per la ripresa a ottobre. Per il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, i fondi arriveranno agli Stati membri in tranche, legate agli obiettivi di riforma. Mentre il presidente dell'Europarlamento Sassoli insiste: le capitali devono indicare le priorità di investimento delle risorse europee. A metà giugno il primo confronto tra i 27 sul Recovery Fund, anche se la cancelliera tedesca Merkel prevede tempi supplementari a luglio.
27/5/2020
Un pacchetto per la ripresa da 750 miliardi, con un nome che guarda al futuro.
"Next Generation EU", come annunciato dalla presidente della Commisisone Von Der Leyen, garantirà, nelle intenzioni di Bruxelles, 500 miliardi sottoforma di aiuti anticrisi a fondo perduto, mentre i restanti 250 miliardi verrebbero erogati sottoforma di prestiti veri e propri. Significativo il "capitolo Italia", all'interno del pacchetto: il nostro Paese dovrebbe ricevere la quota in assoluto più alta, con oltre 172 miliardi complessivi. 81 arriverebbero sottoforma di aiuti, 91 come prestiti. A questi va teoricamente detratto il nostro contributo al bilancio europeo, circa 100 miliardi. Più in generale, la Commissione propone un bilancio europeo settennale da 1100 miliardi, in aggiunta ai 750 miliardi del Recovery Fund, portando così lo sforzo complessivo di budget comunitario a quasi 2000 miliardi. Senza contare le risorse già approvate di MES, Cig europea e Bei. I 750 miliardi del Recovery Fund saranno ricavati innalzando "temporaneamente" il tetto delle risorse proprie del bilancio comune al 2% del Pil comunitario, consentendo alla Commissione di andare sui mercati a finanziarsi. Il debito emesso -una forma embrionale di eurobond- dovrà essere rimborsato tra il 2028 e il 2058. Bruxelles propone di includere nuove risorse da tasse su emissioni, grandi multinazionali, plastica -fino alla web tax. Tutte queste sono proposte, che dovranno essere discusse e rinegoziate a metà giugno dai 27 leader europei.
27/5/2020
E' un pacchetto per la ripresa da 750 miliardi, quello che la Commissione Europea sta presentando in questi minuti a Bruxelles.
"Una svolta europea per fronteggiare una crisi senza precedenti", così il Commissario agli Affari Economici Gentiloni, anticipando il piano. Da quanto è sin qui trapelato, due terzi della somma -500 miliardi- sarà distribuito sottoforma di sovvenzioni, quindi esattamente la cifra proposta da Francia e Germania, mentre i rimanenti 250 miliardi verrebbero erogati sottoforma di prestiti veri e propri, come preferiscono invece i quattro Paesi nordeuropei. Molto importante il "capitolo Italia", all'interno del pacchetto: il nostro Paese dovrebbe ricevere la quota in assoluto più alta, con oltre 172 miliardi complessivi, trenta miliardi più della Spagna. 81 miliardi raggiungerebbero il nostro Paese sottoforma di aiuti, 91 come prestiti. A questi va detratto il contributo italiano al bilancio europeo, circa 100 miliardi. Più in generale, la Commissione Europea propone un bilancio europeo settennale da 1100 miliardi, in aggiunta ai 750 miliardi del Recovery Fund, portando così lo sforzo complessivo di budget comunitario a quasi 2000 miliardi. I 750 miliardi del Recovery Fund saranno ricavati innalzando "temporaneamente" il tetto delle risorse proprie del bilancio comune al 2% del Pil comunitario, e andando sui mercati a finanziarsi. Il debito emesso -una forma embrionale di eurobond- dovrà essere rimborsato tra il 2028 e il 2058. Bruxelles propone di includere nuove risorse da tasse sulle emissioni, sulle grandi multinazionali, sulla plastica e web tax. Infine, la Commissione propone un programma sanitario europeo mirato, per rafforzare le capacità di reazione a livello continentale. Ricordiamo anche che tutte queste sono proposte, che passeranno al vaglio dei 27 leader tra un mese.
23/5/2020
Viaggi Oltremanica off limits o quasi, dall'8 giugno: come annunciato ieri sera dalla Ministra dell'Interno Patel, tutti i viaggiatori -britannici inclusi- che varcheranno il confine a partire da quella data dovranno autoisolarsi in quarantena per ben due settimane.
Addio dunque ai weekend brevi o ai viaggi d'affari - esentati dalle nuove regole solo medici, autotrasportatori e cittadini irlandesi. Un duro colpo per l'industria aerea, principale mezzo di trasporto per i viaggi in Gran Bretagna. E mentre il canale della Manica si allarga, la Francia allenta le restrizioni, mettendo in calendario elezioni il 28 giugno. Il premier Philippe ha annunciato che i francesi dovranno recarsi ai seggi con mascherina obbligatoria, per votare al secondo turno delle municipali. Il primo si era celebrato a metà marzo, scatenando feroci polemiche sulla necessità reale di far muovere milioni di persone in piena pandemia. La campagna per i ballottaggi in cinquemila municipi, tra i quali la capitale Parigi, sarà essenzialmente digitale: lo stesso voto sarà soggetto ad un possibile ulteriore rinvio, qualora la situazione sanitaria dovesse peggiorare. Infine, in Russia, contati quasi novemila nuovi casi di contagio in un solo giorno, con 150 vittime, dato giornaliero record. Mosca prevede un picco di mortalità a maggio.
22/5/2020
La Francia riprende la vita democratica, con l'annuncio del premier Philippe sul ritorno dei cittadini alle urne il prossimo 28 giugno.
In conferenza stampa Philippe ha reso noto che i francesi potranno recarsi ai seggi con mascherina obbligatoria, per votare al secondo turno delle elezioni municipali. Il primo si era celebrato a metà marzo, scatenando feroci polemiche sulla necessità reale di far muovere milioni di persone in piena pandemia. La campagna per i ballottaggi in cinquemila municipi, tra i quali la capitale Parigi, sarà essenzialmente digitale e virtuale: lo stesso voto sarà soggetto ad un possibile ulteriore rinvio, qualora la situazione sanitaria dovesse peggiorare. Questo, mentre il Ministro dell'Economia Le Maire avverte che il gigante automobilistico Renault può scomparire. Oltremanica scatterà invece l'8 giugno la quarantena per chiunque arriverà o rientrerà nel Regno Unito dall'estero, con o senza sintomi da coronavirus. Chi dovesse violare l'isolamento pagherà una multa da mille sterline: una misura che isola il Paese, con impatti potenzialmente devastanti sull'industria aerea, e che pone domande sulla reale possibilità di controllo dei soggetti in quarantena. Infine, in Russia, contati quasi novemila nuovi casi di contagio in un solo giorno, con 150 vittime, dato giornaliero record. Mosca prevede un picco di mortalità a maggio, mentre indiscrezioni parlano di pressioni sui medici russi per occultare le morti da Covid-19, addebitandole ad altre patologie.
21/5/2020
Il pragmatismo cipriota pone Nicosia al primo posto nella lista dei Paesi che apriranno una linea di credito presso il Mes pandemico.
L'isola mediterranea chiederà quindi prestiti al fondo salva-Stati europeo non appena saranno resi disponibili: il Ministro delle Finanze Petrides ha anticipato che i fondi saranno utilizzati per le spese sanitarie. Per Cipro si tratta di un dejà vu: già sette anni fa chiese un programma di assistenza da 9 miliardi al MES, di fronte al potenziale crollo del sistema bancario. Ne uscì tre anni dopo: ora però questi prestiti, a 10 anni e un tasso dello 0,1% sono decisamente più leggeri. Italia, Spagna e Francia devono ancora esprimersi. Da parte sua il premier Conte prosegue il proprio pressing diplomatico verso la Commissione, chiedendo ad Ursula Von Der Leyen di osare di più in vista della presentazione -mercoledì- del fondo per la ripresa: la tattica di Roma è semplice, sparare alto, per portare a casa il risultato sperato. Questo mentre la Commissione Europea ha dato il via libera ad un piano 'ombrello' italiano del valore di 9 miliardi ,per interventi a sostegno delle aziende da parte delle Regioni e di altri enti locali. Il piano consentirà di aiutare aziende di tutte le dimensioni, affinchè possano continuare a operare nonostante l'emergenza pandemica, e "per aiutarle a conservare i posti di lavoro". Dello schema di aiuti potranno usufruire anche i lavoratori autonomi.
20/5/2020
Si inasprisce lo scontro sul prossimo fondo europeo per la ripresa: Austria, Olanda, Danimarca e Svezia presenteranno una controproposta al piano Merkel-Macron. Ad annunciarlo il cancelliere austriaco Kurz.
"Vogliamo essere solidali con gli Stati colpiti duramente dalla crisi, ma riteniamo che la strada giusta siano i crediti e non le sovvenzioni", afferma Kurz, che ribadisce la sua netta contrarietà ad una comunitarizzazione dei debiti. Per la Ministra degli Affari Europei austriaca Edtstadler, i soldi che Italia, Spagna e Francia riceveranno sottoforma di aiuti andranno restituiti. Questo mentre la Commissione Europea ha presentato le raccomandazioni economiche per i Paesi: "molto è cambiato in pochi mesi, avevamo crescita in tutti gli Stati e la disoccupazione più bassa di sempre, ora abbiamo una profonda recessione", ma questo "non porterà ad aperture di procedure di infrazione", ha chiarito il vicepresidente Dombrovskis, che ha puntualizzato come nel nuovo fondo per la ripresa ci sarà un legame con le riforme strutturali. Il Commissario agli Affari Economici Gentiloni ha aperto dal canto suo il fronte dei paradisi fiscali, come l'Olanda: "alcuni elementi nei sistemi fiscali di alcuni Stati europei sono ancora usati dalle aziende per fare pianificazioni aggressive. Non può esserci spazio per simili pratiche nell'Europa della solidarietà e dell'equità", ha detto. Olanda, Lussemburgo, Malta, Irlanda e Cipro tra i Paesi avvisati.
20/5/2020
L'allungo di Angela Merkel ed Emmanuel Macron apre un nuovo fronte di scontro in Europa con i Paesi rigoristi, mentre l'Italia muove le sue pedine sullo scacchiere diplomatico.
Ad una settimana esatta dalla presentazione della proposta della Commissione Europea per un piano continentale per la ripresa, i negoziati sono già partiti all'Ecofin di ieri, mentre il premier italiano Conte chiamava il presidente francese Macron, rilanciando l'obiettivo di un risultato ambizioso e di una risposta economica all'altezza della sfida pandemica. Ed è proprio la proposta franco-tedesca per un fondo da 500 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto -un quinto dei quali potenzialmente appannaggio dell'Italia- a scaldare l'ambiente. Chiudendo l'Ecofin il vicepresidente della Commissione Dombrovksis strizza l'occhio alla proposta Merkel-Macron, ma precisa subito che entrerà nel pacchetto europeo insieme ad uno strumento per la ripresa che punterà su investimenti e riforme strutturali. Il suo collega Gentiloni aggiunge che il fondo per la ripresa "sarà un mix tra sovvenzioni, crediti agevolati e prestiti di lunga durata". E lascia intendere che graviterà intorno ai mille miliardi. Indiscrezioni parlano però di una pesante levata di scudi in sede Ecofin contro la proposta franco-tedesca da parte di Austria, Danimarca, Olanda e in parte della Svezia, che sarebbero sì disponibili ad aumentare le garanzie, a patto però che il fondo per la ripresa preveda solo prestiti.
19/5/2020
Prende forma il maxipacchetto europeo per la ripresa, che la Commissione presenterà il 27 maggio, mentre il fronte dei Paesi rigoristi -pur orfani della Germania- lancia l'attacco alla proposta franco-tedesca per un fondo di aiuti da 500 miliardi - un quinto potrebbero finire all'Italia.
Alla fine dell'Ecofin il vicepresidente della Commissione Dombrovksis strizza l'occhio alla proposta Merkel-Macron, ma precisa subito che entrerà nel pacchetto europeo insieme ad uno strumento per la ripresa che punterà su investimenti e riforme strutturali. Dombrovskis aggiunge che Bruxelles lavorerà pure sul versante prestiti, non solo su quello degli aiuti a fondo perduto: tra le righe, lascia trapelare che questi potrebbero ammontare a circa mille miliardi, da aggiungere ai 500 messi sul piatto da Merkel e Macron. Indiscrezioni parlano però di una pesante levata di scudi in sede Ecofin contro la proposta franco-tedesca da parte di Austria, Danimarca e Olanda, che sarebbero sì disponibili ad aumentare le garanzie, a patto però che il fondo per la ripresa preveda solo prestiti, e non sovvenzioni. La battaglia da qui al vertice europeo di giugno sarà dura: l'Italia ha lanciato ponti verso l'Aja con il Ministro degli Affari Europei Amendola, che ha telefonato al suo omologo, mentre il premier Conte ha avuto un colloquio con il presidente francese Macron.
19/5/2020
Nel giorno in cui i 27 Ministri delle Finanze europei hanno dato l'OK definitivo al nuovo strumento temporaneo per la cassa integrazione Sure, che fornirà fino a 100 miliardi di prestiti ai Paesi membri, entra nel vivo il dibattito sull'iniziativa franco-tedesca per un fondo per la ripresa da 500 miliardi in aiuti ai Paesi più colpiti dalla pandemia.
"La nostra proposta di fondo per la ripresa non sarà un copia e incolla della proposta di Parigi e Berlino", si è affrettata a spiegare la presidente della Commissione Von Der Leyen. Infatti sarà un pacchetto più variegato, che farà però perno sull'idea Merkel-Macron. La proposta franco-tedesca sul Recovery Fund è "commisurata alla sfida", e "alimenterà" quella che la Commissione svelerà il 27 maggio, ha poi precisato il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, aggiungendo che Bruxelles presenterà anche "uno strumento per la ripresa e la resilienza, basato su investimenti e riforme strutturali". Il Ministro delle Finanze tedesco Scholz ha definito la proposta franco-tedesca "un grande passo avanti e un'ottima notizia anche per il futuro dell'Unione europea". Mentre il collega francese Le Maire ha optato per un sano realismo: ora viene il tempo di negoziati difficili, "bisogna ancora conquistare la convinzione di altri Stati membri, in particolare Austria, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi", ha detto. L'obiettivo è chiudere al vertice europeo di giugno.
19/5/2020
L'Oms cede sull'iniziativa euroaustraliana di un'inchiesta indipendente sul suo operato e sulla sua risposta all'emergenza pandemica, ma finisce nel mirino delle critiche feroci degli Stati Uniti, che accusano l'Organizzazione Mondiale della Sanità di fallimento - un fallimento costato molte vite umane.
Non è bastata dunque la rassicurazione del direttore Gebreyesus sul lancio di un'indagine al momento opportuno - indicazione alquanto vaga, considerata la pressione di un centinaio di Stati -capeggiati da Unione Europea e Australia- affinchè questo avvenga. Nè è bastata la promessa cinese di un'iniezione di due miliardi di dollari nella ricerca sul vaccino: in un impeto di multilateralismo, Pechino ha garantito che lo metterà a disposizione della comunità mondiale. Peccato solo che il presidente Xi Xinping abbia dimenticato di scusarsi per i gravissimi ritardi nella comunicazione dell'epidemia, sostenendo anzi che la Cina avrebbe agito con apertura, trasparenza e responsabilità. Punti di vista. L'Europa dal canto suo, con la cancelliera Merkel e il presidente Macron, ha annunciato un'iniziativa di riforma dell'OMS, per renderlo più indipendente dall'iniziativa dei singoli Stati, dotandolo di una maggiore capacità di coordinamento e reperimento di informazioni. Le pressioni cinesi hanno infine fatto rinviare l'ingresso di Taiwan come osservatore nell'OMS: un formidabile assist per l'accusa di Washington contro Gebreyesus, additato come non indipendente e non credibile.
15/5/2020
Esplode in Francia il caso Sanofi, dopo che l'amministratore delegato del gruppo farmaceutico transalpino ha dichiarato che gli americani saranno i primi a ricevere un ipotetico vaccino contro il Covid-19 prodotto dai laboratori della multinazionale.
"Washington ha tutto il diritto di avere la prelazione sui preordini, dopo che ha investito per primo nel progetto, prendendosi il rischio", ha dichiarato Paul Hudson. L'autorità statunitense per la ricerca biomedicale ha versato 30 milioni di dollari al progetto di ricerca sul vaccino. Vaccino peraltro ancora ipotetico. Le dichiarazioni hanno sollevato un polverone in Francia, Paese che sugli asset strategici nazionali non scherza. La segretaria di Stato all'Economia Pannier-Runacher ha tagliato corto: "sarebbe inaccettabile un accesso privilegiato di un singolo Paese al vaccino per mere ragioni pecuniarie". I sindacati aggiungono che suona paradossale il voltafaccia di Sanofi al proprio Paese di origine, che ogni anno concede oltre 100 milioni in crediti di imposta al gigante farmaceutico. Sanofi ha provato a salvarsi in corner, precisando che solo la sua produzione su suolo americano sarà prevalentemente destinata all'uso locale, mentre il resto della produzione di vaccini avrà come destinatari privilegiati l'Europa, la Francia e il mondo.
14/5/2020
E' un buco da 98 miliardi di euro in mancate entrate quello che il Ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz ha illustrato al Bundestag, spiegando come anche la corazzata teutonica dovrà pagare dazio alla crisi economica generata dalla pandemia.
Stato, Laender e comuni dovranno dunque fare i conti con un calo delle entrate vicino ai 100 miliardi: una cifra che -nelle proiezioni future- crescerà ancora, fino a superare i 300 miliardi di euro entro il 2024. La Bild Zeitung lo definisce "il più grande buco fiscale di tutti i tempi", ma Scholz si dice "non sorpreso" dalle sue dimensioni e si professa anzi fiducioso in merito agli effetti del bazooka da 500 miliardi messo in campo da Berlino. Fra tre settimane il Ministero delle Finanze presenterà un programma congiunturale per rimettere sui binari l'economia. Anche più a nord si comincia a fare i conti con i costi pandemici: un dipartimento del Ministero delle Finanze britannico ha calcolato in 123 miliardi di sterline i costi legati alla risposta del Governo alla crisi. Un quinto in più rispetto a quanto già stimato, a causa del maggiore impegno finanziario per i sussidi ai lavoratori in cassa integrazione. Londra paga l'80% dello stipendio ai dipendenti delle aziende ferme. Il debito britannico viaggia così spedito verso un rapporto del 100% rispetto al Pil.
13/5/2020
Revocare le restrizioni ai viaggi e i controlli alle frontiere europee, qualora gli sviluppi epidemiologici proseguissero con l'attuale trend positivo, e non appena il livello di contagi sarà sufficientemente basso. Ma, per cominciare, la ripresa della libera circolazione tra Stati e regioni avverrà solo tra Paesi con la migliore e maggiormente comparabile situazione epidemiologica: la Commissione Europea prova a fare ordine in uno spazio Schengen finito in pezzi, dopo due mesi di pandemia.
Bruxelles spera di arrivare ad una ripresa dei viaggi interni all'Unione entro metà giugno, anche per evitare un bagno di sangue per il settore turistico, ma molto dipenderà dall'evoluzione della pandemia. Insomma, se dovete prenotare le vostre vacanze estive in Europa, sappiate che nulla è ancora certo. La buona notizia è che la Commissione ha aperto una procedura d'infrazione contro 12 Stati membri che hanno violato il diritto dei passeggeri al rimborso dopo la cancellazione di un viaggio. Intanto i Paesi comunitari cominciano a fare da soli: i tre Paesi baltici riapriranno la libera circolazione venerdì. Ma solo tra Estonia, Lettonia e Lituania. L'Austria punta a riaprire presto i confini con Germania e Svizzera, ma non con l'Italia. Proprio Berlino ha annunciato che sabato riaprirà le frontiere con il Lussemburgo, e rilasserà i controlli con gli altri Paesi confinanti, in vista di una totale riapertura a metà giugno.
13/5/2020
L'Europa prova a porre le basi della ripartenza, tra linee guida comunitarie e iniziative dei Paesi membri. L'attesa è grande per quanto proporrà oggi la Commissione, che traccerà una roadmap di riapertura delle frontiere interne, la cui efficacia dipenderà soprattutto dall'adesione delle capitali.
Bruxelles punta ad un piano in tre fasi per la ripresa dello spazio Schengen, in vista di una stagione turistica alle porte. Nessuna ripresa affrettata, ovviamente: per cominciare le barriere ai confini saranno sollevate solo tra Paesi con tassi di contagio comparabili e sotto controllo. I primi a riguadagnare il passaporto dovrebbero essere i cittadini residenti nelle aree a basso impatto pandemico. Parallelamente alla Commissione, si sta muovendo l'asse franco-tedesco: la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Macron avrebbero già iniziato a discutere un allentamento delle restrizioni ai rispettivi confini. Secondo la Bild Zeitung, Berlino -dove l'indice di contagio è tornato sotto l'R1- annuncerà a breve una riapertura graduale delle frontiere, che passerebbe per controlli a campione, fino ad un ritorno alla completa normalità il 15 giugno. Quella stessa data è auspicata dalla Grecia, che -inquieta per la stagione turistica- propone un ritorno alla libera circolazione tra un mese. Frena invece la Spagna, che annuncia la quarantena di due settimane per i cittadini europei in arrivo nella Penisola iberica.
12/5/2020
Un piano per la riapertura in tre fasi delle frontiere interne dello spazio Schengen, in vista di una stagione turistica ormai alle porte.
La Commissione Europea punta a coordinare il ritorno alla libera circolazione tra Paesi membri, che non avverrà in un solo colpo. Le indiscrezioni parlano di una riapertura che raggrupperebbe -per cominciare- i Paesi con profili di rischio più simili. Chi intendesse spostarsi da un Paese all'altro potrebbe doversi sottoporre ad un test alla frontiera, qualora viaggiasse via terra, mentre i primi a riguadagnare il passaporto dovrebbero essere i cittadini residenti nelle aree a basso impatto pandemico. Nessuna discriminazione basata sulla nazionalità sarà tollerata, mentre si cercherà di evitare accordi bilaterali tra Paesi, penalizzanti per gli Stati più colpiti dal virus, come il nostro. Il processo non sarà breve: Bruxelles considera l'attuale come la fase 0 - la 2 sarà quella del ritorno alla normalità nei viaggi. Il tema frontiere è al centro del dibattito europeo: la Spagna ha annunciato che gli stranieri in ingresso dovranno osservare una quarantena di due settimane, il Ministro della Salute britannico Hancock avverte i cittadini di scordarsi le vacanze al sole del Mediterraneo, mentre solo la Grecia chiede un ritorno alla libera circolazione europea entro il 15 giugno. Intanto la Russia è il secondo Paese per contagi al mondo - ammalato anche il portavoce di Putin, e la Cina pianifica di sottoporre a test tutti gli 11 milioni di cittadini di Wuhan.
9/5/2020
E' arrivata in sole tre ore l'intesa sul tassello più importante del primo pacchetto anticrisi europeo: l'Eurogruppo ha dato il via libera definitivo alla linea di credito pandemica da 240 miliardi, che permetterà ai 19 Paesi dell'Eurozona di prendere denaro in prestito dal fondo salva-Stati, con maturità a 10 anni e un tasso di interesse minimo dello 0,1%.
Per l'Italia una partita da circa 36 miliardi disponibili, il 2% del Pil: una linea di credito potenzialmente attivabile fino a fine 2022. Se richiesta, potrà essere usata per finanziare i costi sanitari diretti e indiretti, derivanti dalla cura e dalla prevenzione della pandemia. Il presidente dell'Eurogruppo Centeno ha sottolineato in modo insistito che non ci sarà alcuna condizionalità per l'utilizzo dei prestiti, se non quella insita nella natura stessa delle spese mediche. Nessuna Troika, insomma. La Commissione monitorerà l'uso coerente dei fondi, nell'ambito delle verifiche sul semestre europeo. La linea di credito pandemica sarà approvata dal board dei Governatori del MES a metà mese, e sarà operativa entro il primo giugno. Resta invece ancora in alto mare la proposta del nuovo fondo europeo per la ripresa da 1500 miliardi, con la Commissione che rinvia di settimana in settimana la sua presentazione - il premier Conte ha lanciato ieri l'appello a vararlo prima che sia troppo tardi.
8/5/2020
Intesa raggiunta all'Eurogruppo sull'attivazione della linea di credito da 240 miliardi e senza condizionalità del fondo salva-Stati, per fare fronte alla crisi economica prodotta dalla pandemia.
Nonostante le solite riserve olandesi, era chiaro già da ieri sera che l'accordo fosse imminente: i 19 Ministri delle Finanze dell'Eurozona hanno deciso che i Paesi che ne faranno richiesta potranno ricevere prestiti fino al 2% del Pil -per l'Italia 36 miliardi- al fine di finanziare i costi sanitari diretti e indiretti, derivanti dalla cura e dalla prevenzione della pandemia. I prestiti avranno una maturità a 10 anni, con tassi di interesse minimi. Il presidente dell'Eurogruppo Centeno ha sottolineato in modo chiaro e insistito che non ci saranno altre condizioni per l'utilizzo dei prestiti, se non quelli legati alla natura stessa delle spese mediche. Nessuna Troika, insomma. La Commissione monitorerà l'uso coerente dei fondi, nell'ambito delle verifiche sul semestre europeo. Gli Stati membri potranno chiedere di attivare una linea di prestito del MES fino al 31 dicembre 2022. La linea di credito pandemica sarà approvata dal board dei Governatori del MES tra una settimana, e sarà operativa entro il primo giugno. Resta invece in alto mare la proposta del nuovo fondo europeo per la ripresa da 1500 miliardi, con la Commissione che rinvia di settimana in settimana la sua presentazione - il premier Conte ha lanciato oggi l'appello a vararlo prima che sia troppo tardi.
8/5/2020
Sarebbe dunque vicina l'intesa all'Eurogruppo sull'utilizzo delle linee credito senza condizionalità del fondo salva-Stati per la crisi pandemica.
L'accordo prevederebbe un'interpretazione estremamente ampia delle spese sanitarie che possono essere finanziate, una maturità dei prestiti a 10 anni e un tasso d'interesse bassissimo, poco sopra lo 0,1% annuo. La linea di credito potrà essere usata per le spese sanitarie fino al 2% del Pil - per l'Italia si tratterebbe di circa 35 miliardi, qualora Roma decidesse di attivarla- e i Ministri sono d'accordo nel definire queste spese nel loro complesso, non solo dunque per respiratori o terapie intensive. Secondo il presidente dell'Eurogruppo Centeno, la nuova di linea di credito pandemica "sarà pienamente operativa a partire da metà maggio". Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, che stamattina aveva avvertito che quando terminerà la pandemia le regole del Patto di Stabilità torneranno in vigore, ha ribadito che "tutti gli Stati della zona euro sono idonei a chiedere" il Mes, e la sorveglianza sarà semplificata". Resta ancora in alto mare la proposte del nuovo fondo europeo per la ripresa, con la Commissione che rinvia di settimana in settimana la sua presentazione - tuttavia il Ministro delle Finanze tedesco Scholz anticipa che presto partirà il confronto sul dossier.
6/5/2020
E' un quadro da economia di guerra, quello che ha presentato oggi la Commissione Europea nell'ambito delle previsioni di primavera.
"I dati indicano che l'attività economica in Europa è crollata ad una velocità inedita nelle ultime settimane, e le misure di contenimento messe in campo dai Paesi membri a metà marzo per rispondere alla crisi hanno ibernato l'economia", afferma Bruxelles. Il Commissario agli Affari Economici Gentiloni la definisce come la "più profonda recessione economica nella storia dell'Unione". I dati sono eloquenti: per l'Eurozona si prevede un crollo del Pil quest'anno pari al 7,7%, tre decimali sopra l'intera Unione. Le speranze sono riposte nel 2021, quando il rimbalzo dovrebbe portare ad una crescita superiore al 6%. Per l'Italia le previsioni parlano di una profonda recessione, con un rimbalzo tecnico nella seconda metà dell'anno. Nel 2020 il nostro Pil perderà il 9,5%, per crescere il prossimo del 6,5%. Il nostro export vedrà un calo sostanziale, mentre il settore turistico pagherà dazio più di tutti. Il deficit esploderà all'11% quest'anno, per dimezzarsi il prossimo, mentre il debito sfiorerà il 160% del Pil. In Europa solo la Grecia vedrà un calo del Pil maggiore. "Tra i Paesi più grandi, l'Italia è stata colpita per prima e con più forza. Ciononostante, si prevede che la ripresa italiana prenderà più tempo che negli altri Paesi", ha affermato Gentiloni.
6/5/2020
E' un quadro da economia di guerra, quello che ha presentato oggi la Commissione Europea nell'ambito delle previsioni di primavera.
"I dati indicano che l'attività economica in Europa è crollata ad una velocità inedita nelle ultime settimane, e le misure di contenimento messe in campo dai Paesi membri a metà marzo per rispondere alla crisi hanno ibernato l'economia", afferma Bruxelles, secondo cui l'Unione è entrata nella più profonda recessione economica della sua storia". I dati parlano da soli: per l'Eurozona si prevede un crollo del Pil quest'anno pari al 7,7%, tre decimali sopra l'intera Unione. Le speranze sono tutte riposte nel 2021, quando il rimbalzo dovrebbe portare ad una crescita superiore al 6%. Per l'Italia le previsioni parlano di una profonda recessione, con un rimbalzo tecnico nella seconda metà dell'anno. Nel 2020 il nostro Pil perderà il 9,5%, per crescere il prossimo del 6,5%. Il nostro export vedrà un calo sostanziale, mentre il settore turistico pagherà dazio più di tutti. Il deficit esploderà all'11% quest'anno, per dimezzarsi il prossimo, mentre il debito sfiorerà il 160% del Pil. In Europa solo la Grecia vedrà un calo del Pil maggiore. "Tra i Paesi più grandi, l'Italia è stata colpita per prima e con più forza: l'economia comincerà la ripresa dalla seconda metà del 2020. Ciononostante, si prevede che la ripresa italiana prenderà più tempo che negli altri Paesi", ha affermato il Commissario agli Affari Economici Gentiloni.
5/5/2020
E' una doccia parzialmente fredda quella abbattutasi sul programma di Quantitative Easing della Bce.
I giudici della Corte Costituzionale tedesca hanno infatti sentenziato che Francoforte può continuare nell'acquisto di titoli di Stato, ma -accogliendo in parte i ricorsi presentati da politici, giuristi ed economisti euroscettici- hanno precisato che il Quantitative Easing non è coperto dalle competenze europee. Le autorità tedesche avrebbero agito dunque incostituzionalmente, decidendo di non metterlo in discussione. La Bce avrà ora tre mesi di tempo, per chiarire il proprio programma di acquisto bond, e per spiegare come Francoforte riesca a bilanciare l'impatto economico-fiscale delle sue azioni, con gli obiettivi di politica monetaria. La decisione di Karlsruhe contraddice un precedente pronunciamento della Corte di Giustizia Europea, che aveva dato ragione alla Bce. Il Quantitative Easing, lanciato nel 2014, interrotto due anni fa e poi ripreso un anno dopo, ha acquistato negli anni quasi tremila miliardi di bond. Quest'anno è stato affiancato dal Pepp, creato per far fronte all'epidemia, uno strumento da 750 miliardi la cui legittimità non è toccata dalla sentenza. In mancanza di un chiarimento della Bce, la Bundesbank non potrà più partecipare al Quantitative Easing. Da Bruxelles la Commissione mostra tranquillità: le sentenze della Corte Europea hanno un primato sulle Corti Nazionali, mentre il Ministro dell'Economia Gualtieri afferma che la sentenza non avrà alcuna conseguenza pratica.
5/5/2020
Una maratona di donazioni di quasi tre ore ha portato ieri pomeriggio la Commissione Europea a raccogliere 7 miliardi e 400 milioni per sviluppare il vaccino, finanziare i test e le terapie che sconfiggeranno il Covid-19.
Un successo diplomatico per l'Europa, che ha riunito in videoconferenza decine di leader mondiali, con due lati oscuri: il primo riguarda il reale ammontare di denaro fresco, non stanziato in precedenza dai Paesi che hanno aderito. Il secondo riguarda l'assenza di Stati Uniti e Russia dal tavolo dei donatori: un vuoto che getta ombre inquietanti sulla reale volontà di cooperazione globale. "E' solo un primo passo", ha ammesso la presidente della Commissione Von DerLeyen, soddisfatta. Nelle ore precedenti i maggiori leader europei avevano annunciato i loro stanziamenti. 525 milioni sono arrivati dalla Germania. Così la cancelliera Merkel, secondo cui Berlino investirà un altro miliardo e 300 milioni nella sanità globale. Dal presidente francese Macron mezzo miliardo per la ricerca europea sul vaccino, e un miliardo e 200 milioni per il sostegno al sistema sanitario in Africa. Il premier Conte ha sottolineato come la cooperazione internazionale sia la chiave per vincere questa crisi: da Roma 140 milioni. Conte ha aggiunto che l'Italia userà la prossima presidenza del G20 per esercitare un ruolo-guida. Dalla Gran Bretagna l'impegno a finanziare con circa 450 milioni la ricerca, mentre la Cina sospenderà il debito a 77 Paesi in via di sviluppo.
4/5/2020
Una maratona internazionale per raccogliere fondi per sviluppare e produrre un vaccino contro il Covid-19: la Commissione Europea ha concluso poco fa una conferenza virtuale con decine di leader europei e mondiali, per una risposta globale contro il coronavirus.
Sette miliardi e 400 milioni: è quanto l'Europa ha raccolto nel pomeriggio durante la conferenza internazionale dei donatori per la ricerca e lo sviluppo di un vaccino contro il Covid-19. Ad aprire i lavori, collegata con le principali capitali, la presidente della Commissione Von der Leyen, che ha annunciato lo stanziamento di un miliardo da parte di Bruxelles. "Il 4 maggio segnerà una svolta nella lotta contro il coronavirus, i partner sono molti ma il fine è unico", ha detto. Il pomeriggio ha visto un alternarsi di leader in collegamento: la cancelliera tedesca Merkel ha annunciato la donazione di 525 milioni. Berlino investirà un altro miliardo e 300 milioni nella sanità globale. Cifre molto simili a quelle promesse dal presidente francese Macron: anche da Parigi mezzo miliardo per la ricerca europea sul vaccino, e un miliardo e 200 milioni per il sostegno al sistema sanitario in Africa. Il premier Conte ha sottolineato come la cooperazione internazionale sia la chiave per vincere questa crisi sanitaria: da Roma 140 milioni per la ricerca sul vaccino. Conte ha aggiunto che l'Italia userà la prossima presidenza del G20 per esercitare un ruolo-guida. Dalla Gran Bretagna l'impegno a finanziare con circa 450 milioni la ricerca: "serve uno sforzo globale, non una competizione tra Paesi", ha detto il premier Johnson. 125 milioni dalla Spagna, mentre il Gruppo dei Paesi di Visegrad, nell'Est Europa, si è limitato a soli 3. Stanziamenti anche da Canada, Arabia Saudita, Israele, Svizzera, Australia, mentre la Cina sospenderà il debito a 77 Paesi in via di sviluppo. Assenti ingiustificati: gli Stati Uniti.
2/5/2020
La Gran Bretagna ha annunciato ieri di aver raggiunto l'obiettivo di 100mila tamponi al giorno, un target che il Governo di Sua Maestà si era dato per fine aprile, e che ieri il Ministro della Salute Hancock ha certificato ufficialmente.
La cifra in realtà, al di là del risultato meritevole, sarebbe stata gonfiata da una modifica nel metodo di calcolo, che include ora anche i kit inviati a casa, e non solo -come avveniva prima- i test di laboratorio. La situazione Oltremanica resta seria, se paragonata all'Italia, con oltre 700 vittime anche ieri. In Spagna è allerta rossa per l'economia: secondo il Governo iberico, il Pil quest'anno calerà del 9,2%, con un tasso di disoccupazione al 19%. L'avvicinarsi dell'estate inquieta per le perdite che soffrirà inevitabilmente il turismo spagnolo, fonte di ricchezza apparentemente inesauribile dell'ultimo ventennio, e ora vittima di un'incertezza senza pari. In Germania l'indice di infezione è tornato sotto quota uno, riportando ottimismo, mentre si attendono le decisioni mercoledì prossimo sulla riapertura graduale di scuole e asili. Calcio intanto sotto choc per la scoperta di tre positivi nella squadra del Colonia: una scoperta che potrebbe avere un impatto sull'imminente decisione del Governo circa la possibile ripresa della Bundesliga. E in Francia continuano a calare le vittime: ieri poco più di 200.
1/5/2020
La Bce apre ulteriormente i rubinetti della liquidità alle banche, ma non convince i mercati. Ieri la presidente Christine Lagarde ha sdoganato i prestiti a tassi negativi verso gli istituti di credito, tagliando di 50 punti base -nel corso del prossimo anno- gli interessi sulle maxi-aste di liquidità Tltro 3.
Francoforte ha anche annunciato il varo questo mese di una nuova serie di operazioni di rifinanziamento per l'emergenza pandemica: l'acronimo è Peltro, e consentiranno agli istituti di credito di prendere denaro in prestito ad un tasso del -0,25%. La presidente Bce Lagarde ha snocciolato cifre che pronosticano un calo del Pil dell'Eurozona quest'anno compreso tra -5 e -12%. Cifre mal digerite dalle Borse. La Lagarde ha aggiunto che Francoforte e' pronta ad estendere la durata del programma di acquisti di titoli per l'emergenza Pepp. Ma non ha rilanciato il Quantitative Easing. E se la Commissione Europea non ha commentato ipotesi di sorveglianza rafforzata per i Paesi che accederanno alle linee di credito pandemiche del Mes, i Paesi rigoristi alzano le barricate contro ogni ipotesi di sovvenzioni a fondo perduto nel nuovo fondo per la ripresa, qualora il denaro raccolto sui mercati utilizzasse come garanzia gli impegni di spesa del bilancio comunitario.
30/4/2020
Incrementa la liquidità alle banche la BCE, mediante tassi estremamente bassi, per mantenere l'economia dell'Eurozona sopra la linea di galleggiamento, in un anno drammatico.
Francoforte presterà denaro agli istituti di credito con tassi fino a -1%, tagliando di 50 punti base -nel corso del prossimo anno- gli interessi sul Tltro 3, le maxi-aste di liquidità. Non solo: la Bce ha annunciato il varo a maggio di una nuova serie di operazioni di rifinanziamento per l'emergenza pandemica, con l'acronimo 'Peltro' (Pandemic Emergency Longer-Term Refinancing Operations). Le Peltro consentiranno agli istituti di credito di prendere denaro in prestito ad un tasso del -0,25%. Nei fatti, le banche guadagneranno attraverso questi prestiti monetari. La presidente Christine Lagarde ha messo nero su bianco le cifre dell'economia: quest'anno il calo del Pil nell'Eurozona è previsto tra il 5 e il 12%. La Lagarde ha aggiunto che Francoforte e' pronta ad estendere la durata del programma di acquisti di titoli per l'emergenza Pepp oltre la scadenza del 2020. Questo mentre la Commissione Europea non ha commentato ipotesi di sorveglianza rafforzata per i Paesi che accederanno alle linee di credito pandemiche del Mes. Bruxelles è in forte difficoltà nel varo del progetto del fondo per la ripresa: i Paesi rigoristi si oppongono all'ipotesi di sovvenzioni a fondo perduto, qualora il denaro raccolto sui mercati della Commissione utilizzasse come garanzia gli impegni di spesa del bilancio comunitario.
28/4/2020
Il controverso rapporto europeo sulla disinformazione cinese in merito alla pandemia scatena l'ira di Pechino, che -dopo aver fatto pressioni sia su Bruxelles, sia sui singoli Paesi, Germania in testa- reagisce duramente: siamo "vittime della disinformazione e non promotori", così il portavoce del Ministero degli Esteri Geng Shuang.
Il rapporto europeo, curato dall'ufficio dell'Alto Rappresentante per la Politica Estera Borrell, ha individuato nell'opera di player sostenuti da Governi, quali Cina e Russia, la responsabilita' della diffusione di fake news sul virus. Il rapporto era già finito al centro di polemiche, stavolta di segno opposto, quando nel weekend il New York Times aveva rivelato che la diplomazia europea aveva addolcito e moderato diverse accuse contro la Cina, su pressione stessa di Pechino. Le accuse sulla disinformazione globale operata dal regime cinese sarebbero state tolte, scatenando la reazione di alcuni funzionari, increduli nel vedere Bruxelles cedere di fronte alle pressioni del Partito Comunista Cinese. Indiscrezioni -queste- seccamente smentite dal portavoce di Borrell, secondo cui l'Europa non si è mai inchinata ad alcuna pressione politica esterna. L'episodio sottolinea una volta di più le gravi responsabilità di Pechino nella crisi pandemica, i suoi spesso goffi tentativi di nasconderle, ma anche una crescente tendenza europea alla Realpolitik, nell'anno in cui i due blocchi puntano a finalizzare un accordo sugli investimenti economici.
27/4/2020
La Commissione Europea si prepara a rivedere drasticamente al ribasso le stime sul Pil 2020 nelle previsioni economiche che saranno presentate il 7 maggio.
La pandemia "ha cambiato l'outlook, che era gia' fragile prima, ma ora e' chiaro che una profonda recessione in Europa sia inevitabile quest'anno", ha detto il Commissario agli Affari Economici Gentiloni, nell'audizione all'Europarlamento. Gentiloni anticipa una contrazione del Pil europeo peggiore dell'ultima crisi finanziaria, che Bruxelles quantifica -per l'anno in corso- vicina alle stime delle Fmi, intorno quindi al -7,5%. Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis ha sottolineato il ruolo delle banche nel prestare denaro all'economia reale con piena flessibilità. Le parole della Commissione sono giunte nel giorno in cui i Ministri europei del Turismo hanno chiesto che il loro settore, uno dei più colpiti dalla crisi, diventi "una delle priorita'" del Fondo per la ripresa europeo. Allo stesso tempo, hanno chiesto una soluzione armonizzata a livello continentale per il rimborso dei pacchetti di viaggio. Il Ministro Franceschini ha chiesto la creazione di un Fondo Europeo Speciale per il Turismo, che inietti liquidità nel settore. E ha proposto un coordinamento europeo nella ripresa della libera circolazione di persone tra Paesi, presupposto stesso della ripresa del settore turistico.
27/4/2020
Torna al lavoro il premier britannico Boris Johnson, dopo i drammatici giorni del ricovero in ospedale, e dopo due settimane di convalescenza.
Parlando sull'uscio di Downing Street, Johnson ha lanciato messaggi di speranza ma anche un invito alla prudenza: "stiamo avviando l'inversione di tendenza", non è il momento di rilassare le misure di confinamento, il rischio di una seconda ondata pandemica è troppo alto. Johnson ha lasciato intravedere la prossima fine della fase uno, e ha annunciato nuove decisioni nei prossimi giorni. Questo mentre in Germania è obbligatorio da oggi in tutti i Laender l'uso delle mascherine. Unica eccezione lo Schleswig-Holstein, il Land più a nord del Paese, al confine con la Danimarca. Le modalità precise di uso delle mascherine variano da Land a Land, ma sostanzialmente sono sempre obbligatorie nei negozi e sul trasporto pubblico. Il Governo tedesco intanto valuta se decretare per legge il diritto di smart working per i lavoratori. La Svizzera ha iniziato ad allentare le restrizioni per combattere il coronavirus dopo sei settimane di chiusura. Da oggi riaprono parrucchieri, estetisti, negozi di bricolage, vivai e fiorai, mentre studi medici e fisioterapisti potranno ricominciare l'attivita' solo su appuntamento. In Spagna è partito un test su 36mila famiglie, campione statistico necessario per conoscere la reale diffusione del coronavirus e decidere di conseguenza le misure di riapertura. Domani infine il Parlamento francese vota il piano di uscita dal confinamento preparato dal Governo.
25/4/2020
Riparte con un duro scontro il negoziato tra Unione Europea e Gran Bretagna, già pesantemente rallentato dalla crisi pandemica, che aveva contagiato alcuni dei protagonisti della trattativa, a partire dal caponegoziatore europeo Barnier.
Quello stesso Barnier che ieri ha attaccato la tattica negoziale di Londra: "la Gran Bretagna non può rifiutare un'estensione del periodo di transizione e allo stesso tempo rallentare i lavori nelle aree più problematiche", ha avvertito Barnier, che ha sottolineato come i progressi non possano essere selettivi, ma devono riguardare tutti i settori oggetto di negoziato. Il caponegoziatore comunitario ha citato quattro aree dove le trattative sono insoddisfacenti: la parità di condizioni sulla competizione economica, il futuro delle complicate relazioni sulla pesca, la partnership sulla sicurezza, e la governance generale della futura partnership Londra-Bruxelles. Poche ore dopo la replica da Londra: il Regno Unito "deplora che l'offerta europea sul commercio dei beni resti ben al di sotto di quanto concordato dall'Unione nei recenti trattati di libero scambio con altri Paesi", e ritiene che questo "riduca considerevolmente" la credibilita' "dell'aspirazione a un'intesa a zero dazi" per le relazioni post-Brexit. Londra riconosce che i progressi sono limitati, ma ribadisce la determinazione a raggiungere un accordo. La corsa ora è contro il tempo: prima della conferenza di giugno per fare il punto della situazione ci saranno solo altri due round negoziali. Un irrigidimento delle posizioni potrebbe rendere altamente possibile lo scenario di una fine del periodo di transizione senza intesa. Il vero no deal potrebbe verificarsi il primo gennaio.
24/4/2020
Il giorno dopo il summit in videoconferenza dei 27 leader comunitari, si guarda già alla prossima data da segnare in calendario: il 6 maggio, quando la Commissione Europea dovrebbe presentare le prime proposte sul nuovo tandem bilancio pluriannuale / nuovo fondo per la ripresa.
Condizionale d'obbligo, considerata la sfida senza precedenti di legare un budget già quasi fuori tempo massimo per il suo varo - dovrebbe infatti partire a gennaio, mancano solo nove mesi, ad uno strumento mai sperimentato prima, ingigantendo le cifre-limite del bilancio fino a raddoppiarle, potenzialmente, a 2000 miliardi. "Il Fondo per la rinascita non serve tra due anni ma presto, e dovra' essere composto da "prestiti a 30-40 anni" e da "sovvenzioni dirette", necessarie per "evitare che da questa crisi si esca con dei vincitori e dei perdenti. Questo metterebbe a rischio l'Eurozona. Occorre che chi ha il debito piu' alto non sia costretto soltanto ad accumulare altro debito": così il Commissario agli Affari Economici Gentiloni. La sua presenza in cabina di regia a Bruxelles sarà determinante, nello spostare i pesi tra mediterranei e rigoristi - una spaccatura che non esiste solo tra Paesi membri, ma anche all'interno della stessa Commissione. Gentiloni è tornato a sponsorizzare la linea di credito del Mes - quella sì già operativa entro il primo giugno. L'unica certezza è che quando i nodi del nuovo fondo verranno al pettine tornerà anche a riaccendersi lo scontro tra le capitali: la speranza nel sud dell'Europa è che i tempi siano celeri, arrivando ad una discussione vera tra i leader già a giugno. Ma perchè ciò accada sarà necessario che il prossimo vertice torni ad avere luogo fisicamente a Bruxelles.
24/4/2020
Intesa di principio sul fondo europeo per la ripresa, un risultato -per dirla con il premier Conte- impensabile solo un mese fa, ma ancora tanti-troppi punti di domanda su cosa sarà esattamente.
Finisce con un risultato interlocutorio il summit in videoconferenza dei 27 leader europei, che per cominciare ha dato luce verde al pacchetto da 540 miliardi composto da prestiti MES senza condizionalità, Cig europea e aiuti alle PMI, che sarà operativo entro il primo giugno. Sul vero e proprio Recovery Fund per ora però è nebbia fitta: la palla è nel campo della Commissione Europea, che presenterà la sua proposta il 6 maggio. L'unica certezza è che sarà legato indissolubilmente al nuovo bilancio settennale europeo, e che probabilmente lo gonfierà, fino a raddoppiarlo. "Dobbiamo trovare un equilibrio tra sovvenzioni a fondo perduto e prestiti", ha riassunto la presidente della Commissione Von Der Leyen, conscia della spaccatura netta tra fronte mediterraneo -che opta per la prima opzione- e fronte rigorista, a favore della seconda, quando si parla di aiuti ai Paesi. Nessun dettaglio su dotazione del fondo -Roma chiede 1500 miliardi- nè sulla data di erogazione del denaro - il rischio è che si slitti al prossimo anno, se non interviene una soluzione-ponte. La parola d'ordine è smussare gli angoli, ora, con l'Olanda che getta alle spalle le tensioni con l'Italia. Ma sia la tedesca Merkel sia il francese Macron concordano: sui meccanismi del fondo per la ripresa permangono divisioni.
23/4/2020
Vede la luce il fondo europeo per la ripresa, con il via libera dei 27 leader comunitari. Un risultato che premia gli sforzi negoziali del fronte dei Paesi mediterranei, e fa esultare il premier Conte.
La partita vera inizia però ora: sebbene Conte abbia chiesto una potenza di fuoco da 1500 miliardi, con sovvenzioni a fondo perduto ai Paesi colpiti dalla pandemia e le prime erogazioni già quest'anno, il summit ha preso tempo. Sarà infatti la Commissione Europea a mettere sul tavolo il prossimo mese la sua proposta, che dovrà necessariamente legare il fondo per la ripresa al prossimo bilancio settennale. Senza dimenticare che lo scontro sarà anche sulle modalità di erogazione del denaro: se sottoforma di sovvenzioni, come chiede il fronte mediterraneo, o di prestiti, sui quali insiste il fronte nordico. Resta infine da capire se sarà possibile anticipare parte del denaro già quest'anno, sommandolo al pacchetto da 540 miliardi di Cig europea, fondo salva-Stati MES e fondi per le PMI, che ha ricevuto formalmente l'OK dei 27 leader e che diverrà operativo entro il primo giugno. Che però al di là della ritrovata unità di intenti molto resti ancora da fare lo dimostrano le dichiarazioni del presidente francese Macron -"c'è consenso sulla risposta, ma restano disaccordi sui meccanismi"- e della cancelliera tedesca Merkel - "non siamo ancora tutti d'accordo su come finanziare il Recovery Fund".
23/4/2020
Gli appelli della presidente Bce Lagarde e del presidente dell'Europarlamento Sassoli hanno aperto il vertice europeo in videoconferenza, in corso da metà pomeriggio.
I 27 leader europei sono chiamati a varare un primo pacchetto anticrisi da 540 miliardi, ponendo contestualmente le basi per il fondo europeo per la ripresa. La Lagarde ha avvertito che il Pil dell'Eurozona rischia di subire una contrazione del 15%, e avrebbe lanciato un'accusa diretta alle capitali - "avete fatto troppo poco e agito troppo tardi". Proprio lei, che per prima ha capito la lezione, dopo alcuni errori iniziali. "Le misure per la ripresa devono essere rapide, risolute e flessibili", ha chiosato la Lagarde. Mentre Sassoli ha invitato i leader a trovare il momento dell'unità e della solidarietà. Dal presidente dell'Europarlamento parole di apprezzamento per la cancelliera tedesca Merkel, che oggi al Bundestag ha riconosciuto la straordinarietà di questi tempi e il rischio che corre la tenuta stessa dell'Europa. La cancelliera ha annunciato la disponibilità ad aumentare i contributi di Berlino al bilancio comunitario, probabile perno di garanzia dei futuri coronabond della Commissione, e ha ribadito la necessità di avere pronti entro il primo giugno i primi 540 miliardi dei tre strumenti anticrisi comunitari.
23/4/2020
E' in corso da circa due ore e mezzo la videoconferenza dei 27 leader europei, chiamati a varare il primo pacchetto anticrisi da 540 miliardi, ponendo contestualmente le basi per il fondo europeo per la ripresa.
I 27 hanno ascoltato in avvio di summit gli appelli sia del presidente dell'Europarlamento Sassoli, sia delle presidente Bce Lagarde. Quest'ultima ha avvertito che il Pil dell'Eurozona rischia di subire una contrazione del 15%, e avrebbe lanciato un'accusa diretta alle capitali - "avete fatto troppo poco e agito troppo tardi". Proprio lei, che per prima ha capito la lezione, dopo alcuni errori iniziali. "Le misure per la ripresa devono essere rapide, risolute e flessibili", ha chiosato la Lagarde. Mentre Sassoli ha invitato i leader a trovare il momento dell'unità e della solidarietà. Il presidente dell'Europarlamento ha apprezzato le parole della cancelliera Merkel, che oggi al Bundestag ha riconosciuto la straordinarietà di questi tempi e il rischio che corre la tenuta stessa dell'Europa. La cancelliera tedesca ha annunciato la disponibilità ad aumentare i contributi di Berlino al bilancio comunitario, probabile perno di garanzia dei futuri coronabond della Commissione, e ha ribadito la necessità di avere pronti entro il primo giugno i primi 540 miliardi dei tre strumenti anticrisi comunitari. La cancelliera non ha chiuso del tutto agli eurobond, ma ha avvertito che per vararli serve molto tempo - occorre prima modificare i Trattati.
22/4/2020
Assume sempre più le sembianze di un vertice interlocutorio, quello in programma nelle prossime ore in videoconferenza tra i leader europei.
Se è vero che fonti comunitarie si dicono ottimiste in merito alle intenzioni dei Governi nel trovare un'intesa, che preveda l'implementazione più o meno congiunta del nuovo fondo per la ripresa e del prossimo bilancio multiannuale, la verità è che legare tra loro due dossier così complessi obbligherà necessariamente ad un rinvio delle decisioni vere - forse fino al summit in programma a metà giugno, quando -come sostengono fonti francesi- i 27 leader potrebbero tornare a incontrarsi fisicamente. L'ipotesi più concreta è quella di un fondo garantito dal bilancio europeo, e non da veri e propri coronabond -su questo anche l'Italia ormai pare rassegnata- ma troppe variabili restano sul tavolo: l'ammontare dello schema, i settori finanziabili, gli strumenti stessi di finanziamento, e -soprattutto- le modalità di erogazione ai Paesi in difficoltà. Prestiti superagevolati, o veri e propri aiuti a fondo perduto? I leader incaricheranno la Commissione di trovare una soluzione. Meno problematico sarà approvare subito i fondi Bei per le Pmi, la Cig europea da 100 miliardi e le linee senza condizionalità del Mes. Tre reti che dovrebbero divenire operative entro il primo giugno. Mentre per il Fondo si rischia di andare al 2021. Decisamente un po' tardi. A meno che non si riesca a convincere il fronte nordico-rigorista ad anticipare.
22/4/2020
"La risposta esauriente alla crisi provocata dal coronavirus include il fondo per la ripresa. Suggerisco di concordare di lavorare per istituire tale fondo il piu' presto possibile". Cosi' il presidente europeo, Charles Michel, nella lettera di invito ai leader comunitari, in vista della videoconferenza di domani. E l'Italia lancia la proposta di uno Schema Europeo di Supporto Pandemico.
Dopo Francia e Spagna, anche l'Italia mette sul tavolo la propria proposta per il fondo europeo per la ripresa, in linea con alcune soluzioni già allo studio. Roma propone un fondo di solidarietà, gestito dalla Commissione Europea, con una garanzia implicita dello stesso bilancio comunitario. Questo fondo andrebbe a prendere denaro sui mercati, per finanziare prestiti back to back ai Paesi membri. Gli Stati europei fornirebbero comunque delle garanzie comuni per aumentarne la potenza di fuoco - garanzie che verrebbero gradualmente sostituite da risorse proprie comunitarie. I bond e i prestiti dovrebbero avere la più lunga maturità possibile. E parlando nel pomeriggio al Senato, il premier Conte aveva avvertito: "non potrò accettare un compromesso al ribasso al summit, o vinciamo tutti, o perdiamo tutti. Il prossimo vertice europeo non sarà risolutivo, ma faremo di tutto per esprimere un indirizzo politico chiaro". Sul MES il premier ha smentito veti e ha invocato cautela, in un dibattito ormai spaccato tra opposte tifoserie. Ieri è intervenuto anche il presidente dell'Eurogruppo Centeno. "Le nuove linee di credito pandemiche del MES non comporteranno alcuna Troika per i Paesi che le richiederanno", ha assicurato all'Europarlamento. Numerosi eurodeputati hanno chiesto di proporre misure più incisive sul piano per la ripresa, sostenendo che quelle attualmente sul tavolo sono per lo più prestiti, che lascerebbero molti Paesi fortemente indebitati.
21/4/2020
"Non potrò accettare un compromesso al ribasso: o vinciamo tutti, o perdiamo tutti. Il prossimo summit europeo non sarà risolutivo, ma faremo di tutto per esprimere un indirizzo politico chiaro": il premier Conte in Senato alza la posta in vista del vertice di dopodomani, lasciando intravedere il rischio di un incontro interlocutorio.
La posizione italiana non si muove, e parte dall'assunto che vadano assolutamente evitati gli errori fatti con la Grecia nell'ultima crisi finanziaria. Questo metterebbe lo stesso progetto comunitario a rischio. Il Mes, o fondo salva-Stati, resta sempre nel mirino - anche se occorre procedere con cautela, ormai il dibattito italiano sul tema è spaccato tra tifoserie, avverte il premier, smentendo un veto di Roma, che farebbe torto agli otto Paesi alleati del fronte mediterraneo. Così il focus si sposta sul fondo europeo per la ripresa, vero nodo del vertice. L'Italia spinge affinchè si finanzi sottoforma di debito comune sui mercati, sia attivabile subito, legandolo anche al bilancio europeo come garanzia. La sua proposta converge con quelle francese e spagnola. E nel dibattito si è inserito anche il presidente dell'Eurogruppo Centeno, in audizione all'Europarlamento. "L'Eurozona si contrarrà del 7,5% quest'anno. Il mercato unico è a rischio frammentazione", afferma Centeno, che sottolinea come le nuove linee di credito pandemiche del MES non comporteranno alcuna Troika per i Paesi che le richiederanno. Centeno cita l'ipotesi Coronabond, ma prende atto delle divisioni tra Paesi.
21/4/2020
Si muovono le pedine, in vista del vertice europeo in programma dopodomani: un appuntamento con la storia al quale i fronti mediterraneo e rigorista si presentano su posizioni ancora lontane.
La cancelliera tedesca Merkel è sembrata ieri navigare verso una sottile linea di convergenza con la presidente della Commissione Von Der Leyen. Parlando a Berlino, la Merkel ha ribadito la volontà del suo Paese di essere solidale, ma all'interno dei Trattati. E se a porte chiuse con la Cdu la cancelliera dice "nein" agli eurobond, è lei stessa in conferenza stampa a citare quell'articolo 122 del Trattato che mette nero su bianco come il Consiglio Europeo possa concedere assistenza finanziaria ai Paesi membri colpiti da circostanze eccezionali. Nella sostanza, si tratterebbe di replicare lo schema da 100 miliardi della Cig europea Sure su scala decuplicata, per attivare un fondo anticrisi da mille miliardi, garantiti dal bilancio europeo e finanziati attraverso bond gestiti dalla Commissione. Il piano a cui starebbe lavorando proprio la Von der Leyen, in vista del summit. Non è l'unica proposta sul tavolo. La Spagna, decisamente più attiva dell'Italia in termini di idee, porterà un progetto per la ripresa finanziato attraverso un debito europeo perpetuo. Anche questo andrebbe sul mercato, emettendo titoli garantiti dal bilancio comunitario, mentre una nuova tassa europea ne pagherebbe gli interessi. La potenza di fuoco arriverebbe a 1500 miliardi, erogabili in sovvenzioni a fondo perduto per gli Stati colpiti dalla recessione.
20/4/2020
A una manciata di giorni dal vertice europeo che deciderà la strategia definitiva antirecessione del Continente, si muovono freneticamente le diplomazie.
"La Germania non solo vuole essere solidale, ma lo sarà. Questo deve però avvenire nel contesto degli attuali trattati. E con uno sguardo a tutti gli Stati europei". Così la cancelliera tedesca Merkel, che non scopre ancora le sue carte, in vista del duro negoziato che si prospetta. La cancelliera non risponde direttamente alla questione coronabond, ma lascia intravedere il suo scetticismo, quando afferma che per cambiare i Trattati servono almeno un paio d'anni, mentre la minaccia è immediata. In mattinata, nel segreto del gruppo parlamentare Cdu la Merkel avrebbe però esplicitamente ribadito il no ai Covid-bond. La cancelliera lascia però aperta la porta a un sostanziale incremento del bilancio settennale europeo. Qui la sua strada converge con il piano che ha in mente la presidente tedesca della Commissione Von Der Leyen, che intenderebbe usare proprio il budget comunitario, quale garanzia per andare sui mercati e raccogliere 1000 miliardi sottoforma di bond, gestiti proprio da Bruxelles, senza mutualizzare il debito degli Stati membri. La proposta sarà presentata giovedì ai 27 leader. Da parte sua il Commissario agli Affari Economici Gentiloni resta ottimista: l'Unione Europea non fallirà a causa del virus. "Sono state prese misure impressionanti", dice Gentiloni a Der Spiegel, confermando la strada del bilancio europeo come favorita. e quantificando in 1500 miliardi il bazooka comunitario necessario.
18/4/2020
Oscilla tra gli estremi di una Germania che afferma di aver abbassato ai minimi il tasso pandemico, e di una Gran Bretagna in piena emergenza il quadro di un'Europa a più velocità sul fronte pandemico.
Il Ministro della Salute tedesco Spahn ha affermato che la situazione nel Paese è sotto controllo, forte di una valutazione del Robert Koch Institut, che valuta un tasso di nuove infezioni sotto quota 1 - a 0,7. Proprio la Germania è tra i Paesi capofila del lento ritorno alla normalità, ma nulla sarà come prima: la Sassonia ha annunciato l'obbligo di mascherina sui mezzi pubblici e nei negozi. Nel Paese la media delle vittime è di circa 300 al giorno, per un totale di quasi 4000: fa discutere intanto la proposta del presidente del Bundestag Schaeuble di accorciare le vacanze estive. All'opposto, in Gran Bretagna numero delle vittime sempre elevato: 847 in un giorno. Uno dei luminari medici, Anthony Costello, ipotizza una mortalità superiore a quelle italiana e spagnola, e pronostica fino a sei ondate pandemiche Oltremanica nel corso dell'anno. In Francia resta un mistero la positività di 940 marinai sui 2300 stazionati sulla portaerei Charles De Gaulle - 20 sono ricoverati: l'unico breve scalo è stato a Brest, possibile che il virus vi si sia infilato proprio in quella occasione? In Spagna 585 nuove vittime, mentre il Governo lavora ad un ritorno alla normalità aziendale in due fasi. Un primo gruppo entro l'estate, i settori più a rischio entro fine anno.
17/4/2020
Sono quasi 4 miliardi e mezzo le persone attualmente confinate a casa nel mondo a causa della pandemia, secondo l'agenzia Afp. Si tratta del 58% della popolazione mondiale.
La Germania annuncia importanti novità sul fronte della lotta alla pandemia, ma non abbassa ancora la guardia. Il Ministro della Salute Spahn ha affermato che la situazione nel Paese è sotto controllo, forte di una valutazione del Robert Koch Institut, che valuta un tasso di nuove infezioni sotto quota 1 - a 0,7. Proprio la Germania è tra i Paesi capofila del lento ritorno alla normalità, ma nulla sarà come prima: la Sassonia ha annunciato l'obbligo di mascherina sui mezzi pubblici e nei negozi. Nel Paese la media delle vittime è di circa 300 al giorno, per un totale di quasi 4000: fa discutere intanto la proposta del presidente del Bundestag Schaeuble di accorciare le vacanze estive. In Francia la notizia del giorno è la positività di 940 marinai sui 2300 stazionati sulla portaerei Charles De Gaulle - 20 sono ricoverati: è un mistero come siano stati contagiati, avendo fatto un solo scalo a Brest. In Gran Bretagna numero delle vittime sempre elevato: 847 in un giorno. Uno dei luminari medici, Anthony Costello, ipotizza una mortalità superiore a quelle italiana e spagnola, e pronostica fino a sei ondate pandemiche Oltremanica nel corso dell'anno. In Spagna 585 nuove vittime, mentre il Governo lavora ad un ritorno alla normalità aziendale in due fasi. Un primo gruppo entro l'estate, i settori più a rischio entro fine anno. Boom di casi e vittime negli Stati Uniti: oltre 670mila, più di 33mila morti. Mentre in Cina emerge lentamente la verità sulla sottostima del contagio a Wuhan, città-simbolo del coronavirus: rivisti al rialzo del 50% i decessi.
17/4/2020
Arrivano dalla Germania le notizie positive sul Covid-19, con il Ministro della Salute Spahn che ha annunciato che la situazione nel Paese è sotto controllo.
Il tasso di nuove infezioni è sceso sotto i valori più allarmanti, attestandosi allo 0,7. Nella pratica, ogni contagiato infetta in media meno di una persona, secondo le stime del Robert Koch Institut. Per il Ministro Spahn, che ha annunciato come l'app di tracciamento sarà pronta in circa un mese, la disponibilità tedesca ad accogliere nuovi pazienti dall'estero sarà aumentata. Giovedì prossimo la cancelliera Merkel fornirà nuovi aggiornamenti sulla strategia del Governo contro la pandemia. Intanto il portavoce della cancelleria Seibert ha anticipato che la Merkel e' a favore di "una comune reazione europea", e pensa che "ci sia bisogno di una iniziativa focalizzata sulla ripresa dell'economia in Europa". "Siamo pronti a mostrare ancora solidarietà nel continente", ha dichiarato Seibert. In Spagna, dove c'è incertezza sulla reale cifra delle vittime, dopo il cambio del metodo di calcolo in Catalunya, che ha rivisto al rialzo i numeri - il Governo ha chiesto anche alle altre comunità di fare lo stesso, per fornire dati più precisi. Di numeri al rialzo ne sa qualcosa la Cina, dove la verità sulla reale dimensione della pandemia viene lentamente a galla: il numero di decessi nel Paese è salito di quasi il 40%, a 4632, dopo le nuove 1290 vittime annunciate a Wuhan, la città-focolaio del coronavirus. Mai conteggiate come malati di Covid-19.
17/4/2020
Il progetto politico europeo può collassare, se non si dimostrerà in grado di aiutare le economie più colpite dalla pandemia, come quella italiana. In un'intervista al Financial Times, il presidente francese Macron prende una posizione netta sui coronabond, facendosi portabandiera dell'ala più decisa.
Serve un fondo per la ripresa europea, in grado di emettere debito comune con una garanzia comune, per finanziare i Paesi membri sulla base dei loro bisogni, più che sulla dimensione delle loro economie, incalza Macron, prima di chiosare - "è il momento della verità, o si reagisce adesso, o i populisti vinceranno ovunque". Parigi sta spingendo per la creazione di un fondo da 400 miliardi, aggiuntivo alle misure già messe in campo da Eurogruppo e Bce. Proprio quella Bce che, con la sua presidente Lagarde, ha ribadito ieri di essere pronta a fare tutto il necessario per aiutare l'Eurozona. In serata Francoforte ha deciso una riduzione temporanea di sei mesi dei requisiti di capitale per le banche, a copertura dei rischi di mercato. All'Ecofin di ieri i Ministri finanziari hanno chiesto agli istituti bancari di astenersi dalla distribuzione di dividendi, per concentrarsi sull'estensione del credito, mentre il fronte mediterraneo incalzava sulla linea dell'emissione di titoli comuni. E all'Italia ieri sono arrivate le scuse della Commissione Europea. "E' vero che molti erano assenti quando Roma ha avuto bisogno di aiuto all'inizio di questa pandemia. L'Europa deve presentare una scusa sentita all'Italia, e lo fa. Ma le scuse valgono solo se si cambia comportamento", ha detto la presidente Von Der Leyen all'Europarlamento.
16/4/2020
Impegnati a fare tutto il necessario per aiutare l'Eurozona ad uscire dalla crisi: la presidente Bce Lagarde ribadisce il suo "whatever it takes", nel mezzo di una recessione pandemica globale.
Dopo una partenza incerta, Francoforte appare l'istituzione fin qui più decisa ed efficace nel difendere l'economia della moneta unica. Per la Lagarde, la Bce e' pronta ad aumentare le dimensioni dei suoi programmi di acquisti titoli e ad aggiustarne la composizione, nella misura necessaria e per tutto il tempo necessario", e a "valutare ogni azione e ogni contingenza". Francoforte ha siglato accordi di cambio valuta con alcune banche centrali dell'Eurozona, per fornire liquidità in euro. La presidente BCE ha invitato infine la comunità internazionale a fare sforzi ulteriori. Intanto la presidente della Commissione Von Der Leyen, parlando all'Europarlamento, ha ribadito che considera il prossimo bilancio settennale europeo la guida della ripresa. E anticipa: "sara' diverso da quanto immaginato. Ne useremo la potenza per fare leva su investimenti massicci". Anche di questo si parlerà al vertice straordinario del 23 aprile. La Von der Leyen rivendica gli oltre tremila miliardi mobilitati a livello nazionale ed europeo finora, ma riconosce che non sono abbastanza. Infine, il momento delle scuse: "è vero che molti erano assenti quando l'Italia ha avuto bisogno di aiuto all'inizio di questa pandemia. L'Europa deve presentare una scusa sentita all'Italia, e lo fa. Ma le scuse valgono solo se si cambia comportamento".
15/4/2020
La Commissione Europea organizzera' il 4 maggio una conferenza online dei donatori per finanziare la lotta globale al coronavirus, "proponendo delle soluzioni innovative ed eque". Lo ha annunciato la presidente dell'esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, nella conferenza stampa in cui ha presentato le linee guida comunitarie sulla cosiddetta "Fase 2".
Raccomandiamo un approccio graduale nell'allentamento delle misure anti-pandemia: la presidente della Commissione Von Der Leyen ha presentato le attese linee guida di Bruxelles sul periodo post-crisi, già rinviate nove giorni fa a causa dell'opposizione di alcuni Stati membri, tra cui l'Italia - mai avvisati dell'iniziativa. la presidente della Commissione ha precisato che queste indicazioni non rappresentano un via libera immediato per togliere le misure di contenimento, ma piuttosto intendono fornire una cornice generale di coordinamento europeo, quando il momento sarà opportuno. La Von Der Leyen suggerisce il verificarsi di tre condizioni, prima di passare alla fase 2: un calo verificato e sostenuto dei casi di Covid-19, la sufficiente capacità ospedaliera non solo per i malati gravi di coronavirus, ma anche per i degenti affetti da altre patologie, infine una sufficiente capacità di monitoraggio attraverso i test. La presidente della Commissione ha aggiunto che l'Unione ha bisogno di un nuovo piano Marshall per la ripresa, con ingenti investimenti pubblici e privati. E ha indicato il prossimo bilancio europeo come la chiave per agire, prima di quantificare in quasi tremila miliardi di euro il costo delle azioni intraprese fin qui a livello comunitario per fare fronte alla pandemia. Dal canto suo il presidente europeo Michel ha indicato nella riparazione del mercato unico la priorità della strategia per la ripresa, insieme ad un'impinente strategia di investimento. Digitale e Green Deal i due settori chiave su cui puntare.
13/4/2020
Si fa insistente il pressing europeo sul fondo comunitario per la ripresa, lo European Recovery Fund, a soli nove giorni da un cruciale vertice comunitario, chiamato a vararlo, per dare sostanza e concretezza al bilanciatissimo compromesso raggiunto all'ultimo Eurogruppo.
Nella lettera inviata al presidente europeo Michel, il presidente dell'Eurogruppo Centeno mette nero su bianco come questo fondo vada creato con urgenza, nel contesto di un piano di ripresa generale. Centeno non nasconde l'evidenza: alcuni Stati membri spingono per emissioni comuni di debito, altri puntano invece sul bilancio comunitario. Anche il Commissario Europeo agli Affari Economici Gentilonilancia l'allarme: "il piano per la rinascita non può aspettare che la pandemia sia finita. E' il tempo delle scelte". Intanto l'Italia ribadisce gli orientamenti di massima sull'uso delle risorse europee: "il fondo salva-Stati non lo utilizzeremo, ma utilizzeremo il programma per la Cig europea, insieme ai 200 miliardi della Bei per le Pmi, e le altre possibilita' che le istituzioni comunitarie hanno deciso", come l'allentamento delle regole sugli aiuti di Stato, afferma il viceministro all'Economia Misiani. In una lettera al Financial Times il Ministro degli Esteri Di Maio prende atto dell'evidenza: "l'Europa finora non ha saputo mostrare sufficiente solidarieta'". Non si placano infine le polemiche interne legate al Mes: da Palazzo Chigi il chiarimento che l'attacco alle opposizioni del premier Conte aveva lo scopo di smentire fake news, potenzialmente pericolose per l'unità del Paese. La Lega replica chiedendo tempi rapidi nel pagamento di cig e imprese.
12/4/2020
All'inizio della lunga maratona negoziale, già partita sottotraccia in vista del summit europeo straordinario del 23 aprile, l'Italia ribadisce gli orientamenti di massima sull'uso delle risorse europee: "Il fondo salva-Stati non lo utilizzeremo, ma utilizzeremo il programma per la cassa integrazione europea, insieme ai 200 miliardi della Bei per le Pmi, e le altre possibilita' che le istituzioni comunitarie hanno deciso in queste settimane" come l'allentamento delle regole sugli aiuti di Stato.
Cosi' il viceministro all'Economia Antonio Misiani. E' però la costruzione del vero pilastro del piano di rilancio economico, lo European Recovery Fund, a preoccupare il presidente dell'Eurogruppo Centeno, che nella lettera al presidente europeo Michel mette nero su bianco come questo fondo vada creato con urgenza, nel contesto di un piano di ripresa generale. Centeno non nasconde l'evidenza: alcuni Stati membri spingono per emissioni comuni di debito, altri puntano invece sul bilancio comunitario. In una lettera al Financial Times il Ministro degli Esteri Di Maio, dopo aver minacciato l'Olanda di voler rilanciare a Bruxelles il problema dei paradisi fiscali, prende atto dell'evidenza: "l'Europa finora non ha saputo mostrare sufficiente solidarieta'". Non si placano intanto le polemiche interne legate al Mes: da Palazzo Chigi il chiarimento che l'attacco alle opposizioni del premier Conte aveva lo scopo di smentire fake news, potenzialmente pericolose per l'unità del Paese. La Lega replica chiedendo tempi rapidi nel pagamento di cig e imprese.
12/4/2020
La vita non tornerà alla normalità fino a quando un vaccino per il coronavirus non sarà disponibile su vasta scala: in un'intervista alla Bild Zeitung la presidente della Commissione Europea Von Der Leyen anticipa le linee guida comunitarie sulla cosiddetta exit strategy continentale dalla pandemia, che Bruxelles prevedeva di varare alcuni giorni fa - poi rinviata per il "no" collettivo dei Governi, mai avvertiti dell'iniziativa.
"I ricercatori stanno lavorando duramente per trovare un vaccino, e due dei team più promettenti in Europa sono pronti a cominciare a breve i primi test clinici", ha detto la presidente della Commissione, che vede possibile la luce verde al vaccino per fine anno, con una immissione sul mercato nel 2021. Anche per questo, afferma la Von der Leyen, le persone anziane potrebbero dover rimanere in isolamento "fino a fine 2020" per evitare ogni rischio. Sul tema delle app che diversi Paesi stanno sviluppando per identificare e avvisare le persone entrate in contatto con i contagiati, il Commissario al Mercato Interno Breton afferma invece che è "fuori questione" l'adozione di coercitive di tracciamento telefonico nell'Unione. Questo mentre il Ministro degli Esteri tedescoMaas lancia segnali sul futuro fondo europeo per la ripresa: il prossimo bilancio comunitario dovrà rappresentare un programma rivitalizzante, per un'Europa che dovrà riprendersi dalla crisi. La presidenza tedesca dell'Unione, prevista a luglio, sarà all'insegna del rilancio post-pandemico, afferma Maas.
12/4/2020
Restano allarmanti i numeri dei contagi in Gran Bretagna, con un'altra giornata nella quale le vittime da coronavirus hanno sfiorato quota mille, portando il totale dei decessi Oltremanica ad un soffio dai diecimila.
Le buone notizie arrivano dalla Spagna, dove le vittime sono scese a poco più di 500 al giorno, il dato più basso da quasi tre settimane. Da domani la polizia distribuirà dieci milioni di mascherine alle persone che usano il trasporto pubblico per recarsi al lavoro. In Francia c'è attesa per il discorso che il presidente Macron terrà domani sera alla nazione, nel quale ribadirà l'invito a rimanere confinati a casa. Oltralpe quasi 650 vittime in un solo giorno, per il 40% nelle case di riposo per anziani. Il presidente tedesco Steinmeier avverte i concittadini: "il mondo dopo il Coronavirus sarà diverso". Poi lancia un messaggio al fronte del rigore economico: "75 anni dopo la fine della Guerra siamo obbligati alla solidarietà europea". Infine, mea culpa del premier svedese Lofven, che ammette di non aver fatto abbastanza, e pensa alla chiusura dei locali, ora che il regime di libertà lasciato ai cittadini mostra tutti i limiti: vittime vicine a quota mille, con il rischio di dover sacrificare i più anziani sull'altare delle poche terapie intensive disponibili.
11/4/2020
La Gran Bretagna diventa la nuova malata d'Europa, sul fronte pandemico, con un'altra giornata nella quale le vittime da coronavirus hanno sfiorato quota mille, portando il totale dei decessi Oltremanica ad un soffio dai diecimila.
Questo mentre continua a migliorare la salute del premier Johnson, ma infuria la polemica sulla presunta mancanza di materiale protettivo per il personale medico - non è un mistero che la Gran Bretagna si sia fatta trovare impreparata. Le buone notizie arrivano dalla Spagna, dove le vittime sono scese a poco più di 500 al giorno, il dato più basso da quasi tre settimane. Ancora troppo alti i nuovi contagiati - quasi 5000, mentre da lunedì la polizia distribuirà dieci milioni di mascherine alle persone che usano il trasporto pubblico per recarsi al lavoro. In Francia c'è attesa per il discorso che il presidente Macron terrà lunedì alla nazione, nel quale ribadirà l'invito a rimanere confinati a casa. Oltralpe esplode la cassa integrazione, con altri tre milioni di lavoratori che usufruiscono di questo ammortizzatore, portando il totale a otto milioni. Il presidente tedesco Steinmeier avverte i concittadini: "il mondo dopo il Coronavirus sarà diverso". Poi lancia un messaggio al fronte del rigore economico: "75 anni dopo la fine della Guerra siamo obbligati alla solidarietà europea". Calano sotto i cento i pazienti ancora gravi nella provincia cinese dello Hubei, mentre l'Oms studia il caso sudcoreano: 91 persone si sarebbero riammalate di coronavirus, dopo esserne guarite.
11/4/2020
Conto alla rovescia per la partita finale sul piano anticrisi europeo, in programma al vertice straordinario del 23 aprile. Archiviati i primi tre strumenti sui quali è arrivata l'intesa all'Eurogruppo, per una potenza di fuoco di complessivi 540 miliardi, si apre ora lo scontro finale, sul piano di rilancio dell'economia - che la Francia immagina pari ad altri 500 miliardi. E sugli strumenti che lo comporranno.
Rapida premessa: le linee di credito del MES sulle spese sanitarie, che l'Italia o altri Paesi decidano di usarle o meno, non saranno disponibili prima di fine aprile. Ma la partita vera ruota tutta intorno ai coronabond, pomo della discordia tra i 27 leader: Roma, anche con il premier Conte, ribadisce tutta la sua determinazione a rimettere il dossier sul tavolo - a questo proposito il Ministro dell'Economia Gualtieri ha assicurato: "non chiediamo la mutualizzazione del debito passato, ma che le risorse necessarie per la sfida contro il virus siano comuni". Il muro eretto dal fronte nordico appare per ora impenetrabile: l'omologo olandese Hoekstracontinua a rispondere picche, e anche la cancelliera tedesca Merkel non pare disponibile a concessioni. Intanto il presidente europeo Michel parla di un'intesa significativa raggiunta all'Eurogruppo, e lascia la porta aperta sul piano di rilancio: anticipa solo che farà sicuramente leva sul prossimo bilancio settennale europeo, peraltro tutto ancora da definire. Al cosiddetto Fondo per la Rinascita come "la prossima sfida da superare" guarda anche il Commissario Europeo Gentiloni.
10/4/2020
Il giorno dopo la faticosa intesa all'Eurogruppo, che mette sul piatto -al momento- 540 miliardi di euro reali per il piano anticrisi pandemico, si guarda già al vertice straordinario dei leader europei, in calendario giovedì 23 aprile. E già dalla data si intuisce che il lavoro per il nuovo fondo per la ripresa, che la Francia ipotizza di 500 miliardi, è tutto in salita.
Non più una, ma ben due settimane di tempo per provare a costruire questo fondo "temporaneo, mirato e commisurato ai costi straordinari della crisi", come si legge dal comunicato finale dei Ministri della Zona Euro. Il pomo della discordia restano i coronabond, un'idea che l'Italia continua a portare avanti con il Ministro dell'Economia Gualtieri, che anche nelle ultime ore ha assicurato: "non chiediamo la mutualizzazione del debito passato, ma che le risorse necessarie per la sfida contro il virus siano risorse comuni". L'omologo olandese Hoekstra continua a rispondere picche- Il presidente europeo Michel, che ha convocato il prossimo vertice, parla di un'intesa significativa raggiunta all'Eurogruppo, e lascia la porta aperta sul piano di rilancio: anticipa solo che farà sicuramente leva sul prossimo bilancio settennale europeo, peraltro ancora da definire. Al cosiddetto Fondo per la Rinascita come "la prossima sfida da superare" guarda anche il Commissario Europeo Gentiloni. Segno che sarà quello il vero banco di prova di un'Unione Europea che giovedì sera ha fatto solo la metà dei suoi compiti, di fronte ad una sfida epocale.
10/4/2020
Così il presidente dell'Eurogruppo Centeno ha commentato il varo del pacchetto da oltre 500 miliardi di euro, sul quale i Ministri finanziari europei hanno raggiunto un'intesa in tarda serata.
Il pacchetto è composto da tre strumenti: 200 miliardi di prestiti della BEI alle PMI europee colpite dalla crisi, i 100 miliardi per la cassa integrazione nei Paesi membri, mentre lo scoglio delle linee di credito da circa 200 miliardi del fondo Salva-Stati è stato superato togliendo ogni condizionalità alle sole spese sanitarie e di prevenzione del virus. In merito ai coronabond, a favore dei quali si sono espressi alcuni Paesi - Italia compresa, il presidente Centeno farà rapporto ai 27 leader europei, che si riuniranno in videoconferenza la prossima settimana. A loro toccherà disegnare con maggiore ambizione il cosiddetto "fondo per la ripresa", un'idea francese, che potrebbe fare leva sul bilancio comunitario e forse persino contenere un'embrione di messa in comune del debito, necessaria per rendere questo piano un vero e proprio piano Marshall. Alla fine tutti cantano vittoria: il Ministro dell'Economia Gualtieri parla di "proposta ambiziosa", il collega olandese Hoekstra sottolinea come per gli aiuti all'economia le condizionalità del MES restino intatte, e il Ministro francese Le Maire sponsorizza l'ipotesi di altri 500 miliardi per il fondo per la ripresa. La palla passa ora ai 27 leader europei per il varo definitivo del piano anticrisi.
10/4/2020
Un'intesa per un compromesso che salva capra e cavoli, ma che rinvia sul tavolo dei leader europei la questione più spinosa, quella dei Coronabond.
Dopo oltre quattro ore di preliminari, l'Eurogruppo chiamato a varare il piano anticrisi ha impacchettato le misure già sul tavolo, una volta appianate con grande esercizio di pazienza diplomatica le differenze tra il fronte italo-franco-spagnolo e quello tedesco-olandese. In cabina di regia Berlino e Parigi. Via libera quindi agli oltre 200 miliardi di prestiti della BEI e ai 100 miliardi di misure per la cassa integrazione proposte dalla Commissione, mentre -sui 240 miliardi di linee di credito del MES- sembra prevalere ai punti la linea olandese, che pone come unica condizione l'utilizzo di questo denaro per il finanziamento dei costi relativi alle cure e alle prevenzione pandemica. La novità è costituita dal fondo per la ripresa -un'idea francese- che dovrà essere temporaneo, mirato e commisurato ai costi straordinari di questa crisi. Nessuna menzione di coronabond o mutualizzazione del debito nel testo ufficiale, ma il presidente dell'Eurogruppo Centeno lo dovrebbe menzionare nella lettera ai leader europei, ai quali è demandata la decisione finale, nel corso del vertice straordinario che si terrà la prossima settimana. Non tutti i capitoli dunque sono stati chiusi, l'ultima parola -comprese le decisioni più coraggiose- spetta ora ai 27 capi di Stato e di Governo.
9/4/2020
"Molto vicini ad un'intesa, dobbiamo essere all'altezza del momento e arrivare al compromesso": così il presidente dell'Eurogruppo Centeno nel tardo pomeriggio, mentre il vertice subiva continui slittamenti, per effetto dei negoziati frenetici. Anche la Germania scommetteva sull'intesa in merito al pacchetto di strumenti anticrisi.
"Un'intesa è possibile, la pausa ha rafforzato l'intento comune, vogliamo fare le mosse giuste in un periodo difficile", ha detto il Ministro delle Finanze tedesco Scholz, mentre la cancelliera Merkel respingeva ufficialmente l'ipotesi coronabond e puntava apertamente su Fondo salva-Stati, Bei e programma Sure. Un pacchetto da poco più di 500 miliardi di euro, considerato largamente insufficiente però per fronteggiare una simile crisi. La Merkel insisteva: "respingo gli Eurobond, ma si possono trovare altre soluzioni", aprendo nei fatti ad un programma congiunturale europeo post-crisi, che sembrerebbe avvicinarsi all'idea francese del "Recovery Plan". E questo potrebbe essere il compromesso tra i due fronti, olandesi permettendo: il premier Rutte per l'ennesima volta ha detto "no" ad ogni forma di mutualizzazione del debito, ma non si è sbilanciato sulle condizionalità del MES, lasciando aperti dei margini di intesa con l'Italia. A conti fatti, una possibile soluzione potrebbe essere costituita dal varo dei programmi Bei eSure, con linee di credito del MES molto lasche per convincere Roma, e un fondo di solidarietà europeo da istituire nel prossimo futuro, finanziabile con fondi del nuovo bilancio comunitario o ipotizzando una qualche forma di bond.
8/4/2020
In un clima avvelenato proseguono sottotraccia i negoziati per varare l'atteso piano europeo di rilancio dell'economia dopo la crisi pandemica.
Per quanto l'Europa sia avvezza a compromessi ben oltre i tempi supplementari, le prossime ore si annunciano a nervi tesissimi, in vista del secondo Eurogruppo settimanale. Nel giorno in cui l'Ifo tedesco ha previsto un calo del Pil 2020 pari ad oltre il 4%, e la Banca di Francia vede un -6% nel primo trimestre, Parigi e Berlino sembrano riallinearsi, pur con accenti diversi. I Ministri Le Maire e Scholz avrebbero raggiunto un sostanziale accordo sul testo di conclusioni, basato sull'utilizzo del fondo-salva Stati con condizionalità leggere, e su un riferimento alla costituzione di un fondo di solidarietà, nei fatti un antesignano di una qualche forma di Coronabond. Un fallimento del nuovo Eurogruppo "e' impensabile", ha detto successivamente Le Maire, mentre l'Eliseo alzava il tiro e faceva nome e cognome del sabotatore: l'intesa sullo strumento da adottare per far fronte alla crisi del coronavirus "e' bloccato dalla sola Olanda", questa l'accusa. Quell'Olanda che continuava ad insistere in piena notte che il Mes si può usare senza condizionalità, ma solo per le spese mediche, provocando la netta opposizione italiana, di per sè già allergica all'uso del fondo salva-Stati, anche a causa del no dei Cinque Stelle. L'intesa non appare impossibile, ma l'atmosfera è certamente tossica sull'asse nord-sud dell'Europa.
8/4/2020
E' un'Europa spaccata quella che a tarda sera ha ripreso i negoziati per arrivare a quello che il presidente dell'Eurogruppo Centeno ha definito "il pacchetto economico più ambizioso di sempre".
Un appuntamento con la storia al quale i Ministri finanziari comunitari si sono però presentati divisi. Se c'è un accordo sostanzialmente unanime sia sugli oltre 200 miliardi che il fondo di garanzia della Bei metterà a disposizione delle Pmi, sia sui 100 miliardi per il meccanismo della Commissione Europea sulla Cassa Integrazione, la divisione guelfi-ghibellini su Mes e Coronabond appare invalicabile. Nelle ultime ore sia l'Olanda sia la Germania non sono arretrate di un passo rispetto al loro no ai Covid-bond, spingendo invece per l'apertura di linee di credito del fondo salva-Stati per 240 miliardi. All'Italia ne andrebbero 35, ma ancora una volta sia Berlino sia L'Ajanon cedono su una qualche condizionalità, seppur alleggerita. Roma resta, con Parigi e Madrid, portabandiera dei Coronabond, anche se le sue alleate sono più dialoganti col fronte rigorista, aprendo al Mes purchè una qualche forma di mutualizzazione del debito appaia all'orizzonte. In una chiamata alla presidente della Commissione Von DerLeyen, il premier Conte ha ribadito che l'Italia non accetterà compromessi al ribasso. E mentre la politica europea indugia, la Bce osa sempre di più: Francoforte ha tolto praticamente ogni valutazione di rischio ai prestiti bancari. E non solo: Francoforte torna ad accettare persino i titoli greci come collaterale dalle banche che chiedono liquidità. Una mossa senza precedenti, per evitare la tragedia di una stretta creditizia.
7/4/2020
E' prevista tra un'ora circa, ma non è affatto escluso che possa slittare, la conferenza stampa finale di un Eurogruppo cruciale, per affinare la risposta alla crisi economica legata alla pandemia.
Sul tavolo due proposte che dovrebbero raccogliere facile consenso, il fondo di garanzia da oltre 200 miliardi gestito dalla Bei, e il piano SURE della Commissione da 100 miliardi, per i finanziamenti contro la disoccupazione. Per il resto, infuria la battaglia su fondo Salva Stati e Coronabonds. L'Olanda ha ribadito che diCovid-bond non se ne parla, al massimo di utilizzo del MES, e con condizionalità - proprio ciò che l'Italia non vuole. Più soft ma allineato con l'Aja il discorso del Ministro delle Finanze tedesco Scholz, che in un messaggio video ha espressamente citato Bei, Sure e Mes - quest'ultimo con linee di credito fino al 2% del Pil nazionale, quali strumenti sul tavolo. L'Italia insiste ovviamente per dei bond comuni e mirati contro la pandemia, ma la Spagna nelle ultime ore appare più dialogante col fronte rigorista: schieramenti dunque molto fluidi, in un negoziato complicato - questo mentre la Bce ha preso ancora una volta il comando delle operazioni, varando una serie di misure che allentano i criteri con cui valuta gli attivi forniti dalle banche a garanzia della liquidita' - Francoforte inoltre "considererà ulteriori misure" per far fronte agli effetti di possibili downgrade da parte delle agenzie di rating.
4/4/2020
A sole 72 ore dall'Eurogruppo che dovrebbe fornire ai leader europei le ricette per fronteggiare la crisi, l'Unione resta divisa -per dirla con la vicepresidente della Commissione Vestager- tra nord e sud.
L'ultima videoconferenza dei viceministri delle Finanze ha nei fatti messo in coda a tutte le opzioni possibili il varo dei coronabond, lasciando sul piatto l'opzione primaria delle linee di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità, declinato in due versioni: una linea per il sostegno contro la crisi pandemica, e uno strumento di finanziamento rapido. I finanziamenti coprirebbero il versante sanitario e quello della crisi economica, partendo da una base del 2% del Pil del Paese o di complessivi 80 miliardi, a seconda dello strumento. E sì, rimarrebbe anche la condizionalità del rispetto delle regole di bilancio europee, sebbene diluita -probabilmente- nel tempo. Questo, mentre lancia l'allarme il Ministro dell'Economia francese Le Maire. O l'Europa agisce di fronte alla pandemia, o non si risolleverà più. Servono "decisioni, non chiacchiere". Il Ministro delle Finanze olandese Hoekstra ripete allo sfinimento il mantra del sì alla solidarietà ma no ai coronabond, mentre il vicepresidente della Commissione Dombrovskis fiuta l'aria e svicola: "ci sono altre opzioni, oltre ai Covid-bond". Sullo sfondo resta l'appello del premier Conte: "l'Europa deve mostrare più coraggio, serve uno European Recovery Bond".
3/4/2020
Corrono le lancette, verso un Eurogruppo di martedì che -come spesso accade in un'Europa divisa anche di fronte alle catastrofi- partorirà con ogni probabilità un compromesso meno ambizioso di quanto richiesto dai Paesi mediterranei.
L'ultima videoconferenza dei viceministri delle Finanze ha nei fatti messo in coda a tutte le opzioni possibili il varo dei coronabond, lasciando sul piatto l'opzione primaria delle linee di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità, declinato in due versioni: una linea per il sostegno contro la crisi pandemica, e uno strumento di finanziamento rapido. I finanziamenti coprirebbero il versante sanitario e quello della crisi economica, partendo da una base del 2% del Pil del Paese o di complessivi 80 miliardi, a seconda dello strumento. E sì, rimarrebbe anche la condizionalità del rispetto delle regole di bilancio europee, sebbene diluita -probabilmente- nel tempo. Il Ministro dell'Economia francese Le Maire lancia intanto l'allarme. O l'Europa agisce di fronte alla pandemia, o non si risolleverà più. Servono "decisioni, non chiacchiere". L'ineffabile Ministro delle Finanze olandese Hoekstra ripete allo sfinimento il mantra del sì alla solidarietà ma no ai coronabond, mentre il vicepresidente della CommissioneDombrovskis fiuta l'aria e svicola: "ci sono altre opzioni, oltre ai Covid-bond". Sullo sfondo resta l'appello del premier Conte: "l'Europa deve mostrare più coraggio, serve uno European Recovery Bond".
3/4/2020
L'economia europea soffre i durissimi contraccolpi della pandemia, con gli indici che fanno segnare pesanti ribassi: non solo l'indice Pmi italiano è crollato ai minimi storici, ma anche quello tedesco ha seguito analogo cammino, sottolineando la forte interdipendenza tra le economie continentali.
A marzo l'indice rilevato da Ihs Markit è sceso a 35 punti, dai 50,7 di febbraio, un livello mai registrato nelle serie storiche. Minimo storico anche per i nuovi ordini e per l'indice dei servizi. Questo mentre proseguono le trattative, in vista del cruciale Eurogruppo di martedì: in un'intervista a France 24, il Ministro dell'Economia francese Le Maire lancia l'allarme. O l'Europa agisce di fronte alla pandemia, o non si risolleverà più. Servono "decisioni, non chiacchiere". Le Maire si e' mostrato fiducioso: "si stanno cominciando prendere buone decisioni, ma ora siamo al crocevia", ha avvertito, sottolineando come serva attivare il Mes, dare fondo alle risorse della Bei, sostenere la disoccupazione e -soprattutto- creare un fondo di risposta alla crisi attraverso la mutualizzazione dei debiti, che fornisca il denaro sul lungo termine per rilanciare l'economia. "L'Europa uscira'piu' forte" da questa crisi: questo intanto l'augurio della presidente della Commissione Von der Leyen.
3/4/2020
Non c'è respiro, in Spagna, nella lotta contro la pandemia: ieri il numero dei decessi ha registrato 950 decessi in un solo giorno, portando il totale oltre i diecimila.
I contagi crescono al ritmo di oltre ottomila al giorno. "Il Ministro della Salute Illa" comincia a vedere la luce in fondo al tunnel, però, quando indica il rallentamento delle percentuali di crescita giornaliera, il che farebbe pensare ad un rallentamento. Gli effetti sull'occupazione sono catastrofici: i dati parlano di 900mila posti di impiego andati persi nelle ultime due settimane di marzo. Questo mentre il presidente catalano Torra, che aveva chiesto invano la chiusura della sua comunità allo scoppiare dell'emergenza, ha ringraziato l'intervento dell'esercito. In Francia, il totale dei morti negli ospedali e' salito di 471 unita' , arrivando a 4.503: lo ha annunciato il direttore generale della Sanita', Jerome Salomon. Il totale dei ricoverati e' di oltre 26mila - quasi mille decessi nelle case di riposo. In Gran Bretagna il Governo, nell'occhio del ciclone delle critiche per la gestione della crisi, ha promesso un'accelerazione nei test -soprattutto tra medici e infermieri- per arrivare a 100mila al giorno, dieci volte gli attuali. Oltremanica nuovo record giornaliero di vittime, ben 569, che portano il totale a quasi 3000. I contagiati sono più di 30mila. In Germania un'inchiesta giornalistica sostiene che i numeri di medici e infermieri contagiati dal coronavirus sia superiore ai duemila, e che la situazione sta peggiorando anche per la mancanza di materiale protettivo.
2/4/2020
E' una conta delle vittime sempre al rialzo, quella che registra la Spagna sul fronte coronavirus: i decessi in un solo giorno hanno sfiorato i mille, segnando 950.
Un numero che ha portato il totale delle vittime sopra le 10mila. I contagi crescono al ritmo di oltre ottomila al giorno. "Il focolaio non ha toccato il picco, ora è concentrato negli ospedali e nelle unità intensive", ha spiegato Fernando Simon, a capo del coordinamento delle emergenze sanitarie. La Francia ha notificato alla Commissione Europea la decisione di ristabilire controlli temporanei alle proprie frontiere, fino al 30 ottobre, a causa del coronavirus e per ragioni di ordine pubblico. Con Parigi sono ormai 15, più della metà, i Paesi dell'area Schengen che hanno chiuso i confini. Nuovo record giornaliero di vittime anche in Gran Bretagna, ben 569, che portano il totale a quasi 3000. Oltremanica i contagiati sono più di 30mila, mentre il premier Boris Johnson prosegue il suo isolamento - i sintomi da Covid-19 non sono ancora spariti. Il suo Governo intanto è nella bufera, dopo che anche la stampa più vicina gli rimprovera lo scarso numero di test condotti per identificare i positivi. In Germania un'inchiesta giornalistica sostiene che i numeri di medici e infermieri contagiati dal coronavirus sia superiore ai 2300 ufficialmente recensiti dal Robert Koch Institut, e che la situazione sta peggiorando anche per la mancanza di materiale protettivo. Dalla Russia, infine, l'annuncio a sorpresa del presidente Vladimir Putin: la sospensione delle attivita' non essenziali andra' avanti fino alla fine del mese. Ma lo stipendio sara' garantito comunque.
1/4/2020
Mentre prosegue la discussione sui coronabond, con il premier Conte che ne ha perorato la causa anche con un'intervista al quotidiano olandese De Telegraaf, la Commissione Europea potrebbe adottare già domani una proposta per combattere gli effetti della disoccupazione prodotta dalla pandemia.
Una proposta per mobilitare risorse fino a 100 miliardi di euro al fine di finanziare le iniziative che i Paesi colpiti dall'emergenza coronavirus metteranno in campo per combattere l'attesa impennata della disoccupazione. E' la base di lavoro su cui si sta muovendo la Commissione Europea, in vista dell'Eurogruppo di martedì prossimo. Il sostegno ai Paesi in difficolta' verrebbe erogato mediante prestiti per finanziare le iniziative destinate a chi si trova in cassa integrazione, per favorirne il rientro nel mondo del lavoro attraverso impieghi part-time e programmi di formazione. I prestiti comunitari potranno essere garantiti dai fondi ancora a disposizione nel bilancio europeo, e da risorse messe a disposizione dai Paesi membri. La Commissione si aspetta che il numero dei disoccupati registri una forte impennata, in seguito alle conseguenze sulle attivita' produttive delle misure prese per fronteggiare la pandemia. Questo mentre prosegue il dibattito sui coronabond: "la nostra generazione sfortunatamente ha gia'pagato lo scotto di una crisi, 10 anni fa. Non si supera una crisi con l'austerita', ma investendo e spendendo. Il Meccanismo Europeo di Stabilità non ha funzionato in Grecia, figuriamoci adesso. Noi stiamo proponendo agli Stati europei di condividere i rischi ora, per condividere in futuro le opportunita'", ha detto il Ministro degli Esteri Di Maio.
1/4/2020
"Non stiamo scrivendo le pagine di un manuale di economia, ma le pagine di un libro di storia": così il premier Conte si è rivolto ieri sera ai tedeschi.
Un appello che arriva in prima serata sugli schermi televisivi tedeschi, a gettare il cuore oltre l'ostacolo e muovere insieme verso i Coronabond, per ricostruire dopo l'emergenza. "L'Europa deve dimostrare una risposta adeguata", dice il premier Conte, dopo aver ammesso le diversità di vedute con la cancelliera Merkel. Poi rassicura il contribuente tedesco: "non dovrete sborsare neppure un euro per il debito italiano, in caso di varo dei Covid-bond. Qui non parliamo dei problemi finanziari dei singoli Paesi. Ma di un'emergenza che tocca tutti, della quale nessuno è responsabile". Un'incursione nel cuore delle strategie del fronte nordico-rigorista, che punta a sgretolare le resistenze di Berlino verso uno strumento considerato taboo. Ieri il Ministro delle Finanze Scholz ha detto che la Germania è pronta alla solidarietà europea. Ma ha preferito menzionare le linee di credito precauzionali del Meccanismo Europeo di Stabilità quale strada da seguire. Linea condivisa dal collega olandese Hoekstra, che ha dovuto però fare mea culpa sulle sue infelici affermazioni contro i Paesi del sud Europa. "Ho mostrato poca empatia". Questo mentre, secondo il Financial Times, la Commissione Europea sta elaborando una proposta pari a fino 100 miliardi, per finanziare le iniziative anti-pandemia dei Paesi colpiti dal coronavirus, in particolare quelle contro la disoccupazione. La proposta finirà tra sei giorni sul tavolo dell'Eurogruppo. "E' tempo di pensare fuori dagli schemi", ha dichiarato ieri il presidente europeo Michel, suggerendo di valutare ogni opzione compatibile con i Trattati.
31/3/2020
Nel giorno in cui l'Olanda ha fatto registrare il numero maggiore di vittime da Coronavirus, 175 -ma si ritiene che il numero reale sia più elevato- il Paese capofila del fronte europeo rigorista finisce sulla difensiva.
Il Ministro delle Finanze Hoekstra, autore dell'infelice domanda sul perchè il budget spagnolo non avesse margini sufficienti per affrontare la pandemia, ha dovuto riconoscere l'errore - "ho mostrato troppa poca empatia", ma non ha indicato segni di arretramento sulla posizione relativa ai coronabond. "Il nostro orientamento non cambia", ha insistito, pur aprendo ad una generica disponibilità alla solidarietà europea. "Vogliamo vedere in modo solidale cosa è razionale e ragionevole", ha chiosato, riferendosi alle misure economiche eccezionali che l'Eurogruppo dovrà proporre la prossima settimana. Prima di lui aveva parlato il Ministro delle Finanze tedesco Scholz, anticipando la nuova linea dei Paesi rigoristi: anche la Germania si dice pronta alla solidarietà europea, che va pensata e realizzata in modo intelligente. E pure Berlino tiene ostinatamente il punto sul no ai bond, indicando nelle linee di credito precauzionali da 500 miliardi del Meccanismo Europeo di Stabilità la strada da seguire. La strada negoziale appare dunque ancora lunga: sebbene il fronte rigorista del nord, sommerso dalle critiche - anche interne, appaia in ritirata, il suo no ai Covid-bond resta immutato. La prossima settimana sarà decisiva.
31/3/2020
Il pressing italiano e del fronte mediterraneo apre crepe nel fronte nordico-rigorista sui coronabond, in vista dell'Eurogruppo straordinario del 7 aprile che -come annunciato- discuterà tutte le opzioni possibili da sottoporre ai leader europei entro Pasqua, in merito alla risposta da dare alla recessione innescata dalla crisi sanitaria.
Dopo l'accorato e drammatico appello a tutta pagina sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung di un gruppo di politici italiani, capitanati da Carlo Calenda, che hanno chiesto a Berlino di mostrare leadership e solidarietà, evitando di appoggiare gli egoismi nazionali olandesi, il Ministro delle Finanze tedesco Scholz ha dichiarato che la Germania è pronta alla solidarietà europea, che va pensata e realizzata in modo intelligente. Berlino tiene però ostinatamente il punto, indicando nelle linee di credito precauzionale da 500 miliardi del Meccanismo Europeo di Stabilità la strada da seguire. Non va meglio in Olanda al premier Rutte, sotto il fuoco incrociato delle critiche di politici della sua stessa coalizione e anche del Governatore della Banca Centrale nazionale, che chiedono di aiutare l'Italia. L'immagine internazionale dell'Olanda, noto paradiso fiscale per le multinazionali, fin qui brava a giocare con le regole della tassazione a scapito dei suoi partner europei, ma ora egoista negli aiuti, sta andando in pezzi. Lo scontro prosegue, ma sul piano della comunicazione Berlino e L'Aja sono in grande difficoltà a sostenere la loro ricetta rigorista.
30/3/2020
Se la crisi pandemica è in pieno corso in Italia, lo stesso si può dire dell'Europa, che segue il nostro Paese di alcuni giorni, nella curva dei contagi.
Nel Vecchio Continente i casi hanno superato i 358mila, con oltre 22mila vittime. La Spagna è in piena emergenza sanitaria - anche ieri oltre 800 decessi, ma la curva delle vittime sta cominciando a calare, e il tempo di duplicazione del contagio sale, indice di un rallentamento. Il dibattito nel Paese iberico è anche economico: esattamente come avvenuto qui, il premier Sanchez ha ibernato l'economia, paralizzando tutte le attività non essenziali. E le unità di terapia intensiva sono al limite in sei comunità spagnole. Situazioni che in Italia abbiamo già vissuto. In Francia superati i 40mila contagi, con quasi 300 nuove vittime, che portano il totale ad oltre 2600. Morto un ex-Ministro della presidenza Sarkozy, Patrick Devedjian, che aveva annunciato nei giorni scorsi di essere stato colpito dalla malattia. La regione alsaziana ha cominciato a trasferire alcuni malati in altre parti del Paese, a bordo di treni-ospedali speciali. In Germania infine, con quasi 60mila casi e neppure 500 vittime, si allargano le crepe politiche intorno alla posizione anti-coronabond, sostenuta dalla cancelliera Merkel: il leader dei Verdi, Habeck, attualmente all'opposizione, ha detto di sostenerli, in quanto gli Stati economicamente forti devono aiutare quelli in difficoltà. E' nell'interesse tedesco che l'economia italiana sopravviva alla crisi", ha detto.
29/3/2020
Infuria lo scontro sui coronabond in Europa, dopo la presa di posizione della presidente della Commissione Von Der Leyen, che ha dichiarato come Bruxelles non pianifichi l'emissione di bond propri sui debiti.
"Ci sono chiari confini giuridici", ha detto, individuando il problema nella questione delle garanzie, e giustificando così le riserve di Germania e Olanda. La presa di posizione della Von Der Leyen non sembrerebbe tuttavia un "no" tout court ai coronabond, quanto piuttosto una smentita delle indiscrezioni fatte circolare da Der Spiegel, secondo cui Bruxelles sarebbe al lavoro per sostenere uno schema di assicurazione per la disoccupazione negli Stati membri in crisi, mediante l'emissione di obbligazioni proprie del valore di alcuni miliardi. La stessa Von Der Leyen aveva aperto ai coronabond nove giorni fa: "se aiutano e se strutturati in modo corretto potranno essere usati", aveva detto. Un cortocircuito di dichiarazioni, con un incauto sostegno alle posizioni di Berlino e L'Aja, che ha scatenato reazioni dure: il presidente dell'Europarlamento Sassoli ha chiesto un chiarimento, "avevamo capito un'altra cosa". E mentre l'Europa si spacca nel solco di Paesi rigoristi contro Paesi sostenitori dei Covid-bond, risuona l'allarme di uno dei padri dell'Europa, il 94enne Jacques Delors: "la mancanza di solidarietà sta facendo correre un pericolo mortale all'Unione", ha detto.
28/3/2020
In attesa che venga messo in calendario l'Eurogruppo che dovrà dare una risposta convincente alle misure economiche comuni di risposta alla pandemia, dilaga il dibattito sui coronabonds, sui quali si scontrano il fronte mediterraneo e quello rigorista.
La Francia, schierata con Italia e Spagna nello scontro, ma ancora dialogante col fronte nordico, lancia la stoccata: il presidente Macron ha detto di non volere un'Europa egoista e divisa, e si è proclamato al fianco di Roma. "Non supereremo questa crisi -dice Macron-senza una solidarieta' europea forte, a livello sanitario e finanziario". Solidarietà, a livello sanitario e di bilancio. Il momento è grave per l'Europa, se persino uno dei suoi padri, il 94enne Jacques Delors, ha rotto nelle ultime ore il silenzio, per denunciare che la mancanza di solidarietà sta facendo correre un pericolo mortale all'Unione. Tace sulla questione la cancelliera Merkel, che ha preferito inviare un messaggio audio dalla quarantena ai tedeschi, per chiedere loro pazienza sulle misure restrittive. Mentre in Olanda è scontro aperto tra la Banca Centrale, che indica nei coronabond una strada, e il premier Rutte, che ci ha messo una croce sopra. La presidente della Commissione Europea Von Der Leyen racconta come l'Europa ha visto l'abisso, all'inizio dell'emergenza sanitaria. Ma ora si professa più ottimista. Tuttavia, dopo l'ultimo fallimentare vertice europeo l'abisso appare ancora lì, a minacciare l'Unione.
28/3/2020
La pandemia da Coronavirus continua a mantenere la sua morsa sull'Europa, con la Spagna sempre alle spalle dell'Italia in termini di gravità della situazione.
Record di decessi ieri nella Penisola iberica -ben 769- con quasi 65mila contagiati e cinquemila vittime totali. Il Governo Sanchez intende vietare temporaneamente -come fatto dall'Italia- i licenziamenti. La Francia ha annunciato che le misure di confinamento saranno estese almeno fino al 15 aprile, quindi oltre Pasqua, quando Oltralpe i nuovi decessi hanno sfiorato i 300, con duemila vittime complessive e 33mila casi. Sfiora i cinquantamila contagiati la Germania, che sta contenendo il numero totale dei decessi a poco più di 300. Ieri sì definitivo del Bundesrat al maxipiano di aiuti da 750 miliardi. Ma è stata la Gran Bretagna ieri a fare clamore. Il premier Boris Johnson ha annunciato di essere risultato positivo al test sul coronavirus, ed è ora in autoisolamento nella sua residenza, continuando a lavorare. "Ho sintomi lievi, febbre e una tosse persistente", ha detto Johnson rivolgendosi su Twitter alla nazione, lanciando un appello a tutti a restare a casa. Poche ore dopo è arrivata la notizia che anche il Ministro della Salute Hancock è risultato positivo, anche lui con sintomi lievi. Notizie che sono arrivate nel giorno più nero -per Londra- sul fronte pandemico: ben 181 persone sono morte Oltremanica per Covid-19, per un totale di 759 vittime ed oltre 14mila contagiati.
27/3/2020
L'annuncio lo ha dato lui stesso, con un video postato online: il premier britannico Boris Johnson è risultato positivo al test sul coronavirus, e da questo momento è in autoisolamento nella sua residenza, continuando a lavorare.
"Ho sintomi lievi, febbre e una tosse persistente", ha detto Johnson rivolgendosi su Twitter alla nazione, lanciando un appello a tutti a restare a casa. Poche ore dopo è arrivata la notizia che anche il Ministro della Salute Hancock è risultato positivo, anche lui con sintomi lievi. Una situazione davvero senza precedenti, nella storia politica britannica, con i due membri del Governo maggiormente coinvolti nella lotta alla pandemia infettati dal Coronavirus. Johnson resta operativo, ma nel caso le sue condizioni non gli permettessero di lavorare, gli subentrerebbe il Ministro degli Esteri Raab. Nè va dimenticato che anche il futuro Re, Carlo d'Inghilterra, è tra i malati illustri. Notizie che arrivano nel giorno più nero -ad oggi- sul fronte pandemico: ben 181 persone sono morte nelle ultime ore Oltremanica per Covid-19, per un totale di 759 vittime ed oltre 14mila contagiati. La curva appare ancora in forte ascesa. Senza dimenticare il forte sospetto che la strategia iniziale del Governo conservatore, che ancora a metà marzo predicava la teoria dell'immunità di gregge per giustificare un atteggiamento lassista e contrario alla chiusura delle attività, abbia semplicemente aiutato il virus a propagarsi, con gli effetti clamorosi che vediamo oggi.
27/3/2020
I 27 leader europei hanno deciso di non decidere, nella maratona in videoconferenza di ieri pomeriggio, rimandando di ben due settimane ogni scelta coraggiosa in merito alla risposta economica comune da dare alla crisi innescata dalla pandemia. E rispedendo -ancora una volta- la palla nel campo dei Ministri finanziari.
Il presidente europeo Michel ha ammesso che quello di ieri è stato un dibattito politico molto forte, senza sbilanciarsi su quale opzione risultasse favorita nella discussione: se i coronabond, proposti dal fronte mediterraneo -Italia in testa- per fornire una potenza di fuoco importante al rilancio economico e sanitario, o l'utilizzo delle linee di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità, come sostenuto da Olanda, Germania e Austria, per restare nel perimetro degli strumenti già disponibili, senza avventurarsi in territori inesplorati. A fine summit sia la cancelleria tedesca Merkel, sia il premier olandese Rutte, hanno bocciato esplicitamente l'ipotesi del varo di coronabond, preferendo il Mes. L'Italia, dal canto suo, dopo aver suggerito la strada del rinvio, minacciando di non sottoscrivere le conclusioni, è riuscita a far togliere ogni riferimento al Mes, temendo soprattutto le condizionalità sottostanti ai prestiti. Insomma, vertice fallito, con uno stallo totale e un muro contro muro tra i due fronti, il mediterraneo e il rigorista, mentre la pandemia accelera e minaccia di sprofondare il Continente in una recessione storica.
27/3/2020
Si è chiuso con un fallimento mascherato da rinvio il vertice in videoconferenza dei 27 leader europei: l'intesa in merito al pacchetto di misure economiche alla fine è arrivata, rimandando però di due settimane ogni decisione importante.
Nei fatti, i leader europei hanno rispedito la palla nel campo dei Ministri finanziari, per stabilire la strada da seguire circa nuove misure comuni anticrisi - se il varo di coronabonds, come chiesto a gran voce dal fronte mediterraneo - Italia inclusa, oppure linee di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità, osteggiate da Roma nel timore di condizionalità, che potrebbero impattare sui nostri margini di manovra economica. Proprio l'Italia, spalleggiata dalla Spagna, ha rovesciato il tavolo negoziale, dando inizialmente dieci giorni di tempo all'Europa per trovare una soluzione adeguata alla grave emergenza. Proposta recepita nelle conclusioni, seppure estesa di quattro giorni, ma con una differenza fondamentale: la discussione resterà a livello di Stati membri, tra i Ministri finanziari, anzichè a livello delle istituzioni comunitarie, come pare sia stato suggerito da Conte. Di fronte alla grave battuta d'arresto nella risposta europea, l'unico spiraglio viene lasciato aperto dal testo delle conclusioni, laddove si parla di "ulteriori possibili azioni con modalità inclusiva". La cancelliera tedesca Merkel ha annunciato che i leader torneranno a consultarsi tra due settimane sulle proposte avanzate dall'Eurogruppo. Ma ha chiuso la porta ai coronabond: "preferiamo il Mes", ha tagliato corto.
26/3/2020
Ancora in attesa della conclusione e della conferenza stampa finale del vertice europeo in videoconferenza, che -come era prevedibile- si sta trascinando ben oltre l'orario previsto.
Ciò probabilmente anche a causa delle profonde divisioni che ne hanno preceduto la preparazione. Questa mattina è andato in scena un muro contro muro tra Paesi rigoristi e i nove Stati firmatari della lettera di richiesta sui coronabond. La riunione preparatoria del summit europeo tra i rappresentanti permanenti ha fatto emergere le divisioni su un testo di conclusioni ritenuto troppo poco ambizioso dall'Italia e dai suoi alleati - sarebbe così sparito il riferimento al Meccanismo Europeo di Stabilità, lasciando la porta aperta a nuovi -e assolutamente indefiniti- interventi dell'Eurogruppo. Intanto l'Austria si è unita al fronte anti-coronabonds, composto da Olanda, Germania e Finlandia. Il presidente dell'Europarlamento Sassoli ha chiesto una risposta europea, con strumenti europei, condividendo il debito. Questo mentre la Bce ha dato il via al nuovo programma di acquisto titoli da 750 miliardi per l'emergenza pandemica, che godrà della massima flessibilità, senza limiti agli acquisti di bond. E' una mossa senza precedenti. Infine, prima dei leader europei si sono riuniti in videoconferenza quelli del G20: si sono impegnati a fare tutto il possibile per superare la pandemia e minimizzare i danni economici e sociali, rilanciando la crescita e mantenendo la stabilita' dei mercati. A questo fine saranno iniettati 5000 miliardi di dollari nell'economia globale.
26/3/2020
E' muro contro muro in Europa tra Paesi rigoristi e i nove Stati firmatari della lettera di richiesta sui coronabond.
La riunione preparatoria del summit europeo tra i rappresentanti permanenti ha fatto emergere le divisioni su un testo di conclusioni del vertice ritenuto troppo poco ambizioso dall'Italia e dai suoi alleati - sarebbe così sparito il riferimento al Meccanismo Europeo di Stabilità, lasciando la porta aperta a nuovi interventi dell'Eurogruppo. Il presidente del Parlamento Europeo Sassoli chiede una risposta, europea, con strumenti europei, condividendo il debito. L'Austria intanto si è unita al fronte anti-coronabonds, composto da Olanda, Germania e Finlandia. Questo mentre la Bce ha dato il via al nuovo programma di acquisto di titoli da 750 miliardi per l'emergenza pandemica, che godrà della massima flessibilità, senza limiti agli acquisti di bond. E' una mossa senza precedenti. Infine, prima dei leader europei si sono riuniti in videoconferenza quelli del G20: si sono impegnati a fare tutto il possibile per superare la pandemia e minimizzare i danni economici e sociali, rilanciando la crescita e mantenendo la stabilita' dei mercati. A questo fine saranno iniettati 5000 miliardi di dollari nell'economia mondiale. Almeno a parole, il fronte dei 20 si dichiara unito.
26/3/2020
Si annuncia turbolento il vertice europeo in programma in videoconferenza questo pomeriggio, per mettere a punto una risposta comune all'emergenza economica prodotta dalla pandemia Covid-19.
L'Eurogruppo di martedì ha solo evidenziato una profonda spaccatura tra Europa settentrionale e quella meridionale, con un minimo comun denominatore rappresentato dall'utilizzo delle linee di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità, per finanziare le spese sanitarie ed economiche legate al virus. Potrebbero arrivare al 2% del Pil del Paese che le richiede, con l'impegno a tornare su un percorso di finanza sostenibile a crisi archiviata. L'impegno è chiudere sui dettagli entro inizio aprile, ma troppe condizionalità non piacciono ai Paesi del Sud Europa, che spingono anzi per un passo ulteriore, varcando una soglia fin qui taboo: quella della mutualizzazione del debito. Nove leader europei, tra i quali il premier Conte, il presidente francese Macron e il premier iberico Sanchez, hanno firmato una lettera congiunta per chiedere, in vista del summit europeo odierno, il varo di Coronabond per fronteggiare la crisi economica causata dalla pandemia. Il fronte unisce l'Europa del sud, parte del Benelux -Olanda esclusa- Irlanda e Slovenia. "La risposta europea, anche sul piano economico-finanziario, deve essere poderosa, coesa", ha scritto Conte su Facebook.Olanda e Germania però frenano su qualsiasi mutualizzazione del debito. Il presidente europeo Michel punta al varo di un piano Marshall di stimolo per l'economia europea. Con queste premesse non sarà semplice.
25/3/2020
Nonostante le profonde spaccature interne all'Eurogruppo, certificate ieri dall'assenza di un comunicato finale, solo in parte compensato dalla lettera -questa mattina- del suo presidente Centeno ai leader europei, una parte dei Paesi comunitari spinge per un passo ulteriore, puntando sui Coronabond.
Nove leader, tra i quali il premier Conte, il presidente francese Macron e il premier iberico Sanchez, hanno firmato una lettera congiunta per chiedere, in vista del vertice europeo di domani, la creazione proprio di Bond per fronteggiare la crisi economica dovuta alla pandemia. Il fronte unisce l'Europa del sud, parte del Benelux -Olanda esclusa- Irlanda e Slovenia. "La risposta europea, anche sul piano economico-finanziario, deve essere poderosa, coesa", ha scritto il premier Conte su Facebook. E persino la presidente Bce Lagarde si sarebbe schierata ieri nel suggerire ai Ministri delle Finanze dell'Eurogruppo la creazione di Coronabond in versione una tantum, per fronteggiare la situazione emergenziale. La Lagarde ha fatto capire che il ricorso a linee di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità rappresenti solo un passo iniziale. Olanda e Germania però frenano su qualsiasi mutualizzazione del debito, e a rendere la situazione più complicata ci sono pure le possibili condizionalità legate alle linee di credito del Mes. Il Bundestag intanto ha approvato un bilancio aggiuntivo per finanziare il pacchetto di aiuti per l'emergenza, che prevede nuovi debiti per 156 miliardi. Il piano complessivo e' di 1100 miliardi.
25/3/2020
Nonostante le profonde spaccature interne all'Eurogruppo, certificate ieri dall'assenza di un comunicato finale, solo in parte compensato dalla lettera -questa mattina- del suo presidente Centeno ai leader europei, una parte dei Paesi comunitari spinge per un passo ulteriore, puntando sui Coronabond.
Nove leader europei, tra i quali il premier Conte, il presidente francese Macron e il premier iberico Sanchez, hanno firmato una lettera congiunta per chiedere, in vista del vertice europeo di domani, la creazione proprio di Coronabond per fronteggiare la crisi economica dovuta alla pandemia. Il fronte unisce l'Europa del sud, parte del Benelux -Olanda esclusa- Irlanda e Slovenia. E dopo le forti esitazioni iniziali verso interventi più risoluti, persino la presidente Bce Lagarde si sarebbe schierata ieri nel suggerire ai Ministri delle Finanze dell'Eurogruppo la creazione di Coronabond in versione una tantum, per fronteggiare la situazione emergenziale. La stessa Lagarde ha chiaramente fatto capire che il ricorso a linee di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità, sventolate come passo in avanti post-Eurogruppo, rappresenti solo un passo iniziale. Olanda e Germania però frenano su qualsiasi mutualizzazione del debito, e a rendere la situazione più complicata ci sono pure le possibili condizionalità legate alle linee di credito del Mes. Unico punto d'intesa tra i 27 sarebbe la richiesta alla Commissione Europea per l'avvio di una roadmap sulla ripresa post-pandemia: compare nella bozza di conclusioni del vertice di domani.
25/3/2020
L'annuncio è arrivato nella notte americana, quando -dopo ore di maratona negoziale- il leader Repubblicano al Senato Mitch McConnell ha reso noto il via libera bipartisan all'accordo per un maxipiano da duemila miliardi, che vanno ad aggiungersi al bazooka già messo in campo dalla Federal Reserve.
Soldi, questi, che confluiranno alle famiglie, agli ospedali e alle imprese che stanno pagando le conseguenze di una crisi anche economica. In particolare, ogni famiglia riceverà un assegno di 2400 dollari, con un'aggiunta di 500 dollari per figlio. Se tratta del pacchetto di stimolo più elevato mai approvato nella storia moderna americana. Dopo l'approvazione del Congresso, andrà al presidente Trump per la firma. Questo, mentre l'Europa brilla -al contrario- per il suo stallo decisionale. Al Bundestag il Ministro delle Finanze tedesco Scholz ha parlato di una crisi senza precedenti, e ha invocato una risposta europea. Risposta che stenta a prendere forma: l'Eurogruppo di ieri è stato un fallimento, con la timida indicazione di aprire una linea di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità pari al 2% del Pil per il Paese che la richiede. Ma non c'è unanimità sulle condizioni per il prestito, come ha lasciato intendere il presidente dell'Eurogruppo Centeno in una lettera ai leader europei. I quali domani dovranno trovare l'intesa su questo nodo, osando -possibilmente- anche sull'ipotesi coronabond. Altrimenti dovranno spiegare perché l'Europa fallisce quando in gioco ci sono salute e benessere dei suoi cittadini.
25/3/2020
Un'intesa bipartisan tra Repubblicani e Democratici per un maxipiano da 2000 miliardi di dollari, che vanno ad aggiungersi agli stimoli già messi in campo dalla Federal Reserve.
L'accordo raggiunto nella notte a Washington punta a rilanciare la prima economia mondiale: il leader della maggioranza repubblicana Mitch McConnell ha parlato di un massiccio livello di investimenti, da tempi di guerra, per la nazione: l'intesa prevede tra le altre cose pagamenti diretti e benefici per i disoccupati, oltre che finanziamenti per gli Stati e le imprese che hanno maggiormente risentito dei contraccolpi della pandemia. Questo, mentre l'Eurogruppo di ieri ha fatto registrare uno stallo preoccupante sulle nuove misure economiche per combattere gli effetti della crisi: il livello di divisione tra i Ministri finanziari europei è stato tale, che non sono state neppure rese note conclusioni congiunte. "C'e' un "ampio sostegno" per gli "strumenti esistenti" del Meccanismo Europeo di Stabilità, si è limitato a dire il presidente Centeno, mentre il Commissario agli Affari Economici Gentiloni non alza ancora bandiera bianca sui Coronabond e punta a costruirvi un consenso: la palla passa domani ai leader europei, chiamati ad una storica prova di responsabilità e solidarietà - sempre che ci riusciranno. Infine, i Ministri degli Esteri del G7 si riuniscono oggi in videoconferenza per discutere la necessità di controlli temporanei ai confini, e di sforzi coordinati per sviluppare un vaccino.
25/3/2020
Il coronavirus sfonda la barriera dei 400mila contagi globali, mentre il mondo si chiude sempre più a riccio, alzando barriere ai confini e imponendo restrizioni ai movimenti interni - è stato calcolato che oltre due miliardi e mezzo di persone sono ormai nei fatti confinate in casa, sul pianeta.
In Europa la Spagna resta il secondo epicentro dopo l'Italia, con una crescita dei contagi che preoccupa molto e supera persino i nostri ritmi percentuali: 514 vittime in un solo giorno, quasi 40mila contagi totali, e 2700 decessi. Le storie di una Madrid in ginocchio, con una pista di pattinaggio trasformata in obitorio, hanno fatto il giro del mondo. La Francia ha superato ieri sera la soglia psicologica delle mille vittime, con oltre 22mila casi confermati. Forte preoccupazione in Gran Bretagna, dove si cercano 250mila volontari per la sanità pubblica: oltre ottomila casi registrati, con 87 vittime in un solo giorno - totale dei decessi a 422. La prossima settimana un nuovo ospedale da 4000 posti aprirà al London Excel, sui Docks. In Germania, dove i casi sono oltre 30mila ma le vittime restano proporzionalmente poche -neppure 150- i Laender federali stanno predisponendo aiuti per cittadini e imprese. Drammatiche le decisioni prese in India, dove -con un decreto draconiano- il premier Modi ha messo in quarantena totale, senza neppure la possibilità di uscire di casa, un miliardo e 300 milioni di cittadini, per tre settimane. Questo, a fronte di poco più di 500 casi di contagio in tutto il Paese.
24/3/2020
Un coprifuoco monstre, quello che ha deciso ieri l'India contro il coronavirus: con un decreto draconiano il premier Modi ha messo in quarantena totale, senza neppure la possibilità di uscire di casa, un miliardo e 300 milioni di cittadini, per tre settimane.
Questo, a fronte di poco più di 500 ammalati. In Europa le dimensioni del contagio in Gran Bretagna stanno assumendo proporzioni preoccupanti, con ben 87 vittime in un solo giorno e un totale di oltre ottomila casi. La Spagna resta però il Paese tristemente più simile all'Italia: in un solo giorno ha visto il bilancio delle vittime superare quota 500, portando il totale dei decessi a quasi 2700. Nella Penisola iberica si osserva un ritmo di incremento dei casi superiore -proporzionalmente- persino all'Italia. Oltre 5400 operatori sanitari contagiati, Madrid è allo stremo. La Francia ha superato ieri sera la soglia psicologica delle mille vittime, con oltre 22mila casi confermati. In Germania sono stati registrati oltre 30mila casi nei Laender, con quasi 150 vittime. Allarme rosso a New York, dove i contagi hanno superato i 25mila, con un ritmo di raddoppio ogni tre giorni. Ma sfidando ogni regola di buonsenso ed ogni evidenza medica, il presidente Trump annuncia di voler riaprire il Paese entro Pasqua - proprio ora che lo tsunami del Covid-19 si sta per abbattere sul Paese.
24/3/2020
L'ultimo Paese europeo a chiudere quasi tutte le attività è stata l'Irlanda, che segue così di un giorno la decisione britannica di ridurre all'essenziale le attività sociali, come ha annunciato nel pomeriggio il premier Leo Varadkar.
Proprio in Gran Bretagna le dimensioni del contagio stanno assumendo proporzioni preoccupanti, con ben 87 vittime in un solo giorno e un totale di oltre ottomila casi. La Spagna resta però il Paese tristemente più simile all'Italia: in un solo giorno ha visto il bilancio delle vittime superare quota 500, portando il totale dei decessi a quasi 2700. Nella Penisola iberica si osserva un ritmo di incremento dei casi superiore -proporzionalmente- persino all'Italia. Oltre 5400 operatori sanitari contagiati, Madrid resta allo stremo. In Germania i dati evidenziano un calo del 30% dei movimenti delle persone a livello federale, dopo le ultime restrizioni: oltre 30mila casi nei Laender, con quasi 150 vittime. Drammatiche le decisioni prese in India, dove -con un decreto draconiano- il premier Modi ha messo in quarantena totale, senza neppure la possibilità di uscire di casa, un miliardo e 300 milioni di cittadini, per ben tre settimane. Questo, a fronte di neppure 500 casi di contagio. Allarme rosso a New York, dove i casi hanno superato i 25mila, con un ritmo di raddoppio ogni tre giorni. Il Governatore Cuomo si è scagliato contro l'amministrazione Trump: "abbiamo bisogno di 30mila respiratori", non dei 400 che ci hanno mandato finora.
21/3/2020
Misure straordinarie anche in Gran Bretagna per il coronavirus, con il premier Johnson che ha completato l'inversione a U della strategia di contenimento, ordinando la chiusura di pub, bar, ristoranti, cinema e palestre da ieri notte, dopo aver già chiuso le scuole.
Anche Londra si è così uniformata all'atmosfera spettrale di numerose altre capitali europee. Il Governo britannico ha contestualmente annunciato il varo di una misura senza precedenti: pagherà l'80% dello stipendio dei dipendenti costretti a casa senza lavorare, oltre ad erogare aiuti alle imprese e congelare l'IVA. Oltremanica il numero di decessi si avvicina a 200, con il primo ospedale londinese in crisi. La Spagna supera la barriera psicologica delle mille vittime, e oltre 20mila contagiati. In Francia il Ministro dell'Interno Castaner ha strigliato la popolazione: "non provate nel weekend ad aggirare il confinamento a casa, o sarete sanzionati". Ma ha escluso un coprifuoco nazionale, come deciso a Nizza. In quarantena è finita intanto la Baviera, che con altri quattro Laender tedeschi ha nei fatti vietato il movimento non necessario dei suoi cittadini: domani Frau Merkel potrebbe estendere la misura a livello federale. In Germania oltre 18mila casi, ma solo una cinquantina di vittime. Berlino varerà lunedì un pacchetto di misure per banche, imprese e autonomi, che farà andare in soffitta il totem del pareggio di bilancio.
20/3/2020
Supera 10mila vittime l'ormai elevatissimo bilancio del Covid-19 nel mondo, con circa la metà dei decessi ufficiali concentrati in Europa, il Continente nell'occhio del ciclone.
La Spagna resta il focolaio più grave dopo l'Italia, con oltre mille vittime e 20mila contagiati. A Madrid i medici delle unità intensive si preparano a scegliere chi salvare e chi far morire, qualora la capacità di accoglienza degli ospedali dovesse andare al collasso. Il Ministro della Sanità Illa ha ammesso che il Governo sta acquistando materiale di protezione e tamponi ovunque, per sopperire ad una carenza cronica. In Francia il Ministro dell'Interno Castaner ha strigliato la popolazione: "non provate nel weekend ad aggirare il confinamento a casa, o sarete sanzionati". Questo ,mentre un'Assemblea Nazionale in formato ridotto esaminava il testo di legge sullo stato d'urgenza. La Gran Bretagna ha visto l'incremento più forte di vittime in un giorno: il totale supera le 180, e nei sobborghi di Londra c'è già un ospedale in piena crisi, per numero di malati in terapia intensiva. Il premier Johnson ha ordinato a bar, pub e ristoranti in tutto il Paese di chiudere con effetto quasi immediato, in un giro di vite drammatico. Varato anche un piano di assistenza finanziaria per gli stipendi. In quarantena è finita intanto la Baviera, che con altri quattro Laender tedeschi ha nei fatti vietato il movimento non necessario dei suoi cittadini: domenica Frau Merkel potrebbe estendere la misura a livello federale. In Germania oltre 18mila casi, ma solo una cinquantina di vittime. Berlino sta meditando di consentire, in via eccezionale, la possibilita' di derogare al totem del pareggio di bilancio, per contrastare l'impatto sull'economia del coronavirus.
20/3/2020
L'Europa lavora sulla proposta di sostegno all'ultimo bazooka messo in campo dalla Bce, conscia che non c'è più tempo da perdere, per evitare i durissimi contraccolpi finanziari della crisi sanitaria.
Il Commissario agli Affari Economici Gentiloni ha detto di condividere la logica del premier Conte sull'uso del Meccanismo Europeo di Stabilità, ma le modalità con cui si può fare un'operazione del genere si intreccia inevitabilmente con la questione eurobond. Un'eventualità, quella dei "corona bonds", che la presidente della Commissione Von Der Leyen non esclude. Gentiloni ha messo il dito nella piaga, sottolineando la difficoltà di alcuni nel comprendere come questa sia una crisi di tutti. Per questo, ha ammesso, la risposta comune europea non è ancora adeguata, nonostante i passi in avanti. Questo, mentre la conta delle vittime in Europa supera le 5000: la Spagna è sempre più in emergenza, con oltre mille vittime e quasi 20mila contagiati. Sale la preoccupazione anche in Germania, che in sole 24 ore ha visto crescere i casi di 3000 unità. Con il montare della preoccupazione, Berlino sta meditando di consentire, in via eccezionale, la possibilita' di fare nuovi debiti, per contrastare l'impatto sull'economia del coronavirus. Il totem dello Schwarze Null sul pareggio di bilancio obbligato sarebbe così superato per cause eccezionali: la decisione lunedì. L'Austria, fin qui più reattiva dei cugini tedeschi nell'affrontare la pandemia, ha prolungato le limitazioni agli spostamenti fino al 13 aprile. A Berlino stanno seriamente prendendo in considerazione l'ipotesi di una quarantena forzata, sul modello italiano: domenica la decisione.
20/3/2020
L'Europa ha ufficialmente superato quota 100mila contagiati da coronavirus, con oltre 4700 vittime, trasformandosi nel Continente più colpito dalla pandemia, secondo l'Afp.
Questo mentre la Spagna assomiglia tragicamente sempre di più all'Italia, per espansione del contagio: oltre 750 vittime, al ritmo di +30% al giorno, con più di 17mila casi. Madrid nell'occhio del ciclone: il Ministero della Sanità prevede un'assunzione di massa di 50mila unità di personale sanitario, per evitare il collasso del sistema. In Gran Bretagna il premier Johnson, dopo la retromarcia quasi totale dalla strategia del contagio di massa, è tornato spavaldo. "Possiamo invertire il trend in tre mesi, facendo fare le valigie al coronavirus, ma solo se tutti seguiremo le linee guida", ha detto, mentre il totale delle vittime superava le 140, e la Regina Elisabetta inviava un messaggio alla nazione, per avvisarla dell'ingresso in un periodo di grande preoccupazione e incertezza. A Londra molte stazioni della metro sono state chiude. In Francia circa 11mila casi e oltre 370 decessi, con il presidente Macron che ha annunciato un investimento decennale di cinque miliardi nella ricerca, prima di bacchettare i connazionali per aver preso troppo alla leggera le norme sulla quarantena. In Germania, dove si cerca di evitare la quarantena forzata federale, si ragiona sull'arruolamento di duemila riservisti dell'esercito, mentre il Paese conta oltre 15mila contagi - ma solo 45 vittime. Il Ministro della Salute Spahn si aspetta mesi di crisi, soprattutto per i soggetti più a rischio.
19/3/2020
"Stiamo entrando in un periodo di grande preoccupazione e incertezza", ha detto la Regina Elisabetta in un messaggio alla nazione.
E' arrivata dalla Cina l'unica vera buona notizia di una giornata ancora pesante, sul fronte europeo, dove il Coronavirus vede numeri sempre in crescita: nessun contagio domestico nel Paese orientale, con una trentina di casiimportati, tra cui due italiani. E, come dicevamo, la situazione nel Continente è critica. In Spagna vittime e contagiati salgono ad una media del 25% al giorno - una crescita esponenziale, che ha portato ad oltre 17mila casi e quasi 800 vittime. Il Ministero della Sanità iberico ha annunciato l'assunzione di 50mila unità di personale sanitario. 137 le vittime in Gran Bretagna, dove il Governo ha presentato legislazione di emergenza, che concede a esecutivo e polizia poteri straordinari. Attesa per la possibile quarantena di Londra, finora smentita, ma intanto chiudono alcune stazioni della metropolitana. 20mila i militari britannici in stato di "massima allerta" per garantire l'ordine pubblico, mentre la Bank of England taglia i tassi allo 0,1% - minimo storico. In Francia il presidente Macron annuncia 5 miliardi in dieci anni per investimenti nella ricerca, mentre il Governo tedesco ha abrogato il decreto di restrizione alle esportazioni di dispositivi di protezione individuale verso tutti i Paesi europei. Il Ministro della Salute Spahn si aspetta mesi di crisi, soprattutto per i soggetti più a rischio. In Europa anche due politici di primo piano hanno annunciato di essere positivi al Covid-19: il principe di Monaco Alberto e il caponegoziatore per la Brexit Barnier.
18/3/2020
E' sempre più una crisi nella crisi, quella delle migliaia di italiani bloccati all'estero, dopo la chiusura a domino delle frontiere, soprattutto all'interno dell'Europa, con i confini terrestri e i cieli ormai sigillati dall'emergenza coronavirus.
Il Ministro degli Esteri Di Maio ha ribadito che proseguono i voli speciali sia di Alitalia, sia anche di compagnie private, per riportare a casa i nostri connazionali. Primo fronte dell'emergenza la Spagna, secondo Paese più colpito in Europa dalla pandemia: sono stati programmati voli speciali da Madrid, Malaga e dalle Canarie. Alitalia aumenterà le connessioni con Londra, per riportare a casa i nostri connazionali Oltremanica, e inserirà nuovi voli dalla Romania. Questo perchè la priorità di rimpatrio, fa sapere la Farnesina, sono studenti ed espatriati temporanei. Il sito di Alitalia riporta tutti i voli speciali di rientro già acquistabili online, che includono rotte anche da Tunisia e Algeria. Meno problemi dovrebbero esserci, secondo quanto riferito a Radio 24 dagli operatori di settore, per i turisti in vacanza all'estero con i tour operator. Per tutti coloro che rientrano l'indicazione del Ministro Di Maio è chiara: occorre mettersi in autoquarantena, rimanendo in casa isolati dal resto della famiglia.
18/3/2020
L'Europa diviene da oggi il vero fronte della guerra contro il coronavirus: a dirlo sono i numeri, che parlano di oltre 3400 vittime nel Vecchio Continente, cento in più rispetto all'Asia, dove pure la pandemia era esplosa. E con diversi giorni di ritardo rispetto all'Italia, sempre più Paesi europei stanno seguendo il nostro modello.
Persino l'Inghilterra, spavalda fino a pochi giorni fa nel sostenere l'opportunità di un contagio di massa, è pronta a chiudere le scuole - Galles e Scozia lo hanno già fatto, mentre il premier Johnson annuncia 25mila tamponi al giorno. Il cambio di rotta è quasi completo. Spagna in allarme per l'aumento dei contagiati - siamo a 14mila, un quinto in più in un solo giorno. 600 le vittime. Il premier Sanchez avverte: "il peggio deve ancora venire". In Francia multe a raffica per chi viola la quarantena forzata, mentre il Governo si appresta a varare lo stato di emergenza sanitario, ed aerei militari spostano alcuni pazienti gravi dagli ospedali alsaziani, ormai al limite. In Germania grande attesa per quanto dirà la cancelliera Merkel stasera, in un discorso alla nazione. Superata quota cento decessi per coronavirus negli Stati Uniti, con la Casa Bianca che sta valutando l'idea di erogare dollari direttamente ai cittadini, per far fronte al periodo di emergenza. Le uniche buone notizie dalla Cina: un solo nuovo contagio a Wuhan, dove il tasso di guarigione è all'86%. La Corea del Sud è riuscita invece a tenere i nuovi contagi sotto i cento giornalieri.
18/3/2020
L'Europa blinda le frontiere e si prepara a scenari eccezionali sul fronte economico, con misure impensabili persino durante la recente crisi finanziaria.
L'ultimo Paese a chiudere ogni attività non essenziale -sul modello italiano- è stato il Belgio, mentre nel mondo i contagi viaggiano verso la quota record di 200mila, con ottomila vittime. In Spagna, il quarto Paese più colpito globalmente, il premier Sanchez ha annunciato una finanziaria di ricostruzione sociale ed economica, non appena la crisi sarà superata, con l'obiettivo di non lasciare nessuno indietro. In Francia appello del Ministro dell'Economia Le Maire ai lavoratori dei servizi essenziali a recarsi al lavoro, mentre il premier Philippe non esclude nazionalizzazioni. In Germania la cancelliera Merkel parlerà stasera al Paese, mentre si segnalano code di tir di 60 km. al confine con la Polonia. E in Gran Bretagna misure di razionamento ai supermercati, per evitare l'esaurimento delle scorte di beni essenziali. La crisi Covid-19 potrebbe avere persino l'effetto positivo di sbloccare eurobond di emergenza, piegando le invalicabili resistenze tedesche. Oppure un fondo di garanzia comunitario, per finanziare le iniziative dei Governi. Questo, mentre la Bce si dice pronta a nuove misure. Oggi due vertici in videoconferenza tra i Ministri europei, per affrontare l'emergenza: prima i titolari dei Trasporti, per discitere la crisi dei tir bloccati nel reticolato delle frontiere interne sigillate, con merci che non arrivano a destinazione. Più tardi riunione congiunta dei Ministri della Salute e degli Interni.
16/3/2020
E' un'Europa sull'orlo di una crisi di nervi, quella che oggi cercherà le necessarie risposte economiche per un Continente che -in una sola settimana- è stato investito dalla pandemia, contando oltre duemila vittime: simbolo plastico sarà l'Eurogruppo di stasera, che si terrà in videoconferenza, e che dovrà tradurre in azioni concrete l'impegno preso sei giorni fa dai leader comunitari, per iniettare stimoli in un'economia continentale paralizzata.
Questo, mentre sul fronte della cronaca la giornata di ieri è stata in assoluto la più dura: la Germania ha deciso la chiusura parziale dei suoi confini da questa mattina - resteranno aperti solo per pendolari e merci. Ma a far paura è soprattutto il boom di contagi in Francia e Spagna. Oltralpe, dove la paura ha provocato un'astensione record alle elezioni comunali, i casi sono saliti a 5400, con 120 vittime, un terzo in più. Va peggio in Spagna, dove i casi sfiorano gli ottomila - quasi trecento vittime. Decessi peraltro raddoppiati in un solo giorno, con la capitale Madrid che è sempre più l'epicentro del focolaio. Il Governo Sanchez ha mandato l'esercito nelle strade, per attuare la quarantena forzata. Corre al rialzo il bilancio di contagiati e vittime -oltre 30- anche in Gran Bretagna, dove il premier Johnson sta pensando di imporre una quarantena obbligatoria di quattro mesi agli over-70. E ieri è tornata a parlare la presidente della Commissione Europea Von Der Leyen, che ha lanciato un appello a condividere il materiale protettivo, come le mascherine, "all'interno dell'Unione" per combattere l'epidemia. "Oggi è l'Italia ad averne bisogno, domani saranno altri Paesi". Bruxelles limiterà inoltre l'esportazione di materiale protettivo - "abbiamo bisogno di questo materiale per i nostri sistemi sanitari", ha detto.
15/3/2020
L'Europa vede ulteriormente aumentare i casi di coronavirus e intensifica la chiusura delle frontiere, in un weekend che sta segnando la progressiva paralisi del Continente - dove ormai sono oltre duemila le vittime.
Andiamo con ordine: la Germania chiuderà da domani le frontiere, con l'eccezione della circolazione di pendolari e merci. Amburgo e la Baviera hanno già chiuso bar e club, mentre Deutsche Bahn ha annunciato una riduzione del traffico ferroviario regionale. La situazione si fa sempre più pesante in Spagna, dove in un solo giorno sono raddoppiati i decessi da coronavirus, raggiungendo i 288. Tre quarti di loro nella Comunidad de Madrid, ormai il focolaio principale del contagio nella Penisola iberica. Gli esperti incrociano le dita, sperando che tra due settimane il picco possa passare, ma intanto l'esercito spagnolo è stato dispiegato nelle città, per evitare assembramenti. Quasi 7800 contagi in tutto il Paese. Andiamo in Francia, dove il presidente della Regione Grand Est, Jean Rottner, lancia un grido d'allarme: "in Alsazia la situazione è al limite, il resto del Paese non ha capito cosa sta succedendo". Corre al rialzo il bilancio di contagiati e vittime anche in Gran Bretagna, dove il premierJohnson sta pensando di imporre una quarantena forzata agli over-70 per un periodo di quattro mesi. Forte preoccupazione per le risorse del sistema sanitario NHS, carente di respiratori. L'Austria si avvia ad una quarantena forzata sul modello italiano, con forti limitazioni di movimento e locali chiusi. In Cina sono quasi zero i nuovi casi, ma sale la preoccupazione per quelli importati dall'estero, in aumento. Quasi tremila infine i casi negli Stati Uniti, con 61 vittime Oltreoceano. Il Governatore di New York chiede il dispiegamento delle truppe federali.
15/3/2020
Il modello-Italia fa scuola in Europa, nella lotta al coronavirus. Anche la Francia ieri sera ha pesantemente inasprito le misure di contenimento dell'epidemia, passando allo stadio 3. Stop dalla mezzanotte, come annunciato dal premier Philippe, di tutti luoghi pubblici non indispensabili, quali ristoranti, caffè, cinema e discoteche.
Aperti solo i punti vendita essenziali. Questo dopo che Oltralpe i casi hanno raggiunto quota 4500, con 91 vittime. Il Ministro della Sanità Veran ha suggerito di evitare l'assunzione di antinfiammatori -come l'ibuprofene- che potrebbero aggravare l'infezione da coronavirus. In caso di febbre, assumere solo paracetamolo. Stato d'allarme in Spagna, dove si sono superati i 6000 contagi, con quasi 200 vittime. Il premier Sanchez ha annunciato ieri sera -dopo un drammatico Consiglio dei Ministri-fiume- le nuove misure, simili a quelle vigenti in Italia. Il Paese sarà nei fatti messo in quarantena per due settimane, con spostamenti consentiti solo per comprare alimenti, medicinali e prodotti di prima necessità. Si potrà anche andare a lavorare. Sospese alcune competenze delle comunità autonome - Madrid ne assumerà parzialmente i poteri. In Germania, con oltre 4000 casi, è panico da fake news, al punto che il Ministero della Salute ha messo in guardia la popolazione. Scuole e asili chiusi, Colonia e Schleswig Holstein hanno proibito tutte le manifestazioni. Nel Regno Unito sono saliti a 1140 i contagiati, con un raddoppio dei decessi - 21. Downing Street potrebbe dover rivedere la sua strategia permissiva. Buone notizie dall'Olanda: un gruppo di scienziati annuncia la scoperta di un anticorpo in grado di bloccare l'infezione. Ma per testarlo occorreranno mesi.
14/3/2020
L'Europa in piena emergenza coronavirus, una settimana dopo l'Italia: il Paese più in difficoltà dopo il nostro resta la Spagna, oltre seimila casi e duecento vittime.
Il Governo iberico, dopo aver decretato lo stato di allarme, ha dettagliato le misure: il Paese sarà nei fatti messo in quarantena per due settimane, con spostamenti consentiti solo per comprare alimenti, medicinali e prodotti di prima necessità. Si potrà andare a lavorare o recarsi nei centri sanitari. Dalla Francia arriva l'indicazione del Ministro della SanitàVeran di evitare l'assunzione di antinfiammatori -come l'ibuprofene- che potrebbero aggravare l'infezione da coronavirus. In caso di febbre, assumere solo paracetamolo. Oltre 3600 casi Oltralpe e un'ottantina di vittime, mentre quattrocento gilet gialli -in realtà ormai dei black bloc- marciavano irresponsabilmente per le vie di Parigi. 34 fermati. In Germania è panico da fake news, al punto che il Ministero della Salute ha messo in guardia la popolazione. Scuole e asili chiusi, Colonia e Schleswig Holstein hanno proibito tutte le manifestazioni. Danimarca, Polonia e Repubblica Ceca hanno chiuso i confini. Nel Regno Unito polemiche per la strategia del premier Johnson, propenso a non evitare un elevato numero di vittime per favorire una maggiore immunizzazione della popolazione. Buone notizie dall'Olanda: un gruppo di scienziati annuncia la scoperta di un anticorpo in grado di bloccare l'infezione. Ma per testarlo occorreranno mesi. Negli Stati Uniti attesa per l'esito del tampone al presidente Trump, che ha annunciato la chiusura dei confini americani anche a Gran Bretagna e Irlanda. Oltreoceano più di duemila casi e una cinquantina di vittime.
12/3/2020
Il presidente francese Emmanuel Macron parlerà stasera alle 20 al Paese, per la prima volta dall'esplosione dell'epidemia di Coronavirus. In Francia i casi confermati a ieri erano più di 2000, con una cinquantina di vittime. Facciamo il punto sugli altri grandi Paesi europei.
La Spagna passa al contrattacco, dopo essere diventato in poche ore il secondo Paese europeo più colpito dal contagio del Coronavirus, alle spalle dell'Italia. Circa 3000 casi registrati, oltre 80 vittime nel paese iberico, dove anche la Ministra Irene Montero, compagna del leader di Podemos Pablo Iglesias, è rimasta contagiata. Il premier Sanchez ha annunciato un piano straordinario, con lo stanziamento di quasi tre miliardi alle comunità autonome per far fronte all'emergenza sanitaria, e l'iniezione di 14 miliardi nell'economia, con una moratoria di sei mesi per il pagamento delle imposte di piccole e medie imprese e autonomi. La capitale Madrid resta in assoluto l'area più colpita. In Germania i contagiati hanno superato quota duemila, con cinque vittime dichiarate, l'ultima delle quali in Baviera. La cancelliera Merkel ha concordato con il nostro premier Conte che la crisi Covid-19 debba andare al primo posto nell'agenda europea. In Gran Bretagna le vittime hanno raggiunto la decina, con circa 600 contagi - tuttavia, il balzo di +30% di casi in un giorno ha fatto scattare l'allarme rosso. Londra è passata dalla fase di contenimento a quella di ritardo della pandemia, per evitare il collasso del sistema sanitario. Il premier Johnson ha annunciato la quarantena obbligatoria per chi manifesta sintomi, parlando della peggiore crisi sanitaria in una generazione. E il Consigliere scientifico Sir Patrick Vallance stima che tra 5000 e 10mila persone potrebbero essere già infette Oltremanica.
11/3/2020
L'Europa prova il colpo di reni, lanciando un messaggio di ritrovata unità, dopo giorni di tentennamenti sulla crisi Coronavirus. Dopo un vertice straordinario dei leader in videoconferenza il presidente europeo Michel ha annunciato una strategia basata su quattro pilastri: limitare il contagio, con scambio costante di informazioni e misure proporzionate; garantire l'approvvigionamento di mascherine e respiratori laddove ce n'è necessità, grazie anche a una centrale di acquisto comunitaria; promuovere la ricerca sul Covid-19, con 140 milioni mobilitati; infine, affrontare le conseguenze economiche. Qui è toccato alla presidente della Commissione Von Der Leyen lanciare un messaggio chiaro, tradotto in tre lingue.
"Useremo tutti gli strumenti possibili per fare in modo che l'economia europea superi questa tempesta". Nello specifico, Bruxelles varerà entro il weekend delle linee guida sia sugli aiuti di Stato, affinchè le imprese possano avere la giusta liquidità, sia sul pieno utilizzo della flessibilità all'interno del patto di stabilità - condizione posta dall'Italia. Non solo: la Commissione varerà un fondo speciale da sette miliardi e mezzo, che dovrebbe presto triplicarsi, dedicato a sanità, Pmi, e mercato del lavoro. Si naviga invece a vista su Schengen, con Bruxelles che introdurrà un coordinamento quotidiano tra i Paesi, dopo il progressivo isolamento dell'Italia: Austria e Slovenia hanno di fatto chiuso le frontiere, mentre Spagna, Giappone, Malta e Albania hanno sospeso il traffico aereo e navale con la Penisola. Air France, British Airways, Easyjet, Ryanair, Air Canada e Delta hanno cancellato fino anche a inizio aprile i voli da e per l'Italia.
11/3/2020
L'emergenza Covid-19 ricompatta l'Unione Europea, almeno nell'immediato, pur con numerosi punti di domanda ancora aperti in merito ai blocchi alla libera circolazione. Dopo un vertice straordinario dei leader comunitari in videoconferenza il presidente europeo Michel ha annunciato una strategia basata su quattro pilastri.
"Limitare il contagio, con scambio costante di informazioni e misure proporzionate; garantire l'approvvigionamento di mascherine e respiratori laddove ce n'è necessità, grazie anche a una centrale di acquisto comunitaria; promuovere la ricerca sul Covid-19, con 140 milioni mobilitati; infine, affrontare le conseguenze economiche. Qui è toccato alla presidente della Commissione Von Der Leyen lanciare un messaggio chiaro: "useremo tutti gli strumenti possibili per fare in modo che l'economia europea superi questa tempesta". Nello specifico, Bruxelles varerà entro il weekend delle linee guida sia sugli aiuti di Stato, affinchè le imprese possano avere la giusta liquidità, sia sul pieno utilizzo della flessibilità all'interno del patto di stabilità - condizione posta dall'Italia. Non solo: la Commissione varerà un fondo speciale da sette miliardi e mezzo, che dovrebbe presto triplicarsi, dedicato a sanità, Pmi, e mercato del lavoro. Si naviga invece a vista su Schengen, con Bruxelles che introdurrà un coordinamento quotidiano tra i Paesi, dopo il progressivo isolamento dell'Italia: Austria e Slovenia hanno di fatto chiuso le frontiere, mentre Spagna, Giappone, Malta e Albania hanno sospeso il traffico aereo e navale con la Penisola. Air France, British Airways, Easyjet, Ryanair, Air Canada e Delta hanno cancellato fino anche a inizio aprile i voli da e per l'Italia.
10/3/2020
E' una chiamata alla solidarietà comune quella lanciata oggi dal presidente europeo Charles Michel in apertura del summit straordinario dei 27 leader, che si sta svolgendo in videoconferenza mentre vi parliamo.
"Nel corso degli ultimi giorni il virus si è diffuso in tutti i Paesi membri. Dobbiamo cercare un coordinamento e comprendere come unire gli sforzi, sia per quanto riguarda la lotta al virus, sia per quanto concerne le sue conseguenze economiche", ha detto in apertura di summit Michel, che ha espresso solidarietà all'Italia, il Paese europeo più colpito. Nelle ore precedenti erano arrivati da Bruxelles segnali incoraggianti: dopo una telefonata con il premier Conte la presidente della Commissione Von Der Leyen ha annunciato che l'esecutivo comunitario è pronto a fornire sostegno aggiuntivo al nostro Paese. Concetto ribadito dalla titolare della Concorrenza Vestager. L'impressione è che il drammatizzarsi della situazione nella Penisola, insieme all'incremento del numero dei casi nel Continente, stia realmente europeizzando il problema: dal vertice odierno potrebbero dunque uscire sia misure di coordinamento e sostegno sul fronte sanitario, finora abbastanza latitanti, sia misure economiche straordinarie, di sostegno ai Paesi più colpiti e in affanno. Misure che dovrebbero poi venire ratificate lunedì, al prossimo Eurogruppo. E su questo non dimentichiamo che l'Italia ha già fatto comprendere che intende chiedere più flessibilità, per gli ingenti costi che il blocco del Paese sta comportando.
10/3/2020
"La situazione in Italia e' particolarmente severa, restiamo pronti a lavorare con il Governo italiano su misure aggiuntive per rimediare ai seri problemi dell'economia": così la Commissaria Europea per la Concorrenza Vestager. In questi minuti al via un vertice europeo straordinario in videoconferenza.
La spinta italo-francese a coordinare gli sforzi europei contro il coronavirus, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche per quanto riguarda gli aspetti dei necessari stimoli economici, sarà alla base del vertice straordinario dei leader comunitari, che si terrà in videoconferenza. Una mossa obbligata, dopo giorni di tentennamenti, esitazioni, controversi blocchi all'export nazionale di mascherine, fino alle restrizioni degli ingressi dall'Italia, che hanno messo in dubbio persino l'operatività di Schengen - in una comunicazione surreale la Commissione Europea ha affermato di non aver ricevuto notifiche di controlli alle frontiere, nonostante più annunci in senso contrario. Il presidente europeo Michel punta a rafforzare le capacità di coordinamento europee: in mattinata lui e la presidente della Commissione Von Der Leyen hanno chiamato il premier Conte, per preparare il terreno della discussione pomeridiana. Fra i tre convergenza sulle inevitabili misure economiche che andranno intraprese, da finalizzare operativamente nell'Eurogruppo di lunedì. La Von Der Leyen conferma misure di sostegno aggiuntive per Roma. Anche Bruxelles vive tempi anomali: rinviata la riunione dei Ministri del Commercio in programma giovedì, gli eurodeputati -con il presidente Sassoli in autoquarantena dopo il rientro dall'Italia- hanno chiesto maggiore solidarietà tra Paesi, anche a livello di distribuzione di materiale sanitario.
10/3/2020
Dopo le esitazioni e i timidi progressi dei Ministri della Salute venerdì, toccherà ai leader europei, in una conference call straordinaria in programma oggi pomeriggio, prendersi carico di quella che è a tutti gli effetti un'emergenza sanitaria comunitaria. Che ieri ha toccato anche Cipro, arrivando così a contagiare tutti i 27 Paesi membri.
L'allerta è molto elevata in Germania, dove si sono superati i 1100 casi con tre vittime, due in Nordreno Vestfalia -il Land più colpito- e un turista tedesco in Egitto. Un piccolo villaggio nel Brandeburgo ha visto i suoi cinquemila abitanti finire in quarantena. Il Ministro dell'Interno Seehofer è rimasto precauzionalmente a Monaco, dopo che un membro del suo staff è entrato in contatto con un contagiato a Bruxelles. Allerta elevata in Gran Bretagna dove è vero che i contagi calcolati sono inferiori, poco più di 300, ma ci sono già cinque vittime. Il premier Johnson ha ammesso che si sta passando dalla fase di "contenimento" a quella di "rallentamento" dell'epidemia. In Francia oltre 1400 casi, e la positività del Ministro della Cultura, mentre la Spagna si avvia a seguire la terapia d'urto dell'Italia: preoccupa soprattutto la capitale Madrid, che ha visto triplicarsi i casi in solo un giorno, e che per questo ha chiuso scuole e università. In precedenza, analoga misura era stata presa a Vitoria. Nel totale della Spagna si sono superati i 1200 casi, con una trentina di vittime. Oltre 300 casi si registrano in Svizzera e Olanda. In Irlanda, dove i casi sono poco più di 20, è stata decisa la cancellazione della parata di San Patrizio, cuore delle festività di marzo.
9/3/2020
Livello di allarme elevato in Europa, dopo che anche Cipro -con due casi- è diventato l'ultimo Paese dell'Unione Europea a venire colpito dall'epidemia.
I Paesi con l'allerta maggiore fuori dall'Italia sono al momento Germania e Gran Bretagna, che hanno fatto segnare nuovi decessi: due vittime sono state registrate nel Nordreno Vestfalia, il Landpiù colpito. E cinquemila persone sono state messe in quarantena in un piccolo villaggio del Brandeburgo, dopo che un docente è entrato in contatto con una donna di Berlino contagiata. In tutto sono tre le vittime tedesche, oltre 1100 i casi. Quattro i decessi Oltremanica, dove però i contagi sono poco sopra i 300 e si spera di limitare la crisi alla fase di contenimento. In Francia 1200 casi, con 21 vittime: per la prima volta è stata chiusa una classe a Parigi. In Spagna, dove siamo oltre i mille casi, il Governo parla di focolai fuori controllo, con le situazioni più difficili a Madrid: il premier Sanchez annuncia un piano d'impatto - ma intanto chiudono le scuole a Vitoria, nei Paesi Baschi. Negli Stati Uniti infuria la polemica contro il presidente Trump, che minimizza il rischio e accusa media e Democratici di esagerare la situazione. Intanto nel Paese si registrano 22 decessi e 600 casi. Le uniche buone notizie arrivano da Cina e Corea del Sud: solo 40 nuovi casi a Pechino, in una curva che si fa sempre più discendente, mentre Seul registra 248 nuovi contagiati, un calo consistente rispetto agli ultimi giorni.
9/3/2020
Europa e Stati Uniti in allarme, Asia lentamente fuori dal panico. E' un quadro a due velocità quello che emerge dall'epidemia globale di Covid-19.
Il quadro continentale è ancora estremamente preoccupante, con Francia, Germania e Spagna che hanno tutte superato quota mille contagi. Oltralpe siamo a 1200 casi e 21 vittime: proibite le manifestazioni con oltre mille partecipanti, 300mila studenti a casa, stadi verso le porte chiuse. Partite a porte chiuse probabilmente anche in Germania - oltre 1100 casi e un morto, con il maggior focolaio nel Nordreno-Westfalia: il Ministro della Salute Spahn ha invitato il Paese a lavorare per rallentare la diffusione dei contagi, per permettere al sistema sanitario di continuare a funzionare. Cinquemila persone in quarantena nel Brandeburgo. In Spagna oltre mille contagi e 26 vittime: Madrid è il focolaio principale, mentre il premier Sanchez annuncia un piano d'impatto - ma intanto chiudono le scuole a Vitoria, nei Paesi Baschi. In Gran Bretagna superati i 300 contagi, con tre vittime - il premier Johnson avverte che un'epidemia è probabile. Oltre 500 casi negli Stati Uniti, con 22 decessi. Le uniche buone notizie arrivano da Cina e Corea del Sud: solo 40 nuovi casi a Pechino, in una curva che si fa sempre più discendente, mentre Seul registra 248 nuovi contagiati, un calo consistente rispetto agli ultimi giorni.
7/3/2020
Timidi -ancora poco coraggiosi- passi dell'Europa nel coordinamento sull'emergenza coronavirus. Il vertice straordinario dei Ministri della Salute ieri a Bruxelles ha invocato solidarietà, coordinamento e scambio di informazioni. Ma ancora poche misure concrete, per rafforzare la cooperazione continentale.
"Servono una cooperazione globale in Europa ed un livello di comunicazione più stretto tra Paesi", ha affermato la Commissaria alla Salute Kyriakides, che ha evidenziato un trend di infezioni in rapida crescita. Il Commissario per la Gestione delle Crisi Lenarcic ha invece portato come esempio la reazione italiana, invitando gli altri Paesi a studiarla - e, soprattutto, a prepararsi. Ma a tenere banco è stato il caso-mascherine: le autorità europee non sono riuscite a convincere Francia, Germania e Repubblica Ceca ad eliminare il bando sull'export di mascherine e materiale protettivo: il Ministro della Salute tedesco Spahn ha dichiarato che le aziende teutoniche possono fare richiesta di esportazione, il francese Veran ha respinto le accuse di protezionismo. All'Europa non resta così che esercitare un ruolo di moral suasion, accompagnata da una procedura di acquisto comune, già avviata, ma che non darà i suoi frutti fino ad aprile. L'italiano Speranza lancia l'appello a non farsi la guerra tra Paesi membri, e invoca una vera solidarietà europea.
6/3/2020
Solidarietà, coordinamento e scambio di informazioni. Ma ancora poche misure concrete, per rafforzare la cooperazione in Europa contro il Coronavirus. Il vertice straordinario dei Ministri della Salute comunitari produce qualche passo in avanti nell'emergenza, mostrando però tutta l'evidenza degli scarsi poteri in materia dell'Unione.
"Servono una cooperazione globale in Europa ed un livello di comunicazione più stretto tra Paesi", ha affermato la Commissaria alla Salute Kyriakides, che ha evidenziato un trend di infezioni in rapida crescita. Il Commissario per la Gestione delle Crisi Lenarcic ha invece portato come esempio la reazione italiana, invitando gli altri Paesi a studiarla - e, soprattutto, a prepararsi. Ma a tenere banco è stato il caso-mascherine: le autorità europee non sono riuscite a convincere Francia, Germania e Repubblica Ceca ad eliminare il bando sull'export di mascherine e materiale protettivo: il Ministro della Salute tedesco Spahn ha dichiarato che le aziende teutoniche possono fare richiesta di esportazione, il francese Veran ha respinto le accuse di protezionismo. All'Europa non resta così che esercitare un ruolo di moral suasion, accompagnata da una procedura di acquisto comune, già avviata, ma che non darà i suoi frutti fino ad aprile. L'italiano Speranza lancia l'appello a non farsi la guerra tra Paesi membri, e invoca una vera solidarietà europea.
6/3/2020
"Servono una cooperazione globale in Europa ed un livello di comunicazione più stretto tra i Paesi": la Commissaria Europea alla Salute Stella Kyriakides riassume così il messaggio al termine del vertice straordinario dei Ministri a Bruxelles, che ha affrontato la crisi coronavirus.
"Il trend è quello di un aumento rapido nelle prossime settimane. Si tratta di una minaccia globale. Stiamo mobilitando tutti i mezzi a nostra disposizione. La situazione in Europa è molto differenziata. Per questo abbiamo bisogno di un piano comune", ha sottolineato la Kyriakides, mentre il suo collega delegato alla gestione della crisi Lenarcic sottolineava come l'Italia ha preso misure più estese in quanto è al momento il Paese più colpito, trattandosi di una situazione seria. Lenarcic ha però portato la reazione italiana ad esempio. Il Ministro della Salute Speranza vede però ancora molto lavoro da fare. Sul fronte sanitario, si fa seria la situazione nel nord di Francia e Germania: Oltralpe sono 577 i contagiati con nove vittime, ma preoccupa soprattutto l'incremento nel dipartimento del Basso Reno, intorno a Strasburgo, aumentati di otto volte in due giorni. In Germania superata quota 500 casi, con il Nordreno Westfalia l'area più colpito. Sconsigliati i viaggi in Alto Adige. E in Gran Bretagna c'è una seconda vittima.
6/3/2020
L'epidemia di coronavirus si estende in Europa, con Germania e Francia che vedono aumentare i loro casi. Quasi raddoppiati in territorio tedesco, dove a ieri sera erano segnalati quasi 500 contagiati - il Nordreno Westfalia l'area più colpita, con quasi la metà dei casi. E proprio in terra teutonica, secondo il sito Nextstrain, sarebbe partito il primo focolaio europeo a gennaio, nei pressi di Monaco.
Situazione più tesa in Francia, dove i casi hanno superato quota 420, con sette vittime. Il più colpito il dipartimento dell'Oise, a nord di Parigi. Spostata a Bruxelles per ragioni sanitarie la plenaria dell'Europarlamento, che doveva tenersi a Strasburgo. Il presidente Macron ha parlato di epidemia inesorabile. Anche Downing Street ammette un'espansione altamente probabile Oltremanica, dove i casi hanno superato il centinaio, ed è arrivata la notizia della prima vittima. In Spagna si sfiorano i 300 contagi, con tre vittime: Madrid resta l'area più colpita. L'Iran, con oltre 3500 contagi, ha chiuso le scuole e ha chiesto alla popolazione di limitare gli spostamenti tra le grandi città. Monta la preoccupazione negli Stati Uniti, con il Congresso che ha approvato un piano da oltre otto miliardi di dollari per far fronte all'emergenza, mentre il presidente Trump minimizzava e accusava l'Oms di diffondere dati falsi sul tasso di mortalità. Forse pensava proprio a lui il direttore generale dell'Organizzazione, quando ha denunciato che molti Paesi non stanno prendendo l'emergenza sul serio o -addirittura- non fanno nulla.
4/3/2020
L'epidemia di coronavirus avanza nel mondo, preoccupando soprattutto l'Europa, dove il numero di contagi è in ascesa, con ogni probabilità a causa di settimane di incubazione che mostrano sola ora i primi tangibili effetti: la Francia ha superato quota 200 casi, con quattro vittime.
Oltralpe è psicosi di maschere e gel disinfettanti: il presidente Macron ha avvertito che la crisi durerà mesi e ha ordinato il sequestro di tutti gli stock e della produzione di maschere di protezione. Duemila sono state rubate a Marsiglia. L'Oms avverte: le scorte si stanno esaurendo a livello globale. Circa duecento casi anche in Germania, con quasi tutti i Bundeslaender colpiti. Oltre 160 i contagi in Spagna, con la capitale Madrid epicentro. E in Gran Bretagna, dove l'ente sanitario NHS ha annunciato il quarto livello di allarme, il più elevato, dopo la cinquantina di casi dichiarati, il premier Johnson ha varato un piano di contenimento. Piano che imporrebbe chiusure di scuole, cancellazione di eventi pubblici, polizia e militari impegnati a mantenere l'ordine, fino alla previsione di un quinto della forza-lavoro potenzialmente in malattia, nello scenario peggiore. Gli Stati Uniti hanno superato i 100 contagi, in Iran oltre 50mila detenuti sono stati mandati ai domiciliari, per evitare di far crescere ulteriormente gli oltre duemila casi.
3/3/2020
Oltre 90mila casi confermati in tutto il mondo, e oltre 3000 vittime. L'emergenza Covid-19 continua a tenere banco a livello globale, anche se le notizie in arrivo dalla Cina danno un'iniezione di ottimismo, con soli 125 nuovi casi registrati, tutti nell'epicentro dell'Hubei.
L'Europa, al contrario, vede un incremento dei contagi, frutto probabilmente di settimane di incubazione: la Francia è salita ad oltre 200 casi, con quattro vittime - il presidente francese Macron ha ordinato il sequestro di tutti gli stock e della produzione di maschere di protezione. Questo dopo l'allarme dell'Oms, che parla di progressivo esaurimento delle scorte nel mondo. La Germania si avvicina ai 200 casi, con 13 Bundeslaender colpiti. Cancellata la Fiera del Libro di Lipsia. Oltre 150 i contagi in Spagna, con la capitale Madrid la più colpita. E in Gran Bretagna, finora la più risparmiata tra i grandi Paesi europei -appena una cinquantina di casi- il premier Johnson ha varato un piano di contenimento. Piano che imporrebbe chiusure di scuole, cancellazione di eventi pubblici, polizia e militari impegnati a mantenere l'ordine, fino alla previsione di un quinto della forza-lavoro potenzialmente in malattia, nello scenario peggiore. Gli Stati Uniti hanno superato i 100 contagi, in Iran oltre 50mila detenuti sono stati mandati ai domiciliari, per evitare di far crescere gli oltre duemila contagi. Delusione infine dalla riunione in teleconferenza del G7 finanziario, con l'impegno ad usare tutti gli strumenti di policy più appropriati per salvaguardare la crescita, ma nessuna indicazione su misure concrete.
3/3/2020
Un impegno ad agire per far fronte al rallentamento economico causato dall'impatto del Coronavirus, ma senza menzione di azioni specifiche: il G7 dei Ministri finanziari lascia molti punti di domanda aperti, dopo la conference call che ha riunito in videoconferenza i titolari dell'Economia e i Governatori delle banche centrali dei Paesi industrializzati.
"Dato il potenziale impatto del Coronavirus sulla crescita globale, riaffermiamo l'impegno a usare tutti gli strumenti di policy piu' appropriati per salvaguardare la crescita dai rischi al ribasso" - così il comunicato finale. Che aggiunge: i ministri sono "pronti a prendere misure, anche di bilancio dove appropriato, per aiutare la risposta al virus e sostenere l'economia in questa fase". Una menzione particolare è riservata all'ambito della salute: il G7 si è impegnato a fornire sostegno fiscale, per far sì che i sistemi sanitari possano rispondere nel modo più efficace al diffondersi della malattia. Un capitolo del comunicato riguarda infine le banche centrali dei sette Paesi: "continueranno a perseguire il loro mandato, supportando la stabilita' dei prezzi e la crescita economica, mantenendo la resilienza del sistema finanziario".
3/3/2020
L'Europa andrà a verificare sul posto cosa sta succedendo al confine greco-turco, mentre la nuova crisi migranti rischia di sfuggirle di mano, in seguito alla politica delle porte aperte in uscita dalla Penisola anatolica, lanciata dal presidente turco Erdogan.
Oggi i tre presidenti delle istituzioni comunitarie saranno al posto di frontiera greco diOrestiada, dove si sono vissute ore drammatiche negli ultimi giorni, con i migranti presi tra due fuochi: da una parte l'esplicito invito di Ankara a muoversi verso l'Unione Europea, dall'altra i lacrimogeni della polizia greca, che li hanno respinti. Un bambino è morto nel ribaltamento di un barcone al largo di Lesbo, altro fronte caldissimo. Ankara parla di 120mila profughi già accalcati alle frontiere, la Grecia riduce il numero a un decimo, ma è chiaro che il Sultano è deciso a giocare la sua sporca partita politica sulla pelle dei disperati: "milioni di migranti sono arrivo in Europa", ha proclamato ieri con un cinismo ormai sfrenato. La cancelliera tedesca Merkel ha sbottato: "è inaccettabile che i problemi della Turchia vengano risolti a spese dei rifugiati". Atene ha sospeso per un mese le nuove richieste di asilo. Mentre l'agenzia europea Frontex ha annunciato un intervento rapido.
2/3/2020
Il ricatto turco sui migranti obbliga l'Europa a fronteggiare una potenziale nuova crisi ai nostri confini, riaccendendo la già elevata tensione diplomatica tra Bruxelles ed Ankara.
"Il presidente turco non si sente sufficientemente sostenuto al momento, ma con tutta la dovuta comprensione per Erdogan e' inaccettabile che questo venga risolto a spese dei rifugiati", ha tuonato la cancelliera tedesca Merkel. Berlino per ora non traccia paragoni con la crisi del 2015, che mise a dura prova i nervi del Paese, ma osserva preoccupata. La Commissione Europea dal canto suo mantiene fede all'accordo con Ankara, e si aspetta che Erdogan faccia lo stesso. Il Sultano però alza ulteriormente il livello di scontro, parlando di "milioni di migranti in arrivo in Europa" - la Turchia riferisce di 120mila profughi che avrebbero già varcato la frontiera a Edirne. I numeri forniti da Atene sono in realtà pari a un decimo. In questa guerra di propaganda sulle cifre l'Europa prova a far sentire la sua presenza: domani i presidenti delle tre istituzioni comunitarie saranno al posto di confine greco di Orestiada, per rendersi conto della situazione. Frontex ha annunciato un intervento rapido.
28/2/2020
Cortocircuito diplomatico tra Unione Europa e Turchia sui migranti, dopo il messaggio di Ankara sul "liberi tutti", quale rappresaglia ai bombardamenti siriani su Idlib.
L'ambiguità del sultano Erdogan ha scatenato l'allarme ai confini greci e bulgari con la Penisola anatolica, innescando un surreale rimpallo di notizie tra piano politico e cronaca sul campo. Sul confine nordorientale greco-turco le guardie di frontiera elleniche hanno dovuto fare ricorso ai gas lacrimogeni per disperdere 500 migranti, che cercavano di entrare nell'Unione Europea. Il sindaco della città di frontiera di Orestiada ha parlato di militari turchi svaniti dalla sera alla mattina, dopo l'annuncio del Governo di Ankara sul lasciapassare concesso de facto ai profughi verso l'Europa. "Migranti e profughi in numeri rilevanti si sono radunati al confine terrestre Grecia-Turchia e hanno tentato di entrare nel Paese illegalmente. Non verra' tollerato alcun ingresso illegale. Stiamo aumentando la sicurezza", ha annunciato il premier ellenico Mitsotakis. Anche la Bulgaria ha dispiegato rinforzi della gendarmeria alle frontiere terrestri e marittime con la Turchia, per contenere la pressione migratoria. Questo mentre l'Alto Rappresentante Europeo Borrell, sfidando il paradosso, annunciava che il Ministro degli Esteri turco Cavusoglu lo aveva rassicurato sull'impegno di Ankara nel rispettare gli accordi con Bruxelles. Ancora una volta è sulla pelle dei migranti che si giocano i conflitti geopolitici.
27/2/2020
Alza drammaticamente l'asticella negoziale il Governo di Boris Johnson, quattro giorni prima dell'avvio ufficiale delle trattative sul partenariato commerciale post-Brexit.
Parlando a Westminster, il Ministro Gove ha annunciato che Londra cercherà di modellare la nuova intesa basandosi su quelle che "Bruxelles ha già in essere con altri Stati indipendenti". Di qui le linee rosse: via dal tavolo negoziale a giugno, qualora entro quella data non esistesse ancora una bozza di accordo sufficientemente definita; no ad intese che impediscano al Parlamento britannico di avere il pieno controllo su leggi e vita politica; trattative sull'accesso alle acque britanniche per i pescatori europei separate dai negoziati sui mercati comunitari; fine del periodo di transizione senza se e senza ma il 31 dicembre; infine adozione delle regole WTO per i rapporti commerciali con l'Unione Europea, qualora i negoziati fallissero in estate. Più in generale, il messaggio è chiaro: "non sottostaremo ad alcun obbligo di allineamento con le leggi europee o alle istituzioni europee, quali la Corte di Giustizia, che non avrà alcuna giurisdizione sul territorio britannico". La tempistica di Londra appare decisamente ottimista: accordo quadro entro giugno, chiusura a settembre, fine della transizione a dicembre. Bruxelles mantiene la calma: "prendiamo atto del mandato negoziale britannico", afferma ilcaponegoziatore Michel Barnier. Da lunedì iniziano i fuochi d'artificio.
26/2/2020
Anche Bruxelles comincia a fare i conti con un peggioramento economico legata alla crisi coronavirus: "l'economia italiana, che ha avuto un brutto quarto trimestre nel 2019, vedrà il suo andamento molto condizionato dall'evoluzione della vicenda del Covid-19", ha detto il Commissario agli Affari Economici Gentiloni.
"Gli sviluppi del Coronavirus puntano ad una parziale materializzazione dei rischi già annunciati", ha aggiunto Gentiloni, secondo cui anche a livello continentale "avremo un impatto, ma una valutazione e una stima seria non sono ancora possibili". Per questo serviranno misure anticicliche. Più in generale, il Commissario ha rilevato che il nostro Paese è, insieme a Cipro e alla Grecia, nella lista dei Paesi con squilibri macroeconomici eccessivi. "Il rapporto debito/Pil sale ancora, sebbene i piani del Governo siano diventati piu' compatibili con la riduzione del debito", scrive la Commissione, che annota: "la crescita potenziale, sebbene in miglioramento, resta insufficiente ad assicurarne una rapida riduzione". Roma bacchettata sulla spesa pensionistica: "nessun progresso sull'attuazione delle riforme delle pensioni passate, per ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia sulla spesa pubblica e creare spazio per altra spesa sociale e pro-crescita". Progressi "sostanziali" invece nella lotta all'evasione, e "alcuni" passi in avanti sulle politiche del lavoro. Da Gentiloni infine poche aperture in tema flessibilità: la richiesta italiana "sara' oggetto di discussione nei prossimi mesi, la risposta c'e' gia' nelle regole".
26/2/2020
Sulla carta -almeno per ora- l'Europa non chiude le frontiere agli italiani. "Possiamo continuare a viaggiare. C'è fiducia da parte di tutti nel nostro sistema sanitario nazionale", dice il Ministro della Salute Speranza al termine del vertice con gli omologhi dei Paesi confinanti, più Croazia, Germania e San Marino. La dichiarazione finale del summit invita anche ad evitare la cancellazione di grandi eventi.
La realtà sul terreno però è di un'Europa che -lentamente- stringe le maglie, sull'onda dei casi di coronavirus esportati dai nostri connazionali: il Governo francese ha invitato i suoi cittadini a rinviare i viaggi nel Nord Italia, la Germania vieta a chi rientra dalla Penisola di donare il sangue e consiglia di mettersi in autoquarantena in caso di contatti a rischio, la Gran Bretagna segue l'esempio della Romania e impone la quarantena a chi torna dal Belpaese e presenta sintomi sospetti, mentre Lituania, Ucraina, Cipro e Montenegro varano controlli sanitari in aeroporto per i voli provenienti dall'Italia. Fuori dall'Europa va decisamente peggio: Giordania, Seychelles, Samoa, Iraq e Kuwait hanno chiuso le frontiere agli italiani o ai voli provenienti dall'Italia. Gli Stati Uniti hanno vietato ai loro militari di viaggiare nelle zone colpite dal virus. L'impressione è che -qualora la situazione peggiorasse- anche la nostra libertà di movimento nel Continente non sarebbe più così scontata.
25/2/2020
Il resto d'Europa guarda con apprensione all'evoluzione dell'emergenza Coronavirus in Italia. Ma com'è la situazione nei principali Paesi comunitari?
In Francia, dove i casi conclamati al momento sono 12, con una vittima, si ostenta tranquillità. Il Ministero della Salute ha reso noto che 70 strutture ospedaliere sono pronte a fornire posti-letto supplementari, mentre i media riportano come Parigi sia all'11esima posizione tra i Paesi meglio preparati a far fronte ad un'epidemia - l'Italia sarebbe alla 55esima. La Francia deve però recuperare sul fronte dei test diagnostici: dai 400 giornalieri annuncia che amplierà la copertura a diverse migliaia. In Germania i casi sono 16, quasi tutti guariti, ma il virologo Alexander Kekulè ha lanciato ieri l'allarme: occorre cambiare strategia, facendo il tampone non solo ai malati con contatti accertati con persone provenienti dalle zone infette, ma a tutti coloro i quali presentano infezioni alle vie respiratorie, ha detto. Il Ministro della Salute Spahn replica che il Paese è preparato. In Gran Bretagna oltre 6500 i tamponi effettuati, con 9 contagi. Sulla base di questi dati, il Governo Johnson continua a considerare al momento basso il rischio coronavirus. Anche la Spagna, che ha visto ben tre casi importati dall'Italia, afferma di essere preparata all'arrivo del virus.
25/2/2020
"Non concluderemo un accordo a ogni costo. Nei prossimi mesi insisteremo per avere un partenariato giusto ed equilibrato". Cosi' il caponegoziatore europeo per la Brexit, Michel Barnier, al termine del Consiglio che ha adottato il mandato negoziale con il Regno Unito.
Al via ufficialmente da lunedì la partita negoziale tra Bruxelles e Londra sulla nuova partnership commerciale, che entrerà in vigore il primo gennaio, alla fine del periodo di transizione. "Vogliamo una partnership ambiziosa con la Gran Bretagna": questo il messaggio dei Ministri comunitari, dopo il breve summit che ha autorizzato l'avvio delle trattative sulle relazioni future. In soli dieci mesi occorrerà definire un quadro macro, all'interno del quale Europa e Regno Unito dovranno orientare il proprio interscambio. Bruxelles chiede garanzie a Londra su condizioni di parità per arrivare ad una concorrenza aperta ed equa, che sfoci in un accordo di scambio a zero quote e zero dazi. Obiettivo condiviso, questo, almeno sulla carta e da entrambe le parti - ma è sul rischio dumping da parte di un Regno Unito libero dalle normative europee che si giocheranno i prossimi mesi. La Francia insiste affinchè Londra mantenga elevati standard di corrispondenza e allineamento con il Continente: il Governo Johnson, che vede i desiderata di Parigi come un'imposizione inaccettabile, ha approvato quasi contemporaneamente all'Europa la sua strategia negoziale, che presenterà giovedì a Westminster. Obiettivo primario: uscire dalla fase di transizione il primo gennaio.
25/2/2020
Un altro grave fatto di sangue in Germania, dopo la strage di mercoledì scorso ad Hanau, riconducibile ad un estremista di destra. E a choccare il Paese ieri è stata soprattutto l'apparente insensatezza del gesto, sulla natura del quale le stesse autorità si sono divise - la parola "attentato" è stata dosata con estrema precauzione e mille punti di domanda.
Tutto è avvenuto nel primo pomeriggio, quando un 29enne tedesco ha aggirato con la sua berlina le barriere protettive e si è lanciato contro i carri che stavano sfilando per la festa carnevalesca del Rosenmontag. Il tutto a Volkmarsen, paesino di soli settemila abitanti nell'area di Francoforte, un decimo dei quali erano impegnati proprio nella sfilata. Nelle parole di un testimone la dinamica degli avvenimenti. "E' piombato a tutto gas nella folla. Ho avuto l'impressione che abbia ulteriormente accelerato, mentre le persone volavano via come fogli di carta. Ci sono stati due secondi di silenzio assoluto, poi tutti hanno cominciato a urlare". A sera il bilancio era di 30 feriti, un terzo dei quali bambini. Sette in gravi condizioni. Il 29enne non era noto come estremista alla polizia, bensì era conosciuto per reati di violazione di domicilio e aggressione verbale. Ha rischiato il linciaggio da parte della folla. In serata la cancelliera Merkel ha espresso vicinanza ai feriti di Volkmarsen.
24/2/2020
Il crollo elettorale ad Amburgo agita le acque della Cdu tedesca, ponendola in pericolosa rotta di collisione con l'alleato di Governo Spd, che -al contrario- ha limitato lo smottamento nei consensi di cui soffriva da mesi.
Il confronto più duro c'è stato tra la presidente uscente della Cdu Kramp-Karrenbauer e il segretario generale Spd LarsKlingbeil: AKK, come è conosciuta in Germania, ha parlato di una "sporca campagna di diffamazione" da parte dei vertici Spd, che -nelle ultime dichiarazioni- imputavano alla Cdu un atteggiamento ambiguo nei confronti dell'estrema destra Afd, dopo il caos politico scatenato dall'affare-Turingia. Di qui l'attacco: se Klingbeil crede che l'intero vertice della Cdu menta sui rapporti con l'Afd, allora che ritiri il partito dal Governo. L'attacco di AKK potrebbe fungere anche da copertura ad una situazione interna convulsa. La Kramp-Karrenbauer spinge per candidature ufficiali alla sua successione già questa settimana, in modo da spianare la strada ad un congresso straordinario Cdu il 25 aprile. Al momento solo Norbert Roettgen si è messo in lista, mentre il presidente del Nordreno-Vestfalia Laschet, il Ministro della Sanità Spahn e l'ex-capogruppo nel Bundestag Merz sono gli altri papabili. AKK ha tenuto a precisare che tutti e quattro hanno garantito che riconosceranno il risultato di un'elezione che si annuncia molto affollata e potenzialmente divisiva, per un partito che -insieme ad Angela Merkel- potrebbe perdere presto anche la bussola.
24/2/2020
Andiamo in Germania, dove ieri il risultato delle elezioni locali nella città-Stato di Amburgo è stato salatissimo sia per la Cdu della cancelliera, sia per l'estrema destra.
Il conto per il caos Turingia alla fine è arrivato. Questa la lettura che le forze perdenti delle amministrative di Amburgo hanno dato del crollo di liberali, conservatori ed estrema destra nella città anseatica, accomunando le tre forze che -un po' per cinico calcolo, un po' per una somma casuale di fattori- avevano provocato a inizio mese uno scandalo politico in Germania, alleandosi e rompendo un tabù che durava da 70 anni. E così Amburgo, tradizionale roccaforte socialdemocratica, ha premiato il centrosinistra, arginando il calo della Spd, che con il 37,6% resta ampiamente il primo partito, e concedendo il titolo di vincitori morali ai Verdi, seconda forza con il 25,4% dei voti, praticamente raddoppiati rispetto all'ultima elezione. La Cdu della cancelliera Merkel naviga poco sopra il 10%, in calo di un terzo dei consensi, mentre liberali ed estrema destra Afd ballano sul crinale del 5%, limite dirimente per entrare o no nell'assemblea regionale. L'Spd vede quindi per la prima volta una frenata nello smottamento di consensi, e potrà continuare a guidare la città-Stato con i Verdi, astro nascente della politica tedesca. In crisi ora la Cdu, balena bianca disorientata e alla ricerca disperata di un leader che colmi il vuoto che lascerà presto Angela Merkel.
20/2/2020
Ci si prepara a lunghe ore di negoziato a Bruxelles, che sfoceranno forse fin nel weekend, nella battaglia sul bilancio settennale europeo 2021-2027.
Sul tavolo la proposta del presidente europeo Michel, che propone un budget da 1095 miliardi, l'1,074% del Pil comunitario, sul quale si daranno battaglia i Paesi del nord Europa, che chiedono di scendere all'1%, e quelli del centrosud, tra cui l'Italia, che spingono per mantenere un bilancio adeguato, con i fondi per agricoltura e coesione, tradizionali voci di spesa del budget europeo. Al di là dell'aridità delle cifre in ballo, è lo stesso futuro delle politiche comunitarie e il loro impatto sui cittadini ad essere sul tavolo. Le previsioni indicano una probabile fumata nera per questo vertice - lo stesso Michel per ora azzarda solo "possibili progressi nelle prossime ore": tutto resta però possibile.
19/2/2020
Prima ancora che inizino ufficialmente i negoziati sulla nuova partnership commerciale tra Unione Europea e Gran Bretagna, i due blocchi mandano le prime avvisaglie della dura battaglia in arrivo.
Nelle ultime ore è toccato a Londra far capire che nulla sarà più come prima, sul fronte dell’immigrazione Oltremanica. Un nuovo sistema a punti, in partenza il prossimo primo gennaio, impedirà l’ottenimento di visti lavorativi agli europei scarsamente qualificati. Dal 2021 il nuovo visto di lavoro britannico sarà concesso solo ai richiedenti che abbiano conseguito un minimo di 70 punti. Punti che verranno attribuiti sulla base di diversi fattori: un’offerta di lavoro da almeno 25mila 600 sterline l’anno, un titolo di studio elevato specifico (come il Phd.), una qualificazione per i settori con carenza occupazionale nel Regno Unito, fino alla buona conoscenza dell'inglese. Eccezioni e facilitazioni sono previste per lavori quali ingegnere civile, infermiere e psicologo, dove la carenza di manodopera locale renderà le condizioni di ingresso meno stringenti. E per coprire la carenza di manodopera nei settori meno qualificati il Governo Johnson chiede alle aziende britanniche di fare leva sugli otto milioni di inattivi residenti nel Paese. Comunque vada, una cosa è chiara: cercare opportunità Oltremanica dal prossimo anno sarà molto più complicato per gli europei.
18/2/2020
Nuovo test di credibilità per l’Europa nella crisi libica: dopo aver chiuso la missione Sophia, i Ministri degli Esteri comunitari hanno annunciato il varo ieri di una nuova missione comunitaria.
Cambia pelle la missione Sophia, che chiuderà i battenti a fine marzo per essere sostituita da una nuova missione comunitaria al largo della Libia, dagli obiettivi differenti. Non più lotta al traffico di esseri umani, che dovrebbe divenire un’eventualità, ma l’attuazione dell’embargo Onu sul traffico di armi, che sta alimentando la guerra tra i due eserciti che si contendono il Paese. Ad annunciare la svolta il Ministro degli Esteri Di Maio, al termine del summit dei diplomatici comunitari. Di Maio ha spiegato che la nuova missione opererà lungo le coste orientali della Libia, dove è più intenso il traffico di armi - e si bloccherà nella sua componente navale, non appena dovesse verificarsi un nuovo incremento nelle partenze dalle coste. Questo, per evitare l’effetto-calamita sui migranti, che aveva azzoppato Sophia. L’Alto Rappresentante Europeo Borrell ha parlato di una decisione all’unanimità, qualcosa di impossibile solo poche ore prima. Per Borrell, che auspica un avvio della missione tra quaranta giorni, “le navi europee potranno fermare imbarcazioni sospettate di trasportare armi e truppe”. Soddisfatta pure l’Austria, grande detrattrice di Sophia, che definisce la nuova missione “militare”, non umanitaria. Resta invece aperta la discussione sugli eventuali salvataggi in mare dei migranti: per Di Maio potrebbero o venire accolti dal Paese della nave che li intercetta, oppure si potrebbe optare per una rotazione dei porti.
17/2/2020
Una nuova missione europea al largo della Libia, che attui l’embargo Onu sulle armi che continuano ad affluire verso le due parti in guerra - senza però rischiare un “effetto calamita”, a beneficio dei trafficanti di uomini.
Ad annunciarla il Ministro degli Esteri Di Maio, al termine del vertice dei diplomatici comunitari, confermando una anticipazione che lui stesso aveva fatto filtrare poche ore prima. Finisce dunque Sophia, percepita da Austria e Ungheria come un incentivo alle partenze dei migranti. Di Maio ha spiegato che la nuova missione opererà lungo le coste orientali della Libia, dove è più intenso il traffico di armi - e si bloccherà nella sua componente navale, non appena dovesse verificarsi un nuovo incremento nelle partenze dalle coste. Sorpreso l’Alto Rappresentante Europeo Borrell, che parla di “una decisione all’unanimità, impossibile solo poche ore prima”. Secondo Borrell, che auspica un avvio della missione tra quaranta giorni, “le navi europee potranno fermare imbarcazioni sospettate di trasportare armi e truppe”. Soddisfatta pure l’Austria, che parla di missione militare e non umanitaria. Resta invece aperta la discussione sugli eventuali salvataggi in mare dei migranti: per Di Maio potrebbero o venire accolti dal Paese della nave che li intercetta, oppure si potrebbe optare per una rotazione dei porti.
14/2/2020
Fanalino di coda in Europa, dietro anche a Francia e Germania, che zoppicano sotto il peso della frenata del manifatturiero e del calo della produzione industriale.
I soli tre decimali di crescita previsti quest'anno in Italia collocano il nostro Paese in fondo alla classifica comunitaria, con Parigi e Berlino che -pur asfittiche- registrano un incremento pari a quasi quattro volte il nostro: +1,1%. Il Belpaese dovrebbe portare a +0,6% la crescita il prossimo anno. Se è vero, come scrive Bruxelles, che consumi e reddito di cittadinanza spingono il nostro anemico Pil sopra lo zero, aiutati da una ridotta incertezza politica, l'allentamento del mercato del lavoro e il rallentamento degli investimenti delle aziende non aiutano. Oltre al problema debito. Il Ministro dell'Economia Gualtieri vede il bicchiere mezzo pieno: "a gennaio produzione industriale e Pil dovrebbero salire", rilancia: più tardi anche via XX Settembre invita ad aspettare i nuovi dati per una valutazione più equilibrata dello stato di salute della nostra economia. Da Bruxelles infine arriva anche l'avvertimento sul potenziale impatto del Covid-19: qualora il coronavirus raggiungesse il suo picco e si esaurisse nel primo trimestre dell'anno le conseguenze sull'economia europea sarebbero limitate. In caso contrario, il quadro potrebbe cambiare completamente.
14/2/2020
"Non ho avuto altra scelta che dimettermi": così l'ormai ex-Cancelliere dello Scacchiere britannico Sajid Javid ha commentato ieri la sua fragorosa uscita di scena, che ha dato l'idea della post-Brexit Britain che il premier Boris Johnson sta disegnando a livello di Governo.
Un esecutivo dove il dissenso, rispetto alla linea di Johnson e del suo Rasputin Dominic Cummings non è più tollerato - soprattutto dopo il trionfo elettorale di dicembre, che gli ha regalato una maggioranza assoluta a Westminster. Javid, messo di fronte alla scelta di restare, licenziando il suo staff di consiglieri al Tesoro, oppure di andarsene, non ha avuto dubbi. E ha fatto le valigie, sostituito dal numero 2 alle Finanze, Rishi Sunak. Che si troverà un team nuovo fiammante di consiglieri economici, che graviteranno nell'orbita sua e di Downing Street - a conferma dei lunghi tentacoli che Johnson sta allungando verso i cordoni della borsa del Paese. Tra un mese Londra varerà la sua prima manovra post-Brexit, e il premier vuole essere sicuro che sia allineata al suo credo. Fuori dal Governo altre voci non sempre allineate, come Andrea Leadsom, in un rimpasto che ha inaugurato ieri un anno da vivere pericolosamente, a livello politico - in primo piano la trattativa con l'Europa per la nuova partnership economico-commerciale che si preannuncia infuocata.
13/2/2020
La Commissione Europea ha lasciato invariate le stime di crescita per la zona Euro e per la Unione a 27: nel 2020-2021 saliranno rispettivamente dell'1,2% e dell'1,4%. "La crescita prosegue con passo costante e moderato", afferma Bruxelles. Cattive notizie per il nostro Paese.
Italia vagone di coda della crescita europea, nelle previsioni economiche invernali della Commissione, che ha rivisto al ribasso le stime per la Penisola, portandole a soli tre decimali in più quest'anno e a sei il prossimo, abbassando di un decimale le previsioni pubblicate a novembre. Non se la passano meglio gli altri due bigeuropei, Francia e Germania, il cui 1,1% di crescita nel 2020 è però quasi quattro volte superiore al nostro. Da Bruxelles un apprezzamento al reddito di cittadinanza, che aiuta i consumi, anche se l'attesa è per una solo moderata risalita dei redditi e una perdurante -elevata- propensione al risparmio. La Commissione invita a ridurre l'incertezza politica, per sostenere il Pil. Da Bruxelles l'avvertimento sul potenziale impatto del Covid-19: qualora il coronavirus raggiungesse il suo picco e si esaurisse nel primo trimestre dell'anno l'impatto sull'economia europea sarà limitato. In caso contrario, le conseguenze potrebbero essere ben diverse. Nel pomeriggio la prima reazione dal Ministero delle Finanze, che -pur riconoscendo i dati deludenti dell'ultimo trimestre 2019- invita a ad aspettare quelli sull'attività dei servizi e sulla produzione industriale per poter procedere ad una valutazione equilibrata sulla nostra economia.
6/2/2020
L'onda sismica dell'indignazione popolare ha portato al terremoto nella politica tedesca, con le dimissioni del controverso neoGovernatore della Turingia, il liberale Thomas Kemmerich. Che ha già stabilito un record: presidente di Land per un solo giorno.
Determinante l'intervento della cancelliera Merkel, entrata di prepotenza nella crisi politica dal Sudafrica: la Merkel ha definito l'elezione di Kemmerich "imperdonabile", e ha parlato di "un brutto giorno per la democrazia". Il pasticciaccio è successo mercoledì, quando -a sorpresa, nella terza votazione a maggioranza semplice- Kemmerich ha sconfitto per un solo voto di differenza il Governatore uscente Ramelow, della Linke, che aspirava a guidare un esecutivo di minoranza. Oltre ai voti del suo partito Fdp e a parte di quelli della Cdu, Kemmerich ha ottenuto quelli dell'estrema destra Afd. rompendo un tabù che durava dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dopo un primo goffo tentativo di restare in sella appellandosi all'arco politico costituzionale, Kemmerich ha dovuto fare marcia indietro, riconoscendo che "i partiti democratici hanno bisogno di maggioranze democratiche, che nel Parlamento della Turingia evidentemente non sono possibili". La situazione era ormai fuori controllo, al punto che lo stesso leader liberale Lindner è volato in Turingia per resettare tutto. Il Land si avvia ora ad elezioni anticipate.
6/2/2020
E' bufera politica in Germania, dopo l'elezione ieri del nuovo presidente del Land della Turingia, grazie ai voti dell'estrema destra dell'Afd.
"Imperdonabile". Così la cancelliera Angela Merkel ha definito l'elezione del liberale Thomas Kemmerlich a presidente della Turingia. Il risultato va "revocato, è stato un brutto giorno per la democrazia", ha aggiunto la Merkel, visibilmente furibonda per una prima assoluta che ha choccato non solo il Land, ma l'intero Paese, guadagnandosi le aperture di giornali e telegiornali. "La Cdu non puo' fare parte di un Governo che ha l'appoggio esterno della Afd. Questo ha "infranto i valori e i principi del partito", ha incalzato la cancelliera. Il tabù è stato rotto ieri, quando -per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale- il ministro-presidente di uno Stato regionale e' stato eletto grazie ai voti dell'estrema destra. Come se non bastasse, alla vittoria del candidato del partito liberale Fdp, Thomas Kemmerich, ha contribuito persino una parte dei voti della Cdu, creando imbarazzo nel partito della Merkel. La vittoria di Kemmerich si e' giocata su un solo voto di vantaggio: 45, contro i 44 del candidato della Linke, il Governatore uscente Bodo Ramelow, la cui rielezione appariva scontata, pur con un Governo di minoranza.
5/2/2020
Bruxelles lancia la revisione del patto di stabilità, a una decade di distanza dalla crisi finanziaria che ha portato all'irrigidimento delle regole comunitarie in materia di conti pubblici: la Commissione Europea, su iniziativa dei Commissari Gentiloni e Dombrovskis, ha lanciato una proposta di riesame delle normative che regolano il patto, divenuto negli anni troppo complesso e poco trasparente.
Se è vero, come sostiene Bruxelles, che le regole europee in materia di bilancio hanno in parte aiutato la correzione degli squilibri e aumentato la difesa contro gli choc finanziari, allo stesso tempo il debito resta elevato in alcuni Paesi e -spesso- l'impostazione di politica di bilancio e' stata pro-ciclica. Inoltre, i conti pubblici non risultano abbastanza orientati alla crescita. E questo è il vero obiettivo della revisione: puntare all'espansione economica, piuttosto che alla mera stabilità dei conti. Bruxelles ha per ora avviato un dibattito, che durerà mesi e sarà allargato a tutta la società europea, tenendo conto delle profonde spaccature esistenti sulla questione tra i Paesi rigoristi del Nord e i Paesi del sud del Continente, quali il nostro. L'obiettivo: allargare le maglie della flessibilita' per gli investimenti 'verdi', e semplificare i parametri di riferimento, concentrandosi sui limiti alla spesa pubblica. La consultazione si chiuderà a fine anno, quando Bruxelles varerà una proposta più definita.
3/2/2020
Sono stati sufficienti tre giorni per riaccendere le tensioni tra Gran Bretagna e Unione Europea, dopo la conclusione di Brexit. Nell'atteso discorso sui negoziati futuri tra Londra e Bruxelles, che inizieranno a marzo per concludersi in autunno, il premier Boris Johnson ha chiaramente indicato la strada di un trattato di libero scambio con l'Unione Europea sul modello canadese, che prevede l'eliminazione della maggior parte dei dazi tra i due blocchi, ma che non sopprimerebbe del tutto i controlli Iva e doganali.
Johnson ha usato toni duri, come da programma: "la scelta è fra accordo o non accordo", ma -soprattutto- ha minacciato che non ci sarà alcun allineamento alle regole e alle normative comunitarie, a partire dal prossimo gennaio. "Le dichiarazioni di Boris Johnson non mi impressionano", ha fatto eco da Bruxelles il caponegoziatore europeo Michel Barnier, rimandando al testo della dichiarazione politica sulle relazioni future, sottoscritta dalle due parti prima di Brexit: "quello che mi interessa e' la prospettiva. Abbiamo un testo preciso, concordato dalle due parti" - ha sottolineato Barnier, che ha detto di essere pronto ad offrire a Londra un accordo a tariffe e dazi zero su tutte le merci, insieme ad un accordo ambizioso sui servizi. Il punto è sempre lo stesso, però: l'Europa chiede in cambio un allineamento del terreno di gioco commerciale. Londra per ora replica picche. Il tempo negoziale scorre impietoso.
3/2/2020
Torna l’allerta terrorismo in Gran Bretagna: a Streatham, periferia sud di Londra, la polizia britannica ha ucciso un uomo nel primo pomeriggio di ieri, dopo che questo aveva pugnalato due persone lungo la strada principale del sobborgo.
Una terza persona è rimasta ferita in modo lieve, probabilmente colpita da schegge di vetro durante la sparatoria. La Metropolitan Police ha definito l’attacco di matrice islamista. Tutto si è svolto molto rapidamente: l’uomo ha cominciato a brandire un machete contro i passanti, indossando quello che poteva apparire come un giubbotto esplosivo – rivelatosi poi falso. Rapida la reazione delle forze dell’ordine, giunte sul posto: prima hanno cercato di far desistere l’assalitore, inseguendolo, poi -per evitare rischi maggiori, nel timore di utilizzo di esplosivi- lo hanno ucciso. Si è successivamente saputo che l’uomo era già sotto sorveglianza delle forze dell’ordine, dopo aver finito di scontare lo scorso mese un anno e mezzo di carcere per aver disseminato materiale terroristico. Non è purtroppo il primo attacco di questo tipo a colpire la capitale britannica: l’ultimo a novembre, con due vittime, mentre è ancora ben viva la memoria delle otto vittime sul London Bridge tre anni fa. In serata il premier Boris Johnson ha annunciato che oggi il Governo annuncerà nuove misure di prevenzione relative ai condannati per reati di terrorismo. AncheGand, in Belgio, è stata teatro di ieri di un episodio simile: una donna, ha attaccato due persone con un coltello in strada. L'autrice dell'attacco e' stata ferita alla mano dalla polizia, che ha aperto il fuoco per fermarla.
3/2/2020
Ancora un attacco all’arma bianca a Londra: a Streatham, periferia sud della capitale, la polizia britannica ha ucciso nel primo pomeriggio di ieri un uomo, dopo che questo aveva pugnalato due persone. Una terza persona è rimasta ferita in modo lieve, probabilmente colpita da schegge di vetro durante la sparatoria.
La Metropolitan Police ha definito l’attacco di matrice islamista. L’uomo ha cominciato a brandire un machete contro i passanti lungo la strada principale del sobborgo londinese, indossando quello che poteva apparire come un giubbotto esplosivo – rivelatosi poi falso. Rapida la reazione delle forze dell’ordine, giunte sul posto: prima hanno cercato di far desistere l’assalitore, inseguendolo, poi -per evitare rischi maggiori, nel timore di utilizzo di esplosivi- lo hanno ucciso. Si è successivamente saputo che l’uomo era già sotto sorveglianza delle forze dell’ordine, dopo aver finito di scontare lo scorso mese un anno e mezzo di carcere per aver disseminato materiale terroristico. “I terroristi cercano di dividerci, di distruggere la nostra convivenza”, ha detto il sindaco di Londra Sadiq Khan, aggiungendo: “non glielo permetteremo”. Anche Gand, in Belgio, è stata teatro di ieri di un episodio simile: una donna ha attaccato due persone con un coltello per strada. L'autrice dell'attacco e' stata ferita alla mano dalla polizia, che ha aperto il fuoco per fermarla.
31/1/2020
Francia ed Europa guardano con rammarico all’addio del partner britannico, rassicurando che -nell’immediato- nulla cambia.
A ribadirlo nella sua visita mattutina al porto di Calais il Ministro dell’Interno francese Cristophe Castaner, che -nel giorno di Brexit- ha passato in rassegna le infrastrutture portuali, assicurando che fino a fine dicembre le formalità doganali e d’espatrio verso la Gran Bretagna resteranno immutate, e che le autorità francesi sono pronte ai cambiamenti che inevitabilmente si presenteranno il prossimo anno. A Bruxelles intanto i tre presidenti delle istituzioni europee si congedavano dall’ex-alleato. Il presidente dell’Europarlamento Sassoli ha definito la Brexit una “ferita per l’Europa”, poi ha guardato al futuro con ottimismo. “Vogliamo il miglior partenariato possibile col Regno Unito, ma non sara' buono come l’appartenenza", ha riconosciuto la presidente della Commissione Von Der Leyen, mentre per il presidente del Consiglio Michel l’Unione ha le idee chiare “su quanto vuole fare: agenda digitale, Green Deal, sicurezza, difesa dei valori e delle liberta'". Rammaricato il commento da Berlino: "l'addio del Regno Unito e' una cesura per l'Europa", ha detto il portavoce della cancelliera Merkel.
31/1/2020
Ultimo giorno della Gran Bretagna all’interno dell’Unione Europea. Alle 23 di oggi ora locale, la mezzanotte in Italia, la bandiera europea sarà ammainata su tutti gli edifici pubblici Oltremanica. Ed il Regno Unito diverrà formalmente un Paese extracomunitario.
Chi andrà in piazza con Nigel Farage a Westminster, chi osserverà il countdown finale proiettato sulla facciata di Downing Street, dopo aver ascoltato il discorso alla nazione del premier Johnson, chi ballerà a qualche party esclusivo dei Brexiteers più in vista, chi affogherà gioia o tristezza in qualche pub, infine chi resterà mogio a casa con un bicchiere di champagne in mano. Perché, come diceva Churchill, “nella vittoria me lo merito, nella sconfitta ne ho bisogno”. Comunque vada, sarà una Brexit senza troppe fanfare quella cui si prepara la Gran Bretagna. Non suonerà neppure il Big Ben: troppo costoso, ora che è in fase di restauro. La ragione è semplice: Boris Johnson vuole sanare le divisioni che hanno spaccato il Paese negli ultimi tre anni e mezzo. Esagerare nei festeggiamenti significherebbe spargere sale sulle ferite di quella metà del Regno che si è strenuamente opposta all’uscita dall’Unione Europea. Senza dimenticare il rischio di implosione della nazione, con la Scozia che minaccia un nuovo referendum di indipendenza e ha deciso che sul suo Parlamento resterà la bandiera europea. Non si sa bene a quale titolo. Da stanotte la Gran Bretagna sarà a tutti gli effetti un Paese terzo, anche se -grazie al periodo di transizione concordato fino a dicembre- non cambierà nulla nella libertà di movimento e circolazione delle merci. Altra musica da gennaio del prossimo anno, qualora i due blocchi non trovassero un’intesa nei negoziati che si apriranno a fine febbraio. La prossima settimana Johnson dovrebbe annunciare che Londra è pronta a deviare dagli standard europei, aprendo la porta a commerci meno fluidi, con dazi e dogane. Brexit non è affatto finita.
29/1/2020
Una crescita intorno allo 0,5% per il 2020, e tra lo 0,6 e lo 0,7% nei prossimi anni, al livello piu' basso dell'intera Unione Europea. E' quanto prevede il Fondo monetario Internazionale nel suo rapporto sull'Italia, alla luce di una "debole crescita potenziale".
"L'avverarsi di shock, come un'escalation delle tensioni commerciali, una frenata negli scambi con i principali patner o eventi geopolitici -avverte l'Fmi - potrebbero però comportare prospettive molto piu' deboli". Dal punto di vista del deficit, il Fondo prevede per Roma un valore intorno al 2,4% del Pil nel 2020" e poi in lieve calo, mentre il debito restera' vicino al 135% nel medio termine, prima di salire sul lungo termine a causa della spesa pensionistica. L'Fmi dispensa indicazioni al nostro Paese: l'Italia puo' puntare a tagliare ulteriormente il cuneo fiscale, che al 48% e' molto piu' alto del 42% della media comunitaria, ampliando la base imponibile Iva, mettendo mano alle rendite catastali e proseguendo nella lotta all'evasione fiscale. Infine, il Fondo suggerisce di cogliere l'occasione dei bassi tassi di interesse per realizzare un pacchetto di riforme in grado di aumentare il tasso di crescita e migliorare la flessibilita'. Riforme per togliere le barriere alla concorrenza, il rigido meccanismo della contrattazione salariale, le inefficenze del settore pubblico e del sistema giudiziario. Liberalizzare i mercati e decentralizzare la contrattazione salariale sono le priorita', chiosa l'Fmi.
28/1/2020
Primo ostacolo nel cammino post-Brexit della Gran Bretagna: in scena è andato lo scontro aperto con l'alleato americano sulla partecipazione cinese alle cruciali infrastrutture tecnologiche Oltremanica.
Come previsto, il Governo di Boris Johnson ha deciso di ignorare le pressioni di Washington, autorizzando un ruolo limitato per il colosso Huaweiall'interno delle reti di nuova generazione 5G. "Siamo delusi", ha ammesso una fonte dell'amministrazione Trump, secondo cui non c'è alcuna opzione di sicurezza. "Sono fornitori di cui non ci si può fidare". Meno preoccupati i britannici, che hanno riunito il Consiglio di Sicurezza Nazionale, prima di varare la decisione. La partecipazione diHuawei verrà limitata: l'azienda cinese non sarà coinvolta nella componentistica dei server, dovrà sottostare ad un tetto massimo pari al 35% delle forniture per il 5G, e non potrà operare nei pressi di basi nucleari o siti militari. Positivo il commento di Victor Zhang, vicepresidente di Huwaei, che parla di "decisione rassicurante". Sullo sfondo, si staglia lo scontro tra Europa e Stati Uniti per la realizzazione delle infrastrutture 5G: Washington ha provato a fare leva fino all'ultimo sull'alleato britannico, grazie alla relazione speciale con Londra e alla sua imminente uscita dall'Unione Europea. Ma invano: Downing Street preferisce rendere prioritarie le nuove infrastrutture tecnologiche, rispetto al futuro trattato commerciale con Washington. E potrebbe pagarne le conseguenze nei prossimi mesi, quando inizieranno i negoziati con gli Stati Uniti.
25/1/2020
"Un momento fantastico per il Paese": il premier britannico Boris Johnson ha festeggiato così ieri la firma apposta sull'accordo di divorzio che -in mattinata- era stato già vidimato a Bruxelles dai leader dell'Unione Europea.
"Questo chiuderà anni di lotte e divisioni", ha chiosato Johnson con un messaggio di speranza alla nazione, dopo tre anni e mezzo di Paese spaccato a metà. Il testo dello storico accordo di divorzio, il primo nella storia dell'Unione Europea, attraverserà per l'ultima volta il Canale della Manica per tornare a Bruxelles, dove sarà conservato, mentre una copia resterà a Londra. A questo punto resta l'ultima formalità: il voto di ratifica di mercoledì al Parlamento Europeo, che non regalerà sorprese. Tra una settimana esatta la Gran Bretagna sarà già fuori dall'Unione Europea: l'uscita è infatti programmata allo scoccare della mezzanotte italiana fra venerdì 31 gennaio e sabato primo febbraio. Premesso questo, nessuno noterà grandi cambiamenti, almeno fino al 31 dicembre: la libertà di movimento Oltremanica sarà assicurata per 11 mesi, Londra resterà nel mercato unico e doganale europeo, e sarà soggetta a tutte le normative comunitarie. L'unica differenza tangibile sarà che nessun rappresentante britannico siederà dal prossimo mese nelle istituzioni di Bruxelles. A fine febbraio partiranno le trattative più difficili, per delineare un accordo di partenariato tra i due blocchi, che entrerà in vigore il primo gennaio 2021. E quella sarà a tutti gli effetti la vera data di Brexit. Quando viaggiare verso Londra potrebbe persino assomigliare ad un viaggio per New York, in quanto a formalità.
24/1/2020
Francia ancora in piazza per protestare contro la riforma delle pensioni. Quasi 400mila persone hanno manifestato oggi a Parigi e un milione e 300mila in tutto il Paese, secondo i sindacati, anche se le autorità ridimensionano questi numeri.
Resta quindi aperto il fronte tra Governo e sindacati sulla riforma, presentata proprio nelle ultime ore in Consiglio di Ministri, prima del suo passaggio in Parlamento per la battaglia finale. Il premier Philippe ha annunciato per giovedì prossimo una conferenza sul finanziamento del futuro sistema pensionistico, che coinvolgerà le parti sociali, al fine di studiare come reperire i 12 miliardi che dovrebbero garantire l'equilibrio nei conti previdenziali. Secondo la Ministra per la Salute Buzyn la cosiddetta "eta' d'equilibrio", uno dei provvedimenti piu' controversi della riforma dpensinistica, "resta" iscritta nel progetto di legge, anche se l'esecutivo ha rinunciato ad applicarla dal 2022. I sindacati transalpini annunciano nuove mobilitazioni per mercoledì.
23/1/2020
Una crescita dell'Eurozona che continua, ma a passo moderato - a pesare soprattutto la debolezza del settore manifatturiero.
La presidente Bce Christine Lagarde chiude così il primo Consiglio Direttivo dell'anno a Francoforte, anticipando che i tassi della Banca Centrale Europea resteranno "sui livelli attuali, o piu' bassi, finche' le prospettive dell'inflazione convergeranno robustamente vicino al 2%". Mentre il Quantitative Easing, ripreso a inizio novembre, "continuera'finche' servira'". Francoforte, che ha lasciato il tasso principale fermo a zero, ha comunicato di aver deciso l'avvio di un riesame della strategia di politica monetaria. Un riesame che, secondo la Lagarde, sarà ad ampio raggio e durerà per tutto quest'anno. La Lagarde ha toccato in conferenza stampa diverse questioni, quali il clima - "èresponsabilita' di tutti combattere i cambiamenti climatici, la questione sarà presa in considerazione durante la revisione della nostra strategia". La crisi commerciale: "la Bcemonitorera' con grande attenzione le vicende sul commercio internazionale". Fino al tema del debito, che affligge Paesi come l'Italia: "i Paesi piu' indebitati dell'Eurozona devono perseguire politiche di bilancio prudenti", ha detto.
18/1/2020
Il caso è esploso in settimana, ma le onde sismiche dello scandalo si sono riverberate fin nel weekend a Bruxelles.
La notizia bomba, diffusa dal settimanale Der Spiegel, è che la magistratura tedesca starebbe indagando su tre cittadini tedeschi, tra cui un ex-alto diplomatico europeo, per spionaggio a favore della Cina. I nomi non sono stati diffusi, ma è stato reso noto che l'ex-diplomatico lavorerebbe attualmente per una societtà di lobby, come pure gli altri due sospettati coinvolti nel caso. Nello specifico, due dei tre indiziati avrebbero passato informazioni di carattere privato e commerciale alle autorità cinesi, mentre il terzo sarebbe stato pronto a farlo. Perquisizioni sarebbero state compiute a Berlino, Bruxelles e nei Laender tedeschi di Baviera e del Baden-Wuerttemberg. Secondo Der Spiegel, l'ex-funzionario avrebbe ricoperto incarichi di responsabilità in passato alla Commissione Europea, prima di passare al Servizio per l'Azione Esterna, il braccio diplomatico dell'Unione. Il caso conferma come Bruxelles sia ormai diventata la capitale europea anche dello spionaggio internazionale, con un ruolo di interferenza di Pechino sempre maggiore. Soprattutto, la notizia ha riaperto il dibattito sulle limitazioni da imporre agli ex-dipendenti delle istituzioni comunitarie, soprattutto quando questi passano a lavorare per la miriade di lobby che affollano ormai la città belga. I cui referenti possono non sempre essere limpidi e trasparenti.
15/1/2020
Una buona e una cattiva notizia, per l'economia tedesca. Quella buona: prosegue, per il decimo anno consecutivo, il trend di crescita.
Quella cattiva, e forse più pesante, sotto il punto di vista del peso specifico: la percentuale di incremento non è mai stata così bassa da sei anni a questa parte. Per il Pil teutonico solamente un +0,6% nel 2019, ben al di sotto del 2018, quando salì dell'1,5%. E ancora più giù rispetto al 2017, quando le statistiche rilevarono un +2,5%. A pesare un mix di ingredienti non solo interni, ma anche internazionali, quali le crisi commerciali, il caos Brexit prolungatosi lo scorso anno, e la crisi del settore auto. A spingere l'economia sono stati soprattutto i consumi interni e l'edilizia, mentre l'industria -su tutti automobili, meccanica, elettronica e chimica- ha mostrato la corda e segni di stanchezza. Chi continua a festeggiare sono invece le casse pubbliche: nel 2019 lo Stato tedesco nel suo complesso, includendo Laender e municipalità, ha registrato un surplus di bilancio pari a 49,8 miliardi di euro - l'1,5% del Pil. Maggiori entrate fiscali e tassi bassi il segreto di questi ottimi risultati.
14/1/2020
Un maxipiano da mille miliardi di euro in dieci anni, per rendere l'economia europea ecosostenibile e a zero emissioni entro il 2050.
La Commissione ha presentato in plenaria all'Europarlamento il Green Deal, perno centrale del nuovo esecutivo comunitario Von Der Leyen. La cifra proverrà per metà dal prossimo bilancio comunitario settennale, quasi 300 miliardi dovrebbero venire mobilitati dal piano InvestEU -l'ex-piano Juncker- e 114 miliardi dai cofinanziamenti degli Stati membri. Un ruolo importante lo avrà la leva finanziaria privata -proprio sul modello del piano Juncker- e il coinvolgimento della Banca Europea per gli Investimenti. Infine, 100 miliardi saranno destinati al meccanismo di transizione, strumento ideato per sostenere la decarbonizzazione dell'industria europea e la riqualificazione dei lavoratori - per l'Italia potrebbero arrivare quattro miliardi. "Si tratta solo del primo passo - avremo bisogno del sostegno di tutti gli attori coinvolti", ha detto il Commissario all'Economia Paolo Gentiloni, che ha aperto alla possibilità di rivedere e correggere la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato. Gentiloni ha anticipato che la prossima revisione del quadro delle regole di bilancio comunitarie terrà conto degli investimenti pubblici sostenibili, senza azzardare un loro sfilamento dai parametri di Maastricht. Gentiloni ha aperto ad un utilizzo del meccanismo di transizione per l'Ilva di Taranto, ma è stato esplicito nel dire che da solo non risolve certamente il problema.
14/1/2020
Mille miliardi in dieci anni, per rendere l'economia europea ecosostenibile e a zero emissioni entro il 2050.
La Commissione ha presentato in plenaria all'Europarlamento il Green Deal, perno centrale del nuovo esecutivo comunitario Von Der Leyen. La cifra proverrà per metà dal bilancio comunitario, quasi 300 miliardi dovrebbero venire mobilitati dal piano InvestEU -l'ex-piano Juncker- e 114 miliardi dai cofinanziamenti degli Stati membri. Un ruolo importante lo avrà la leva finanziaria privata -proprio sul modello del piano Juncker- e il coinvolgimento della Banca Europea per gli Investimenti. Infine, 100 miliardi saranno destinati al fondo di transizione, strumento ideato per sostenere la decarbonizzazione dell'industria europea e la riqualificazione dei lavoratori, soprattutto nei Paesi dell'Est Europa. Bruxelles intende mobilitare a questo fine sette miliardi e mezzo fin dal prossimo anno - secondo il presidente dell'Europarlamento Sassoli l'Italia potrebbe beneficiarne nella misura di 4 miliardi, con un'attenzione particolare alla riconversione ecologica dell'ex-Ilva di Taranto. Intervenendo in plenaria, il vicepresidente della Commissione Timmermans si è rivolto proprio ai lavoratori che potranno subire gli effetti della riconversione industriale in chiave "verde": "questo fondo di transizione è un impegno dell'Europa a stare al vostro fianco in questo periodo di cambiamento". Per il futuro invece occorrerà valutare un incremento ulteriore degli investimenti verdi, una revisione degli aiuti di Stato che agevoli gli investimenti green, e possibilmente una golden rule per esentarli dai parametri di Maastricht.
14/1/2020
E' stato il giorno del ritorno dell'ex-presidente catalano Carles Puigdemont, con un annuncio a sorpresa -in serata- destinato a riaprire la crisi catalana: Puigdemont ha affermato che intende tornare molto presto a Barcellona, abbandonata alla fine dell'ottobre 2017, dopo la proclamazione simbolica della Repubblica Catalana e l'applicazione del commissariamento della Generalitat da parte dell'allora Governo Rajoy.
Puigdemont ha preso ieri il suo posto come eurodeputato a Strasburgo, insieme all'altro politico Toni Comin, e dal palcoscenico europeo ha attaccato la giustizia spagnola, che ha impedito all'altro politico indipendentista -nonchè suo ex-vicepresidente- Oriol Junqueras di poter prendere possesso del seggio comunitario, in quanto condannato in primo grado a 13 anni di carcere per sedizione. "Continueremo a lottare sino a quando Junqueraspotra' ritornare nella sua casa", ha dichiarato Puigdemont, che ha accusato la Spagna di non rispettare più lo stato di diritto europeo. E ha sottolineato come la crisi catalana sia ormai una crisi continentale. Intanto a Madrid il premier Sanchez proporrà oggi come procuratore generale dello Stato l'ex-Ministra della Giustizia Dolores Delgado: una mossa che potrebbe distendere i rapporti con Barcellona, allentando la tenaglia giuridica contro i separatisti - i giudici spagnoli hanno fin qui punito duramente gli indipendentisti, a costo di finire in diretto contrasto con i pronunciamenti dei colleghi tedeschi, belgi, britannici ed europei.
14/1/2020
Un via libera sostanziale, ma con una tabella di marcia condivisa: al termine di un confronto in famiglia nella tenuta di Sandringham, nel Norfolk, Buckingham Palace ha definito "costruttivi" i colloqui tra la Regina, il principe Carlo e i due fratelli William ed Harry, sul futuro della coppia dei duchi di Sussex, dopo il loro annuncio choc della scorsa settimana, quando rivelarono di voler iniziare una nuova vita, lontani da Corte.
Sul loro status futuro non è stata presa ancora alcuna decisione ufficiale - la Regina Elisabetta ha anticipato che sarà presa nei giorni a venire, ma la prima indicazione è che per Harry e Meghan si apre un periodo di transizione, a cavallo tra Canada e Gran Bretagna, prima che la coppia possa prendere il largo verso nuovi orizzonti professionali. "Avremmo preferito che i duchi di Sussex rimanessero membri a tempo pieno della Famiglia Reale", sottolinea Buckingham Palace, "ma rispettiamo e comprendiamo il loro desiderio di vivere una vita più indipendente come famiglia, pur rimanendo parte della nostra famiglia". Questo mentre la giornata di ieri stata segnata dall'articolo del quotidiano The Times, che ha insinuato un atteggiamento di bullismo da parte di William verso la coppia Harry-Meghan, con il fratello maggiore che -dopo aver mal digerito l'arrivo in famiglia dell'attrice americana- avrebbe costantemente messo in riga i duchi di Sussexsul loro posto tra i Reali. L'indiscrezione ha provocato una reazione molto dura da parte dei fratelli, che in un comunicato congiunto hanno definito queste insinuazioni "false e offensive".
13/1/2020
Colloqui "costruttivi": l'atteso vertice di famiglia a Sandringham, tra la Regina Elisabetta, i fratelli William ed Harry, e il padre Carlo, si chiude con un comunicato della regnante, che punta a proiettare all'esterno un'immagine di unità famigliare.
Nessuna decisione definitiva per il momento, circa lo status futuro dei duchi di Sussex Harry e Meghan - Elisabetta anticipa che sarà presa nei giorni a venire, ma la prima indicazione è che ci sarà un periodo di transizione, tra Canada e Gran Bretagna, prima che la coppia possa prendere il largo verso nuovi orizzonti professionali. "Avremmo preferito che i duchi di Sussex rimanessero membri a tempo pieno della Famiglia Reale", sottolinea Buckingham Palace, "ma rispettiamo e comprendiamo il loro desiderio di vivere una vita più indipendente come famiglia, pur rimanendo parte della nostra famiglia". Dalla Regina dunque un via libera sostanziale alla decisione del nipote, ma senza strappi - il percorso di allontanamento sarà graduale e condiviso. Questo mentre la giornata era stata segnata dall'articolo del quotidiano The Times, che insinuava addirittura un atteggiamento di bullismo da parte di William verso la coppia Harry-Meghan, con il fratello maggiore che -dopo aver mal digerito l'arrivo in famiglia dell'attrice americana- avrebbe costantemente messo in riga i duchi di Sussex sul loro posto in famiglia. L'indiscrezione ha provocato una reazione molto dura da parte dei fratelli, che in un comunicato congiunto hanno definito queste indiscrezioni "false e offensive".
11/1/2020
"Impegnarsi prima che sia troppo tardi". E' tarda sera quando l'Alto Rappresentante Europeo Borrell conclude il vertice straordinario dei Ministri degli Esteri sulle crisi mediorientali, rilanciando la richiesta di ridurre le tensioni nell'area.
"Il rappresentante speciale Onu Salamè ha insistito sul fatto che in Libia ci sono rischi che stanno aumentando, innanzitutto quello del terrorismo, oltre alla questione migratoria", ha detto Borrell. La richiesta da parte europea è sempre la stessa, ribadita fino alla nausea: embargo sulle armi e cessate il fuoco - richiesta sostenuta dalla Germania, che intende puntare tutte le sue fiches diplomatiche sulla conferenza di Berlino, il cui fantasma aleggia impalpabile nei corridoi delle cancellerie. Il Ministro degli Esteri Di Maio punta a concretizzare l'appuntamento berlinese. Dal fronte libico cattive notizie: fallito, almeno per ora, il cessate il fuoco proposto mercoledi' da Russia e Turchia. Le forze di Khalifa Haftar continuano nel tentativo di sfondamento a ovest. Dopo Sirte, l'obiettivo è la citta' di Misurata, rampa di lancio per la battaglia finale di Tripoli. E ci sarebbero i primi tre morti tra i soldati turchi dispiegati nel Paese da Erdogana sostegno del Governo di Sarraj.
10/1/2020
Crisi mediorientali in primo piano al vertice straordinario dei Ministri degli Esteri europei che si sta per concludere a Bruxelles. Arrivando al summit, il Ministro tedesco HeikoMaas ha affermato che l'Europa deve promuovere un cessate il fuoco efficace ed un embargo sulle armi degno di questo nome.
Un cessate il fuoco seguito da "un processo politico sotto l'egida delle Nazioni Unite", afferma Maas, che avverte: il rischio è di una Libia trasformata in una nuova Siria. E se il Ministro degli Esteri Di Maio chiede che sulle crisi mediorientali l'Europa parli con una sola voce, fermando ogni interferenza esterna e bloccando la vendita di armi, il Ministro olandese Blok ha sostenuto che in Libia non servono più truppe, ma una de-escalation. "Nessuno ha chiesto un intervento militare della Nato" in Libia, ma "siamo pronti a farecapacity building per il governo riconosciuto dalle Nazioni Unite", gli ha fatto eco il segretario generale Nato Stoltenberg. Sul fronte libico, media vicini al sedicente Esercito nazionale del generale Haftar hanno riferito che tre soldati turchi sono rimasti uccisi e sei feriti durante i combattimenti nei pressi della citta' di Misurata. Sul fronte iraniano, infine, gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni contro Teheran in vari settori, tra cui il manifatturiero, il tessile e il minerario. "Le sanzioni economiche resteranno finche' il regime non cambiera' atteggiamento", ha precisato il presidente americano Trump.
10/1/2020
Brexit in dirittura d'arrivo: la Camera dei Comuni britannica ha infatti approvato ieri sera senza sorprese, in terza e definitiva lettura, la legge attuativa sul recesso dall'Unione Europea con 330 si' e 231 no. Il via libera spiana la strada al governo Tory di Boris Johnson per il divorzio formale di Londra da Bruxelles il 31 gennaio. Ora la palla passa alla Camera dei Lord. Poi tocchera' alla ratifica dell'Europarlamento, il 29 gennaio. Intanto però esplode un "caso Erasmus".
Quando mancano esattamente tre settimane a Brexit, si comincia a fare i conti con le inevitabili conseguenze dell'addio britannico all'Unione Europea. Se i negoziati sulla partnership futura tra Londra e Bruxelles appaiono ancora un punto di domanda, esplode la polemica sul programma di scambi studenteschi Erasmus+. L'allerta è scattata, dopo che Westminster ha votato contro l'emendamento del partito Liberaldemocratico, che chiedeva di mantenere la Gran Bretagna all'interno del programma. Un destino analogo a molti altri emendamenti messi sul tavolo dalle opposizioni all'interno della legge su Brexit, tutti respinti con margini molto ampi. Il portavoce del Ministero dell'Educazione si è affrettato a ribadire che Londra intende proseguire nel rapporto accademico tra i due blocchi, Erasmus compreso, qualora questo fosse nell'interesse britannico. Più tardi il sottosegretario all'Istruzione Chris Skidmore ha precisato su Twitter che il voto parlamentare non significa che la Gran Bretagna lascera' per sempre Erasmus+. Gli ultimi dati disponibili, relativi all'anno accademico 2018-2019, raccontano che 3318 studenti italiani hanno scelto il Regno Unito per uno scambio di studio o tirocinio. Poco più di un decimo dei 31mila studenti europei che si sono complessivamente recati Oltremanica nello stesso periodo. Circa 1400 gli studenti britannici che hanno invece scelto la Penisola, sui 17mila approdati in Europa.
9/1/2020
Attesa per il voto finale -previsto oggi- del Parlamento britannico sulla legge di uscita dall'Unione Europea. La palla passerà poi ai Lord, prima del voto finale dell'Europarlamento a fine mese. Intanto però esplode un "caso Erasmus".
Con Brexit ad ormai solo tre settimane di distanza, si comincia a fare i conti con le inevitabili conseguenze dell'addio britannico all'Unione Europea. Se i negoziati sulla partnership futura tra Londra e Bruxelles appaiono ancora un punto di domanda, dopo l'avvertimento della Commissione a Boris Johnson circa la durezza delle trattative, esplode anche la polemica sul programma di scambi studenteschi Erasmus+. L'allerta è scattata, dopo che Westminster ha votato contro l'emendamento del partito Liberaldemocratico, che chiedeva di mantenere la Gran Bretagna all'interno del programma. Un destino analogo a molti altri emendamenti messi sul tavolo dalle opposizioni all'interno della legge su Brexit, tutti respinti con margini molto ampi, in un Parlamento ormai completamente dominato dai Conservatori di Boris Johnson. La questione della permanenza della Gran Bretagna all'interno del programma Erasmus+ non era menzionata, nel manifesto elettorale Tory dell'ultima elezione, e il portavoce del Ministero dell'Educazione si è affrettato a ribadire che Londra intende proseguire nel rapporto accademico tra i due blocchi, Erasmus compreso, qualora questo fosse nell'interesse britannico. Più tardi il sottosegretario all'Istruzione Chris Skidmore ha precisato su Twitter che il voto parlamentare non significa che la Gran Bretagna lascera' per sempre Erasmus+ dopo l'uscita dall'Unione. La partecipazione del Regno Unito, ha rassicurato Skidmore, "fara' parte dei nostri negoziati futuri con l'Unione europea. Diamo grande valore agli scambi internazionali tra studenti".
8/1/2020
Il primo ministro libico Fayez al Sarraj, sara' oggi a Bruxelles. Lo conferma il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli che vedra' il premier libico alle 14.30. Oggi intanto la crisi mediorientale è stata al centro dell'incontro tra la presidente della Commissione Von Der Leyen e l'Alto Rappresentante Europeo Borrell.
Fare tutti gli sforzi possibili per salvaguardare l'accordo sul nucleare iraniano. L'Europa guarda impotente al precipitare della situazione in Medio Oriente, giocando la debole carta della diplomazia. L'unica che le è rimasta. "L'uso delle armi deve essere fermato ora per lasciare spazio al dialogo", ha dichiarato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, a margine della riunione del Collegio dei commissari che ha discusso delle crisi in Iraq, Iran e Libia. Da parte sua l'Alto Rappresentante Borrell ha garantito che fara' tutti gli sforzi possibili per essere in contatto con tutti i partecipanti all'accordo sul nucleare di Teheran, l'unico luogo -fanno sapere da Bruxelles- in cui è possibile dialogare insieme a russi e cinesi, per parlare dei rischi attuali. Borrell ha aggiunto di aver invitato a Bruxelles il Ministro degli Esteri iraniano, per analizzare proprio la situazione dell'accordo sul nucleare. Preoccupazione pure sul fronte di Tripoli: qui cruciale l'incontro del premier libico al Sarraj con i vertici comunitari, dopo la freddezza mostrata dalla Libia negli ultimi giorni nei confronti delle mosse diplomatiche dei Paesi europei.
8/1/2020
L'Europa torna a far sentire la sua flebile voce sulla crisi libica, seppure da Bruxelles. E questo è il primo indizio. Perchè in Libia i Ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna non sono potuti andare ieri. Ufficialmente per ragioni di sicurezza. Ufficiosamente, perchè il premier Al Sarraj, ora appoggiato dalla Turchia, della debole e inconcludente Europa non sa più che farsene.
"Stop immediato ad ulteriori escalation ed alle interferenze esterne", ha tuonato -senza però troppa convinzione- l'Alto Rappresentante Europeo Josep Borrell al termine del vertice di emergenza. "L'incontro odierno e' stata una buona opportunita' per esprimere un forte sostegno al processo di Berlino e sottolineare le nostre preoccupazioni, ha aggiunto Borrell, che ha preso atto di come "la situazione peggiori di giorno in giorno e la soluzione sia solo politica". Il titolare della Farnesina Di Maio, volato successivamente in Turchia per far sentire la voce europea al Governo del sultano Erdogan, nuovo uomo forte a Tripoli, sottolinea la via diplomatica. Sul campo però le forze del generale Haftar non mollano la presa: dopo aver conquistato quasi completamente Sirte, le truppe dell'uomo forte della Cirenaica muovono verso ovest, in direzione di Misurata, la più potente città libica -dopo Tripoli- schierata con il premier riconosciuto al Sarraj. Ormai è lotta contro il tempo, per evitare il caos totale.
8/1/2020
E' stato eletto con soli due voti di differenza nuovo Presidente del Consiglio spagnolo, il socialista Pedro Sanchez. A suo favore 167 deputati, 165 i contrari, 18 gli astenuti.
Per il politico socialista, che giurerà oggi nelle mani del Re, è stata sufficiente la maggioranza semplice, dopo il fallimento dell'investitura nella prima votazione di domenica, a maggioranza assoluta. Soprattutto, per la prima volta nella sua storia democratica, la Spagna avrà un Governo di coalizione. Coalizione di centrosinistra, tra Socialisti ePodemos, che dovrà necessariamente contare sull'astensione tattica dei separatisti catalani di Esquerra Republicana de Catalunya e dei baschi di EH Bildu. Anche ieri il dibattito politico in Parlamento è stato aspro, con la destra ed estrema destra spagnola che hanno accusato Sanchez di aver formato la compagine più radicale della storia iberica e di aver svenduto la governabilità del Paese ai separatisti catalani e baschi. Proprio i catalani di Esquerra hanno inviato a Sanchez il primo avviso: "non ci importa nulla della governabilità della Spagna", ha detto la deputata Montse Bassa, sorella di una delle detenute politiche. "Con il Governo di coalizione progressista in Spagna si apre una stagione di dialogo e politica utile. Un governo per tutte e tutti che estenda i diritti, ripristini la convivenza e difenda la giustizia sociale", ha twitato Sanchez dopo la fiducia.
7/1/2020
"Stop immediato ad ulteriori escalation ed alle interferenze esterne": così l'Alto Rappresentante Europeo Josep Borrell ha concluso il vertice di emergenza a Bruxelles tra i Ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna sulla Libia.
"L'incontro odierno e' stata una buona opportunita' per esprimere un forte sostegno al processo di Berlino e sottolineare le nostre preoccupazioni, ha aggiunto Borrell, che ha preso atto di come "la situazione peggiori di giorno in giorno e la soluzione sia solo politica". Dall'Alto Rappresentante Europeo una stoccata soprattutto alla Turchia: "la decisione di Ankara di intervenire in Libia, che noi rigettiamo, fa aumentare le nostre preoccupazioni". Confermato intanto il vertice dei Ministri degli Esteri comunitari venerdì. Il titolare della Farnesina Di Maio, volato successivamente proprio ad Istanbul per avviare il dialogo con l'omologo turco, sottolinea la via diplomatica. Sul campo però le forze del generale Haftar non mollano la presa: dopo aver conquistato Sirte, le truppe dell'uomo forte della Cirenaica muovono ad ovest, in direzione di Misurata, la più potente città libica -dopo Tripoli- schierata con il premier riconosciuto al Sarraj. Ormai è lotta contro il tempo, per evitare il degenerare della situazione.
7/1/2020
Con due soli voti di differenza Pedro Sanchez è stato eletto mezz'ora fa nuovo presidente del Consiglio spagnolo. 167 voti a favore, 165 contrari, 18 astenuti.
Per il politico socialista è arrivato dunque un voto in più, rispetto alla votazione fallita di domenica, dove occorreva la maggioranza assoluta. Oggi è invece stata sufficiente la maggioranza semplice. Per la prima volta nella sua storia democratica, la Spagna avrà quindi un Governo di coalizione di centrosinistra, tra Socialisti e Podemos, e dovrà necessariamente contare sull'astensione tattica dei separatisti catalani di Esquerra Republicana de Catalunya e dei baschi di EH Bildu. Anche oggi il dibattito politico in Parlamento è stato aspro, con la destra ed estrema destra spagnola che hanno accusato Sanchez di aver formato la compagine più radicale della storia iberica e di aver svenduto la governabilità del Paese ai separatisti catalani e baschi. Proprio i catalani di Esquerra hanno inviato a Sanchez il primo avviso: "non ci importa nulla della governabilità della Spagna", ha detto la deputata Bassa, sorella di una delle detenute politiche. Intanto l'ex-presidente catalano Puigdemont sta per prendere possesso del suo nuovo incarico di deputato europeo a Bruxelles.
2/1/2020
La prima tappa la prossima settimana, al rientro dalle ferie natalizie. La seconda il 31 gennaio. L’ultima il 31 dicembre: il 2020 sarà -stavolta più che mai- l’anno di Brexit.
Chiunque tra voi sognasse una tregua dal dossier che più di ogni altro ha monopolizzato gli ultimi tre anni e mezzo in Europa si metta l’anima in pace: i prossimi 12 mesi potrebbero rivelarsi persino più intensi e caotici degli ultimi 42. Gennaio, se può consolare, dovrebbe essere il mese più prevedibile, ma allo stesso tempo quello con la maggiore valenza simbolica: tra il 7 e il 9 di questo mese Westminster tornerà a votare l’intesa negoziata da Boris Johnson e, dopo un passaggio alla Camera dei Lord, Londra dichiarerà concluso il processo di ratifica, con il sigillo reale. L’Europarlamento avrà l’ultima parola a fine mese, ma non potrà far altro che approvare il divorzio. Il 31 gennaioBrexit sarà realtà: dopo 47 anni la Gran Bretagna lascerà l’Unione Europea, e -più in generale- sarà la prima assoluta dell’addio di un Paese membro. Nulla cambierà nell’immediato: Londra cesserà sì di essere un Paese comunitario, ma -per altri undici mesi- continuerà a seguire tutte le normative europee, a partire dalla libera circolazione. Nella pratica, continuerà a stare nel club senza però avere più alcuna voce in capitolo. Dal primo febbraio si volterà pagina, con l’avvio informale della fase negoziale tra Bruxelles e Londra, per arrivare ad un nuovo partenariato: formalmente però le trattative vere e proprie dovrebbero partire il primo marzo, in quanto la Commissione Europea dovrà prima ottenere l’autorizzazione a trattare per conto dei 27 Paesi membri - ciò richiederà qualche settimana. L’obiettivo finale sarà arrivare ad una partnership commerciale di libero scambio, senza quote e senza dazi. A giugno si terrà un vertice tra Unione Europea e Gran Bretagna dedicato proprio a fare il punto sulle trattative: originariamente ciò avrebbe potuto portare alla richiesta da parte britannica di un posticipo della scadenza negoziale, ma Boris Johnson ha già fatto inserire nella legge di divorzio l’impossibilità di superare il 2020. Arriviamo così alle scadenze: il 25 e 26 novembre sono considerate le date ultime, entro le quali l’Europarlamento potrebbe approvare un nuovo accordo con la Gran Bretagna. E la notte del prossimo Capodanno si aprirebbero così due scenari: il migliore, l’entrata in vigore di una nuova partnershipcommerciale sulla Manica. Oppure un vero e proprio no deal a scoppio ritardato, con rapporti regolamentati dalle norme Wto. Sempre che Boris Johnson non cambi nel frattempo idea, modifichi la legge e chieda entro l’estate un prolungamento del periodo di transizione fino al 2022.
30/12/2019
Un’Europa che ha cambiato pelle, in un anno di svolta per il Vecchio Continente. Il 2019 si chiude con tutte le cariche comunitarie rinnovate, e una Brexit ancora da portare a termine, dopo mesi di lenta agonia parlamentare, risoltisi solo con le elezioni di metà dicembre, che hanno visto trionfare i Conservatori di Boris Johnson.
Facciamo un passo indietro: dopo la chiusura dell’Europarlamento ad aprile, le elezioni del 26 maggio hanno consegnato un emiciclo frammentato, dove non a sfondato l’onda sovranista-populista: alla fine dei riconteggi dei voti in 28 Paesi e dopo la costituzione dei gruppi, i Popolari Europei restano prima famiglia con 182 deputati, seguiti dai Socialdemocratici con 154, il nuovo gruppo liberalmacroniano di Renew Europe a 108 e i Verdi a 74. L’area della destra e dell’ultradestra rimane al di sotto delle aspettative: Identità e Democrazia si ferma a 73 seggi, Conservatori e Riformisti a 62. Ultimo gruppo, la Sinistra, con 41. Questa composizione non mina l’europeismo di fondo dell’assemblea comunitaria, ma complica gli equilibri nelle maggioranze, che divengono sempre più a geometria variabile: la prima a farne le spese è stata la neopresidente della Commissione Ursula Von derLeyen, che a luglio ha passato l’esame per soli nove voti. A ottobre l’Europarlamento ha obbligato proprio la Von Der Leyen a sostituire tre Commissari designati, tra cui la francese Goulard, bocciati nelle audizioni. Anche per questo l’esecutivo comunitario è entrato in carica con un mese di ritardo, il primo dicembre. Cambio anche al vertice dello stesso Parlamento Europeo, con l’italiano David Sassoli, e al vertice del Consiglio Europeo, con il belga Charles Michel. Il rinvio per tre volte in un anno di Brexit, originariamente prevista il 30 marzo, ed ora in calendario il 31 gennaio del prossimo anno, ha obbligato Londra a tenere le elezioni europee, ma in autunno il premier Johnsonha evitato la seconda umiliazione, quella di nominare un Commissario Europeo. Dopo aver sostituito Theresa May, la cui premiership è iniziata a causa di Brexit ed è stata uccisa dal fallimento della sua Brexit, Johnson ha vinto questo mese la scommessa di riscrivere i numeri in Parlamento, dopo aver negoziato una sua intesa modificata con Bruxelles al Consiglio Europeo di ottobre. Preparando un divorzio soft da Bruxelles. Almeno per il 2020.
30/12/2019
A ben tre mesi di distanza dalle elezioni politiche, l'Austria vira verso un Governo neroverde. I popolari di Sebastian Kurz, giovane e carismatico leader uscito trionfatore dalle consultazioni di inizio autunno, sono ad un passo dal firmare un accordo di coalizione con i Verdi di Werner Kogler, quarta forza parlamentare nelle urne, alle spalle di socialdemocratici e dell'ultradestra dell'Fpoe.
Proprio l'Fpoe è stata sacrificata sull'altare della sua impresentabilità, dopo lo scandalo che sette mesi fa travolse l'allora leaderStrache, ripreso in una villa ad Ibiza mentre flirtava con una sedicente oligarca russa, promettendo favori poco consoni al suo ruolo istituzionale. Il difficile viene adesso: in queste ore i due probabili partner di Governo limeranno le ultime differenze di vedute, ma l'idea di fondo è che i Ministeri di peso, insieme alla cancelleria, finiscano ai Popolari, mentre per i Verdi di potrebbe preparare un superministero infrastrutture-ambiente-energia. Ma mentre Kurz e il suo team sono avvezzi alle stanze del potere, per i verdi austriaci sarà una prova del fuoco, dopo oltre 30 anni di opposizione ininterrotta. Non a livello locale e neppure alla presidenza dello Stato, dove siede il verde Van DerBellen. Si tratta comunque di un cambio di prospettiva, che segna un'epoca: anche in Germania, con la Spd boccheggiante, la Cdu di Angela Merkel guarda ai Verdi come possibile partner futuro. A Vienna si punta all'inaugurazione del Governo il 7 gennaio: anche l'Austria, dopo l'Italia, si prepara a voltare le spalle ai Paesi euroscettici diVisegrad, ritornando sul sentiero europeista.
28/12/2019
Non si allenta la presa delle mobilitazioni in Francia contro la riforma delle pensioni. Come da tradizione ormai nei weekend, agli scioperi nel settore dei trasporti, che hanno superato le tre settimane, semiparalizzando il Paese, si sono aggiunte anche le manifestazioni di piazza.
Philippe Martinez, segretario generale della CGT, il principale sindacato francese, proclama soddisfatto che la mobilitazione è ancora viva. "Si tratta di un messaggio chiaro per il Governo", aggiunge. Parigi è stata ancora una volta l'epicentro delle manifestazioni di piazza, con qualche momento di tensione, ma proteste sono avvenute un po' in tutta la Francia. Mischiati tra la folla, sono ricomparsi anche i gilet gialli, star -proprio un anno fa- della protesta sociale transalpina. Qualche miglioramento sul fronte dei trasporti, con sei Tgv su dieci in circolazione, il 30% dei treni regionali e qualche linea metropolitana aperta nella capitale, oltre a quelle automatizzate. I cultori del Guinness dei primati intanto fanno i calcoli: dopo aver superato per durata quello del 1995, questo nuovo conflitto sociale si appresta a battere anche quello del 1986, che coinvolse solo i treni. Durò 28 giorni: il 2 gennaio sarà con ogni probabilità record, considerato che i negoziati tra Governo e sindacati riprenderanno solo il 7.
26/12/2019
E' stato un messaggio a sfondo ecologista, quello che la Regina Elisabetta ha pronunciato ieri in occasione del Natale.
"Le sfide che molte persone affrontano oggi possono essere diverse da quelle affrontate dalla mia generazione, ma sono stata colpita dal modo in cui le nuove generazioni dimostrano il senso del dovere e la determinazione di fronte a questioni come la protezione del nostro ambiente e del nostro clima", ha affermato la sovrana. Che non ha menzionato esplicitamente Greta Thunberg - tuttavia il riferimento era evidente. La Regina ha anche ricordato gli anniversari dell'allunaggio e del D-Day in Normandia. E ha fatto un velato accenno alle divisioni provocate in patria da Brexit, quando ha invitato a mettere da parte le differenze passate, e unirsi in uno spirito di amicizia e riconciliazione. Per una Regina che prova a chiudere con le recenti turbolenze politiche e invita a guardare avanti, c'è un Re che non fa più breccia in una parte importante del suo Stato. Felipe di Spagna, che nel suo messaggio natalizio si è riferito alla crisi catalana definendola "una seria preoccupazione", è stato apertamente contestato ieri dai leader indipendentisti. Il presidente della Generalitat catalana Quim Torra ha replicato che esiste sì una seria preoccupazione, ma verso la Spagna, uno Stato che in Europa viola i diritti umani. Tensioni che complicano la formazione del nuovo Governo iberico.
21/12/2019
Entra nella fase finale Brexit, dopo il recente trionfo elettorale di Boris Johnson. La schiacciante maggioranza parlamentare ottenuta dai Conservatori ha permesso il passaggio con 358 voti a favore e 234 contrari della legge sul divorzio dall'Unione Europea, che si prepara ora ad un tour de force parlamentare, per rispettare la fatidica scadenza del 31 gennaio.
I parlamentari hanno già approvato i tre prossimi step di dibattito, fissati tra il 7 e il 9 gennaio, prima del passaggio alla Camera dei Lord. Una volta completato l'iter parlamentare ed ottenuto il sigillo reale, l'intesa passerà all'Europarlamento, per il via libera finale. "Siamo un passo più vicini a portare a casa Brexit", ha dichiarato soddisfatto Johnson, aprendo ieri il dibattito: il testo che ha presentato inserisce novità importanti, come il divieto per legge di estendere il periodo di transizione oltre il 31 dicembre 2020, obbligando Londra e Bruxelles ad una maratona diplomatica il prossimo anno per evitare relazioni future senza regole - o quasi. Previsto un ruolo più importante per i tribunali britannici rispetto ai pronunciamenti passati della Corte di Giustizia Europea, mentre sparisce il rafforzamento dei diritti dei lavoratori. Per i laburisti di un Corbyn ormai sull'uscio una minidisfatta, considerato che in sei hanno votato con Johnson, e 32 si sono astenuti. A contrastare attivamente la legge ieri solo i nazionalisti scozzesi, con la loro minaccia indipendentista, e gli unionisti nordirlandesi.
20/12/2019
Torna ad acuirsi la crisi catalana, per effetto di una sentenza europea nel caso di Oriol Junqueras, ex-vicepresidente catalano, attualmente in carcere. Le tensioni tra Barcellona e Madrid prolungano lo stallo nel varo del Governo Sanchez, oltre un mese dopo le ultime elezioni.
"Chiedo la liberazione immediata di Oriol Junqueras, tenuto sequestrato dalla giustizia spagnola": è sera quando l'ex-presidente catalano Carles Puigdemont, da oltre due anni autoesiliatosi a Bruxelles, lancia la sfida a Madrid, al termine di una giornata nera per il Governo spagnolo. Il Tribunale di Giustizia europeo aveva sentenziato poche ore prima che un eurodeputato eletto acquisisce la condizione di membro dell'assemblea di Strasburgo -con relativa immunità- al momento della proclamazione dei risultati elettorali. Una sconfitta bruciante per la tesi del Tribunale Supremo spagnolo, che aveva impedito a Junqueras, allora in custodia cautelare, di poter accedere al suo incarico di eurodeputato. Cosa accadrà ora è difficile da capire, in quanto Junqueras è stato condannato due mesi fa, insieme agli altri leader indipendentisti. Ma spalanca la porta di Strasburgo allo stesso Puigdemont, al momento a piede libero in Belgio. La sentenza ha preceduto di poche ore un'altra, del Tribunale Catalano, che ha inabilitato per un anno e mezzo l'attuale presidente della Generalitat Torra, per il reato di disobbedienza. "Non mi faccio inabilitare da un tribunale politicizzato", ha replicato a muso duro Torra, che ha annunciato ricorso. Il ritorno della tensione tra Barcellona e Madrid ha congelato le trattative per la formazione del Governo spagnolo: gli indipendentisti di Esquerra, la cui astensione è necessaria per il varo dell'esecutivo Sanchez, hanno annunciato che sospendono il dialogo con i Socialisti finchè l'Avvocato Generale dello Stato non chiarirà la posizione sul futuro di Junqueras.
17/12/2019
Una prima assoluta dopo il trionfo elettorale: Boris Johnson ha preso la parola nel giorno dell'apertura di Westminster, accolto da un'ovazione da parte dei suoi deputati.
Dopo aver reso omaggio alle vittime dell'attacco a London Bridge e ai servizi di emergenza intervenuti sul posto, Johnson ha definito questo Parlamento come un grande miglioramento, rispetto a quello precedente. Ed ha subito puntualizzato che questo "nuovo e democratico Parlamento concluderà Brexit, garantendo le priorità del popolo britannico". In mattinata era già filtrata l'anticipazione secondo cui il secondo esecutivo Johnson inserirà una clausola nella legge sulla ratifica del divorzio dall'Unione Europea, nella quale impedirà a livello normativo un'estensione dei negoziati sulla nuova partnership tra Europa e Gran Bretagna oltre il 31 dicembre 2020. Insomma, nel cronoprogramma conservatore, Brexit avverrà il 31 gennaio, i negoziati con Bruxelles per definire un nuovo partenariato dovranno durare al massimo undici mesi, al termine dei quali il rapporto tra Regno Unito ed Unione Europea potrà essere regolamentato da un'intesa commerciale concordata, o si baserà -nel peggiore dei casi- sulle regole WTO. Il Parlamento britannico, nella sua prima seduta, ha rieletto sir Lindsay Hoyle come speaker. Il timido e flemmatico Hoyle a fine ottobre aveva preso il posto dell'ormai celeberrimo e vulcanico John Bercow. Un altro segno di cambiamento, a Westminster.
16/12/2019
Corsa contro il tempo per Boris Johnson su Brexit: dopo aver sbancato le elezioni giovedì e aver passato il weekend in luna di miele con gli elettori dell'ex-muraglia rossa nel Nord-Est britannico, il premier avvierà con ogni probabilità oggi un primo rimpasto di Governo, per rafforzare la sua presa sull'esecutivo e sostituire i Ministri che non sono stati rieletti.
Domani riaprirà Westminster, con una fisionomia molto diversa da quella che ci eravamo abituati ad osservare negli ultimi mesi: i banchi conservatori disegneranno una lunga striscia blu, e gli psicodrammi Brexit del recente passato un ricordo. Giovedì il tradizionale discorso della Regina, poi tra venerdì e lunedì l'avvio di una procedura parlamentare a tambur battente di ratifica dell'intesa su Brexit approvata al Consiglio Europeo di ottobre, per consegnarla all'Europarlamento -per l'ultimo voto di conferma- a fine gennaio. Sui numeri stavolta nessun problema, ma Johnson dovrà fare i conti con i pochi giorni disponibili, causa festività natalizie: tranne sorprese, Brexitavrà luogo il 31 gennaio. E mentre la leadership laburista si batte contrita il petto, con il dimissionario Jeremy Corbyn che chiede scusa via lettera per il tracollo elettorale, la Scozia torna a fare sentire la sua voce: "non possiamo restare imprigionati nel Regno Unito contro la nostra volontà", ha avvertito la first minister Sturgeon, ribadendo di avere il mandato per un secondo referendum. L'influente esponente conservatore Michael Gove ha risposto picche: "dobbiamo rispettare il risultato di cinque anni fa, quando gli scozzesi bocciarono l'indipendenza".
15/12/2019
Un mea culpa del duo che ha guidato il Labour alle ultime catastrofiche elezioni: il leader Jeremy Corbyn e il Cancelliere ombra dello Scacchiere John McDonnell hanno entrambi chiesto scusa per il disastroso risultato di giovedì, spianando la strada alla futura leadership del partito.
Corbyn lo ha fatto in una lettera aperta pubblicata dal Sunday Mirror e dall'Observer: "non ho alcuna esitazione al riguardo. Il risultato e' stato un duro colpo per tutti coloro che hanno cosi' disperatamente bisogno di un vero cambiamento nel nostro Paese", ha scritto, aggiungendo: "mi dispiace che siamo venuti meno e me ne assumo la responsabilita'". In pieno stile Corbyn, non ha però rinnegato però la campagna elettorale fatta, di cui ha detto di essere fiero. McDonnell si è detto dispiaciuto per non aver saputo articolare il messaggio della campagna elettorale nelle settimane precedenti l'elezione. Sia Corbyn che McDonnell sono in uscita: il Comitato Esecutivo Nazionale Laburista prenderà ora in carica l'organizzazione dell'elezione del nuovo leader, che dovrebbe avvenire entro due mesi, al più tardi a febbraio. Dalla pancia del partito arrivano però i primi avvertimenti - l'ex-deputata Caroline Flint, che ha perso il seggio di Don Valley dopo 22 anni di dominio laburista, ha sentenziato: "il prossimo leader non dovrà essere un Jeremy Corbyn senza barba". Messaggio inequivocabile.
14/12/2019
Ha scelto un luogo-simbolo del laburismo blairiano Boris Johnson, per celebrare la vittoria elettorale di giovedì: il collegio di Sedgefield, nel nord dell’Inghilterra, dove Tony Blair celebrava le sue elezioni trionfali negli anni d’oro della Terza Via laburista.
Là dove è venuta giù la cosiddetta “muraglia rossa” delle Midlands e del Nord Est inglese, Johnson ha ringraziato gli elettori, per aver rotto tradizioni vecchie di generazioni, votando Tory e cambiando il panorama politico del Paese. Un omaggio dovuto, quello diJohnson, che ha visitato una contea, quella di Durham, dove un deputato conservatore mancava da ben 84 anni. “Tutto ciò che farò da primo ministro sarà improntato a ripagare la vostra fiducia”, ha promesso il premier, che a inizio settimana dovrebbe lanciare un primo rimpasto di Governo, in vista dell’inaugurazione del nuovo Parlamento -martedì- e del tradizionale discorso della Regina – giovedì. Rivolto ai deputati conservatori, ha avvertito: “ricordate che non siamo i padroni, ma i servitori del popolo”. Insomma, una dolce luna di miele natalizia con l’elettorato che gli ha regalato una maggioranza da sogno di 80 seggi in Parlamento, che vedrà come primo atto -Johnson lo ha confermato- il ritorno in Parlamento dell’intesa su Brexit prima di Natale. Obiettivo irrinunciabile: uscire dall’Unione Europea il 31 gennaio.
14/12/2019
Approvazione di Brexit in prima lettura a Westminster entro Natale, uscita formale dall’Unione Europea il 31 gennaio: il secondo Governo Johnson riparte oggi da questa priorità, dopo il trionfo elettorale che ha proiettato Boris nell’Olimpo dei leader conservatori.
Nel tradizionale discorso a Downing Street dopo il conferimento dell’incarico a Buckingham Palace, il premier britannico ha lanciato un appello a sanare le lacerazioni causate da Brexit, avviando un processo di riconciliazione nazionale che superi le divisioni che hanno spaccato la società negli ultimi tre anni: “è il momento di unirci”, ha detto, ringraziando anche chi non lo ha votato o lo ha votato turandosi il naso. E per convincere i britannici della bontà delle sue intenzioni programmatiche, ha messo la sanità pubblica in cima all’agenda di Governo. Con 365 deputati eletti e una maggioranza di 80 il premier avrà nell’immediato le mani libere, approfittando anche di un’opposizione in ginocchio. Per i laburisti solo 203 seggi, il risultato peggiore in 80 anni: Jeremy Corbyn è in uscita, a gennaio il nuovo leader. Nei prossimi giorni Johnson rimodellerà la sua squadra di Governo, libero finalmente dai ricatti delle correnti interne, chiuderà il primo tempo di Brexit, e si preparerà al secondo tempo, quello più delicato e difficile: vale a dire, la nuova partnership con l’Unione Europea, da approvare -nelle sue intenzioni- in soli undici mesi. Solo allora la Gran Bretagna sarà davvero un Paese terzo.
13/12/2019
Un appello a sanare le lacerazioni provocate da Brexit: “è il momento di unirci”, afferma Boris Johnson, che nel tradizionale discorso di insediamento a Downing Street, dopo aver ricevuto l’incarico di premier dalla Regina, gioca la carta del conservatore moderato, nel giorno del trionfo elettorale.
Con una maggioranza storica di 80 seggi e 365 deputati a Westminster, i Tory hanno le mani libere: Johnson lo interpreta come “un mandato per Brexit, che sarà onorata entro il 31 gennaio”. Senza perdere d’occhio le priorità della gente, con la sanità pubblica in cima all’agenda politica. Johnson ha teso la mano sia a chi lo ha votato turandosi il naso, sia a chi ripudia Brexit. Il messaggio è pacificatore, ma il premier dovrà inevitabilmente fare i conti con la realtà di negoziati lunghi e complessi, che impegneranno Londra -da febbraio- nel trovare un nuovo accordo di partnership soprattutto commerciale con l’Unione Europea. Pena l’uscita senza intesa nel 2021. Il leader laburista Jeremy Corbyn saluta con un risultato disastroso - solo 203 deputati eletti: dovrebbe restare in carica fino a gennaio, per garantire la transizione. La speranza nel partito è trovare una figura carismatica in grado di ricostruire il consenso dalle macerie in cui sono precipitati i laburisti. Sullo sfondo, le sfide separatiste di Scozia e -nel futuro- dell’Ulster, chiaramente confermate da risultati elettorali che allontanano Edimburgo e Belfast da Londra. L’unica certezza appare la tabella di marcia per Brexit: il 23 dicembre potrebbe essere approvata in prima lettura, per l’uscita formale il 31 gennaio.
13/12/2019
E' stata una valanga di voti conservatori, quella che nella notte ha consegnato la Gran Bretagna a cinque anni di Governo Boris Johnson.
Abbiamo ottenuto la maggioranza parlamentare conservatrice più ampia dagli anni ’80 ad oggi. Con questa elezione abbiamo posto fine alle minacce miserabili di un secondo referendum su Brexit. Stavolta è finita. Brexit avrà luogo il 31 gennaio senza se e senza ma. Proprio nella Brexit sta il segreto di questo trionfo Tory, che al momento hanno conquistato 363 seggi, con Sky News che ipotizza una maggioranza assoluta finale pari a una ottantina di seggi. Per i laburisti di Jeremy Corbyn è appropriato parlare di “risultato catastrofico”, con solo 203 seggi, una sessantina in meno. Corbyn ha già lasciato intendere che per lui è finita: non guiderà i laburisti alle prossime elezioni, e resterà in carica solo per garantire la transizione. Debacle anche per i liberaldemocratici: solo 11 seggi, con l’umiliazione della leader Jo Swinson che perde il seggio parlamentare. Altro risultato importante della notte: la forte affermazione dei nazionalisti scozzesi dell’SNP, che conquistano 48 seggi e pongono le basi per tornare a reclamare un secondo referendum sull’indipendenza.
13/12/2019
E' stata una valanga di voti conservatori, quella che nella notte ha consegnato la Gran Bretagna a cinque anni di Governo Boris Johnson.
“Abbiamo un nuovo e potente mandato, per portare a termine Brexit”, ha detto Johnson. E proprio nella Brexit sta il segreto di questo trionfo Tory, che ha portato i conservatori ad espugnare seggi fino a pochi anni fa impensabili nella cosiddetta “muraglia rossa” del nord-est inglese. Gli ultimi dati reali parlano di 362 seggi Tory, con Sky News che ipotizza una maggioranza assoluta finale pari a una ottantina di seggi, la più ampia -pensate- dai tempi di Tony Blair. Per i laburisti di Jeremy Corbyn è appropriato parlare di “risultato catastrofico”, con solo 203 seggi, una sessantina in meno. Corbyn ha già lasciato intendere che per lui è finita: non guiderà i laburisti alle prossime elezioni, e resterà in carica solo per garantire la transizione. Debacle anche per i liberaldemocratici: solo 11 seggi, con l’umiliazione della leader Jo Swinson che perde il seggio parlamentare. Altro risultato importante della notte: la forte affermazione dei nazionalisti scozzesi dell’SNP, che conquistano 48 seggi e pongono le basi per tornare a reclamare un secondo referendum sull’indipendenza. Per Brexit questione chiusa: l’intesa con Bruxelles dovrebbe essere approvata a Westminster entro Natale, mentre il 31 gennaio Londra lascerà formalmente l’Unione Europea.
13/12/2019
Sarà dunque un Governo a maggioranza assoluta Tory a guidare la Gran Bretagna nei prossimi cinque anni. E il premier sarà ancora una volta il Conservatore Boris Johnson.
Questo il chiaro verdetto delle urne delle elezioni britanniche, che avvicinano in modo netto la Brexit il 31 gennaio. Trionfa dunque il messaggio semplice ma efficace del “portiamo a casa Brexit”, che ha dominato la campagna conservatrice: i Tories in questo momento hanno conquistato -dati ancora parziali, la conta non è finita- 358 seggi, e sono già oltre trenta sopra la maggioranza assoluta, mentre per i Laburisti -al momento accreditati di soli 202 voti- è appropriato parlare di risultato catastrofico. Male anche gli europeisti liberaldemocratici, solo 10 seggi con lo choc della leader Jo Swinson che non è stata neppure rieletta in Parlamento, mentre l’altra notizia della notte è l’ottimo risultato dei nazionalisti scozzesi dell’Snp, che con 48 seggi trovano la forza di rilanciare l’idea di un secondo referendum di indipendenza nel prossimo futuro. Le proiezioni di Sky News ipotizzano una maggioranza di una ottantina di seggi per il Governo Johnson, la più ampia dai tempi di Tony Blair: Johnson, che stamattina riceverà l’incarico dalla Regina, ha ringraziato gli elettori e ha promesso di portare a termine Brexit. Corbyn non ha ancora parlato di dimissioni da leader, nonostante la debacle, ma ha anticipato che non sarà più lui a guidare i Labour alle prossime elezioni.
12/12/2019
Un meteo inclemente ha flagellato la giornata di voto in Gran Bretagna, che ha visto una partecipazione interessante, con diverse code segnalate ai seggi nel corso della mattinata.
Tutti i principali leader hanno votato nelle prime ore di oggi. Il Conservatore Johnson e il laburista Corbyn a Londra, la libdem Swinson e la nazionalista scozzese Sturgeon a Glasgow. Johnson è apparso col suo cane, rinfocolando così la nuova tradizione di postare online le foto dei quadrupedi in posa davanti ai seggi. Alcuni sondaggi continuano a dare il leader conservatore in testa con un margine fino a undici punti, che dovrebbe garantirgli la maggioranza assoluta a Westminster, ma altre rilevazioni restringono e dimezzano questo vantaggio, aprendo così la prospettiva di un Parlamento bloccato. Lord Peter Ricketts, membro della Camera dei Lords ed ex-ambasciatore, traccia i due possibili scenari post-voto: “se i Conservatori otterranno la maggioranza assoluta lasceremo senza alcun dubbio l’Unione Europea il 31 gennaio. Se invece dovessimo avere un Parlamento bloccato, senza maggioranze chiare, si aprirebbe la possibilità di un altro rinvio di Brexit e -forse- di un altro referendum. Questo perché un Parlamento bloccato obbligherebbe i Toriesa stringere un’intesa di Governo con un altro partito. E quest’ultimo metterebbe sul piatto della bilancia un secondo referendum su Brexit”, afferma Lord Ricketts.
11/12/2019
Le ultime frenetiche ore di campagna elettorale hanno portato i principali leader britannici alla caccia disperata dei voti in grado di fare la differenza tra una maggioranza assoluta e un Parlamento bloccato.
E' questa la vera sfida che si profila Oltremanica, dove gli ultimi sondaggi hanno accentuato la drammatizzazione dell'appuntamento con le urne, vero e proprio spartiacque tra una Brexit a gennaio ed un clamoroso rimescolamento delle carte. Il premier uscente Johnson ha giocato il ruolo dell'uomo della strada, consegnando latte porta a porta e facendosi fotografare mentre fa colazione in autostrada: i sondaggi gli assegnano ancora una maggioranza di una trentina di seggi, ma la realtà è che i margini di oscillazione vanno da un'altra vittoria con maggioranza relativa, fino ad un trionfo. A Johnson non basta vincere: deve ottenere la maggioranza assoluta, se vuole far approvare la sua intesa su Brexit entro Natale ed attuarla il 31 gennaio. Sull'altro piatto della bilancia il leader laburista Corbyn: sa già che una vittoria è praticamente impossibile, per cui punta a convincere gli indecisi, contenere le perdite ed impedire un trionfo dei Tories. Questo gli consentirebbe di tentare l'impresa di formare un Governo di unità nazionale anti-Brexit con nazionalisti scozzesi, liberaldemocratici ed altri piccoli partiti europeisti. Per farlo, dovrà conservare i bastioni del Nordest e delle Midlands, cui ha dedicato le ultime ore di campagna, presentandosi come il politico anti-establishment.
10/12/2019
Una battaglia colpo su colpo, quella che Conservatori e Laburisti stanno combattendo Oltremanica per accaparrarsi gli ultimi voti in vista delle cruciali elezioni di dopodomani.
Mentre il premier uscente Boris Johnson ha avviato ieri il suo tour dei collegi laburisti che hanno votato per uscire dall'Unione Europea tre anni fa, per forzare la mano e guadagnare deputati decisivi a Westminster, il partito di Jeremy Corbyn ha illustrato il programma dei suoi primi cento giorni di Governo. Con una promessa chiara: chiudere con l'austerità e ridisegnare le linee guida economiche dell'esecutivo, con un budget già il 5 febbraio. E' noto come i Laburisti abbiano presentato un programma incentrato sulla spesa nei servizi pubblici e nella sicurezza sociale, da finanziare con maggiori tasse sulle imprese e sulle dichiarazioni dei redditi più elevate. Tutto questo, accompagnato dalle nazionalizzazioni dei principali servizi pubblici, quali poste e ferrovie. I Labour hanno ricevuto un appoggio indiretto dal partito nazionalista scozzese: i termini dello scambio sono già chiari. Un appoggio ad un eventuale Governo Corbyn, in cambio di un secondo referendum sull'indipendenza della Scozia a breve. E' stato intanto ufficializzato che la Gran Bretagna non parteciperà al vertice europeo di giovedì e venerdì a Bruxelles: la media dei sondaggi assegna a Johnson un vantaggio di dieci punti su Corbyn, mala vera questione è se otterrà o meno la maggioranza assoluta dei seggi, vitale per mantenere la promessa di uscire dall'Unione Europea il 31 gennaio con l'intesa firmata a ottobre.
9/12/2019
Sarà una settimana ad alto impatto climatico, quella che si apre oggi: c'è attesa per le conclusioni della Cop25 di Madrid, che si chiude venerdì - ma già a metà settimana sarà l'Europa a fare un passo in avanti, con la presentazione dell'atteso Green Deal della Commissione, primo atto formale della nuova presidente Ursula Von Der Leyen.
L'ormai conclamata emergenza climatica non dovrebbe però produrre miracoli alla Cop-25: non sono infatti attesi annunci di decisioni concrete, per rispettare gli accordi di Parigi e mantenere il riscaldamento globale sotto i due gradi. Nell'ipotesi migliore, viene fatto filtrare, i 20 Stati più industrializzati si impegneranno a presentare obiettivi di emissioni più stringenti alla Cop-26 di Glasgow nel 2020. Già da oggi gli sherpa lavoreranno ai testi delle conclusioni, che approderanno sul tavolo dei politici. E sempre oggi tornerà a parlare Greta Thunberg, protagonista indiscussa di questa maratona negoziale, dopo il successo registrato dalla marcia di venerdì a Madrid, che ha portato in piazza mezzo milione di persone. Questo mentre l'Europa prova ancora una volta a fare da apripista tra le potenze mondiali: dopodomani la nuova Commissione presenterà il Green Deal comunitario. Bruxelles lo presenta come una strategia per la crescita, in grado di tenere conto della sostenibilità ambientale. L'obiettivo è portare il Continente a varare una prima legge sul clima il prossimo anno, per raggiungere la neutralità climatica nel 2050, il che vuol dire che le emissioni inquinanti residue dovranno essere assorbibili. Più in generale, la Commissione intende agire su tre fronti: riduzione delle emissioni, creazione di nuovi lavori verdi, e miglioramento della qualità della vita degli europei. Per arrivare all'obiettivo, sarà vitale mobilitare grandi investimenti: l'Europa ragiona su un piano di investimenti sostenibile da un miliardo di miliardi in un decennio. Non sarà facile neppure politicamente: Paesi come Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca si oppongono ad obiettivi così ambiziosi, per i costi legati alla riconversione industriale.
9/12/2019
"Giustizia", scandiscono insieme le migliaia di manifestanti che anche ieri hanno invaso le strade de La Valletta, per chiedere di fare definitivamente luce sulla morte della giornalista Daphne Cariana Galizia.
Ad aprire la marcia la famiglia, con i genitori della reporter, il marito, i figli e le sorelle. "Via gli assassini" e "Mafia" le altre parole urlate dalla folla, radunatasi sotto la sede di Parlamento e Governo, dopo aver sfilato nelle vie della capitale. La richiesta resta sempre la stessa: le dimissioni immediate, non a gennaio, del premier Muscat, la cui immagine pubblica è uscita a pezzi dalla vicenda, dopo che alcuni suoi stretti collaboratori sono stati implicati nelle indagini. Proprio sul fronte delle indagini, il Malta Independent ha rivelato che un pool di agenzie specializzate nei reati finanziari avrebbe aperto un supplemento di inchiesta sui rapporti dell'ex-braccio destro del premier, Keith Schembri, col re dei casino' ed imprenditore Yorgen Fenech, indicato dall'intermediario Melvin Theuma come il mandante dell'omicidio della giornalista. La posizione di Schembri, che ieri è stato ancora una volta fermato e poi rilasciato dalla polizia, potrebbe risultare molto delicata - nuovi clamorosi sviluppi potrebbero essere imminenti.
8/12/2019
L'ultimo weekend prima delle cruciali elezioni britanniche si consuma in scambi incrociati di accuse, che rendono sempre più velenosa l'atmosfera pre-elettorale.
Dopo l'ultimo dibattito televisivo Johnson-Corbyn, vinto ai punti dal primo, la giornata di ieri è iniziata con le accuse della Ministra per la Cultura Nicky Morgan, che ha fatto apertamente balenare possibili ingerenze russe sulla campagna elettorale. Un vero e proprio deja vù, nella storia recente delle consultazioni europee. Oggetto del contendere le rivelazioni del leader laburista Corbyn, relative ai negoziati in corso per un presunto ingresso di investitori privati americani nella sanità pubblica britannica - un documento segreto di oltre 400 pagine usato da Corbyn in campagna elettorale, smentito dai Conservatori, e riemerso ora per essere brandito proprio contro i Laburisti. "Complottismo", ha liquidato la questione Corbyn, già sotto osservazione per le sue presunte posizioni antisemite. Ma ieri a finire sotto accusa è stato anche il premier Johnson: il padre di Jack Merritt, una delle due vittime dell'attacco terroristico al London Bridge, ha accusato il leader conservatore di aver strumentalizzato la morte del figlio per fare propaganda elettorale contro i detenuti e di essere un truffatore - "il peggiore di tutti noi", lo ha definito. A quattro giorni dal voto i sondaggi danno i Conservatori ancora dieci punti sopra i Laburisti.
6/12/2019
Al via l'era Borjans-Eskien, con il grande interrogativo sulla durata della Grosse Koalition. Il duo dei nuovi copresidenti Spd si è ufficialmente insediato con un voto del congresso del partito, dopo la vittoria a sorpresa nel ballottaggio contro il vicecancelliere Scholz lo scorso weekend, che ha spostato nettamente a sinistra il baricentro politico dei socialdemocratici.
Il ticket di copresidenti, arrivato ai vertici di un partito ai minimi di popolarità, ha annunciato l'intenzione di avviare un nuovo corso: "siamo in una coalizione e dobbiamo essere pronti a compromessi. Ma i compromessi devono essere possibili", ha puntualizzato Borjans, mentre la copresidente Eskien è entrata nel vivo della questione: "ero e resto scettica sul futuro della Grosse Koalition, ma con la proposta che abbiamo avanzato c'e' una chance realistica". I due nuovi leader, nei fatti semisconosciuti fino a poche settimane fa, ma con un forte appoggio della base giovanile, intendono rinegoziare alcuni punti del contratto di Governo: in primis il salario minimo, che vorrebbero portare a 12 euro. Dissensi anche sul maxipacchetto climatico varato a settembre dal Governo, mentre un terreno di scontro potrebbe essere rappresentato anche dal pareggio di bilancio, con la nuova leadership Spd orientata a chiedere più spese in investimenti. Dalla presidente Cdu Kramp-Karrenbauer mano tesa agli alleati: i prossimi mesi di navigazione del Governo tedesco si annunciano tuttavia turbolenti.
6/12/2019
Ottocentomila persone secondo le autorità, quasi il doppio secondo i sindacati: comunque la si veda, è stata una mobilitazione di massa, quella di ieri in Francia nello sciopero contro la riforma delle pensioni, annunciata dal presidente Macron.
Al di là dei servizi pubblici a singhiozzo, ad essere particolarmente colpiti sono stati i trasporti. Oggi si annuncia un'altra giornata campale: nelle prossime ore chi si dovesse spostare Oltralpe dovrà fare i conti con nove treni alta velocità su dieci cancellati, il 70% dei treni regionali soppressi, un 20-30% di voli Air France annullati. Nella sola capitale Parigi, dieci linee metropolitane resteranno chiuse: più in generale, il trasporto pubblico nella regione dell'Ile de France sarà fortemente ridotto, causa sciopero, da oggi fino a lunedì. La giornata di ieri è stata segnata dalle manifestazioni sindacali, che hanno mobilitato centinaia di migliaia di persone in tutto il Paese: a Parigi sono diventate violente, quando mezzo migliaio di black bloc si sono infiltrati nel corteo, avviando vandalismi e attaccando le forze dell'ordine. Novanta i fermati. I sindacati protestano contro la riforma pensionistica, che punta ad abolire ben 42 "regimi speciali", introducendo un sistema "a punti" più sostenibile per le finanze pubbliche. Dall'Eliseo il presidenteMacron ha detto di essere "calmo e determinato" di fronte alla contestazione della riforma, la cui "architettura generale" sara' annunciata a meta' della prossima settimana. Ma gli scioperi potrebbero protrarsi ben oltre: domani nuove manifestazioni.
5/12/2019
Una giornata di paralisi e di scontri, in una Francia bloccata dallo sciopero generale contro la riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron, che intende semplificare e modernizzare il complesso sistema pensionistico transalpino.
Scuole, ospedali, servizi pubblici e -soprattutto- trasporti hanno funzionato a singhiozzo, con il 90% dei treni ad alta velocità e il 70% di quelli regionali annullati. Anche il sistema di trasporti pubblici parigino è rimasto azzoppato, con ben dieci linee metropolitane chiuse. A peggiorare le cose, l'annuncio del blocco anche domani di treni ed aerei, mentre i trasporti parigini sciopereranno fino a lunedì compreso. Le proteste contro la riforma, che punta ad abolire i ben 42 "regimi speciali" pensionistici, introducendo un sistema "a punti" più sostenibile per le finanze pubbliche, hanno visto scendere in piazza mezzo milione di persone in tutte le principali città transalpine, cui si sono aggiunti i 250mila manifestanti a Parigi - stime della Cgt, il principali sindacato francese. Proprio nella capitale si sono verificati gli scontri più rilevanti, con mezzo migliaio di black-block e anarchici che si sono infiltrati nel corteo sindacale, fin lì pacifico, causando violenze e devastazioni - quasi un centinaio le persone fermate nella sola capitale. Dall'Eliseo il presidente francese Macron ha detto di essere "calmo e determinato" di fronte alla contestazione della riforma pensionistica, la cui "architettura generale" sara' annunciata a meta' della prossima settimana dal premier Philippe. Si prospetta un lungo braccio di ferro tra piazza e palazzo.
4/12/2019
"Basta liti e divisioni, la Nato ritrovi lo spirito di concordia che le ha permesso d'essere per 70 anni un gigantesco scudo di solidarieta'".
Questo l'appello che il padrone di casa del summit, il britannico Boris Johnson, ha lanciato aprendo i lavori a Watford. Johnson, conscio delle profonde divisioni che hanno preceduto il vertice, emerse anche ieri, ha citato l'articolo 5 come "principio essenziale" dell'alleanza: "se uno di noi e' attaccato, tutti noi andremo in sua difesa". Il premier britannico, che ha avuto un bilaterale con il premier italiano Conte su futuro della Nato e situazione nel Mediterraneo, ha lanciato un monito finale: "la storia dimostra che la pace non puo' essere data per scontata - mentre celebriamo questo anniversario siano tenuti ad assicurare che i nostri atti corrispondano alle nostre parole". Da parte sua il segretario generale Nato, JensStoltenberg, ha elencato alcune delle sfide del futuro: cyberguerra, tecnologie spaziali, lotta al terrorismo. Stoltenberg ha confermato l'impegno dei 29 Paesi alleati per un incremento "senza precedenti" delle spese per la difesa: con un surplus di risorse pari a 130 miliardi di dollari in piu' entro il 2024, fino a un totale di 400 miliardi. Una decisione -questa- che preoccupa Mosca: "vediamo che la Nato si dedica principalmente al contenimento e all'espansione verso il nostro Paese, questo non puo' che destare preoccupazione", ha dichiarato il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov.
30/11/2019
Un'elezione che deciderà le sorti della Grosse Koalition tedesca: quando oggi la Spd rivelerà i risultati del ballottaggio per la guida del partito socialdemocratico, capiremo se e per quanto tempo il Governo a Berlino potrà proseguire la sua marcia.
A contendersi la posizione di presidenti due ticket: quello del Ministro delle Finanze Scholz, in coppia con Klara Geywitz. E il duo Norbert Walter Borjans, con Saskia Esken. Più filogovernativi i primi, potenzialmente più critici con la cancelliera Merkel i secondi. Di qui il bivio: il duo Scholz-Geywitz, risultato il più votato per poche migliaia di consensi nel primo round di ottobre, dovrebbe garantire una transizione morbida fino alle elezioni del 2021. Mentre la coppia Borjans-Esken, pur non chiedendo esplicitamente la fine della Grosse Koalition, si è mostrata più volte critica verso il matrimonio d'interesse Cdu-Spd, e propone di aprire un dibattito interno, che potrebbe portare ad elezioni anticipate, accelerando così l'uscita di scena anticipata della cancelliera. Parallelamente si tiene questo weekend il congresso dell'ultradestra della AFD, che domani eleggerà la nuova dirigenza: in uscita il co-presidente, Alexander Gauland: per il suo posto si è presentata una discreta folla di aspiranti leader, anche se lo stesso Gauland non esclude ora di ricandidarsi. La vera sfida è tra l'ala più moderata e quella di destra: nonostante i recenti successi elettorali, l'AFD continua a tendere pericolosamente verso l'area grigia dell'estrema destra nazionalista, resuscitando incubi che si pensavano ormai relegati alla storia.
30/11/2019
Un Governo a pezzi, un premier sull'uscio, e un Paese che anche ieri sera -per la sesta volta in dieci giorni- è sceso in piazza per protestare.
L'autunno di Malta spalanca l'abisso politico sull'era di Joseph Muscat, premier laburista destinato a farsi da parte, dopo l'arresto del suo capo di gabinetto e l'uscita di alcuni ministri. Muscat lascerà quasi certamente la guida del Governo nelle prossime settimane, non appena sarà eletto un nuovo leader del partito. A La Valletta si è vissuta un'altra giornata di psicodramma, con il principale sospettato di essere il mandante dell'omicidio della reporter, il magnate Yorgen Fenech, apparso in tribunale per ricusare l'ispettore Keith Arnaud, a capo dell'indagine, per presunti legami con Keith Schembri, braccio destro di Muscat. Fenech ha aggunto di avere registrazioni e un contratto che inchiodano lo stesso Schembri per l'omicidio della giornalista. E a rendere la situazione più grottesca, una nota di Muscat, che accusa Fenech di aver minacciato di coinvolgerlo nel caso, qualora non avesse intercesso per una grazia presidenziale nei suoi confronti. Nello specifico, Fenech sostiene l'esistenza di due telefonate intercorse con il premier negli ultimi mesi. Come se non bastasse, circolano voci di un complotto tra Fenech e Schembri per incastrare l'ex-Ministro dell'Economia Cardona, quale mandante dell'omicidio Caruana. In questo clima da tutti contro tutti, il panorama politico maltese appare in frantumi: la prossima settimana una missione urgente dell'Europarlamento farà tappa sull'isola, per indagare lo stato di diritto.
29/11/2019
Malta ad un passo dalla crisi di Governo sull'onda delle ultime rivelazioni sull'omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia.
Questo mentre anche l'Europa osserva il caso con preoccupazione: l'Europarlamento ha annunciato che invierà una missione urgente nell'isola mediterranea la prossima settimana, per esaminare lo stato di diritto, con l'obiettivo di fare rapporto ad una discussione in plenaria a dicembre. Il presidente maltese Vella ha deciso di cancellare una visita di Stato a Londra, e ha incontrato il leader dell'opposizione Delia, che gli ha chiesto di intercedere per facilitare un cambio politico. Da parte sua il premier maltese Muscat ha cancellato ieri tutti gli impegni pubblici, dopo che la crisi è penetrata fino al cuore del Governo: il Ministro del Turismo, Konrad Mizzi, si è dimesso. Un altro Ministro, Chris Cardona, all'Economia, si è autosospeso, mentre il capo dello staff del premier, Keith Schembri, è stato arrestato, e secondo alcune fonti sarebbe stato accusato dall'imprenditore e re dei casinò Yorgen Fenech di essere il mandante dell'omicidio. Proprio quel Fenech catturato mentre cercava di fuggire in barca, sul cui possibile coinvolgimento nell'omicidio Caruana pare che il premier Muscat sapesse da oltre un anno. Un intrigo di corruzione e potere, quello che sta emergendo a Malta, che racconta un sottobosco misero anche nel prezzo calcolato per un omicidio: 150mila sono stati gli euro pagati agli esecutori dell'assassinio della giornalista.
27/11/2019
Con 461 sì, 157 no e 89 astenuti la nuova Commissione Europea a guida Ursula Von Der Leyen è stata ufficialmente confermata dal Parlamento Europeo a Strasburgo, e si insedierà martedì.
Dopo una partenza stentata a luglio, la politica tedesca si è presa una rivincita, superando di quasi 40 voti l'ex-Commissione Juncker, nel test dell'approvazione europarlamentare. Nel discorso tenuto in plenaria, la Von Der Leyen ha elogiato il suo team -"abbiamo costruito un'equipe eccezionale, chiedo il vostro sostegno per un nuovo inizio per l'Europa"- ha detto, guardando con ottimismo ai prossimi cinque anni. Tra i dossier citati dalla Von Der Leyen il completamento dell'unione bancaria -"va fatto per rafforzare il nostro sistema finanziario e renderlo piu' resiliente, i migranti -"l'Europa sara' sempre un riparo per coloro che hanno bisogno di protezione, dobbiamo riformare i nostri sistemi di asilo". E anche Venezia: "la protezione del nostro clima e' una questione esistenziale. Vediamo Venezia sott'acqua, le foreste in Portogallo colpite da incendi - dobbiamo lottare contro il cambiamento climatico". Il neo Commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni ha delineato intanto la sua priorità: il rilancio della crescita.
27/11/2019
Con 461 sì, 157 no e 89 astenuti la nuova Commissione Europea a guida Ursula Von De Leyen è stata ufficialmente confermata dal Parlamento Europeo a Strasburgo, e si insedierà quindi martedì.
Dopo una partenza stentata a luglio, la politica tedesca si è presa una rivincita, superando di quasi 40 voti l'ex-Commissione Juncker, nell'approvazione dell'Europarlamento. Nel discorso tenuto in mattinata, la Von Der Leyen aveva elogiato il suo team -"abbiamo costruito un'equipe eccezionale, chiedo il vostro sostegno per un nuovo inizio per l'Europa"- ha detto, guardando con forte ottimismo ai prossimi cinque anni. Tra i dossier citati dalla Von Der Leyen il completamento dell'unione bancaria -"va fatto per rafforzare il nostro sistema finanziario e renderlo piu' resiliente, i migranti -"l'Europa sara' sempre un riparo per coloro che hanno bisogno di protezione, dobbiamo riformare i nostri sistemi di asilo". E anche Venezia: "la protezione del nostro clima e' una questione esistenziale per l'Europa e per tutto il mondo. Vediamo Venezia sott'acqua, le foreste in Portogallo colpite da incendi, la siccita' in Lituania - non possiamo perdere neanche un secondo, dobbiamo lottare contro il cambiamento climatico". La Von Der Leyen ha infine elogiato il neocommissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni: "gestira' il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, io credo in lui". Gentiloni ha contraccambiato: "sara' un buon inizio".
27/11/2019
Giorno della verità per la nuova Commissione Europea guidata da Ursula Von Der Leyen, che arriva con un mese di ritardo al voto della plenaria dell'Europarlamento, dopo ben tre incidenti di percorso, che ne hanno rinviato l'entrata in carica.
L'obiettivo dell'erede di Juncker è fare meglio di luglio, quando si votò solo sul suo nome: allora la VonDer Leyen passò per un soffio, con nove voti di scarto rispetto alla maggioranza richiesta, grazie anche ai 5 Stelle. A favore della Von Der Leyen si è già schierato il Partito Popolare, con Manfred Weber che si aspetta un voto compatto del gruppo, mentre pure i Socialisti, per quanto più divisi, dovrebbero dare il via libera. I Verdi sono orientati verso l'astensione -attendiamo proposte concrete", manda a dire il co-presidente Lamberts- mentre la Sinistra conferma: "no a questa Commissione". Questo mentre fa discutere la proposta ufficiosa che Francia e Germania stanno elaborando per rilanciare il progetto europeo: in un documento informale, i due Paesi offrono il loro contributo sull'organizzazione della Conferenza sul Futuro dell'Europa. Berlino e Parigi definiscono l'iniziativa "necessaria" e propongono per presiederla una personalita' di peso: la struttura dovrebbe affrontare tutte le questioni rilevanti per il futuro dell'Unione, occupandosi di sicurezza e difesa, migrazioni, cambiamenti climatici, diritti sociali e lotta alle diseguaglianze. L'idea è produrre un testo entro la prima metà del 2022.
25/11/2019
"Forgiare una nuova Britannia": Boris Johnson, forte di un vantaggio nei sondaggi che sfiora ormai i 20 punti sui Laburisti, ha lanciato ufficialmente la corsa verso le elezioni del 12 dicembre, mettendo in primo piano la promessa delle promesse.
In caso di maggioranza in Parlamento, Johnson annuncia che l'accordo su Brexit raggiunto a metà ottobre con l'Unione Europea sarà votato a Westminster prima di Natale, per uscire -come previsto- a fine gennaio. La logica conseguenza di questa uscita, nella visione di Johnson, sarà quella di scatenare tutto il potenziale della nazione, ormai libera dai vincoli di Bruxelles. Soluzione mediaticamente semplice, soprattutto se contrapposta ai bizantinismi del leader laburista Corbyn, la cui neutralità annunciata nell'ipotetico secondo referendum su Brexit gli ha fatto piovere addosso una valanga di critiche. Nel manifesto elettorale i conservatori promettono che non ci saranno aggravi fiscali nè sul reddito, nè sui contributi previdenziali e assistenziali, e non sarà incrementata neanche l'IVA. Anche per questo la previsione di spesa dei Tories è di soli 3 miliardi aggiuntivi di sterline l'anno, contro gli 83 annunciati dal Labour. Tra le altre misure, più fondi per la sanità pubblica, con l'assunzione di 50mila infermieri, maggiori fondi per la sicurezza, con 20mila poliziotti in più, un sistema di immigrazione sul modello australiano, ed un Paese ad impatto climatico zero entro il 2050.
24/11/2019
Nel giorno dell'ennesimo naufragio al largo delle coste siciliane, probabilmente causato dalle condizioni di mare proibitive, con onde alte e raffiche di Libeccio, Italia, Germania, Francia e Malta hanno chiesto congiuntamente alla Commissione Europea l'attivazione della procedura di ricollocamento dei migranti a bordo della Ocean Viking.
È la prima volta che accade. Il naufragio di ieri è avvenuto a solamente un miglio dall'Isola dei Conigli, davanti alla costa di Lampedusa. Un'imbarcazione con circa 150 migranti a bordo è affondata: immediato l'intervento delle motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, per trarre in salvo i migranti. Si temono però una ventina di dispersi, secondo le informazioni fornite dagli stessi profughi. Poco prima che arrivasse la notizia del naufragio, era stata resa nota la richiesta dell'intervento europeo da parte dei Paesi che hanno condiviso il pre-accordo de La Valletta. Un passo significativo, in vista di una gestione solidale dei flussi migratori nel Mediterraneo. Proprio sulla base di questa richiesta è stato individuato in Messina il porto di sbarco per la nave. Intanto c'e' una nuova proposta tedesca per riformare il sistema dell'asilo in Europa: arriva dal Ministro dell'Interno Seehofer, che apre all'idea di una distribuzione degli aventi diritto fra i Paesi membri, che si rifaccia al modello vigente in Germania: dove i rifugiati vengono distribuiti in base alla grandezza del Land e alla sua forza economica.
23/11/2019
Si è aperto ieri a Lipsia il congresso della CDU. Un momento della verità per la leader Kramp-Karrenbauer, erede designata di Angela Merkel.
Annegrett Kramp-Karrebauer supera il primo ostacolo, in un congresso CDU che poteva rivelarsi la sua tomba politica. "Vi ho illustrato la strada che propongo: se ritenete che questa strada, che vi invito a percorrere con me, non sia la strada corretta, parliamone oggi. E finiamola anche oggi. Qui, ora, e oggi": con un discorso appassionato, AKK, l'acronimo con cui è conosciuta in Germania, ha arringato ieri un partito stanco dopo le ultime flessioni elettorali, culminate nello storico sorpasso della AFD in Turingia. Un discorso di un'ora e mezza, concentrato e sublimato in quella drammatica arringa, che spazza via -per il momento- la questione della leadership. L'accorato appello della Kramp-Karrenbauer scatena un'ovazione che dura minuti. Al rivale interno Friedrich Merz, portabandiera di tutti gli scontenti, non resta che prendere tempo: da lui l'impegno a lavorare per il partito, restando leale alla leader. Insomma, tutto rinviato di un anno, quando si dovrà decidere il candidato cancelliere per le elezioni 2021. E tutto potrebbe tornare in gioco: per intanto la Kramp-Karrenbauer disegna due priorità per la Germania del futuro: un Paese all'avanguardia dell'innovazione e della digitalizzazione. E un Paese responsabile ecologicamente, impegnato nella difesa del clima. Stato sociale, politiche famigliari, formazione, e difesa gli altri pilastri elencati nel discorso.
22/11/2019
"Un cambiamento radicale": così il leader laburista Jeremy Corbyn ha lanciato ieri il guanto di sfida al premier uscente Boris Johnson, con l'obiettivo di assottigliare il pesantissimo scarto di 12 punti che lo separa ancora dai Conservatori, a tre settimane dal voto.
Nel lancio ufficiale del manifesto elettorale Corbyn ha tenuto soprattutto a sottolineare la sua diversità: l'establishment "ci e' ostile" perche' "noi siamo diversi" e vogliamo davvero un programma "popolare di reale cambiamento", rispetto a "un sistema truccato a favore dei privilegiati", ha detto. E in effetti le ricette di Corbyn implicano un forte spostamento a sinistra del partito. In economia, il Labour punta sulla svolta verde, e lancia la rinazionalizzazione di ferrovie, poste, telecomunicazioni e servizi essenziali. Forte l'impronta sociale, con un milione di alloggi pubblici in un decennio, l'incremento del salario dei dipendenti statali, il salario minimo a 10 sterline, l'abolizione delle rette universitarie, il rilancio della sanità, e la banda larga internet per tutti. Per finanziare questo programma ambizioso occorrerà aumentare le tasse sulle imprese e sulle fortune, oltre che le imposte sulle multinazionali web. Su Brexittutto come da programma: rinegoziazione in tre mesi dell'intesa con Bruxelles, unione doganale inclusa, e nuovo referendum per restare o uscire entro sei mesi. A questo punto l'attesa è per il Manifesto dei Conservatori di Johnson, la cui pubblicazione è prevista domenica. Brexit, tasse e welfare saranno al centro delle promesse Tories.
21/11/2019
Un manifesto elettorale per trasformare la Gran Bretagna, con il programma più radicale dal Dopoguerra ad oggi. Il leader laburista Jeremy Corbyn lancia la sua sfida a Boris Johnson, in vista delle elezioni.
"Le nostre proposte significano un cambiamento reale", ha detto Corbyn presentando il programma elettorale, per una volta non interamente focalizzato suBrexit. Nello specifico, i Laburisti promettono che incrementeranno del 5% i salari dei dipendenti pubblici, con aumenti superiori all'inflazione. Grande attenzione alla rivoluzione verde, con l'obiettivo di portare la Gran Bretagna a diventare un Paese ad impatto zero entro il 2030. E poi una serie di significative misure sociali: 75 miliardi di sterline per edilizia pubblica, un salario minimo di almeno dieci sterline l'ora, la parziale rinazionalizzazione di British Telecom per garantire banda larga a tutti, l'azzeramento delle tasse universitarie, cure gratuite per gli anziani bisognosi. Prevista anche una nazionalizzazione delle Poste, delle reti ferroviarie, degli autobus, delle aziende energetiche e dell'acqua. Questo piano sarà finanziato soprattutto con un incremento delle tasse ai più ricchi, sulle aziende e sulle transazioni finanziarie. Su Brexit, i Laburisti hanno formalizzato l'impegno per un secondo referendum entro sei mesi dalle elezioni, dopo aver negoziato un nuovo accordo con Bruxelles - un'intesa più soft, che garantisca un'unione doganale permanente con l'Europa. Al referendum la scelta sarà tra restare nell'Unione Europea, o uscire col nuovo accordo.
19/11/2019
Infuria la polemica sulla riforma del MES, il fondo-salva Stati europeo. La levata di scudi di Lega e dello stesso Movimento 5 Stelle troverà una prima risposta nell'audizione del Ministro dell'Economia Gualtieri in Commissione Finanze, calendarizzata per il prossimo 27 novembre.
Così ha confermato Via XX Settembre, precisando che è stato lo stesso Ministro ad aver chiesto l'audizione. La questione è solo apparentemente semplice, e riguarda il via libera dato a giugno dai leader dell'Eurozona all'intesa preliminare per la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità. Il timore è che, per avere accesso all'assistenza finanziaria del Fondo in caso di crisi, Paesi come l'Italia vengano costretti a subire una ristrutturazione del debito. Questo perché la riforma prevede sì una semplificazione di una delle due linee di credito precauzionali che un Paese puo' chiedere in caso di necessita', ma aggiunge condizionalita' legate all'aderenza alle regole del patto di stabilita'. La riforma dovrà tecnicamente essere discussa al prossimo Eurogruppo, in vista dell'approvazione a metà dicembre dei leader europei. Poi passerà al vaglio della ratifica dei Parlamenti nazionali, che avranno voce in capitolo. Curiosamente, proprio i due partiti che in estate componevano l'allora maggioranza gialloverde si scagliano in queste ore contro il premier Conte: la Lega, chiedendo che venga a riferire in Parlamento, e i deputati pentastellati, chiedendo al leader Di Maio la convocazione di un vertice di maggioranza.
15/11/2019
Via libera del Bundestag tedesco al pacchetto clima varato dopo l'estate dal Governo Merkel. A favore hanno votato i partiti di maggioranza, Cdu-Csu ed Spd, contro invece i Verdi, che hanno parlato di un'altra brutta giornata per la protezione del clima.
L'obiettivo del piano è centrare i target climatici del Paese entro il 2030, mediante una riduzione pari al 55% dell'emissione di gas serra, rispetto al 1990. Il Governo tedesco prevede una spesa di 54 miliardi di euro, finanziati primariamente attraverso la tassazione di gas, benzina, diesel e combustibile per riscaldamento. Questa la prima misura, che prevede un'imposta di dieci euro per tonnellata di CO2 a partire dal 2021, che salirà a 35 euro dal 2025. Parallelamente, saranno introdotte detrazioni fiscali per i pendolari che utilizzano il trasporto pubblico, con una riduzione ulteriore dell'Iva sui biglietti dei treni. Previsti infine incentivi per il cambio degli impianti di riscaldamento, a favore di modelli più ecologici, insieme alla promozione su scala nazionale delle energie alternative.
15/11/2019
Si riempie di ostacoli il tentativo di formare Governo da parte del premier spagnolo in pectore Pedro Sanchez: dopo la vittoria con perdite di domenica e l'accordo a sorpresa con Podemos martedì per un esecutivo progressista, Sanchez deve fare i conti con chi ha ora il coltello dalla parte del manico.
Vale a dire lo schieramento indipendentista catalano di Esquerra Republicana, che -dopo un incontro avuto ieri con il Psoe- ha inviato un comunicato nel quale chiude la porta -per ora- ad un'astensione tattica in Parlamento, che permetta al Governo di nascere: "nel corso della conversazione non abbiamo percepito alcun indizio che il Partito Socialista intenda abbandonare la via repressiva per affrontare il conflitto politico che esiste tra la Catalunya e lo Stato. Senza queste garanzie, non potremo modificare il nostro atteggiamento in Parlamento". Per ora è no, ma la porta non è del tutto chiusa. "Noi e Podemos siamo gli unici due partiti a livello nazionale che scommettono sul dialogo all'interno del perimetro costituzionale per superare la crisi politica in Catalunya. Chi si oppone ad un Governo progressista, l'unico possibile, ci dovrà spiegare che alternativa propone. Dobbiamo superare questa crisi politica con il dialogo", ha replicato un Sanchez ridiventato improvvisamente colomba nei confronti dei separatisti catalani, dopo aver passato settimane a negarsi persino al telefono. La partita è solo all'inizio: Barcellona chiede dialogo senza precondizioni di sorta. Madrid è in difficoltà. La Spagna tornerà governabile solo se saprà risolvere la crisi catalana.
14/11/2019
Due promossi, un rimandato: resta impervia la strada della presidente designata della Commissione Europea Von Der Leyen, che vede allontanarsi l'insediamento previsto il primo dicembre.
In realtà il quadro è agrodolce, per la politica tedesca: il candidato più a rischio, il francese Thierry Breton, destinato al Mercato Interno al posto della silurata Sylvie Goulard, ha passato l'audizione, con il sì di Popolari, Socialisti, liberali e della destra conservatrice. "Breton ha l'esperienza e la visione per assumere l'incarico", questo il consenso unanime, mentre pare si siano diradati i dubbi sui suoi potenziali conflitti di interesse, relativi al passato imprenditoriale. Luce verde anche per la futura Commissaria ai Trasporti, la rumena Adina Valean. Ma le buone notizie si fermano qui: il Commissario designato all'Allargamento, l'ungherese Oliver Varhely, non ha passato l'esame, ed è stato rimandato ad una seconda audizione riparatrice. A giocare a suo sfavore, la percezione della presunta scarsa indipendenza rispetto alla linea politica del Governo di Viktor Orban, spesso in disaccordo con Bruxelles. Altro ostacolo per la Von Der Leyen è la mancata nomina da parte di Londra del Commissario britannico pro-tempore, almeno fino alla Brexit di fine gennaio: Bruxelles ha aperto una procedura di infrazione contro il Regno Unito per aver stabilito di rinviare la designazione a metà dicembre. Le autorità britanniche hanno tempo fino al 22 novembre per fornire le loro motivazioni. Variabili -queste- che rendono sempre più complicata l'entrata in carica della nuova Commissione a inizio dicembre.
11/11/2019
Persa la scommessa di una solida maggioranza elettorale, il premier uscente iberico Pedro Sanchez si ritrova di fronte alla scacchiera dei possibili patti di maggioranza, in uno scenario politico ancora più frammentato e incerto di quello che lui stesso intendeva superare con il voto.
Tutto lascia supporre, dopo le prime dichiarazioni del day after, che il PSOE cercherà di formare una coalizione progressista, che raggruppi sia la sinistra di Podemos e Mas Pais, sia i partiti minori, molti dei quali rappresentano le comunità autonome. La matematica in realtà non consente una maggioranza solida e neppure numerica, così potrebbe essere necessario aprire le porte ai liberali di Ciudadanos, in coma profondo dopo il crollo elettorale e l’addio alla politica del loro leader, l’ex-ragazzo prodigio Albert Rivera. Una soluzione di riserva è rappresentata dall’astensione di Esquerra Republicana de Catalunya – in questo caso però occorre aprire un tavolo di dialogo con l’indipendentismo catalano. Un boccone troppo amaro per Sanchez - per ora. Impossibile ogni dialogo con l’estrema destra di VOX, mentre appare al momento fuori gioco una Grosse Koalition con la destra dei Popolari. Comunque vada, sarà un puzzle molto complicato da comporre, che -nella migliore delle ipotesi- produrrà un Governo fragile, a Madrid.
11/11/2019
Vincono i socialisti, avanza l’estrema destra, il Governo resta un rebus. E’ in questi tre ingredienti che si può riassumere il risultato delle elezioni spagnole di ieri, che hanno visto il premier socialista uscente Sanchez rivincere le elezioni ma perdere tre seggi.
“Abbiamo vinto per la terza volta”, ha dichiarato Sanchez nella notte, di fronte ai sostenitori in festa. “Lancio un appello a tutti i partiti politici responsabili per sbloccare la situazione politica iberica”, ha aggiunto sibillino, parlando di un Governo progressista a guida Psoe. La destra del PP riemerge dalla crisi ma non arriva a 90 seggi. Il leaderCasado afferma di voler aspettare le mosse di Sanchez, lasciando una porta semiaperta. La vera sorpresa arriva però dall’estrema destra di VOX, che diventa con 52 seggi la terza forza del Paese – suonano già i campanelli di allarme. In calo la sinistra di Podemos, con il leader Iglesias che si appella ancora una volta a Sanchez per una coalizione di centrosinistra. Quasi scomparsi i liberali di Ciudadanos, in coma. Mentre in Catalunya il blocco dei tre partiti indipendentisti sfiora la maggioranza dei seggi e consolida la propria posizione, dopo un mese di proteste e manifestazioni. A livello nazionale, le opzioni di Governo appaiono due: una coalizione socialisti-Podemos con l’appoggio o l’astensione dei partiti nazionalisti, o -meno probabile- una grande coalizione socialisti-Popolari.
11/11/2019
Il quarto voto in quattro anni restituisce una mappa elettorale ancora più confusa a Madrid. Il premier uscente Sanchez perde la scommessa iniziale di consolidare la propria maggioranza relativa, ma vince le elezioni, limitando il calo nella quota di seggi conquistata sette mesi fa. Nel complesso sale il blocco di destra, con l’estrema destra di VOX che raddoppia i suoi voti e diventa terzo partito nel Paese iberico.
Il leader di Vox Santiago Abascal ricorre subito a toni ruvidi: “si è consolidata in Spagna un’alternativa patriottica che richiede unità nazionale e restaurazione dell’ordine costituzionale in Catalunya, con l’applicazione implacabile delle nostre leggi”, urla dal palco. Esce dal coma la destra dei Popolari, ma non arriva ai 90 seggi. La sinistra diPodemos è in calo, complicando l’ipotesi di un Governo di centrosinistra, mentre crollano i liberali di Ciudadanos. In Catalunya il mese di proteste e mobilitazione contro la sentenza sui leader separatisti premia i partiti indipendentisti: i tre schieramenti -insieme- sfiorano la metà dei seggi nella comunità autonoma, consolidando la propria posizione. Da oggi la palla torna nelle mani del vincitore Pedro Sanchez, con un rompicapo per formare Governo. Il leader di Unidas Podemos Iglesias gli tende ancora la mano, per frenare l’avanzata dell’estrema destra. I prossimi giorni saranno cruciali.
10/11/2019
E’ un quadro elettorale ancora più incerto quello che si sta disegnando con le elezioni spagnole. Con oltre il 70%% dei voti scrutinati, i socialisti si confermano primo partito con 122 seggi, quasi gli stessi di sette mesi fa, ma avanzano destra ed estrema destra.
La rivelazione serale è l’affermazione di VOX, schieramento di estrema destra che diventa terzo partito con 53 seggi – un campanello d’allarme enorme nella Penisola iberica. Si riprendono dal coma i Popolari del PP, ma si posizionano a soli 85 seggi, mentre crollano i liberali di Ciudadanos, quasi scomparsi. In Catalunya il mese di proteste contro la sentenza sui leader separatisti premia i tre schieramenti indipendentisti: insieme sfiorano la metà dei seggi nella comunità autonoma, con Esquerra Republicana de Catalunya quinto partito a livello nazionale.
10/11/2019
Cresce la destra, socialisti ancora primi ma incapaci di centrare l’obiettivo di incrementare i seggi e governare in solitario.
I primi risultati delle elezioni spagnole disegnano una mappa politica ancora più ingovernabile a Las Cortes di Madrid. Il Partito Socialista del premier uscente Sanchez cala di alcuni seggi, rispetto alle elezioni di sette mesi fa, confermandosi però primo schieramento. Salgono i Popolari del PP, dopo lo storico crollo primaverile, ma restano lontani dai 100 deputati, mentre supera i 50 parlamentari l’estrema destra di VOX, vera forza vincitrice di queste elezioni. Un grande campanello d’allarme. Crollano i liberali di Ciudadanos, in calo di una decina di seggi la sinistra diUnidas Podemos, mentre i partiti indipendentisti catalani tengono le posizioni e potrebbero diventare maggioranza politica assoluta nella comunità, dopo le forti proteste contro la sentenza del 14 ottobre sui leader separatisti.
10/11/2019
Una giornata di silenzio elettorale, dove il silenzio è stato però sovrastato dalla piazza catalana. La piazza di Tsunami Democratic, organizzazione indipendentista che ha portato migliaia di persone in strada a Barcellona e in 400 municipi, per chiedere la libertà dei politici detenuti e protestare contro la repressione di Madrid.
“E’ una manifestazione civica e pacifica, per riflettere in vista del voto”, ci spiega Elena, che inquadra la manifestazione nell’ambito della “disobbedienza pacifica”. “Abbiamo un problema molto grande con lo Stato spagnolo, che è antidemocratico”, accusa Lidia. Sul palco si alternano musicisti e oratori, mentre a Madrid il premier uscente Sanchez convoca un comitato di coordinamento sulla Catalunya, per monitorare la situazione. I sondaggi prevedono un risultato incerto per il voto odierno, coi socialisti primo partito, ma con una crescita dei Popolari e soprattutto dell’estrema destra di VOX, che potrebbe diventare terzo schieramento. La conseguenza: un Parlamento potenzialmente ancora più ingovernabile, con una crisi catalana sempre più profonda.
9/11/2019
Vigilia di tensione per le elezioni spagnole, che si celebrano domani per la quarta volta in quattro anni. La questione catalana è stata in queste settimane al centro della campagna elettorale, dopo la sentenza di metà ottobre contro i nove leader indipendentisti, che ha infiammato le piazze di Barcellona.
I fronti sono due: il primo politico, con i sondaggi che prevedono un altro Parlamento instabile, con una maggioranza relativa socialista e una forte crescita della destra del PP e dell'estrema destra di VOX, mentre la sinistra di Podemos soffrirà la scissione interna di Mas Pais. Anche per questo il premier Sanchez ieri ha chiesto ai cittadini i voti per governare, conscio che i sondaggi non lo premiano. Il secondo fronte è tutto indipendentista: qui lo scontro non è solo tra Barcellona e Madrid, ma anche interno agli schieramenti iberici. Oggi la campagna di TsunamiDemocratic sarà presente con manifestazioni e mobilitazioni in oltre 200 città catalane, con epicentro Barcellona, per dire no alla repressione dello Stato centrale. Una sfida alla giornata di silenzio elettorale che ha molto irritato Madrid. Ma la questione catalana infiamma anche la politica: proprio l'assemblea di Madrid ha approvato una mozione non vincolante, proposta da VOX, per mettere al bando i partiti indipendentisti. Sanchez, che nelle ultime settimane era sembrato virare verso destra sul tema indipendenza, ha dovuto fare retromarcia e annunciare che il Governo considera di impugnarla. E' in questo clima di tensione strisciante che domani alle 9 apriranno le urne.
7/11/2019
Un taglio delle stime per un'Italia la cui economia -dice Bruxelles- è in stallo dall'inizio del 2018, e non mostra ancora segnali significativi di ripresa: la Commissione Europea lascia a un solo decimale la stima del Pil 2019 e la dimezza sul prossimo anno, facendola scendere dal +0,7% al +0,4%.
Non aiuta certamente un'Eurozona la cui crescita frena a causa di una combinazione di choc, con una Germania il cui Pil fa segnare un misero +0,4%. Tornando all'Italia, se è vero che nel 2020 si intravede una modesta ripresa della crescita, sull'onda della domanda esterna e della spesa delle famiglie, un mercato del lavoro in deterioramento attenuerà questa stessa ripresa. E questa è forse la notizia peggiore, insieme al fatto che la Penisola registra la crescita più bassa in tutta l'Eurozona da qui al 2021. La buona notizia la dà il Commissario agli Affari Economici Moscovici, che conferma: nessun respingimento della manovra italiana, nè apertura di una procedura per debito eccessivo. Il Ministro dell'Economia Gualtieri, a Bruxelles per l'Eurogruppo, non si mostra sorpreso delle stime comunitarie. Gualtieri si dice alla proposta di completamento dell'unione bancaria, avanzata dal collega tedesco Scholz: "su alcuni aspetti la nostra posizione è lontana, soprattutto in merito ai criteri prudenziali sulle esposizioni al debito sovrano".
2/11/2019
Nazinotstand: stato di emergenza per nazismo. La città di Dresda vara un atto dal grande impatto simbolico e politico, con 39 voti a favore, provenienti da Spd, Linke, Verdi e liberali Fdp.
"Il Consiglio Comunale prende atto con preoccupazione, che atti e opinioni antidemocratiche, antipluraliste, contrarie all'umanità e di ispirazione di estrema destra, atti in grado di arrivare fino alla violenza, vengono apertamente alla luce a Dresda in maniera sempre più forte", recita la delibera. "Abbiamo un problema molto serio con l'estrema destra in questa città", spiega Max Aschenbach, politico dello schieramento Die Partei, che ha avviato per primo la discussione sullo stato di emergenza. "Dopo cinque anni di Pegida, attacchi terroristici, gruppi terroristici, e notizie quotidiane su saluti nazisti, abbiamo un problema nazista in città, e dobbiamo fare qualcosa per contrastarlo", spiega. Aschenbach aggiunge: "la politica deve cominciare a dire chiaramente che tutto ciò è inaccettabile, e che non si può discutere con questa gente". La Cdu della cancelliera Merkel non ha votato la delibera, considerandola "meramente simbolica e lessicalmente sbagliata". Il dibattito da locale diviene ora nazionale, anche alla luce dei risultati elettorali sorprendentemente alti nell'Est tedesco da parte di partiti di estrema destra come l'Afd.
1/11/2019
Donald Trump irrompe nella campagna elettorale britannica in vista delle elezioni del 12 dicembre, seminando zizzania anche all'interno della stessa Unione Europea.
L'Italia "starebbe molto meglio" fuori dall'Unione, afferma Trump, ospite d'onore del talk radiofonico su Lbc del leader del Brexit Party Nigel Farage. Commentando l'ultimo rinvio del divorzio da Bruxelles, il presidente americano deplora che Londra sia ancora "trattenuta nell'Unione Europea". Poi aggiunge: "anche altri Paesi, come l'Italia, starebbero molto meglio senza l'Unione, francamente. Ma se vogliono l'Unione, bene". Un'invasione di campo non gradita dal Ministro degli Esteri Di Maio: "l'Italia e' alleata degli Stati Uniti, ma lavora per rafforzare l'Europa", replica. Questo mentre Oltremanica proprio Farage è il protagonista indiscusso di questo avvio di campagna elettorale, dopo aver sfidato il premier uscente Boris Johnson a formare un'alleanza elettorale per lasciare l'Europa in termini più radicali degli attuali. Un'alleanza che butti a mare quello che Farage definisce "un motore di seconda mano", e cioè l'intesa di divorzio negoziata originariamente da Theresa May e modificata dallo stesso Johnson a metà ottobre. L'offerta di Farage sottintende una minaccia: qualora Johnson non accettasse, gli contrapporrebbe candidati del Brexit Party in ogni collegio elettorale, in una guerra fratricida del fronte Leave. L'alleanza Johnson-Farage è già stata benedetta e -guarda caso- sollecitata dallo stesso Trump, proprio nel corso del talk radiofonico di Farage.
30/10/2019
Come ampiamente previsto, la Commissione Europea ha avviato una indagine approfondita sulla proposta di acquisizione di Chantiers de l'Atlantique da parte di Fincantieri.
La mossa era finita da mesi sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles, dopo la notifica da parte della stessa Fincantieri -lo scorso 25 settembre- del suo interesse verso la società di cantieristica. La Commissione è preoccupata dal rischio di danni alla competizione nel settore dei cantieri navali, con la riduzione da tre a due dei player europei del settore. Bruxelles teme in particolare che "in un mercato gia' concentrato e con limitazioni di capacita', l'operazione possa eliminare l'importante forza concorrenziale rappresentata da Chantiers de l'Atlantique". Questo a causa degli "ingenti ostacoli all'ingresso nel mercato della costruzione di navi da crociera", visto che sono richieste "infrastrutture specifiche, consolidate competenze ingegneristiche e progettuali, cosi' come notevoli capacita' di gestione". Insomma, per Bruxelles "non e' presumibile l'emergere di nuovi costruttori qualificati in tempo utile a contrastare i probabili effetti negativi dell'operazione, che potrebbe ridurre seriamente la concorrenza nel mercato". Da parte sua Fincantieri ha più volte ribadito come sia necessario mettere in campo giganti europei di settore, per contrastare l'emergere dei colossi asiatici, che potrebbero minare le capacità competitive europee. Opinione, questa, condivisa anche dal Governo francese. L'indagine comunitaria si dovrebbe concludere a metà marzo.
29/10/2019
L'Unione Europea ha formalmente acconsentito al rinvio di Brexit al 31 gennaio. Questo mentre è attesa in serata la decisione del Parlamento britannico su elezioni anticipate a metà dicembre. Decisione che potrebbe saltare, qualora le opposizioni riuscissero a far passare emendamenti per ampliare la platea degli elettori a minorenni e cittadini europei.
Prima le elezioni, poi -forse- Brexit. La Gran Bretagna vede la luce in fondo al tunnel di uno stallo che si protrae da inizio anno, quando i primi voti sull'accordo di divorzio con l'Europa naufragarono, trascinando con sè in pochi mesi anche il Governo May. Il suo successore, Boris Johnson, non onorerà la promessa di portare Londra fuori dall'Europa il 31 ottobre, ma si avvia a resettare un Parlamento bloccato, con elezioni a dicembre. Decisivo l'appoggio laburista, arrivato per ultimo, dopo che le altre due forze di opposizione, Libdem e nazionalisti scozzesi, avevano detto sì alle urne. La roadmap è chiara: elezioni tra un mese e mezzo, poi il prossimo Parlamento e il prossimo Governo decideranno cosa fare di Brexit, nell'ottica di un'uscita britannica il 31 gennaio. Difficile, nonostante la disponibilità europea, un anticipo quest'anno. I sondaggi danno i Conservatori del premier vicini al 40%, con i laburisti staccati al 24 e i Libdem al 17%. Un risultato che potrebbe consentire a Johnson un'approvazione agile dell'intesa di divorzio nel prossimo Parlamento - qualora i sondaggi non mentissero. "Westminster e le opposizioni hanno cercato solo di procrastinare Brexit, per non rispettare il risultato del referendum del 2016. Per questo occorre ridare la parola al popolo", ha tuonato Johnson aprendo il dibattito sulla legge che porterà il Regno Unito alle urne. "Ora che il rischio no deal e' ufficialmente escluso, mandiamo a casa un Governo sconsiderato, che fa crescere l'ingiustizia, la poverta' e la disuguaglianza", ha replicato a muso duro Corbyn.
28/10/2019
Ora rischia anche la Grosse Koalition a guida Merkel, che potrebbe non vedere l'orizzonte naturale della fine legislatura nel 2021.
Il risultato delle elezioni in Turingia costella di punti di domanda la politica tedesca: in primis per la governabilità stessa del Land orientale, che a questo punto è un vero rebus. Il trionfo della sinistra della Linke del Governatore Ramelow con il 31% non sopperisce al crollo della Spd, all'8%, e allo stallo dei Verdi, al 5%. La coalizione rosso-rosso-verde è precaria. Spaventa il balzo dell'estrema destra Afd, secondo partito con il 23% davanti persino alla Cdu della cancelliera. Un sorpasso psicologicamente devastante, anche perchè il controverso leader locale Afd Hoecke è sospettato di avere posizioni pericolosamente vicine a quelle neonaziste. Un pessimo segnale da Est, insomma, che fa il paio con i movimenti tellurici che stanno agitando i socialdemocratici: nel weekend i primi voti per la nuova leadership Spd, che sarà decisa a inizio dicembre, hanno restituito una base spaccata. Il ticketScholz-Geywitz, con l'attuale Ministro delle Finanze grande sostenitore della Grosse Koalition, ha superato di soli 4000 voti il duo Esken-Walter Borjans, entrambi oppositori dell'alleanza di Governo con Cdu e Csu. Nella seconda metà di novembre il ballottaggio tra i due team sarà messo ai voti della base del partito. Sarà proprio la scelta di questa nuova leadership a decretare il futuro del Governo Merkel.
25/10/2019
Alla fine sarà una Brexit rinviata in extremis: l'atteso incontro degli ambasciatori comunitari non ha prodotto decisioni concrete sulla proroga dell'uscita britannica dall'Unione Europea, segno -da un lato- che l'Unione intende aspettare le prossime mosse britanniche, elezioni anticipate incluse, e -dall'altro- che persiste tuttora una divisione tra i Paesi membri sulla durata della proroga che andrà concessa.
Le scuole di pensiero appaiono due: il 31 gennaio secco, come chiede anche l'Europarlamento, oppure il 15 novembre prorogabile in automatico al 31 gennaio. Non che al di là della Manica le idee siano più chiare. Anzi: il premier Boris Johnson è ormai arrivato a toni di sfida da "mezzogiorno di fuoco" con il leader laburista Corbyn, invitandolo ad essere uomo e affrontarlo nella sfida elettorale il prossimo 12 dicembre. La nuova data da segnare in calendario è lunedì, quando il Parlamento britannico voterà per convocare elezioni anticipate natalizie: a Johnson serve una maggioranza di due terzi per far cadere il proprio Governo, e senza il sostegno delle opposizioni non ce la può fare. Corbyn, dal canto suo, non cede: "voteremo sì alle elezioni solo quando Johnson accetterà di escludere l'uscita senza accordo dall'Unione come possibilità". I Laburisti appaiono però divisi sulla strategia. Paradossalmente, mentre si consumano giorni di tatticismi ed inazione, la scadenza diBrexit resta fissata a giovedì, rendendo l'orlo del precipizio sempre più vicino.
24/10/2019
Quattro giorni prima di lasciare ufficialmente il timone della Banca Centrale Europea a Christine Lagarde, Mario Draghi detta l'agenda, lanciando a tutti -critici compresi- un messaggio chiaro. "Nessun rimpianto".
"Mi sento come qualcuno che ha cercato di rispettare il mandato nel miglior modo possibile", ha detto Draghi, che non svela dettagli sul suo futuro . Congedandosi, il presidente uscente BCE difende l'ultimo bazooka annunciato a settembre: "quelle decisioni hanno mostrato abbondantemente che la nostra determinazione ad agire tempestivamente era giustificata", dice, riferendosi ai dati macroeconomici. Restano infatti rischi al ribasso sulle prospettive dell'Eurozona, e il rischio principale è dato dal rallentamento dell'economia. Sui suggerimenti per i futuri naviganti nelle pericolose acque monetarie, Draghi ribadisce ancora una volta la necessità -per l'area Euro- di dotarsi di una sua capacità di bilancio, al momento molto embrionale, mentre non rinuncia ad un ultimo appello ai Paesi con margini di bilancio interessanti: "i Governi che hanno spazio di manovra devono agire in modo efficace e tempestivo", sottolinea. Sulla BCE: Francoforte resta pronta a modificare tutti i suoi strumenti monetari per far risalire l'inflazione, e ritiene che sia necessaria una "posizione altamente accomodante" ancora a lungo, di fronte ai rischi per la crescita e lo scenario inflazionistico. Infine, un accenno orgoglioso al suo Paese, l'Italia: nel governo a Roma "tutti oggi dicono che l'euro e' irreversibile".
23/10/2019
Brexit entra nel rettilineo finale della scadenza del 31 ottobre con un senso crescente di stanchezza ed esasperazione sia a Londra sia a Bruxelles.
La palla è ora nel campo europeo, dopo che Boris Johnson ha messo tutto in pausa e chiesto all’Unione di esprimersi sulla richiesta di estensione. Al di là della Manica lo psicodramma politico è cronico: l’atteso meeting tra Johnson e il leader laburista Corbyn è finito con gli stracci che volavano. Nulla di fatto e stallo totale. Al di qua della Manica il presidente dell’Europarlamento Sassoli ha lanciato un appello a guardare oltre, sponsorizzando la richiesta di proroga al 31 gennaio. Opinione condivisa dal presidente europeo Tusk, dal premier irlandese Varadkar ma non dal presidente francese Macron, che è disposto a concedere un rinvio di Brexit solo a fronte di un piano chiaro da parte di Londra. E di sviluppi concreti. In un gioco di scacchi impazzito, la scadenza del 31 ottobre resta tecnicamente in vigore, col rischio di no deal: un possibile compromesso potrebbe essere quello di approvare l’estensione di Brexit a gennaio, con la flessibilità di anticiparla in caso Westminster approvi la corposa legge di recesso prima di quella data.
23/10/2019
E’ un testo di richiesta dovuta di chiarimenti, non una bocciatura, la lettera fatta pervenire ieri da Bruxelles all’Italia sulla manovra.
La Commissione Juncker, tuttora in carica, intravede un rischio di deviazione significativa dagli aggiustamenti richiesti solo tre mesi fa: per questo si concentra su due punti in particolare. Nello specifico: l’obiettivo della riduzione dell’elevato debito - obiettivo non rispettato per il 2020, in quanto la bozza inviata prevede un peggioramento del deficit strutturale pari a un decimo del Pil, contro il miglioramento richiesto pari a sei decimi. E l’incremento di spesa, pari a quasi il 2% - doveva scendere di un decimo: elementi che non sono in linea con le raccomandazioni comunitarie, e che indicano una deviazione significativa dagli sforzi richiesti. Sulla flessibilità, Bruxelles prende nota dei desiderata italiani e si riserva di approfondirli – qualcosa alla fine concederà. Parlando a Strasburgo il Commissario agli Affari Economici Moscovici ha stemperato i toni: nella manovra "c'e' un rischio di deviazione significativa e siamo obbligati a rilevarlo nella procedura, ma al momento non chiediamo una nuova finanziaria”, ha detto. Moscovici ha sottolineato chiaramente le differenze tra le forti tensioni vissute con il Governo gialloverde un anno fa e il dialogo con l’esecutivo giallorosso oggi: “se avessimo voluto un cambiamento di bilancio o di cifre lo avremmo scritto”, chiarisce, sottolineando il clima di interlocuzione disteso con Roma.
22/10/2019
Sale la pressione di Bruxelles sulla manovra italiana: la Commissione ha chiesto a Roma "ulteriori informazioni sulla precisa composizione dei cambiamenti del saldo strutturale e gli sviluppi previsti di spesa", necessari per "stabilire se c'e' un rischio di deviazione significativa dagli aggiustamenti richiesti". Così recita la lettera fatta pervenire dagli uffici del Berlaymont.
Nello specifico, la Commissione Juncker, tuttora in carica, si concentra sull’obiettivo della riduzione del debito: obiettivo non rispettato per il 2020, in quanto la bozza inviata prevede un peggioramento del deficit strutturale pari a un decimo del Pil, contro il miglioramento richiesto pari a sei decimi. Senza contare l’incremento di spesa di quasi il 2%: elementi che non sono in linea con le raccomandazioni comunitarie, e che indicano una deviazione significativa dagli sforzi raccomandati. Parlando a Strasburgo il Commissario agli Affari Economici Moscovici stempera i toni: nella manovra "c'e' un rischio di deviazione significativa e siamo obbligati a rilevarlo nella procedura, ma al momento non chiediamo una nuova finanziaria”, dice. Moscovici sottolinea in modo chiaro le differenze tra la crisi con il Governo gialloverde di un anno fa e il dialogo con l’esecutivo giallorosso oggi: “se avessimo voluto un cambiamento di bilancio o di cifre lo avremmo scritto”, chiarisce, sottolineando il clima di interlocuzione disteso con Roma.
21/10/2019
Impera sempre più il caos su Brexit, dopo la bizzarra mossa del primier britannico Johnson, che ha inviato due lettere sabato sera a Bruxelles, una non firmata e l'altra firmata.
La prima per chiedere una proroga fino a fine gennaio, la seconda per negare -nei fatti- la prima. Si annuncia già un nuovo scontro: lo speaker della Camera Bercow probabilmente si opporrà alla richiesta di Downing Street di tenere questo pomeriggio un voto sull'intesa raggiunta con Bruxelles giovedì mattina. Bercow aveva già fatto presente sabato che un voto -oggi- avrebbe avuto il solo effetto di invalidare il via libera all'emendamento Letwin, approvato sabato. A quel punto l'opzione B di Boris Johnsonsarebbe passare al voto -domani- della Legge sull'Accordo di Recesso, che integra nella legislazione britannica l'accordo su Brexit. Ma anche questo percorso appare complicato: l'opposizione potrebbe renderlo un campo minato di emendamenti, per esempio su un secondo referendum confermativo, o sulla necessità di un'unione doganale con l'Europa. Un Vietnam parlamentare per Johnson, che continua a promettere di portare la Gran Bretagna fuori dall'Unione Europea il 31 ottobre, e giura che stavolta i voti per farlo ci sono. Bruxelles e i Paesi membri aspettano, ben sapendo che dovranno probabilmente concedere nei prossimi giorni un terzo rinvio a Londra. Magari sottoforma di rinvio flessibile: fissare una data limite, pronti però ad anticiparla qualora Londra accelerasse l'iter legislativo di Brexit.
19/10/2019
L'ultimo psicodramma politico. Forse. Boris Johnson si gioca oggi la carriera da premier con il voto della vita, relativo all'intesa di divorzio strappata due giorni fa a Bruxelles.
Il suo destino è nelle mani di Westminster: i numeri sull'accordo con l'Europa sono risicatissimi: per BBC Johnson ha un solo voto di vantaggio sui suoi oppositori, ma restano 36 indecisi a far impazzire l'ago della bilancia. Ieri Downing Street ha aperto un filo diretto con i deputati conservatori ribelli, instaurando canali informali con i Laburisti pro-Brexit. Gli unionisti nordirlandesi sono dati invece per persi pure stavolta: non solo, hanno lanciato un appello ai deputati conservatori, affiché affondino il testo. Non è un eufemismo definirla quindi una caccia all'ultimo voto: il Governo è rimasto riunito fino in serata per un meeting riservato, conclusosi senza dichiarazioni, mentreJohnson ripeteva alla BBC frasi già ascoltate in passato: "non aspettatevi risultati migliori di questo accordo, ora abbiamo la possibilità di andare oltre Brexit". Sull'ipotesi di un rinvio, il premier è stato categorico: la Gran Bretagna uscirà il 31 ottobre. Gli oppositori preparano intanto nuovi emendamenti: il più gettonato quello che prevede un secondo referendum su Brexit. Alle 10.30 italiane di oggi inizia lo showdown: Johnson risponderà per due ore al fuoco di fila di domande dei deputati, mentre lo speakerBercow rivelerà gli emendamenti selezionati. Nel primo pomeriggio cominceranno le votazioni, cominciando proprio con gli emendamenti. Più tardi, ad un'ora imprecisata, il voto finale sul testo. Stavolta più imprevedibile che mai.
18/10/2019
Vertice a Bruxelles, occhi puntati su Londra: la seconda giornata del Consiglio Europeo è stata sostanzialmente inconcludente, con la beffa del veto francese sul via libera all'allargamento ad Albania e Macedonia del Nord, che ha di fatto svuotato l'agenda.
Il coro generale dei leader -Macron a parte, che sembra non poterne più- ha suonato lo stesso spartito: soddisfatti dell'intesa su Brexit, Londra uscirà dall'Unione il 31 ottobre, qualora anche questo accordo venisse affondato a Westminster, si ragionerà su un terzo rinvio nei prossimi giorni. La patata bollente è nelle mani di Boris Johnson, che nelle ultime drammatiche ore ha avviato contatti diretti coi ribelli Tory - e indiretti con i laburisti potenzialmente favorevoli all'accordo. Tutti concordano che il risultato si giocherà sul filo di lana: BBC calcola 302 sì sicuri all'intesa di divorzio, contro 301 no e 36 -cruciali- indecisi. Per il resto, solo rinvii: dell'allargamento ai Balcani si parlerà a maggio, di bilancio settennale europeo a dicembre, e anche la Commissione Von Der Leyenslitta di almeno un mese. "Al Parlamento Europeo c'e' stato un regolamento di conti tra famiglie politiche", ha tagliato corto Emmanuel Macron, ancora ferito dalla bocciatura della sua Commissaria designata Goulard. Solo sulla Siria si è arrivati a qualche risultato, con la condanna contro Ankara. Il premier Conte replica ad Erdogan, che aveva accusato gli europei di ipocrisia: "non c'e' stata alcuna ipocrisia da parte dell'Italia, e' un'accusa che respingo".
18/10/2019
La partita si sposta a Westminster. Domani il Parlamento britannico dirà se il "nuovo grande accordo" firmato da Boris Johnson a Bruxelles consentirà a Brexit di vedere la luce a fine ottobre, oppure se la saga è destinata a continuare nel 2020.
"Sono molto fiducioso che i deputati britannici voteranno per l'intesa", ha detto Johnson a tarda sera da Bruxelles, alla fine di una giornata intensa. Il miracolo -contro ogni pronostico- gli era riuscito: togliere dall'accordo di divorzio la clausola paracadute, che avrebbe rischiato di tenere Londra nell'unione doganale potenzialmente per sempre, lasciando in cambio l'Irlanda del Nord in una specie di terra di mezzo, soggetta ai regolamenti europei sulle merci e con una doppia Iva di fatto. I leader europei, poco inclini ai festeggiamenti, ma rassicurati dal convinto sì di Dublino, hanno dato il via libera al testo in un'ora, riservandosi una riunione di emergenza degli ambasciatori dopodomani, e un voto dell'Europarlamento giovedì. Alla peggio, checchè ne dica Juncker, l'ipotesi di rinvio della Brexit resta aperto. Scene già viste con Theresa May. Il problema è ora tutto di Johnson: deve ricompattare in poche ore il suo partito, tollerando qualche defezione, deve sperare in un'inversione ad U degli unionisti nordirlandesi - che minacciano di far affondare ancora una volta tutto, e deve sperare in qualche aiuto esterno dai laburisti pro-Brexit. Obiettivo 320 voti: missione difficile, ma non impossibile. Per vincereJohnson potrebbe giocarsi l'asso nella manica, paventando lo spauracchio del no deal.
17/10/2019
Brexit più vicina, dopo l'accordo di questa mattina a Bruxelles tra i negoziatori europei e quelli britannici, al termine di una settimana di maratona diplomatica.
Le conclusioni del vertice europeo sono state approvate con rapidità: conclusioni che prendono atto della nuova intesa e vedono un'uscita ordinata della Gran Bretagna dall'Unione il prossimo primo novembre, con il trucco di un'Irlanda del Nord formalmente allineata alla Gran Bretagna nell'unione doganale, ma nei fatti separata da un confine di controllo per le merci nel Mare d'Irlanda, per evitare un confine fisico tra Dublino e Belfast. "Sono felice per l'intesa, ma sono triste per Brexit", ha ribadito il presidente della Commissione Juncker, in conferenza stampa con un Boris Johnson decisamente ringalluzzito dal successo. "Spero che i parlamentari a Westminster uniscano le forze per realizzare Brexit", ha detto, guardando già alla sessione parlamentare straordinaria di sabato, nella quale la scelta non sarà limitata al sì all'intesa o al sì all'uscita senza accordo, come avrebbe voluto il Governo. I deputati potranno infatti inserire emendamenti nel testo, ad esempio per un referendum confermativo. Le opposizioni sono sul piede di guerra, alcuni Conservatori indecisi, ma -soprattutto- gli unionisti nordirlandesi si sentono traditi daJohnson e potrebbero fargliela pagare. Sul fronte europeo, Dublino si dice soddisfatta, ma a Bruxelles si prepara una riunione di emergenza domenica mattina per valutare un possibile"no" di Westminster all'accordo. A quel punto la scelta sarà tra no deal e terzo rinvio di Brexit.
17/10/2019
Brexit in primo piano al vertice europeo in corso a Bruxelles: le bozze di conclusioni del summit che stanno circolando in queste ore lasciano prevedere uno scontato sostegno dei 27 Paesi membri all'intesa raggiunta questa mattina tra i negoziatori europei e quelli britannici, con l'orizzonte di un'uscita ordinata della Gran Bretagna dall'Unione il 1° novembre.
Il premier britannico Boris Johnson si è incontrato con la cancelliera tedesca Merkel per un bilaterale, dopo aver tenuto un punto stampa con il presidente della Commissione Juncker, nel quale ha definito l'intesa "un grande e nuovo accordo". Johnson ha confermato che sabato Westminster dibatterà l'intesa per il voto finale. Un sabato che si preannuncia di fuoco: la mozione presentata dal Governo sarà infatti emendabile dai parlamentari, che potrebbero inserire nuove condizioni, come ad esempio quella di un secondo referendum. Il Governo invece puntava a porre i deputati di fronte ad una semplice scelta: sì all'accordo, oppure no deal. Anche per questo gli ambasciatori europei prevedono una riunione di emergenza domenica mattina, per valutare le potenziali conseguenze di una bocciatura del testo dell'intesa. Che spalancherebbe le porte ad una pesantissima fase di incertezza: gli unionisti nordirlandesi costituiscono, con il resto dell'opposizione, la vera minaccia per il completamento della Brexit. Il loro "no" all'accordo appare molto probabile.
16/10/2019
Sembrerà incredibile, ma sono ancora in corso le trattative per trovare un accordo su Brexit in vista del Consiglio Europeo che si apre domani a Bruxelles.
La novità di giornata è che il premier Boris Johnson sembra destinato ad una clamorosa marcia indietro, qualora l'intesa non venisse siglata. Per il caponegoziatore britannico Barclay, che ha parlato ad un gruppo di deputati, Johnson sarebbe pronto a scrivere una lettera a Bruxelles nella quale chiede un rinvio di Brexit, nel caso fallissero i negoziati questi giorni. Richiesta che dovrebbe essere di tre mesi, fino al 31 gennaio 2020, secondo la legge Benn, approvata il mese scorso. Se sia una dichiarazione di circostanza, per non far alzare la temperatura politica a Londra, o se Johnson abbia deciso un cambio di rotta rispetto ai giuramenti dei mesi scorsi sul portare la Gran Bretagna fuori dall'Unione entro quindici giorni, questo resta da vedere. Sul fronte delle trattative: dalla Commissione Europea fanno sapere che "le discussioni alivello tecnico si sono protratte fino a notte tarda e sono ancora in corso". "Questi contatti sono stati costruttivi ma rimangono ancora una serie di temi importanti da risolvere". Il premier irlandese Varadkarprofessa ottimismo: "lo spiraglio per un possibile accordo c'e', ma vi sono ancora molte questioni da risolvere". Sul tavolo resta l'ipotesi di un vertice europeo straordinario la prossima settimana, se l'intesa su Brexit non venisse chiusa domani.
14/10/2019
Vittoria e maggioranza assoluta per il partito Diritto e Giustizia del controverso leader polacco Jaroslaw Kazcynski, che si conferma forza dominante in una Polonia che sceglie di restare a guida ultraconservatrice ed euroscettica.
Lo schieramento ha superato quota 40% nelle preferenze, conservando quella maggioranza assoluta che gli ha permesso -negli ultimi anni- di procedere ad una radicale trasformazione della democrazia polacca, limitando l'autonomia della magistratura e attuando una stretta sui media. Le opposizioni si confermano deboli: la liberale Coalizione Civica si attesta intorno al 27%, conquistando solo due voivodati, o regioni . Staccata la sinistra di Lewica, poco sopra il 10%. Al Parlamento entra anche l'estrema destra di Confederazione. Non c'è stata dunque, come i sondaggi lasciavano prevedere, alcuna svolta europeista: Varsavia è da anni nel mirino di Bruxelles per presunte violazioni dello stato di diritto. Insieme all'Ungheria è osservata speciale, ma non intende fare marcia indietro. Al contrario:Kaczynski, padre-padrone solitario del partito dopo la morte del gemello Lech, ha impostato una campagna elettorale incentrata sulla difesa dei valori morali e sulle promesse di miglioramento del welfare - su tutti aumento del salario minimo e bonus bebè. L'appoggio dei media di Stato, ormai megafono del potere, e di una Chiesa polacca dominata dai settori ultraconservatori, hanno consolidato la vittoria: "nonostante un immenso fronte schierato contro di noi, siamo riusciti a vincere", ha dichiarato il dominus polaccoKaczynski, più saldo che mai al potere.
13/10/2019
Proseguono le reazioni di condanna della comunità internazionale contro l'offensiva turca: la più significativa dalla Francia, che ha deciso di "sospendere qualsiasi progetto di esportazione verso la Turchia di materiale da guerra che potrebbe essere utilizzato nell'offensiva in Siria" a comunicarlo ieri sera il Quai d'Orsay, precisando che "la decisione ha effetto immediato".
Anche la Germania è pronta a seguire l'esempio transalpino: il Ministro degli Esteri Heiko Maas ha annunciato che limiterà fortemente l'export di armi verso Ankara. Una mossa importante, in quanto lo scorso anno proprio la Turchia è stato il Paese che ha acquistato il maggior numero di armamenti da Berlino. Un business da oltre 240 milioni di euro annui: solo nei primi quattro mesi del 2019 è stato pari ad altri 184 milioni. L'idea tedesca è quella di varare un vero e proprio blocco degli armamenti che potrebbero essere utilizzate contro i curdi. E anche l'Italia si accoda. Anche la Lega Araba ha condannato la mossa di Ankara: "l'aggressione turca alla Siria costituisce una minaccia diretta per la sicurezza nazionale araba, cosi' come per la pace e la sicurezza internazionali", si afferma nel documento finale di una riunione d'urgenza dei Ministri degli Esteri. Nel documento si aggiunge che l'attacco e' "una violazione flagrante dei principi della Carta delle Nazioni Unite".
12/10/2019
Ora è davvero corsa contro il tempo per Brexit: l'obiettivo è raggiungere un accordo in soli cinque giorni, dopo due anni e mezzo di negoziati infruttuosi, conclusi con un accordo bocciato tre volte a Westminster. Ieri i 27 ambasciatori europei hanno dato luce verde al capo negoziatore Michel Barnier per avviare le trattative finali.
Questo dopo l'incontro dello stesso Barnier con il suo omologo britannico Barclay. Indiscrezioni raccolte dall'emittente Sky News raccontano che il piano allo studio salverebbe la faccia sia a Londra sia a Bruxelles. L'idea è quella che la Gran Bretagna lasci come da programma l'unione doganale europea - punto a favore per Johnson. Ma il regime tariffario comunitario si continuerebbe ad applicare su tutta l'isola irlandese, senza distinzioni nord-sud - punto a favore del'Europa. In pratica, Belfast diverrebbe un'area speciale, dal punto di vista doganale, allineata nei fatti all'Europa sotto il profilo dei regolamenti sulle merci, ma formalmente parte delle dogane britanniche. La prudenza sui progressi è d'obbligo: altre indiscrezioni parlano invece di una nuova partnership doganale tra Londra e Bruxelles, per cui occorrerà vedere cosa accadrà alla prova dei fatti: in queste ore l'Europa appare più cauta, mentre Downing Street è più ottimista. Lunedì ci sarà un primo rapporto dello stesso Barnier, in vista del Consiglio Affari Generali martedì. Se la situazione si sbloccasse, un'intesa potrebbe essere siglata al vertice europeo di giovedì, e votata a Westminster sabato. A quel punto la Brexit avverrebbe, come da programma, il 31 ottobre.
11/10/2019
A questo punto tutto può succedere, persino un clamoroso prolungamento pro tempore della Commissione Juncker. Lo scontro esploso ieri tra il presidente francese Macrone l'Europarlamento, dopo la sonora bocciatura della candidata transalpina alla Commissione Europea Sylvie Goulard, apre una fase di incertezza istituzionale pesante. DopoBrexit, anche il nuovo esecutivo comunitario rischia seriamente di non vedere la luce il primo novembre.
Il presidente francese ha scaricato la propria rabbia pubblicamente, definendo la bocciatura "frutto di risentimento, se non di bassezza". Il sospetto di essere stato pugnalate alle spalle da popolari e socialisti europei è forte, e si declina in accuse reciproche circa presunti via libera al nome di Goulard che Macron sostiene di aver ricevuto, e che gli altri replicano di non aver mai dato. Certamente non ha aiutato il passato della Goulard, macchiato da indagini per incarichi fittizi ai suoi assistenti europarlamentari, e criticata per consulenze dorate ricevute da istituti privati. Che Macron presenti o meno un nome alternativo -anche su questo punto gli interrogativi abbondano- le prossime tappe per Ursula Von Der Leyen rappresentano una via crucis: l'Ungheria non ha ancora proposto un'alternativa per il suo candidato bocciato, nè lo ha fatto la Romania, dove nel frattempo è caduto il Governo e impera il caos politico. La presidente in pectore della Commissione chiede un'accelerazione. Ma il tempo gioca a suo sfavore.
10/10/2019
Esplode lo scontro tra Emmanuel Macron e il Parlamento Europeo, dopo la clamorosa -per quanto non del tutto inaspettata- bocciatura della sua candidata alla posizione di futura Commissaria al Mercato Interno Sylvie Goulard. Bocciatura senza appello, con oltre due terzi di "no" dalle Commissioni Mercato Interno e Industria.
Bocciatura confermata dalla presidente della Commissione Industria, Adina Ioana Valean, che ha passato la patata bollente alla presidente della Commissione in pectore VonDer Leyen. Alla base del clamoroso no, il primo per un Commissario francese, gli scandali passati che hanno sfiorato la Goulard: gli impieghi fittizi dei suoi assistenti all'Europarlamento, in realtà al lavoro per il partito Modem. E non solo: anche un suo stipendio d'oro per un istituto di ricerca, all'epoca del suo incarico a Strasburgo, getta ombre su un profilo sulla carta blasonato. La verità, come sospetta Macron, è che dietro alla bocciatura ci sia un attacco mirato a lui: "e' frutto di "risentimento, se non di bassezza", dice. Macron non avrebbe neppure intenzione di suggerire un altro candidato, aprendo una fase di forte incertezza istituzionale e fomentando lo scontro con i socialisti europei, che negano di aver mai dato un via libera preventivo alla francese. La Von Der Leyen, stretta tra due fuochi, chiede di accelerare: con la Goulard, anche i candidati ungherese e rumeno sono stati bocciati. A rischio ce'è persino l'entrata in carica della nuova Commissione il primo novembre.
10/10/2019
Nuova mina per la nascente Commissione Von Der Leyen, con la candidata francese al portafoglio Mercato Interno, Sylvie Goulard, bocciata dalle Commissioni Mercato Interno e Industria.
Per lei non è bastato l'esame di appello. Ben 82 i voti contrari, solo 29 i favorevoli e un astenuto. A impallinate la Goulard un mix di fattori: in primis lo scandalo sui falsi impieghi, che due anni fa la obbligò alle dimissioni da Ministro della Difesa. In secondo luogo il suo portafoglio, considerato troppo ampio, in quanto include non solo il Mercato Interno ma anche Difesa e Tecnologia. E non da ultimo, resta forte il sospetto che alcune famiglie politiche, in testa i Popolari Europei, abbiano voluto rifilare un sonoro schiaffo a Emmanuel Macron, bocciando la candidata su cui lui stesso aveva puntato. Una tesi che trova consenso a Parigi, con l'Eliseo che denuncia "un gioco politico che riguarda la Commissione Europea nel suo insieme". Dal canto suo la Goulard si è limitata a prendere atto della decisione dell'Europarlamento, ha ringraziatoMacron e la presidente designata della Commissione Von Der Leyen, cui passa ora la patata bollente. Occorre trovare al più presto un rimpiazzo: tra meno di due settimane Strasburgo deve votare la nuova Commissione, affinché entri in carica il primo novembre.
5/10/2019
Sostenibilità ambientale tra i temi al centro dell'agenda della nuova Commissione Europea, che proprio in questi giorni sta prendendo forma con le audizioni a Bruxelles. Il Commissario designato agli Affari Economici Paolo Gentiloni, fresco di esame da parte dell'Europarlamento, passato peraltro brillantemente, ha snocciolato le prime cifre.
"Rivedremo il sistema di tassazione, innanzitutto sull'energia", perche' la tassazione "e' uno dei modi con cui l'Unione puo' influenzare i comportamenti dei produttori e dei consumatori", ha aggiunto Gentiloni, che ipotizza un fisco "meno favorevole verso l'uso dei carburanti inquinanti e dei combustibili fossili". Intanto ripartiranno lunedì le ultime audizioni dei Commissari Europei designati: martedì toccherà ai pezzi da 90, i vicepresidente esecutivi Dombrovskis, Vestager e Timmermans. Le audizioni si sono trasformate negli ultimi giorni in un campo di battaglia tra fazioni politiche: sostituiti gli inidonei candidati ungherese e rumena, sono stati rimandati ad un interrogatorio di riparazione i candidati polacco, svedese e persino la francese Sylvie Goulard, in quello che è stato visto come un affronto diretto contro Emmanuel Macron. L'obiettivo è chiudere gli esami entro metà mese, per votare l'intera nuova Commissione a Strasburgo a fine ottobre.
5/10/2019
E' pronta ad esplodere la guerra commerciale sulle due sponde dell'Atlantico, dopo il via libera -deciso dal Wto- a dazi per sette miliardi e mezzo di dollari contro l'Europa, nella causa avviata per gli aiuti illeciti ad Airbus.
Washington si prepara ad imporre dazi su numerosi settori del Made in Europe: a partire dal settore aereo, che pagherà pegno con dazi pari al 10% su velivoli commerciali e componentistica, per proseguire con liquori ed alcolici, in particolare il whiskey scozzese, fino ad arrivare alla nota dolente per l'Italia - vale a dire formaggi e salumi. Dazi del 25% verranno imposti su quasi tutti i formaggi piu' popolari in Europa, freschi o stagionati, a partire da quelli italiani e francesi. A rischio dunque emmenthal, groviera, parmigiano, grana, gorgonzola, feta. Non dovrebbe al momento rientrare nella lista, invece, la mozzarella di bufala campana, mentre viene tassato lo yogurt greco. Fuori anche il prosciutto crudo Dop, mentre a rischio potrebbero essere altri prodotti derivati dal maiale, quali mortadella e il salame. E se il presidente americano Trump ha cantato vittoria, rinfacciando a Bruxelles di aver trattato male per troppi anni gli Stati Uniti sul fronte commerciale, l'Unione Europea medita contromisure: la Commissione ha messo in guardia Washington - "stiamo preparando la risposta". Questo ovviamente al netto di una possibile -ed auspicata- de-escalation. Bruxelles spera sempre in una ripresa del dialogo. In caso contrario, una prima lista di prodotti americani potenzialmente oggetto di ritorsioni commerciali è stata già approntata. Una lista lunga undici pagine, che va dal pesce atlantico ai vini della California, dalle noccioline ai blu jeans e ai chewing gum, dal tabacco al rum. La commissione Agricoltura dell'Europarlamento ha chiesto intanto di incontrare lunedi' a Bruxelles la Commissaria uscente al Commercio Cecilia Malmstroem e il futuro responsabile del portafoglio Phil Hogan, per un'audizione urgente.
2/10/2019
"Portiamo a termine Brexit": questo lo slogan che ha accompagnato il discorso del premier Boris Johnson alla Conferenza del Partito Conservatore a Manchester. Johnson ha affondato subito la lama, una volta presa la parola.
"Usciremo dall'Unione Europea il 31 ottobre senza se e senza ma", ha ribadito, attaccando duramente il leader laburista Corbyn. Johnson ha strizzato l'occhio all'elettorato moderato: "siamo europei, siamo un partito europeo", ha detto, precisando: "ora però abbiamo bisogno di una nuova partnership con l'Unione". Johnson è tornato ad avvertire che Londra è pronta anche ad un'uscita senza intesa il 31 ottobre. Ed ha accennato la proposta su cui intende avviare i negoziati con Bruxelles nelle prossime due settimane: proposta riassumibile nello slogan "Due confini per 4 anni". In sostanza, l'Irlanda del Nord uscirebbe -dopo la transizione- sia dall'Unione Europea sia da quella doganale, come il resto del Regno. Ma rimarrebbe allineata per 4 anni al mercato unico per i beni agricoli e industriali, oltre a godere -nello stesso periodo- di un'esenzione dal codice doganale comunitario e dall'Iva europea. "Non avremo controlli al confine o nei pressi del confine nordirlandese", ha garantito. Le anticipazioni della proposta Johnsonsono state accolte male a Dublino: la Ministra degli Affari Europei irlandese, McEntee, parla di un'offerta 'prendere o lasciare' con aspetti "inaccettabili". Pieno sostegno invece dagli unionisti nordirlandesi del Dup. Da Bruxelles risposta interlocutoria: le prime indiscrezioni parlano di pessimismo nella capitale belga.
1/10/2019
Anche l'Italia potrebbe pagare le conseguenze di una guerra dei dazi sulle due sponde dell'Atlantico, qualora il WTO -nelle prossime ore- dovesse dire sì a compensazioni europee a Washington per gli aiuti illeciti ad Airbus.
Tra i quasi otto miliardi di dollari di dazi che gli Stati Uniti potrebbero imporre contro le merci comunitarie, una quota importante potrebbe colpire il nostro settore agroalimentare: "un rischio piu' che realistico", ha avvertito il Ministro dell'Agricoltura Bellanova, che ha chiesto all'Europa di "iniziare a immaginare strumenti di compensazione a tutela del reddito dei produttori agricoli e dell'agroalimentare". Questo perchè, oltre alla componentistica aerea, che dovrebbe incassare il contraccolpo di ben metà dei dazi, l'altra metà dovrebbe colpire i settori lusso e agroalimentare. Il Ministro Bellanova teme incrementi fino al 100% dei prezzi di prodotti quali prosecco, grana, mozzarella, pasta e prosciutto. Ieri a Bruxelles tra i Ministri europei del Commercio regnava il pessimismo. "Non abbiamo ricevuto una risposta positiva alla nostra proposta di accordo", ha dichiarato la Commissaria al Commercio uscente Malmstroem. Al di là del verdetto WTO, l'Europa vuole attendere la reazione americana: qualora Washington spingesse l'acceleratore sui dazi, l'Unione fara' lo stesso.
1/10/2019
Grande attesa a Bruxelles per la decisione del WTO sulle compensazioni che Washington potrà chiedere all'Europa per gli aiuti illegali ad Airbus. Mentre il verdetto dell'Organizzazione Mondiale del Commercio è atteso ad ore, i Ministri del Commercio comunitari vedono nero.
"Non abbiamo ricevuto una risposta positiva alla nostra proposta di accordo", ha dichiarato la Commissaria al Commercio uscente Malmstroem, mentre il presidente di turno, il finlandese Skinnari, rincarava: "siamo determinati a proseguire un'agenda del commercio positiva con gli Stati Uniti, ma siamo anche pronti a difendere con fermezza i nostri interessi". Le cifre che circolano parlano di quasi otto miliardi di dollari di dazi che gli Stati Uniti potrebbero imporre contro merci europee. Per metà dovrebbero colpire il settore della componentistica aerea, ma per l'altra metà saranno mirati contro i prodotti di lusso e agroalimentari. Nella seconda ipotesi, l'Italia potrebbe risentirne: i costi di prosecco, grana, mozzarella, pasta e prosciutto, solo per fare alcuni esempi, potrebbero raddoppiare Oltreoceano, con effetti nefasti sulle vendite. Al di là del verdetto WTO, Bruxelles vuole attendere la reazione americana: qualora Washington spingesse l'acceleratore sui dazi, l'Unione Europea fara' lo stesso. "Speriamo di non dover reagire, speriamo ancora di negoziare una soluzione e congelare le sanzioni punitive", ha concluso la Malmstroem.
30/9/2019
Primo giorno di audizioni per i Commissari Europei designati, che dovranno essere approvati nel corso della plenaria a Strasburgo di fine ottobre, in tempo per l'entrata in funzione il primo novembre. E si infiamma già la battaglia sui primi due casi di Commissari respinti dal Parlamento Europeo.
Solo poche ore fa la Commissione Affari Giuridici dell'Europarlamento ha cassato definitivamente i rappresentanti proposti da Romania e Ungheria: "non sono in grado di esercitare le proprie funzioni, conformemente ai Trattati e al codice di condotta" - questa la pietra tombale sulle ambizioni dei due, accusati di conflitto di interessi. La rumena Rovana Plumb, candidata al portafoglio dei Trasporti e già Ministra socialdemocratica, ha omesso nella sua dichiarazione finanziaria due prestiti del valore di quasi un milione di euro. L'ungherese László Trócsányi, candidato al portafoglio dell'Allargamento ed ex-Ministro della Giustizia, è finito nella rete delle contraddizioni dell'opaco sistema ungherese dell'era-Orban, traboccante di conflitti di interesse. Lo studio legale fondato da Trócsányi ha lavorato per il Governo. Il pragmatico Orban, dopo aver usato l'episodio per propaganda interna, accusando l'Europa di vendetta contro la politica ungherese sui migranti, ha subito avanzato il nome del sostituto. Si tratta di Oliver Verhelyi, attuale rappresentante permanente dell'Ungheria presso l'Unione Europea. Intanto il primo Commissario ascoltato, Maros Sefcovic, ha passato l'esame senza problemi.
30/9/2019
Day after di lavoro per formare l'ipotetica nuova coalizione di Governo in Austria, dopo le elezioni che hanno decretato il trionfo dei popolari Oevp dell'ex-premier Sebastian Kurz, ora nuovamente candidato a guidare la maggioranza a Vienna.
Kurz ha portato a casa oltre il 37% dei consensi, mentre socialdemocratici e ultradestra hanno sofferto perdite pesanti, in particolare la Fpoe, alla deriva dopo lo scandalo Ibiza, che ha tolto dalla scena il leader più carismatico, Strache. I liberali di Neos per primi si sono già detti disponibili a negoziati di coalizione: la loro pattuglia di 14 deputati non garantisce al momento la maggioranza assoluta in Parlamento, ma potrebbe avvicinare la soglia. I socialdemocratici della Spoe ragionano invece sulla possibile Grosse Koalition, ma intanto devono prima riorganizzarsi - a causa delle dimissioni del segretario generaleDrozda, che ha offerto la sua testa quale capro espiatorio della sconfitta elettorale. Ultradestra e Verdi si prenderanno invece fino a domani, per delineare una posizione. Esattamente come previsto alla vigilia, il vincitore e futuro premier è chiaro a tutti. Restano da capire i partner di un puzzle di Governo molto più complesso di quel che appaia.
28/9/2019
Elezioni con un vincitore annunciato: col suo 34% nei sondaggi il partito Oevp dell'ex-cancelliere Sebastian Kurz viaggia con il vento in poppa verso la riconferma quale primo schieramento austriaco. Il problema si pone però sull'ipotetico partner di coalizione.
Le previsioni danno un testa a testa tra i socialdemocratici e l'ultradestra della Fpoe, con i primi in vantaggio di soli due punti percentuali. Partner naturale per il centrodestra Oevp sarebbe l'ultradestra, protagonista di una recente convivenza nell'esecutivo. Qui però occorre fare un passo indietro: come molti ricorderanno, a maggio il precedente Governo Kurz cadde proprio a causa della Fpoe, il cui leader -il controverso Strache- era stato ripreso in una villa di Ibiza mentre prometteva favori ad una sedicente oligarca russa. Non esattamente una premessa esaltante per una riedizione della coalizione neroblu: è pur vero che Strache è stato nel frattempo estromesso dalla guida del partito, ma ciò ha generato profonde tensioni interne allo schieramento, con un partito sull'orlo della scissione, tra scandali e forti rivalità interne. Ciò potrebbe portare a tre ulteriori soluzioni di Governo, sempre per via ipotetica: una Grosse Koalition popolari-socialdemocratici, un arcobaleno con popolari, liberali di Neos e Verdi. O un Governo di minoranza popolare. Il vero rompicapo salvo clamorose sorprese, comincerà ad urne chiuse, un minuto dopo la diffusione dei primi risultati.
26/9/2019
Venti di cambiamento alla Bce, che muta pelle con l'uscita del presidente Draghi, e gli avvicendamenti nel board della Banca Centrale.
L'ultimo bollettino diffuso da Francoforte è un testamento -in piccolo- dell'era Draghi: l'avvertimento che protezionismo e Brexit possono incidere sulle prospettive dell'Eurozona. La difesa dell'ultimo bazooka varato due settimane fa. E l'appello ai Paesi con i conti in ordine, Germania in testa, ad investire, mediante politiche di bilancio espansive. Indicazioni che si riverberano in un contesto già elettrizzato: l'arrivo dell'italiano Fabio Panetta nel comitato esecutivo -da gennaio- rafforzerà il fronte delle colombe - posto che la sua nomina ottenga il via libera comunitario. Contemporaneamente, se ne è andata -sbattendo quasi la porta- il falco Sabine Lautenschlaeger, con ben due anni di anticipo. Non è un mistero che la tedesca mal sopportasse la linea Draghi. Buone notizie per la futura presidente Lagarde, che sembra intenzionata a portare avanti l'eredità del banchiere italiano. Anche la Germania non è esente da un animato dibattito interno: la Bdi, Confindustria tedesca, si e' pronunciata a favore di una deroga allo Schwarze Null, la dottrina del principio del pareggio di bilancio. Questo, per favorire gli investimenti. Persino la timida cancelliera Merkel ha segnalato la necessità di non esigere troppo dalla politica monetaria, e ha indicato la strada di una politica di bilancio ragionevole. Un'apertura a Francoforte?
25/9/2019
Conferma i rischi orientati al ribasso la Banca Centrale Europea nel bollettino economico, identificando le minacce più consistenti per l'economia dell'Eurozona: Brexit, protezionismo, e conseguente vulnerabilità dei mercati emergenti.
Il bollettino è un testo scritto, ma è come se a parlare fosse il presidente uscente Mario Draghi: "i Governi interessati da un rallentamento economico che dispongono di margini per interventi di bilancio dovrebbero agire in maniera efficace e tempestiva". Appello che chiama direttamente in causa Berlino, che ha mosso i primi passi la scorsa settimana su un maxi piano di investimenti ecologici. Ma che dovrebbe avere lo stesso coraggio in termini di investimenti infrastrutturali. Per i Paesi ad alto debito come l'Italia il consiglio è scontato: "devono perseguire politiche prudenti e adoperarsi per il conseguimento degli obiettivi in termini di saldo strutturale". Per Roma una nota finalmente positiva, che sfocia nell'ambito politico e chiama in causa gli effetti della caduta dell'ex-Governo gialloverde: l'Italia, fra giugno e settembre, e' stato l'unico Paese dell'Eurozona a registrare un forte calo dello spread, coinciso con il cambio di esecutivo. Anche se preoccupa la produzione industriale, che proprio nel Belpaese, in Germania e in Olanda ha fatto registrare la maggiore diminuzione. Il bollettino Bce dedica spazio anche allo stimolo monetario: con il pacchetto annunciato da Draghi, Francoforte "intende fornire un considerevole stimolo per sostenere la crescita e le pressioni al rialzo sui prezzi, in modo da far convergere l'inflazione a un livello prossimo al 2%".
25/9/2019
Riprende oggi le sue attività il Parlamento britannico, dopo la storica sentenza della Corte Suprema, che ha riaperto con la forza dello stato di diritto Westminster, infliggendo una sconfitta bruciante al premier Boris Johnson.
Da New York Johnson ha provato a parare il colpo. Ha prima respinto l'ipotesi di dimissioni, poi ha confermato la tabella di marcia di uscita dall'Europa il 31 ottobre, prima di prendersela con la Corte Suprema: "ne rispetto la decisione, ma penso sia sbagliata. Molte persone vogliono frustrare Brexit, e impedirci di uscire dall'Unione" Poche ore prima la presidente della Corte, Brenda Hale, aveva fatto a pezzi con linguaggio semplice ma tagliente la decisione di sospendere il Parlamento: una decisione illegittima, in quanto ha avuto l'effetto di impedire a Westminster di esercitare le proprie prerogative costituzionali, senza giustificazioni ragionevoli, ha detto. Il ragionamento sottinteso è che Johnson possa avere mentito alla Regina, quando le ha chiesto l'autorizzazione a sospendere Westminster. Brexit diventa ancora più incerta: il premier marcia dritto verso la porta di uscita dall'Europa, preferibilmente con un accordo - anche perchè il no deal lo riporterebbe in tribunale per aver violato la legge. Corbyn e il resto dell'opposizione puntano ad elezioni anticipate, ma dopo il 31 ottobre, per scongiurare il rischio di un'uscita hard. In caso di nuovo Governo Labour, Corbyn promette un accordo con Bruxelles in tre mesi e un referendum dopo sei.
24/9/2019
Un terremoto politico destinato ad avere riflessi futuri sugli equilibri tra poteri dello Stato. Una sconfitta senza appello per il premier Boris Johnson.
Quando la presidente della Corte Suprema, Brenda Hale, ha letto la sentenza, approvata all'unanimità dagli undici giudici, i peggiori timori di Downing Street si sono trasformati in realtà: la decisione di sospendere per un mese il Parlamento è illegittima, in quanto ha avuto l'effetto di impedire a Westminster di esercitare le proprie prerogative costituzionali, senza giustificazioni ragionevoli. Potente l'immagine scelta dalla Hale: quella degli ufficiali reali che entrano nel Parlamento con un mandato di sospensione impresso su un foglio bianco. L'atto è dunque nullo. Il ragionamento sottinteso è che Boris Johnson avrebbe mentito alla Regina, quando ha chiesto l'autorizzazione a sospendere il Parlamento. Politicamente, una bomba. Johnson da New York prova a parare il colpo, dopo aver respinto l'ipotesi dimissioni: "rispetto la decisione della Corte, ma penso sia sbagliata. Molte persone vogliono frustrare Brexit, e impedirci di uscire dall'Unione", ha aggiunto con un lapsus freudiano - proprio lui che aveva sostenuto che la sospensione del Parlamento non c'entrasse nulla con Brexit. E mentre Westminster riprenderà da domani i lavori, con le opposizioni che tentennano sul voto di sfiducia per evitare un'uscita senza accordo, si ragiona sul futuro di Brexit, ora più incerta che mai.
21/9/2019
L'inventore della "democrazia illiberale" Viktor Orban sceglie il palco di Atreju per caricare la destra italiana, che a lui sembra fin troppo moderata.
"In Ungheria Giorgia Meloni sarebbe di centro", scherza - ma non troppo. L'ambiguo Orban, ancora formalmente sospeso dal PPE europeo, ma opportunisticamente restio a scivolare tra le braccia dell'ultradestra europea salviniana, coglie al volo l'occasione per attaccare il Governo giallorosso, bersaglio preferito di Budapest dopo il ritorno dell'Italia nell'alveofiloeuropeista. Sui migranti è netto: "no alle quote di redistribuzione, siamo però pronti ad aiutare Roma nella difesa dei confini e con i rimpatri", declama, temendo lo scenario peggiore. E cioè che i big europei decidano che è la misura è colma, e che sia ora di sanzionare l'egoista Ungheria, brava ad accalappiare fondi comunitari, molto meno generosa però quando c'è da dare una mano nelle crisi. Il resto del discorso è un rosario di valori ad uso e consumo della propaganda ultraconservatrice: la costituzione cristiana, la stampa di sinistra, la vicinanza al popolo contro le elites - fino all'affondo finale. "In Italia il Governo si è separato dal popolo", accusa. Attacchi che portano il Ministro degli Esteri Di Maio a replicare: "Orban eviti inutili ingerenze. Non permetto a nessuno di giudicare o attaccare l'Italia, men che meno a chi fa il sovranista con i nostri confini".
21/9/2019
Può una -seppur fantasiosa- definizione di un portafoglio europeo creare tensioni sulla prossima Commissione? La competenza del futuro Commissario greco Schinas -"protezione dello stile di vita europeo"- è sembrata ai più una gigantesca strizzata d'occhio ai populisti e sovranisti dell'Europa orientale. Ma non solo: pure la leader dell'estrema destra francese Le Pen l'ha definita "una vittoria ideologica".
Così la presidente in pectore della Commissione, Ursula Von Der Leyen, dopo aver annunciato che non intende fare marcia indietro, ha lasciato intravedere -nell'incontro con i Verdi- che qualche aggiustamento si può fare. La Von Der Leyen ha incontrato questa settimana i presidenti dei gruppi parlamentari, in un incontro che ha definito "costruttivo e positivo". Intanto si vanno profilando le cruciali audizioni dei futuri Commissari: l'italiano Gentiloni, a cui andrà il portafoglio degli Affari Economici, sarà ascoltato la mattina di giovedì 3 ottobre. I tre vicepresidenti esecutivi Dombrovskis, Vestager e Timmermansdovranno invece affrontare il fuoco di fila delle domande parlamentari l'8 ottobre, ultimo giorno di audizioni. Più in generale, il rischio concreto è che qualcuno dei Commissari in pectore non superi queste audizioni, mettendo a rischio il varo dell'intero futuro esecutivo. Al di là di dichiarazioni controverse, o palese ignoranza dei dossier sui quali saranno chiamati a legiferare, casi per i quali già in passato alcuni candidati sono stati bocciati, un altro problema potrebbe porsi per gli attuali candidati: quello di indagini giudiziarie o giudizi pendenti. Il belga Reynders sarebbe sotto indagine per corruzione internazionale - lui nega, ma le voci sono insistenti. La francese Goulard è sotto indagine per il caso dei rimborsi per presunti finti assistenti europarlamentari, la rumena Plumb è coinvolta in un caso di corruzione in patria. E il polacco Wojciechowski è addirittura nel mirino dell'agenzia antifrode europea Olaf, per irregolarità nei rimborsi da europarlamentare. Insomma, le imminenti audizioni potrebbero essere tutto, tranne che una passeggiata.
20/9/2019
Dieci giorni per presentare proposte credibili, o prepararsi al peggio: la presidenza di turno finlandese dell'Unione Europea ha posto il premier britannico Boris Johnson di fronte ad un ultimatum che -per quanto bollato da Downing Street come "artificiale"- ha smosso le acque.
Londra ha finalmente inviato a Bruxelles alcuni documenti informali, delle bozze tecniche, con una prima serie di idee riguardanti le clausole di divorzio riviste in materia di dogane, commercio e settore alimentare. Non siamo alla proposta vera e propria di revisione dell'intesa May, ad oggi l'unica sul tavolo, ma è un primo passo. A spargere ottimismo ci ha pensato il presidente della Commissione Juncker, che -in un'intervista a Sky News- ha detto che un'intesa con Londra entro il 31 ottobre è possibile, e che Brexit può avvenire. Oggi i due capinegoziatori Barnier e Barclay torneranno a vedersi: quest'ultimo ha lasciato intendere che Londra preferirebbe rinviare la soluzione del problema del confine nordirlandese -vero oggetto del contendere- al lungo periodo di transizione che si prospetterà nel post-Brexit, includendolo nel pacchetto sulle future relazioni tra Gran Bretagna e Unione Europea. Difficilmente questa richiesta sarà recepita. Intanto è alta l'attesa per il verdetto della Corte Suprema britannica, chiamata a decidere, tra lunedì e martedì, sulla causa intentata contro la sospesione del Parlamento ordinata da Johnson. Gli effetti della decisione potrebbero provocare scosse telluriche non solo su Brexit, ma sugli stessi pilastri che reggono la monarchia parlamentare britannica.
19/9/2019
Cresce la pressione sul Governo di Boris Johnson, mentre si chiude il "processo dei processi" - la Corte Suprema dovrà stabilire -a inizio della prossima settimana- se Downing Street ha agito o meno nel perimetro della legge, sospendendo il Parlamento per ben un mese.
L'avvocato dell'ex-premier conservatore John Major ha attaccato Johnson, sostenendo che la sospensione è stata politicamente motivata, con l'unico obiettivo di fermare i tentativi di interferenza di Westminster su Brexit. Un vero e proprio cortocircuito politico, con l'attacco di un ex-premier Tory all'attuale premier Tory. Ma questa è solo una parte del problema: il presidente di turno europeo, il finlandese Antti Rinne, ha dato tempo a Johnson fino al 30 settembre per presentare a Bruxelles una proposta scritta per un nuovo accordo su Brexit. "Dobbiamo analizzarla, prima del vertice europeo di metà ottobre", si è giustificato Rinne, mettendo così Downing Street con le spalle al muro.Johnson sperava di presentarla più avanti, forse addirittura a pochi giorni dal summit. Londra ha reagito inviando dei documenti informali, una serie di proposte su dogane e beni manifatturieri, per placare l'appetito di un'Europa sempre più impaziente sugli esiti delle trattative, mentre i capinegoziatori Barnier e Barclay si preparano per un nuovo incontro. Downing Street ha però respinto la scadenza di fine settembre, continuando a considerare metà ottobre il vero redde rationem.
18/9/2019
Mentre la Gran Bretagna attende il verdetto della Corte Suprema sulla legittimità della sospensione dei lavori parlamentari, una decisione che potrebbe avere un impatto potenzialmente devastante sul futuro di Brexit, la Commissione Europea -da Strasburgo- rilancia l'allarme no deal.
"Il rischio di un'uscita della Gran Bretagna dall'Unione il 31 ottobre senza intesa e' reale e permane", ha detto il presidente della CommissioneJuncker alla plenaria dell'Europarlamento, tirando le somme del poco produttivo incontro di lunedì con il premier britannico Johnson in Lussemburgo. "Ho invitato Johnson a fare proposte concrete, ma finche' queste proposte non saranno avanzate non posso dire che dei progressi sono stati compiuti", ha aggiunto Juncker, precisando che "i colloqui sono stati amichevoli, costruttivi ed -in parte- positivi". 'Non si tratta di far finta di negoziare', si tratta di avanzare proposte serie, ha poi calcato la mano il negoziatore capo europeoBarnier. Il nodo della contesa resta sempre il confine nordirlandese. Dalla plenaria di Strasburgo i Popolari suggeriscono a Londra un secondo referendum, mentre i socialisti puntano sulla terza proroga di Brexit. E il leader laburista Corbyn conferma: OK ad un secondo referendum su Brexit, qualora il Labour vincesse le prossime elezioni. Ma con opzioni credibili sulla scheda referendaria.
13/9/2019
Partenza col vento in poppa ad Helsinki per il nuovo Governo italiano. Atmosfere decisamente diverse all'Eurogruppo ed Ecofin informali, rispetto a un anno fa, quando il duello tra esecutivo gialloverde e Bruxelles sembrava sul punto di deflagrare, ponendo le basi per un'ipotetica procedura di infrazione.
"L'Eurogruppo ha ascoltato dal Ministro dell'Economia Gualtieri le priorita' per il prossimo futuro e l'impegno sulle politiche che contribuiscono a preservare la stabilita' dell'Euro", ha dichiarato il presidente Centeno. Sintonia dunque tra Roma e gli altri Paesi. Anche la sospettosa Germania, nonostante le feroci critiche all'italiano Draghi dalla popolare Bild Zeitung, dà credito al Conte bis: "il Governo italiano e' estremamente pro-europeo, penso che questa sia un buona base per un lavoro comune e posso immaginare che ci aiutera' a far si' che le regole che abbiamo concordato per una politica finanziaria e di bilancio seria saranno rispettate", ha chiosato il Ministro delle finanze tedesco Scholz. Ottimista il Ministro Gualtieri: Gualtieri ha annunciato l'adesione dell'Italia alla Coalizione dei ministri finanziari per la lotta al cambiamento climatico. Un'altra inversione ad U, rispetto al Conte Uno. In precedenza il neoministro aveva dato per archiviata la flat tax - il Governo punta invece ad avviare una riduzione della pressione fiscale con un orizzonte di intervento sui tre anni. Sul fronte della modifica del patto di stabilità, intanto, frena la Francia: "sono molto prudente sulle idee di modificare le regole", dice il Ministro dell'Economia Le Maire.
12/9/2019
L'ultima zampata Mario Draghi la riserva per la fine del proprio mandato, con un pacchetto di azioni concertate per ridare ossigeno ad un'economia europea rispetto alla quale le previsioni volgono verso l'incerto.
Il presidente uscente Bce, ha presentato un mix di misure: il taglio del tasso di interesse sui depositi, sceso a -0,5%, sforbiciata inferiore al previsto, ma con la prospettiva di tagli ulteriori in futuro. "I tassi di interesse chiave rimarranno ai loro livelli attuali o inferiori fino a quando non si vedranno le prospettive di inflazione convergere ad un livello sufficientemente vicino, ma inferiore al 2%", nota Francoforte. Riapre il Quantitative Easing: da novembre Francoforte tornerà ad acquistare titoli, soprattutto bond governativi, al ritmo di 20 miliardi al mese - Draghi ha spuntato -a maggioranza- di farlo proseguire finchè sarà necessario. Infine ci sarà un nuovo maxiprestito, il Tltro-3, con durata a tre anni. Un'ondata di liquidità per le banche, anche qui con delle condizioni. Partirà infatti un sistema a due livelli per i tassi applicati sui depositi bancari, oggi in negativo: su una parte della liquidita' in eccesso rispetto ai requisiti di riserva le banche pagheranno un tasso zero. Sulla restante liquidita', si applichera' il tasso piu' penalizzante. "Le informazioni indicano una debolezza dell'economia dell'Eurozona piu' protratta, importanti rischi al ribasso e un'inflazione debole", avverte Draghi nel messaggio d'addio, accompagnato dall'ennesimo avvertimento ai Governi: i Paesi che hanno spazio di manovra sul fronte dei conti pubblici dovrebbero utilizzarlo "in maniera efficace e tempestiva".
11/9/2019
"Vogliamo fare un patto con l'Europa", ha dichiarato pochi minuti fa il premier Conte, dopo l'incontro a Bruxelles con la presidente designata della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen.
"Nostro obiettivo è la riduzione debito, ma con una crescita ragionata", ha detto il premier, che prima di partire alla volta della capitale europea aveva scritto su Facebookche "l'Italia oggi e' piu' forte, con il nuovo Governo intendiamo svolgere un ruolo di primo piano in questa fase di rinnovamento dell'Unione". Secondo Conte, "occorre sostenere gli investimenti, a partire da quelli ambientali e sociali nell'ottica di uno sviluppo sostenibile che dia nuovo impulso al mercato del lavoro italiano, evitando un'impostazione di bilancio pro-ciclica non adeguata alle prospettive economiche del continente". Infine, il capitolo immigrazione: "sul tema migratorio intendo continuare a lavorare strenuamente per una gestione multilivello, strutturale e non emergenziale dei flussi, e raggiungere un'intesa su un meccanismo automatico di sbarchi e redistribuzione, con un'efficace politica europea dei rimpatri". Dopo l'incontro, Conte ha parlato di "grande disponibilità a trovare subito accordo su migranti. Gobbiamogestire un meccanismo per i rimpatri a livello europeo". Ora il premier è in riunione con il presidente dell'Europarlamento Sassoli. Nel pomeriggio vedrà l'attuale presidente della Commissione Juncker e il presidente designato europeo Michel.
11/9/2019
Lo schema, almeno in Economia, ricalca un modulo già visto: il poliziotto buono e quello cattivo. A recitare la parte di quest'ultimo, per il secondo mandato consecutivo, sarà il rigorista lettone Dombrovskis - che già nell'attuale Commissione è sembrato spesso incarnare posizioni lontane dal suo alter ego, il francese Moscovici.
Peccato per lui che -al dunque- la linea più indulgente sui conti pubblici venisse poi condivisa da Juncker, convintosi con gli anni che non abbia senso bastonare col rigore i Paesi membri, soprattutto se di peso come l'Italia. Lo schema potrebbe ripetersi nella prossima Commissione, con Paolo Gentiloni nei panni del poliziotto buono - pur se formalmente indipendente , e una Ursula Von Der Leyen che -ricalcando lo schema Juncker- pare seguirne la scia. Ai danni di Dombrovskis. "Voglio una Commissione flessibile, moderna e agile", ha dichiarato la Von Der Leyen, aprendo la presentazione del prossimo esecutivo. Tra le altre figure forti MargretheVestager, vicepresidente esecutiva, che mantiene il portafoglio della Concorrenza. Una sfida a Donald Trump: il presidente americano l'ha definita "la signora delle tasse" e l'ha accusata di odiare gli Stati Uniti, per le sue battaglie con i giganti tech statunitensi. Nei prossimi cinque anni si occuperà anche di politica digitale, con impatti significativi sulle norme relative alle multinazionali web. L'altro vicepresidente esecutivo Timmermans avrà il portafoglio del clima, mentre l'irlandese Hogan presiederà il Commercio, la francese Goulard il Mercato Interno con vista su Difesa e Spazio, e il greco Schinas l'Immigrazione.
10/9/2019
Una Commissione per il decennio che verrà: Ursula Von Der Leyen, prima presidente donna a capo dell'esecutivo più al femminile della storia, delinea un team con diverse novità.
"Voglio una Commissione che lavori con determinazione e che offra risposte - flessibile, moderna e agile", ha dichiarato la Von Der Leyen, aprendo la presentazione del prossimo esecutivo comunitario. Gentiloni a parte, spiccano alcune figure forti: la prima è quella di Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva, che mantiene il portafoglio della Concorrenza. Una sfida diretta a Donald Trump: il presidente americano l'ha definita "la signora delle tasse" e l'ha accusata di odiare gli Stati Uniti. Le sue battaglie con i giganti tech statunitensi non l'hanno messa in buona luce al di là dell'Atlantico: interessante notare come nei prossimi cinque anni si occuperà anche di politica digitale, con impatti importanti sulle future leggi europee relative alle multinazionali del web. L'altro vicepresidente esecutivo Timmermans avrà il delicato portafoglio del clima, mentre il rigorista lettone Dombrovskis - terzo vice esecutivo, avrà responsabilità economiche e giocherà -per il secondo mandato consecutivo- il ruolo di "poliziotto cattivo" nel probabile dualismo interno con Gentiloni sui conti pubblici. Gli altri portafogli pesanti sono quelli dell'irlandese Hogan al Commercio, del Mercato Interno con vista su Difesa e Spazio per la francese Goulard, dell'Immigrazione per il greco Schinas. In generale, anche questa Commissione vedrà un'ampia condivisione di dossier tra Commissari. C'è pure un neo: troppi capi, con ben otto vicepresidenti.
9/9/2019
Rush finale a Bruxelles per la composizione della nuova Commissione Europea: entro oggi la squadra dovrà essere definita, in vista della presentazione ufficiale di domani, preludio necessario alle successive audizioni autunnali e al voto di fine ottobre a Strasburgo.
Ursula Von Der Leyen si sta muovendo in un delicato puzzle di nomi da associare ai rispettivi portafogli, impegnata nella difficile opera di mediazione tra equilibrio geografico, competenze, e peso del Paese di provenienza. L'aver evitato un Commissario Europeo leghista, a serio rischio di bocciatura in Europa, ha rappresentato per la presidente tedesca un enorme sollievo: ora però si tratta di trovare la casella giusta per Paolo Gentiloni. Il primo premio per Roma resta il portafoglio Affari Economici, dove però potrebbe prevalere la finlandese Urpilainen, esponente di quell'area rigorista che non vede di buon occhio un Commissario mediterraneo in quella posizione, per il sospetto che possa allargare troppo i cordoni della borsa della flessibilità. Per l'ex-premier italiano si parla, in alternativa, della Concorrenza -cui guarda anche la Francia- oppure dell'Industria e Mercato Unico, mentre il Commercio dovrebbe andare all'Irlanda. La Von Der Leyen, che ha passato la domenica a rifinire la squadra, vedrà oggi il presidente uscente della Commissione Juncker, per un ultimo faccia a faccia. Domani la riserva sarà sciolta: mercoledì, invece, in attesa delle audizioni parlamentari, la presidente in pectore incontrerà a Bruxelles il premier Conte. Manovra italiana e politiche di immigrazione i temi caldi sul piatto.
9/9/2019
Solo contro tutti: il premier britannico Boris Johnson inaugura la settimana a Dublino, in un incontro con l'omologo irlandese Varadkar che non dovrebbe portare a grandi risultati sul fronte Brexit.
Anche perchè tutti i riflettori saranno puntati sul Parlamento: mentre la Regina licenzierà la legge che impedisce un'uscita britannica dall'Unione Europea senza intesa con Bruxelles, il partito Conservatore farà un secondo tentativo per fissare le elezioni il 15 ottobre. Pochissime le speranze di farcela, considerato che il blocco di opposizione -ormai spalleggiato dai deputati conservatori espulsi- ha già fatto capire che vuole obbligare Johnson ad essere ancora in carica il 31 ottobre. Per umiliarlo, obbligandolo a chiedere un terzo rinvio di Brexit a Bruxelles. Dopodichè si potrà votare, tra novembre e dicembre. Anche per questo la strategia di Downing Street sta cambiando. Dopo aver dato per perso quello elettorale, il nuovo campo di battaglia scelto potrebbe essere quello giuridico. A farlo intuire ci ha pensato ieri il Ministro degli Esteri Raab, dichiarando che il Governo potrebbe testare la nuova legge anti-no deal fino al limite. Tra le righe, si scorge la volontà di avviare un ricorso giudiziario, per verificarne la legittimità, spostando il terreno di confronto con l'opposizione in Tribunale. In caso di rinvio di Brexit la colpa verrebbe così addossata a Labour e giudici. Una manna, in vista delle prossime elezioni: Johnson continua a guardare i sondaggi. E gli ultimi lo vedono in vantaggio di quattordici punti sui laburisti.
8/9/2019
Nervi tesissimi a Londra su Brexit, alla vigilia di un'altra settimana da montagne russe a Westminster. Dopo le clamorose dimissioni della Ministra del Lavoro Amber Rudd, andatasene puntando l'indice accusatorio contro Boris Johnson, il suo posto è già stato occupato da Therese Coffey, ex-Ministra dell'Ambiente nel Governo May, e -curiosamente- un'altra ex-sostenitrice del fronte Remain al referendum di tre anni fa.
I fronti aperti sono due: l'ipotesi di elezioni anticipate il 15 ottobre, che Johnson tornerà a chiedere domani con scarse possibilità di vederle approvate dal Parlamento, dove l'insolita coalizione di opposizioni ed ex-Conservatori ribelli detta l'agenda. E l'interpretazione della legge anti-no deal, che proprio domani sarà ufficialmente licenziata dalla Regina. Se il Governo Johnson dovesse rimanere in carica fino al 31 ottobre, giorno di Brexit, la contesa si giocherà proprio sull'interpretazione di questa norma: se ieri ha tenuto banco l'ipotesi di un fantascientifico arresto dello stesso Johnson, qualora ignorasse la legge e portasse Londra fuori dall'Unione Europea senza intesa, nelle ultime ore è giunta la reazione del fronte Brexiteer: il Ministro degli Esteri Raab ha dichiarato sibillinamente che Downing Street potrebbe testare questa legge fino al limite. L'idea sarebbe quella di non violarla, ma aggirarla, per centrare l'obiettivo di uscita dall'Europa senza se e senza ma a fine ottobre. Per Johnson buone notizie dai sondaggi: per Yougov i Conservatori sarebbero al 35%, 14 punti davanti ai Labour. La tattica di una Brexit esasperata starebbe pagando, erodendo voti al Brexit Party di Nigel Farage.
8/9/2019
Un nuovo, durissimo colpo, al Governo di Boris Johnson. La Ministra del Lavoro Amber Rudd si è dimessa ieri sera con una lettera che suona come un atto d'accusa esplicito contro l'esecutivo di cui ha fatto finora parte: "è stata una decisione difficile. Sono entrata al Governo in buona fede, accettando il fatto che un'uscita dall'Europa senza accordo fosse sul tavolo. Perché questo era il modo migliore di arrivare ad una Brexit con una nuova intesa il 31 ottobre. Ma a questo punto non penso più che andarsene dall'Europa con un accordo rappresenti l'obiettivo primario del Governo", scrive.
Amber Rudd mostra che il re è nudo, dice pubblicamente quanto si mormora nei palazzi del potere: Johnson non ha più alcun interesse ad un addio soft. E lei rincara la dose, quando rimprovera al premier l'assalto alla decenza e alla democrazia -parole testuali- per aver espulso 21 parlamentari conservatori ribelli dal gruppo. Dopo le dimissioni del fratello Jo dal Governo, un altro durissimo colpo per Boris, che domani proverà a ripresentare in Parlamento la mozione per elezioni anticipate il 15 ottobre, con poche speranze di vederla passare. Tempi duri in arrivo per lui e per il partito Conservatore, ormai sull'orlo di un'implosione dagli esiti imprevedibili. Proprio come la Brexit, variabile sempre più impazzita della politica britannica.
7/9/2019
"L'Italia è un Paese di grande peso, può aspettarsi un portafoglio importante": la frase sibillina fatta pervenire ieri sera da Bruxelles lascia aperta la speranza, in vista della presentazione -martedì- della prossima Commissione.
L'obiettivo-principe del nuovo Governo è ottenere per Paolo Gentiloni il portafoglio degli Affari Economici, che aprirebbe praterie impensabili fino ad un mese fa - nell'ottica di una maggiore flessibilità sui conti pubblici. Il cambio di esecutivo italiano ha modificato in meglio i rapporti con l'Europa: per questo, qualora l'Economia dovesse finire invece alla rigorista finlandese Urpilainen - anche per una questione di riequlibrio geografico delle cariche economiche, per Gentiloni potrebbero aprirsi le porte della Concorrenza, dove è in corsa anche la francese Goulard, o dell'Industria e Mercato Interno - casella dove il nome italiano veniva indicato nelle ultime ore. La partita non è comunque ancora chiusa. L'incontro di ieri tra Gentiloni e la presidente designata della Commissione, Ursula Von DerLeyen, è andato bene: "al lavoro per una nuova stagione europea", ha scritto l'ex-premier sui social. Questo mentre il cambio di Governo a Roma provoca altri effetti collaterali in Europa: i 5Stelle, finora isolati a Strasburgo, riannodano i fili del dialogo con gli schieramenti filoeuropeisti. I Verdi hanno aperto la porta ai negoziati per un loro ingresso nel gruppo. Per ora in modo cauto. Ma è un altro segnale del ritorno dell'Italia nella stanza dei bottoni europea.
6/9/2019
Un'ora di colloquio, un faccia a faccia conclusosi con l'auspicio ottimista del candidato italiano alla prossima Commissione: "al lavoro per una nuova stagione europea", scrive sui social Paolo Gentiloni, dopo aver incontrato a Bruxelles la presidente in pectore del futuro esecutivo, Ursula Von Der Leyen.
Fonti comunitarie parlano di "un clima di grande amicizia". Sottotraccia, al palazzo del Berlaymont si lavora per presentare martedì la nuova squadra con i portafogli assegnati: la casella di Gentiloni appare complessa. Se Roma punta tutto sugli Affari Economici, le indiscrezioni che circolano in queste ore a Bruxelles tracciano scenari diversi. Gentiloni potrebbe approdare a Industria e Mercato Interno, oppure alla Concorrenza, mentre gli Affari Economici dovrebbero finire alla rigorista finlandese Urpilainen. Alla Concorrenza viene indicata anche la francese Goulard, mentre il Commercio dovrebbe essere appannaggio dell'irlandese Hogan. Il superrigorista e lettone Dombrovskis lascerebbe l'Economia per virare verso l'Energia, mentre il Commissario polacco si aggiudicherebbe la ricca casella dell'Agricoltura - l'altra ricca casella della Politica Regionale andrebbe invece alla Commissaria portoghese. Indiscrezioni -queste- da prendere con le pinze. "L'Italia e' un Paese di grande peso e puo' aspettarsi un portafoglio importante", assicurano da Bruxelles, mentre si registrano movimenti importanti per i 5 Stelle: i Verdi Europei, chiusa l'alleanza gialloverde, sono pronti ad avviare un dialogo con Di Maio.
6/9/2019
Un'ora di colloquio, in un clima definito da fonti comunitarie "di grande amicizia".Si è svolto questa mattina il primo faccia a faccia tra la presidente della Commissione in pectore Von De Leyen e il Commissario europeo designato Paolo Gentiloni, volato oggi a Bruxelles per iniziare il suo nuovo percorso al Palazzo Berlaymont, sede della Commissione.
Resta intanto alta l'attesa per la presentazione -martedì- della squadra di Commissari Europei, con l'indicazione dei portafogli che saranno assegnati loro. La Commissione dovrà a quel punto affrontare le audizioni all'Europarlamento, prima di un voto finale a Strasburgo nella seconda metà di ottobre: per Gentiloni indiscrezioni delle ultime ore parlano di un possibile portafoglio agli Affari Economici, al posto finora occupato da Moscovici, anche se -secondo il Financial Times- fonti di Bruxelles confermerebbero invece un suo approdo alla Concorrenza, casella di prestigio fatta ventilare già ai tempi del Governo gialloverde. Il nuovo esecutivo giallorosso starebbe invece spingendo proprio per gli Affari Economici, o -in subordine- per il Commercio Internazionale.
5/9/2019
Tutti gli occhi puntati sulla prossima settimana: lunedì il Governo Johnson riproverà a far votare in Parlamento la mozione che fisserebbe le elezioni anticipate il 15 ottobre.
Questo, dopo che l'esecutivo non ha opposto ostacoli all'approvazione della legge anti-no deal, facilitando un accordo interpartitico che dovrebbe consentire l'approvazione definitiva il 9 settembre, dopo un passaggio ai Lord e un ritorno ai Comuni. La strategia del premier passa dunque dalle urne, mentre l'opposizione laburista non scopre le carte circa il possibile appoggio, una volta che il rischio di un'uscita dall'Europa senza intesa venga scongiurato per legge. "Voglio dare una scelta al Paese: se proseguire con il nostro piano di uscita dall'Unione il 31 ottobre, o affidarsi a qualcun altro", ha detto Johnson ad un evento pubblico, ribadendo la sua strategia elettorale. "O io o Corbyn", ha chiosato. Nelle prossime ore dovrebbe arrivare un nuovo verdetto giudiziario sulla lunga sospensione del Parlamento decisa da Downing Street. E mentre Johnson incassa l'ennesimo endorsement dell'amministrazione Trump su Brexit - stavolta per bocca del vicepresidente americano Pence, il premier incassa l'umiliante addio al Governo e al partito del fratello Jo, dimessosi da viceministro e da deputato. "Sono lacerato tra lealtà famigliare e interesse nazionale", ha scritto. E la domanda ora è: come può la nazione fidarsi di un premier che non gode della fiducia neppure del fratello?
5/9/2019
Tregua armata a Londra tra Governo e opposizione, in attesa che la legge anti no-deal completi tutti i passaggi parlamentari, col varo definitivo della Camera dei Lord.
Contro ogni previsione, il Governo di Boris Johnson non ha opposto ostacoli, facilitando un accordo interpartitico che dovrebbe portare all'approvazione definitiva domani pomeriggio. L'obiettivo del premier sembra quello di concentrarsi sull'approvazione della mozione su elezioni anticipate il 15 ottobre, già sconfitta ieri - dopotutto il leader laburista Corbyn si è detto pronto a sostenerla, una volta che la garanzia di uscita dall'Europa solo con intesa venga messa nera su bianco. Resta da vedere -in questa drammatica partita a poker- quali carte mostrerà il Labour al momento della verità. Boris Johnson ostenta tranquillità: riceve a Downing Street il premier israeliano Netanhyaue il vicepresidente americano Pence, affila le armi in vista delle probabili elezioni anticipate, ma deve incassare un addio che fa male. Quello del fratello Jo Johnson, che ha rassegnato le dimissioni da viceministro e da deputato, definendosi "lacerato tra lealtà famigliare e interesse nazionale". Jo, filoeuropeista, si era già dimesso dal Governo May, dove era Ministro, in dissenso con la linea portata avanti dall'ex premier su Brexit. Rientrato al Governo in estate, non avrebbe tollerato, secondo indiscrezioni, la purga portata avanti dal fratello Boris contro i parlamentari conservatori ribelli.
4/9/2019
E' un altro D-Day quello che si prefigura oggi per Brexit, dopo l'umiliante sconfitta serale di ieri per il premier Boris Johnson.
Si incroceranno ben due possibili votazioni cruciali: la prima nel tardo pomeriggio, quando -dopo il Question Time parlamentare con lo stesso Johnson- Westminster darà seguito alla votazione di ieri mettendo nero su bianco -sottoforma di legge- l'impossibilità di uscire dall'Unione Europea il 31 ottobre, qualora un'intesa non venisse ratificata entro il 19 ottobre. Questo aprirebbe le porte ad un nuovo rinvio di Brexit, forse a fine gennaio. La mossa successiva -questa sera- dovrebbe essere quella del premier, che chiederà elezioni anticipate per il 15 ottobre. Al momento Johnson non sembra avere i numeri neppure per questa mozione, nè con i due terzi nè con maggioranza semplice dei deputati. I Laburisti infatti, prima di dare l'OK a nuove elezioni, pretendono garanzie sia sull'impossibilità di un'uscita dall'Europa senza intesa, sia sul rinvio certo di Brexit. Un rompicapo di difficile soluzione per Johnson, che -dopo aver espulso 21 deputati ribelli dal gruppo Conservatore- compreso il nipote Churchill, ha definitivamente devastato la sua già fragile maggioranza parlamentare. Per lui la magra consolazione della sentenza odierna di un giudice della Suprema Corte Scozzese, che ha decretato che la sospensione del Parlamento britannico per cinque settimane e' legale. Da Bruxelles la Commissione Europea avverte: "il rischio di un'uscita con no deal il 31 ottobre è aumentato. Non date per scontato un altro rinvio".
3/9/2019
E' crisi profonda per l'esecutivo di Boris Johnson, nel guado tra possibili elezioni anticipate il 14 ottobre e una Brexit da portare a termine il 31 ottobre. La notizia di giornata è che -formalmente- la fragilissima coalizione tra Conservatori e unionisti nordirlandesi del DUP ha perso la maggioranza assoluta a Westminster, dopo l'addio ai Tories dell'ex-Ministro Philip Lee, passato con il partito Liberaldemocratico.
In un animato dibattito parlamentare Johnson ha sfidato la Camera dei Comuni, alla ripresa dopo la pausa estiva: ha ribadito di volere "attuare la Brexit il 31 ottobre", ha contestato la legge anti-no deal che gli oppositori intendono presentare stasera come un simbolo della resa di fronte a Bruxelles e ha avvertito che non l'accettera' "mai". Il laburista Corbyn ha replicato a muso duro, accusando Johnson di "attaccare la democrazia" per cercare di portare la Gran Bretagna verso "una sconsiderata Brexit senza intesa". La giornata odierna tiene dunque fede al clima di "giorno del giudizio" con cui era stata presentata: l'ex-Cancelliere dello Scacchiere Hammond prima ha sfidato Johnson, dicendogli che la mozione parlamentare sul rinvio di Brexit passerà, poi lo ha esortato a rendere note le sue proposte alternative sul confine nordirlandese. Le cose si complicano per il premier britannico: la perdita numerica della maggioranza assoluta non comporta automaticamente una sfiducia parlamentare, ma la rende possibile. E nella tarda serata italiana Westminster voterà sull'estensione di Brexit fino a fine gennaio, sottraendone il controllo al Governo - ci sarebbero 15 ribelli conservatori confermati. Questo avvicina l'ipotesi di elezioni anticipate a metà ottobre.
3/9/2019
E' il giorno della verità oggi a Westminster, dove andrà in scena in serata lo scontro finale tra l'esecutivo Johnson e un Parlamento ostile alla Brexit senza intesa.
L'ago della bilancia è rappresentato da poche decine di parlamentari ribelli conservatori, orientati a sostenere una mozione che sposterebbe la data di Brexit al 31 gennaio, qualora il Parlamento respingesse la nuova bozza di accordo raggiunta, o qualora si paventasse il rischio di un'uscita senza accordo. Ieri Boris Johnson ha chiaramente ribadito che l'uscita dall'Unione Europea avverrà il 31 ottobre, senza se e senza ma. E dopo aver di fatto chiuso il Parlamento per un mese, si prepara, ad indire elezioni anticipate il 14 ottobre, qualora l'agenda di Brexit venisse sottratta a Downing Street dai parlamentari di Westminster. Anche le possibili elezioni anticipate restano un rompicapo: per approvarle servono i voti dei laburisti, che al momento non sembrano ancora avere una linea definita. Dopo le 18 ora italiana le danze parlamentari su Brexit dovrebbero iniziare, con la richiesta di un dibattito di emergenza: probabile un dibattito aspro e drammatico, che si concluderà poco prima di mezzanotte con il cruciale voto per inserire -domani- un'altra votazione parlamentare sulla legge anti-no deal. L'ex-cancelliere dello Scacchiere, il Conservatore Philip Hammond, passato con i ribelli, ha pronosticato che Johnson perderà. Si gioca tutto sul filo di una ventina di voti.
8/8/2019
Sono i giovani il nuovo oro nero di questo avvio di millennio. In società che invecchiano, quali quelle europee, forze fresche e qualificate sono necessarie per controbilanciare la piramide demografica rovesciata, che si va profilando nel Vecchio Continente.
La Polonia, che dopo l'ingresso nell'Unione Europea ha visto proprio la parte più giovane della sua popolazione prendere la strada dell'Ovest continentale, migrando in particolare verso la Gran Bretagna, ha annunciato negli ultimi giorni una misura choc: i giovani occupati "under 26" che dichiarano un reddito inferiore ai 20mila euro annui, circa 85mila zloty, non dovranno pagare tasse. Una legge che avrebbe -in primis- proprio l'obiettivo di indurre i giovani polacchi a non emigrare in cerca di lavoro. Si calcola infatti come un milione e settecentomila persone abbiano lasciato il Paese negli ultimi 15 anni, per andare a cercare fortuna in Paesi con livelli salariali più alti. La nuova legge è certamente generosa, in quanto il salario medio in Polonia è di 60mila zloty all'anno, ma -al di là delle nobili intenzioni- non è esente dal sospetto di rappresentare un'abile mossa elettorale: a metà ottobre si vota a Varsavia, con la destra ultraconservatrice al Governo -già avanti nei sondaggi- che punta a consolidare la vittoria. La mossa polacca va nella stessa direzione di quella varata in primavera dall'Ungheria, che -anch'essa in piena crisi demografica e con una forza lavoro insufficiente- ha presentato un piano di incentivi per la natalità, che prevede 30mila euro per le giovani coppie che fanno nascere almeno tre figli nell'arco di un decennio. Come nel caso polacco, pure l'Italia ha varato negli ultimi anni varie misure fiscali per attrarre o riattrarre nel Paese forze fresche e qualificate. Al momento se ne contano ben sei, con imponibili che vanno dal 10 al 30% nei primi anni di rientro. Al di là degli sconti fiscali resta però una domanda: siamo proprio sicuri che i giovani se ne vadano solamente per motivi di stipendio?
8/8/2019
"Non e' auspicabile" una "criminalizzazione" delle Ong, in particolare la criminalizzazione di chi salva vite in mare": così la portavoce del Ministero degli Esteri tedesco punge l'Italia, dopo la recente approvazione del decreto sicurezza bis.
Questo mentre continua a far discutere il caso Open Arms, la nave dell'Ong catalana che staziona da circa una settimana in acque internazionali davanti a Lampedusa, con oltre cento migranti a bordo. Da Bruxelles la Commissione Europea nega di aver ricevuto richieste di coordinamento per la redistribuzione dei profughi, mentre Oscar Camps, fondatore della Ong, avverte così il vicepremier Salvini, in un'intervista a Catalunya Radio. "Entreremo in acque italiane, se dovessimo avere seri problemi a bordo", dice Camps, che parla di una situazione sempre più difficile sull'imbarcazione, e rimprovera a Bruxelles proprio la mancanza di coordinamento nella ripartizione. "Italia e Malta stanno violando convenzioni internazionali", denuncia Camps. Replica Salvini: "vogliono fare solo provocazione politica".
7/8/2019
E' ancora la linea italiana sui migranti a far discutere in Europa, con la Germania che torna a pungere il Governo gialloverde, dopo l'approvazione del decreto sicurezza bis: "non e' auspicabile" una "criminalizzazione" delle Ong, in particolare la criminalizzazione di chi salva vite in mare", ha detto la portavoce del Ministero degli Esteri tedesco.
Berlino non commenta direttamente i provvedimenti legislativi italiani, ma lascia intendere tutto il suo disappunto, citando l'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati e la sua presa di posizione critica al riguardo. Questo mentre fa discutere il caso Open Arms, la nave dell'Ong catalana che staziona da circa una settimana in acque internazionali davanti a Lampedusa, con oltre cento migranti a bordo. Da Bruxelles la Commissione Europea nega di aver ricevuto richieste di coordinamento per la redistribuzione dei profughi, mentre Oscar Camps, fondatore della Ong, avverte così il vicepremier Salvini, in un'intervista a Catalunya Radio. "Entreremo in acque italiane, se dovessimo avere seri problemi a bordo", dice Camps, che parla di una situazione sempre più difficile a bordo, e rimprovera a Bruxelles proprio la mancanza di coordinamento nella ripartizione. "Italia e Malta stanno violando convenzioni internazionali", denuncia Camps, che non lesina critiche neppure al Governo spagnolo.
1/8/2019
Viaggia su due binari la Brexit, a una settimana dall'insediamento del neopremier britannico Boris Johnson: mentre gli sherpa di Downing Street continuano a sbandierare la data del 31 ottobre per l'addio come definitiva - costi quel che costi, sul fronte economico il dossier torna a generare forti preoccupazioni: uno studio dell'Università di Lovanioha calcolato che una Brexit senza intesa costituirebbe una catastrofe per Londra, con un impatto sul Pil di oltre il 4% e la perdita di mezzo milione di posti di lavoro.
Le ricadute sarebbero pesanti anche sul resto d'Europa - un punto e mezzo di Pil in meno e un milione e 200mila impieghi a rischio, 139mila dei quali in Italia. Questo mentre anche la Banca d'Inghilterra traccia scenari foschi: un no deal taglierebbe la produttività economica, incrementerebbe l'inflazione e farebbe precipitare ulteriormente la sterlina, avverte, mentre taglia di due decimali le previsioni di crescita. E dall'industria, il Ceo di BMW Harald Kruger lancia l'appello a Johnson: "ascolti l'economia e il popolo, deve tenere aperto il dialogo con il mondo economico". Il Governo britannico intanto, confermando la sua impronta Brexiteer, tira dritto: annunciato lo stanziamento di oltre due miliardi di sterline per far fronte ai contraccolpi di Brexit, mentre il Cancelliere dello Scacchiere Sajid David afferma: "i fondamentali dell'economia sono solidi".
1/8/2019
C'è anche la Brexit tra i fattori che stanno spingendo la compagnia low-cost irlandese Ryanair verso un clamoroso taglio di personale.
Sarebbero infatti circa 1500 gli esuberi calcolati, tra piloti e personale di bordo della compagnia aerea, nei prossimi mesi. Si tratta di 500 piloti, 400 assistenti di volo, cui vanno aggiunti 600 ulteriori esuberi in vista del piano estivo 2020, che risentirà dei ritardi nella consegna dei Boeing 737 MAX, messi a terra dopo l'incidente della Ethiopian Airlines. Ritardi che si tradurranno in un freno all'apertura di nuove rotte, con conseguenti ripercussioni economiche. Qui entra in gioco pure il rischio di una hard Brexit, che potrebbe mettere a terra gli aerei Ryanair che percorrono le rotte interne al Regno Unito. Una somma di fattori, cui vanno aggiunti i deludenti risultati finanziari della compagnia, che ha visto un calo di utile pari al 21% nel primo trimestre, nonostante un incremento dei ricavi. Tra le cause addotte, oltre alle basse tariffe dei biglietti e all'incremento del costo del carburante, c'era anche l'aumento del costo del personale. I primi tagli di posti di lavoro dovrebbero arrivare a fine settembre, con un secondo round dopo Natale, anche se da Dublino assicurano che faranno tutto il possibile per contenere il numero di esuberi.
1/8/2019
Sono arrivati ieri sera all'hotspot di Pozzallo i 115 migranti sbarcati dalla motovedetta della Guardia di Finanza Gregoretti, dopo l'ennesimo -estenuante- rimpallo di responsabilità tra Italia e resto d'Europa sulla redistribuzione.
Uno di loro, con sospetta tubercolosi, è stato trasferito invece in ospedale. Determinante l'accordo a livello comunitario per la loro redistribuzione, che avverrà dopo la loro identificazione. 50 resteranno in Italia e saranno accolti presso la struttura "Mondo Migliore", gestita dalla Conferenza Episcopale Italiana. Una trentina di rifugiati saranno invece accolti in Francia, come ha confermato il Ministro dell'Interno transalpino Castaner. Gli ulteriori quaranta saranno divisi tra Germania, Irlanda, Lussemburgo e Portogallo. La Commissione Europea, regista della trattativa, ha ribadito che l'episodio della nave Gregoretti "dimostra ancora una volta che un meccanismo temporaneo per la gestione della distribuzione dei migranti e' urgentemente necessario". Risolta l'ennesima emergenza resta però lo strascico di una situazione sanitaria portata fino al limite, a bordo della Gregoretti: ben 29 migranti presentavano problemi di salute, tra cui tubercolosi e scabbia. Determinante nello sbloccare la crisi è stato l'intervento della procura di Siracusa, che aveva avviato un'ispezione a bordo della nave.
31/7/2019
Dopo quasi una settimana di stallo, con la motovedetta della Guardia di Finanza Gregoretti bloccata all'interno del porto di Augusta con il suo carico di 116 vite umane, la situazione si è sbloccata con l'annuncio -non attraverso i più appropriati canali istituzionali, ma in diretta Facebook- del vicepremier Salvini.
Determinante l'accordo a livello europeo per la loro redistribuzione. 50 resteranno in Italia e saranno accolti presso la struttura "Mondo Migliore", gestita dalla Conferenza Episcopale Italiana. Una trentina di rifugiati saranno invece accolti in Francia, come ha confermato il Ministro dell'Interno transalpino Castaner. Gli ulteriori quaranta saranno divisi tra Germania, Irlanda, Lussemburgo e Portogallo. La Commissione Europea, regista della trattativa, ha ribadito che l'episodio della nave Gregoretti "dimostra ancora una volta che un meccanismo temporaneo per la gestione della distribuzione dei migranti e' urgentemente necessario". Risolta l'ennesima emergenza, e mentre se ne profila un'altra all'orizzonte -con la nave Alan Kurdi dell'Ong tedesca Sea Eye pronta a fare rotta verso Lampedusa con 40 migranti a bordo- resta lo strascico di una situazione sanitaria portata fino al limite, a bordo della Gregoretti: 29 migranti presentano problemi di salute, tra cui tubercolosi e scabbia, due di loro sono gravi.
31/7/2019
E' iniziato poco dopo le 14 lo sbarco dei 116 migranti dalla motovedetta della Guardia di Finanza Gregoretti, dopo che si è raggiunto un accordo a livello europeo per la loro redistribuzione.
50 resteranno in Italia e saranno accolti presso la struttura "Mondo Migliore", gestita dalla Conferenza Episcopale Italiana. Una trentina, rifugiati e non migranti economici, saranno invece accolti in Francia, come ha annunciato il Ministro dell'Interno transalpino Castaner. Gli ulteriori quaranta saranno divisi tra Germania, Irlanda, Lussemburgo e Portogallo. La Commissione Europea, regista della trattativa, ha ribadito che l'episodio della nave Gregoretti "dimostra ancora una volta che un meccanismo temporaneo per la gestione della distribuzione dei migranti e' urgentemente necessario", mentre il presidente francese Macron si diceva felice della soluzione europea. Risolta l'ennesima emergenza, e mentre se ne profila un'altra all'orizzonte -con la nave Alan Kurdi dell'Ong tedesca Sea Eye pronta a fare rotta verso Lampedusa con 40 migranti a bordo- resta lo strascico di una situazione sanitaria portata fino al limite, a bordo della Gregoretti: 29 migranti presentano problemi di salute, tra cui tubercolosi e scabbia, due di loro sono gravi.
31/7/2019
Il caso Gregoretti assume sempre più rilievo internazionale.
Il paradosso di una motovedetta della Guardia di Finanza, non esattamente una Ong, ancora bloccata ad Augusta da quasi una settimana con oltre 100 migranti a bordo in condizioni igieniche e di salute al limite dell'umano - basti dire che è presente un solo bagno per tutti e che alcuni profughi hanno la scabbia, preoccupa non solo Bruxelles, che continua a cercare una soluzione di redistribuzione condivisa, ma anche la Germania, dove il Ministro dell'Interno Seehofer -nonostante le affinità manifestate un anno fa- boccia la linea Salvini sui migranti. "Da un anno abbiamo dato la disponibilita' ad accogliere una parte di rifugiati per ogni nave arrivata a Malta o in Italia, quale contributo alla solidarieta' europea. Ciò che voglio evitare e' che ogni volta queste navi attendano fino a 15 giorni davanti alle coste italiane, prima che le condizioni dei migranti peggiorino", dice -irritato- Seehofer. La Procura di Siracusa intanto apre un'inchiesta per accertare le condizioni igienico-sanitarie a bordo dell'imbarcazione, mentre il Garante per i Detenuti Palma chiede informazioni urgenti. La situazione delle persone a bordo si configura "come una privazione de facto della liberta' personale", afferma Palma.
30/7/2019
Un'inchiesta per accertare le condizioni igienico-sanitarie a bordo della motovedetta della Guardia Costiera Gregoretti, ancora ormeggiata ad Augusta con oltre 100 migranti a bordo.
Ad aprirla la Procura di Siracusa, che ha incaricato tre consulenti in malattie infettive di effettuare un'ispezione. Le condizioni sono al limite: sull'imbarcazione è presente un solo bagno per tutti gli occupanti - solo per fare un esempio. Anche il Garante per i Detenuti Palma ha chiesto informazioni urgenti al comandante generale della Guardia Costiera. La situazione delle persone a bordo si configura "come una privazione de facto della liberta' personale", afferma Palma. E mentre sulla vicenda la Commissione Europea ribadisce che sono in corso "contatti" con i Paesi membri per la ridistribuzione dei migranti, il Ministro dell'Interno tedesco Seehofer attacca le politiche del suo omologo italiano Salvini. "Da un anno abbiamo dato la disponibilita' ad accogliere una parte di rifugiati per ogni nave arrivata a Malta o in Italia, quale contributo alla solidarieta' europea. Ciò che voglio evitare e' che ogni volta queste navi attendano fino a 15 giorni davanti alle coste italiane, prima che le condizioni dei migranti peggiorino". Difficile però che la situazione si sblocchi prima di un nuovo summit a Malta a settembre.
30/7/2019
E' iniziato dalla Scozia il tour di Boris Johnson, per compattare il Paese intorno ad un nuovo approccio alla Brexit e -contemporaneamente- intavolare una nuova trattativa con Bruxelles.
"Siamo pronti a tendere la mano all'Unione Europea e a fare sforzi supplementari per raggiungere una nuova intesa su Brexit", ha dichiarato Johnson alla BBC. Fin qui la buona notizia. La cattiva, per dirla con lo stesso Johnson, è che la clausola paracadute sul confine nordirlandese, quella che ha affossato tutti i voti parlamentari a Westminster, è morta, così come l'accordo negoziato dalla premier May. Come Johnson intenda raggiungere e far approvare in tre mesi un'intesa che la premier precedente non è riuscita a portare a termine in tre anni resta un mistero, ma intanto lui -forte di un balzo in avanti nei sondaggi, frutto della luna di miele con l'elettorato Brexiteer- si dedica a consolidare il suo potere. Per indorare la pillola Brexit, in Scozia ha portato 300 milioni di sterline di investimenti, da dividere con Galles e Irlanda del Nord, ma ad accoglierlo ha trovato una premier scozzese Sturgeon sul piede di guerra - "la linea dura del Governo su Brexit porterà il Paese al disastro", ha detto. Pure la leader conservatrice scozzese, Davidson, ha negato l'appoggio a Johnson sull'ipotesi del no deal. Ieri prima riunione del Gabinetto ministeriale ristretto su Brexit istituito da Johnson, mentre la sterlina calava ai minimi da due anni sull'onda delle tensioni.
29/7/2019
Incorreggibile Viktor Orban. Dopo averla teorizzata, ora si vanta di aver portato a termine la missione di aver impiantato in Ungheria la sua tanto amata "democrazia illiberale".
Incurante del palese ossimoro, che finisce con l'accostare due termini sostanzialmente antitetici quali "democrazia" e "illiberale", il premier ungherese Orban insiste, affermando che l'obiettivo dei prossimi 15 anni sarà lottare contro il liberalismo in Europa. Ossessionato dalle teorie complottiste, che vedono l'Unione come un'entità composta di democrazie che -parole sue- "cercano di costruire un impero universale liberale e tendono a demolire i confini e mettere in pericolo le identita'", Orban vede nella piccola Ungheria un esempio di Paese che ha ridefinito il rapporto fra individuo e comunità nazionale, in cui la nazione sovrana è più importante della libertà individuale. Parole che suscitano inquietudini, e che rievocano fantasmi autoritari di un passato ancora vicino. L'esperimento ungherese ha già fatto suonare numerosi campanelli di allarme a Bruxelles, con la Commissione Europea che ha aperto procedure di infrazione contro Budapest sul trattamento dei migranti e per le leggi che criminalizzano le Ongche aiutano proprio i migranti. Ma più in generale è l'intero impianto dello stato di diritto ad essere stato fatto a pezzi da Orban: se si candidasse oggi ad entrare in Europa, difficilmente l'Ungheria sarebbe ammessa.
25/7/2019
Il presidente Bce Mario Draghi si avvia verso la fine del mandato lasciando l'arsenale di munizioni carico per Christine Lagarde, la donna che gli succederà alla guida della Eurotower da novembre.
Draghi non nasconde i dati che mostrano un peggioramento economico nell'Eurozona, che renderebbe essenziale il ruolo delle politiche di bilancio. E indica il settore manifatturiero in Germania e in Italia come il tallone d'Achille, al momento. Per questo vede come "probabili revisioni al ribasso delle previsioni di crescita". Una crescita rallentata dal protezionismo, non manca di notare il presidente Bce, con evidenti riferimenti alle politiche di Donald Trump. Draghi non risparmia frecciate neppure sul fronte inflazionistico -"non accettiamo un tasso d'inflazione permanentemente cosi' basso"- l'altro motivo che spingerà Francoforte a intervenire dopo l'estate con nuove misure di politica monetaria. Guardando al futuro, Draghi vede un maggior ruolo anche per la politica di bilancio dei Paesi dell'Eurozona, che aiuterebbe a rendere piu' efficiente la politica monetaria espansiva, a patto però che venga attuata "mantenendo la credibilita' sui mercati". E mentre il presidente Bce chiude definitivamente la porta ad un suo futuro all'Fmi - "non sono disponibile", taglia corto, la domanda riguarda cosa metterà in campo Francoforte a settembre: probabile un taglio dei tassi, senza escludere un ritorno del Quantitative Easing. O target inflazionistici ribilanciati.
25/7/2019
Una traversata lunga tre mesi. Il neopremier britannico Boris Johnson fa piazza pulita dell'esecutivo May, per raggiungere l'obiettivo di uscire dall'Unione Europea il prossimo 31 ottobre.
"Portare a termine la Brexit senza se e senza ma" è il comandamento numero 1 del team Johnson, che schiera come neoministro degli Esteri Dominic Raab, ultrà della Brexitdimessosi dal gabinetto May in dissenso con l'ex-premier, e Priti Patel -donna della destra radicale- come Ministro dell'Interno. Stephen Barclay sopravvive quale Ministro per la Brexit. Molti volti moderati vengono licenziati o se ne vanno, aprendo la strada ad un esecutivo della neodestra rampante che -per dirla con Boris- dovrà rinegoziare l'intesa di divorzio firmata dalla May, buttare a mare la clausola paracadute sul confine irlandese e prepararsi anche ad un'uscita dall'Unione senza accordo. L'unica garanzia il neopremier la offre ai cittadini comunitari residenti Oltremanica: manterranno i propri diritti immutati. L'azzardo Johnson da ieri è partito: dovrà gestire un Parlamento balcanizzato, con una maggioranza risicatissima messa in pericolo pure dai mal di pancia sulla Brexit dei numerosi Conservatori moderati. Dovrà affrontare l'opposizione scozzese, con la premier Sturgeon che bolla le sue parole come "separate dalla realtà", ma -soprattutto- dovrà fare i conti con un'Europa che -nella forma- si congratula con lui. Ma nella sostanza si chiede come sia possibile trattare con un uomo così imprevedibile. A Bruxelles hanno già bollato il discorso di ieri come uno sbraitare pieno di retorica.
24/7/2019
Priorità: portare a termine la Brexit senza se e senza ma il 31 ottobre. Fin dalle prime parole del suo discorso da premier, Boris Johnson mette in chiaro la sua missione, nel giorno del suo trionfo, l'ascesa a Downing Street - obiettivo a cui l'ex-sindaco di Londra ambisce da anni. In un discorso a tratti frenetico, Johnson apre il libro dei sogni di un esecutivo che vive sul filo di un Parlamento dove la maggioranza è sottilissima: promette 20mila nuovi poliziotti sulle strade, tempi rapidi di attesa per il medico, più assistenza sociale e soldi alle scuole, persino un pacchetto autunnale di sostegno all'economia.
Una valanga di promesse per ingraziarsi un elettorato disorientato, in un Paese polarizzato come mai, tra pro-Brexit e anti-Brexit. Proprio per questo Johnson punta tutte le sue carte sulla riunificazione della Gran Bretagna, mentre le urla dei manifestanti che lo contestano arrivano quasi a coprire le sue parole. Un fatto senza precedenti nell'investitura di un premier britannico. Johnson si appella all'orgoglio nazionale, per contrastare l'era del dubbio che attanaglia il Paese. La Brexit per lui si farà tra 99 giorni, con un nuovo accordo di uscita da rinegoziare con Bruxelles, ma senza essere ingenui - occorre prepararsi, dice, anche ad un'uscita senza intesa. L'unica concessione che fa è per rassicurare gli oltre tre milioni di europei residenti Oltremanica - i loro diritti rimarranno immutati. Per tutto il resto si aprono tre mesi di enorme incertezza sull'asse Londra-Bruxelles.
20/7/2019
Potrebbe essere ancora una donna la prossima Commissaria Europea italiana: dopo l'uscita di scena di Giorgetti, fonti comunitarie fanno trapelare che una candidata potrebbe avere maggiori chances di ottenere un portafoglio di peso a Bruxelles, qual è la concorrenza.
Non è infatti un mistero che Ursula Von Der Leyen, determinata a formare un esecutivo diviso a metà tra uomini e donne, abbia già un problema di genere. Diversi Stati membri, ignorando il suo appello a presentare più candidati, hanno continuato a proporne uno solo - uomo, peraltro, come hanno fatto Austria, Grecia e Slovenia. Di qui la via d'uscita offerta all'Italia, infilatasi nel cul de sac dell'isolamento leghista in Europa: una donna, magari indipendente, per ambire al portafoglio economico che il premier Conte sostiene di aver concordato all'ultimo vertice europeo. Conte promette un profilo "idoneo". Il futuro della Commissione Europea ha fatto capolino nella conferenza stampa estiva della cancelliera tedesca Merkel: "la nomina di Ursula Von der Leyen è una buona notizia", ha detto, prima di toccare la questione del Russiagate leghista. "Questa vicenda va chiarita in Italia. A livello generale, vediamo che i partiti populisti e di destra vengono sostenuti in maniera molto forte dalla Russia. Questo ci preoccupa", ammette la Merkel.
19/7/2019
La chiave di volta potrebbe essere donna: dopo l'uscita di scena di Giorgetti dalla corsa alla poltrona di prossimo Commissario Europeo, fonti comunitarie fanno trapelare che una candidata potrebbe avere maggiori chances di ottenere un portafoglio di peso a Bruxelles, come la concorrenza.
Il motivo è presto detto: non è un mistero che Ursula VonDer Leyen, determinata a formare un esecutivo diviso a metà tra uomini e donne, abbia già un problema di genere. Diversi Stati membri, infischiandosene del suo appello a presentare più candidati, hanno continuato a proporne uno solo - uomo, peraltro, come hanno appena fatto Austria, Grecia e Slovenia. Di qui la via d'uscita offerta all'Italia, infilatasi nel cul de sac dell'isolamento leghista in Europa: una donna, dal profilo indipendente, per ambire al portafoglio economico che il premier Conte sostiene di aver concordato all'ultimo vertice europeo. Il futuro della Commissione Europea ha fatto capolino nella conferenza stampa estiva della cancelliera tedesca Merkel: "la nomina di Ursula Von der Leyen è una buona notizia", ha detto, prima di toccare la questione del Russiagate leghista. "Questa vicenda va chiarita in Italia. A livello generale, vediamo che i partiti populisti e di destra vengono sostenuti in maniera molto forte dalla Russia. Questo ci preoccupa", ammette la Merkel.
19/7/2019
Il nodo del prossimo Commissario Europeo continua a tormentare le strategie comunitarie del Governo gialloverde, dopo l'uscita di scena del favorito leghista a prendere il posto di Federica Mogherini a Bruxelles.
Sullo sfondo, l'avvertimento lanciato dalla presidente eletta della Commissione Ursula Von Der Leyen: "ogni Stato membro ha diritto a proporre i propri commissari", come "il presidente ha quello di chiedere altri nomi, qualora se ne ravvisino buone ragioni", ha dichiarato ieri, lasciando intendere che un candidato controverso -soprattutto se leghista- qualche difficoltà potrebbe averla non solo a superare l'esame delle audizioni europarlamentari a settembre, ma persino nella scrematura iniziale. La Von Der Leyen non è sembrata aprire a grandi concessioni neppure sui conti pubblici: "la Commissione che presiedero' monitorera' da vicino la situazione in Italia", con l'obiettivo di "riuscire a investire per stimolare la crescita, ma senza contravvenire alle regole". Il futuro del prossimo esecutivo europeo ha fatto capolino anche nella conferenza stampa estiva della cancelliera tedesca Angela Merkel: "la nomina di Ursula Von der Leyen è una buona notizia", ha detto. "Abbiamo evitato un conflitto", ha aggiunto, dopo aver negato partite di giro con Varsavia per chiudere il cerchio delle nomine. Ribadendo che intende portare a termine il suo mandato di cancelliera, la Merkel ha toccato anche la questione del Russiagate leghista: "questa vicenda va chiarita in Italia. A livello generale, vediamo che i partiti populisti e di destra vengono sostenuti in maniera molto forte dalla Russia. Questo ci preoccupa", ammette la Merkel.
18/7/2019
Intesa di massima sulla web tax e accordo anche sulla tassazione minima globale sulle società, tra il 13 e il 15%: il G7 delle Finanze di Chantilly si chiude con l'ennesimo impegno a procedere sulla strada di una imposta internazionale che vada ad intaccare i giganteschi profitti transazionali delle imprese del web.
Come spesso accade, però, la percezione è differente a seconda dell'interlocutore: se il padrone di casa, il Ministro delle Finanze francese Le Maire, annuncia in pompa magna l'intesa per tassare le attività senza presenza fisica, in particolare quelle digitali - e sottolinea come sia la prima volta che i Paesi membri del G7 si accordano su questo principio, fonti del vertice frenano: "sulla 'web tax' non si e' raggiunto alcun accordo, si sono soltanto tracciati dei binari per negoziati condivisi, in vista di una possibile intesa entro il 2020". Cauti soprattutto gli Stati Uniti: pur non abbandonando il tavolo delle discussioni, i rappresentanti di Washington non si sbilanciano. "C'è ancora del lavoro da fare", ha commentato lapidario il segretario di Stato al Tesoro Mnuchin. Sul fronte italiano, se il Ministro delle Finanze Tria salta l'incontro con i giornalisti, il Governatore di Bankitalia Visco vede un allentamento della tensione nei confronti del nostro Paese: "non esiste una tensione particolare sull'Italia, le decisioni prese e le discussioni con la Commissione hanno consentito di iniziare un processo di riduzione della tensione quale si misura sull'onere del debito", ha detto.
18/7/2019
Tensione alle stelle tra i due partner Nato Turchia e Stati Uniti, dopo che la Casa Bianca ha ufficializzato la sospensione della consegna degli F-35 ad Ankara, in seguito alla decisione di Erdogan di acquistare i sistemi missilistici antiaerei russi S-400.
"Mina gli impegni presi reciprocamente da tutti gli alleati Nato di non usare sistemi russi. Questoavra' un impatto dannoso sulla interoperabilita' turca con l'Alleanza", così Washington ha motivato ieri la decisione. Oggi la risposta turca: "invitiamo gli Stati Unti a correggere questo errore, che e' destinato ad infliggere un danno irreparabile alle nostre relazioni strategiche", ha scritto in una nota il Ministero degli Esteri anatolico, accusando: "il passo unilaterale degli Stati Uniti contraddice lo spirito della nostra partnership e non si basa su alcuna giustificazione legittima". Insieme alle accuse, l'impegno a non fare passi indietro: la consegna del sistema missilistico russo proseguirà infatti fino a martedì, con i missili veri e propri che approderanno ad Ankara alla fine dell'estate. Il fronte di scontro per la Turchia è doppio: forti sono le tensioni anche con l'Unione Europea, a causa delle trivellazioni di Ankara al largo di Cipro, in cerca di idrocarburi. Dopo settimane di avvertimenti, Bruxelles ha deciso lunedi' un primo lotto di sanzioni. Misure politiche ed economiche, cui la Turchia ha replicato in modo sprezzante, annunciando che intensifichera' le sue attivita' di perforazione offshore, inviando una quarta nave nel Mediterraneo orientale.
18/7/2019
Quaranticinque giorni di tempo per mettere a punto il team che governerà l'Europa nel prossimo quinquennio.
La presidente-eletta della Commissione Ursula Von Der Leyen è al lavoro da ieri per visionare i curricula degli aspiranti candidati all'esecutivo comunitario, selezionare il team e distribuire i portafogli. Nelle ultime ore sono pervenuti i nomi dei candidati sloveno e lussemburghese, mentre -dopo il "no" nel voto di Strasburgo- i Verdi aprono ad una collaborazione pragmatica, su punti specifici. E chiedono quattro Commissari. L'elezione della Von Der Leyen ha seminato la bagarre all'interno della coalizione di Governo gialloverde, con reciproche accuse di incoerenza, tra Lega e 5 Stelle. "Faremo pesare i nostri voti. Se i patti presi col premier Conte sul Commissario italiano "non fossero rispettati prenderemo atto che si e' partiti col piede sbagliato", fanno sapere fonti pentastellate, sottolineando la coerenza della scelta di votare la presidente tedesca. Replica l'eurodeputato leghista Zanni, dopo che il vicepremier Salviniaveva espresso "preoccupazione": "a differenza di altri non scambiamo la coerenza delle nostre idee e il nostro voto per una poltrona. Nessuna lezione dal Movimento 5 Stelle". In questo clima di corrispondenza di amorosi sensi tra i due partner di Governo, si pone il problema di quale candidato -o candidati- Roma proporrà per la Commissione, per centrare l'obiettivo del portafoglio economico: l'ipotesi di un politico leghista pare traballare, alla luce degli ultimi avvenimenti. Una donna, dal profilo indipendente, avrebbe maggiori chances.
17/7/2019
Il difficile viene adesso, per la presidente-eletta della Commissione Ursula Von Der Leyen, che in poche settimane dovrà visionare i curricula degli aspiranti candidati all'esecutivo comunitario -incluso, paradossalmente- il candidato-fantasma britannico, selezionare il team e distribuire i portafogli, in un delicato esercizio di equilibrismo politico.
C'è tempo fino al 31 agosto per indicare i nomi del nuovo team: nelle ultime ore sono arrivati quelli dei candidati sloveno e lussemburghese, mentre -dopo il "no" nel voto di Strasburgo- i Verdi aprono ad una collaborazione pragmatica, su punti specifici. E chiedono quattro Commissari ecologisti. L'elezione della Von Der Leyen ha sparso ulteriore sale sulle ferite interne alla coalizione di Governo gialloverde, con reciproche accuse di incoerenza, tra Lega e 5 Stelle. "Faremo pesare i nostri voti. Se i patti presi col premier Conte sul Commissario italiano "non fossero rispettati prenderemo atto che si e' partiti col piede sbagliato", fanno sapere fonti pentastellate, sottolineando la coerenza della scelta di votare la presidente tedesca. Replica l'eurodeputato leghista Zanni, dopo che il vicepremier Salvini aveva espresso "preoccupazione": "a differenza di altri non scambiamo la coerenza delle nostre idee e il nostro voto per una poltrona. Nessuna lezione dal Movimento 5 stelle". In questo clima di corrispondenza di amorosi sensi tra i due partner di Governo, si pone il problema di quale candidato -o candidati- Roma proporrà per la Commissione, per puntare ad un incarico economico: l'ipotesi di un politico leghista pare traballare, alla luce degli ultimi avvenimenti. Una donna, dal profilo indipendente, avrebbe maggiori chances.
17/7/2019
L'elezione di Ursula Von Der Leyen continua ad animare l'attualità europea, con due fronti: il primo comunitario, con la formazione della nuova Commissione.
Il secondo italiano - in quanto pure la scelta della presidente tedesca si è aggiunta alla corposa lista di argomenti divisivi tra i due partner di maggioranza. Sul primo fronte, la Von DerLeyen ha già chiarito che il suo esecutivo sarà composto per metà da uomini e per l'altra metà da donne. Proprio alle donne, ha lasciato intendere la presidente eletta, saranno affidati portafogli pesanti. Una di queste sarà la liberale danese Vestager, che potrebbe passare dalla Concorrenza, dove si è conquistata una reputazione da osso duro, ad un portafoglio economico. Grande peso dovrebbe avere pure il socialista olandese Timmermans, per rimediare alla sua clamorosa esclusione dalla successione a Juncker. Sui portafogli economici si sono avventate Estonia e Finlandia, avanzando la candidatura di due ex-Ministre delle Finanze. E a Bruxelles si dovrebbe rivedere pure il lettone rigorista Dombrovskis. In questa situazione il caso Italia presenta più di un problema: i 5 Stelle, decisivi per l'elezione della Von Der Leyen, si sono conquistati un posto al sole a Bruxelles, mentre la Lega, che l'ha bocciata, è sempre più isolata nei grandi giochi europei. Il vicepremier Salvini tradisce nervosismo: "siamo preoccupati per la nomina", mentre i 5 Stelle passano all'incasso - "faremo pesare i nostri voti". L'impressione è che la battaglia per identificare il prossimo Commissario italiano sia solo all'inizio. E anche il suo portafoglio non è garantito.
17/7/2019
La prima donna presidente della Commissione Europea passa sul filo di lana di un voto europarlamentare che non le garantisce affatto una navigazione agiata nel quinquennio di Governo che l'aspetta a Bruxelles. Appena nove voti sopra la maggioranza assoluta per Ursula Von Der Leyen, con uno scarto tra favorevoli e contrari pari a poco più di una cinquantina. Decine i franchi tiratori interni alla teorica maggioranza filoeuropeista popolar-socialista-liberale, al punto che il soccorso esterno di Movimento Cinque Stelle ed euroscettici polacchi si rivela decisivo per l'elezione. Contro di lei Verdi, Sinistra e l'intero spettro sovranista, Lega inclusa.
"Il compito che ho davanti pesa su di me, è una grande responsabilità - il mio lavoro comincia adesso", ha commentato la Von Der Leyen, annunciando che la sua sarà "un'Europa che lotterà per il futuro". La prossima presidente della Commissione, che entrerà in carica il primo novembre, ha annunciato un esecutivo comunitario "forte, assertivo e attivo", svicolando sulla domanda relativa alla possibile presenza di Commissari euroscettici. E mentre il premier Conte parla di un "inizio incoraggiante" con l'elezione della Von Der Leyen, la tensione politica Lega-5 Stelle si trasferisce a Strasburgo, con i salviniani infuriati con i pentastellati per aver tradito il patto e aver votato la nuova presidente. Per i leghisti, isolati in Europa, il rischio concreto è quello di dover rinunciare a scegliere il Commissario Europeo - qualsiasi loro uomo sarebbe a rischio bocciatura. Nel discorso programmatico del mattino, la Von Der Leyen aveva delineato gli assi del suo mandato: un salario minimo europeo, una strategia verde che porti l'Europa a diventare il primo continente climaticamente neutrale entro il 2050, una possibile proroga della Brexit, e la riforma di Dublino.
16/7/2019
E' in corso a Strasburgo lo spoglio della votazione sulla candidata alla presidenza della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen.
Per lei una strada in discesa, dopo che anche i Socialisti europei hanno annunciato che voteranno a favore della sua nomina, accodandosi a Popolari e Liberali. Complessivamente un bacino di 444 voti potenziali, una settantina in più rispetto al necessario. Anche prevedendo una quota di franchi tiratori all'interno di questa maggioranza, dovrebbero essere compensati da voti esterni, quali quelli dei 5 Stelle italiani o del Pis polacco. Tra i partiti italiani, solo Lega e Fratelli d'Italia non la voteranno. Contro la Von Der Leyen anche verdi e sinistra, insieme ad una parte maggioritaria della destra e dell'ultradestra. Nel suo discorso stamattina in plenaria, la Von Der Leyen ha delineato gli assi programmatici del suo mandato: un salario minimo europeo, una strategia verde che porti l'Europa a diventare il primo continente climaticamente neutrale entro il 2050, una possibile proroga della Brexit, e la riforma di Dublino. "Proporro' un nuovo patto per la migrazione e l'asilo, incluso il rilancio della riforma di Dublino", ha detto, aggiungendo che "il Mediterraneo e' diventato una delle frontiere piu' letali al mondo, in mare c'e' l'obbligo di salvare le vite". In generale, quello della Von Der Leyen è stato un discorso dal forte afflato europeista, che è sembrato chiudere la porta a qualsiasi ammiccamento all'area sovranista e populista. L'annuncio del risultato della votazione è atteso tra le 19.30 e le 20.
16/7/2019
Al via proprio in questi minuti il voto a Strasburgo sulla candidatura della tedesca Ursula Von Der Leyen a presidente della Commissione Europea.
Le ultime indiscrezioni parlano di una maggioranza abbastanza risicata per lei, poco sopra i 400 voti, che le consentirebbe comunque di venire nominata - a suo favore gli schieramenti dei Popolari, dei liberali e DI una parte dei socialisti. A questi vanno aggiunti i voti degli schieramenti esterni alla maggioranza filoeuropeista - come ad esempio il Movimento 5 Stelle. Contro la Von Der Leyen verdi e sinistra, insieme ad una parte maggioritaria della destra e dell'ultradestra, Lega inclusa. Questo almeno sulla carta. Nel suo discorso stamattina in plenaria, la Von Der Leyen ha delineato gli assi programmatici del suo mandato: un salario minimo europeo, un patto per la riforma di Dublino, che includa l'obbligo di salvare le vite dei migranti in mare, una possibile proroga della Brexit, e un piano per il clima. "Presentero' un accordo verde per l'Europa nei primi cento giorni del mio mandato", ha detto la candidata alla presidenza della Commissione, aggiungendo: "voglio che l'Europa diventi il primo continente climaticamente neutrale entro il 2050". In generale, quello della Von Der Leyen è stato un discorso dal forte afflato europeista, che è sembrato chiudere la porta a qualsisi ammiccamento all'area sovranista e populista.
16/7/2019
Nulla di fatto sulla proposta italomaltese relativa alla gestione europea del flusso dei migranti. "La discussione tra i Ministri degli Esteri e' stata molto positiva e c'e' stato grande apprezzamento per la proposta congiunta del ministro Moavero e di quello maltese Abela, con svariate aperture e ampie convergenze da parte dei Paesi membri". Cosi'fonti diplomatiche italiane. Tuttavia l'opposizione di Austria e Ungheria mette in serio dubbio le speranze di successo dell'iniziativa. Il dossier passa ai Ministri dell'Interno. Questo mentre si registra un cauto ottimismo, ma con ancora molti punti di domanda, in vista del voto odierno all'Europarlamento su Ursula Von Der Leyen alla presidenza della Commissione Europea.
Si gioca il tutto per tutto stasera a Strasburgo Ursula Von Der Leyen, che domani -comunque andrà a finire- non sarà più il Ministro della Difesa tedesco. La sua nomina a presidente della Commissione Europea si gioca sul filo di lana di negoziati che sono proseguiti ieri fino a sera inoltrata. E che riprenderanno stamattina. La Von Der Leyen ha bisogno di 374 voti, in un Parlamento che conta 747 eurodeputati effettivi. Nelle ultime ore ha elargito promesse a tutti, ma soprattutto al gruppo più in bilico: quello dei socialisti, spaccato a metà tra il votarla o l'affondarla, e che le rimprovera di non avere sostanzialmente un programma per la prossima Commissione, essendo stata paracadutata a Bruxelles da due settimane. I socialisti hanno annunciato che decideranno nel pomeriggio, dopo aver ascoltato il discorso programmatico della candidata in plenaria. Non dovrebbero esserci sorprese da parte dei Popolari e neppure dei Liberali - che pure spingono per un ruolo di primo piano della loro esponente Vestager nella prossima Commissione. Così i voti decisivi potrebbero arrivare, per un cortocircuito di una politica europea sempre più imprevedibile, dall'ultradestra - il gruppo Identità e Democrazia deve ancora prendere una posizione ufficiale, ma la Lega sembra aprire. Il Movimento 5 Stelle si è esposto ancora di più, restando possibilista sulla candidata VonDer Leyen. Ieri il premier Conte ha parlato con la cancelliera tedesca Merkel. I pentastellati stanno approfittando del momento "no" della Lega in Europa - il caso Russia ha posto una seria ipoteca sulla credibilità e affidabilità di un Commissario Europeo leghista a Bruxelles.
12/7/2019
Una mossa dal significato altamente simbolico, quella del Comune di Parigi, che prende una posizione netta sulla questione migranti, opposta -politicamente- a quella del Governo gialloverde.
Alle due capitane della Sea Watch 3, Carola Rackete e Pia Klemp, la prima decisamente più nota alle cronache nazionali e internazionali, sarà conferita la massima onorificenza municipale, la medaglia Grand Vermeil, per aver salvato migranti in mare. Nell'annuncio, viene sottolineato come la medaglia intenda simboleggiare "la solidarieta' e l'impegno di Parigi per il rispetto dei diritti umani". Il riconoscimento andrà alle due operatrici umanitarie tedesche "ancora perseguite dalla giustizia italiana" - si sottolinea. Parigi ricorda anche come negli ultimi cinque anni ben 17mila persone siano morte o risultino disperse nel Mediterraneo, mentre cercavano di attraversarlo. E per dare un segnale concreto, al di là dei riconoscimenti simbolici, il Consiglio Comunale ha votato a favore dell'elargizione di 100mila euro a SOS Mediterranee, per una nuova missione di salvataggio in mare. Intanto il gruppo della Sinistra Unitaria all'Europarlamento ha proposto di invitare Carola Rackete all'Europarlamento: la proposta sarà vagliata dalla Commissione per le Libertà Civili, che dovrà dare il benestare all'audizione.
11/7/2019
Sarà tutto tranne che una passeggiata per il Governo gialloverde la manovra 2020, con un'economia italiana ultima in Europa per crescita, zavorrata com'è da tassi di incremento definiti "marginali" dalla stessa Commissione Europea.
Nelle previsioni economiche estive Bruxelles prevede una crescita quest'anno per il Pil pari solo allo 0,1% - la certificazione di come il problema numero uno del Paese sia proprio l'economia. Il prossimo anno la crescita dovrebbe rimbalzare ad un modestissimo 0,7%: sempre che i rischi -soprattutto in politica fiscale- non prendano il sopravvento. Un mercato del lavoro poco dinamico e una fiducia dei consumatori in calo rappresentano alcune delle zavorre per l'economia, certifica Bruxelles. "L'anno scorso il Governo parlava di una previsione di crescita di 1,5%, quando abbiamo preso le prime decisioni" sulla manovra "il consenso era per l'1% - oggi e' 0,1%. Se ne deduce che le cose non sono andate cosi' bene come si sperava", ha fatto notare il Commissario agli Affari Economici Moscovici, regista dell'intesa che ha evitato la procedura di infrazione. Gli occhi di Bruxelles restano comunque puntati su Roma e sulle prossime mosse autunnali, mentre il premier Conte delinea la strategia di politica economica del Governo come "fondata sulla progressiva riduzione del debito pubblico, unitamente ad una riforma organica del sistema fiscale e ad una congrua riduzione del cuneo".
11/7/2019
Non lesina promesse la candidata alla presidenza della Commissione Ursula Von Der Leyen, nel giorno del confronto con i principali gruppi parlamentari europei.
La tedesca, per espiare il peccato originale di essere stata paracadutata a Bruxelles dai 28 leader comunitari, gioca la carta -peraltro a costo zero- della generosità. Offre agli eurodeputati il diritto di proporre leggi comunitarie, pur mantenendo per la Commissione l'ultima parola. Giura che si batterà per l'introduzione di un salario minimo in Europa, garantisce che riformerà il regolamento di Dublino sui migranti e rimetterà in pista la missione navale Sophia. Si mostra persino paziente con Londra, aprendo ad un rinvio della Brexitoltre il 31 ottobre, ma promette compattezza nei negoziati con la Russia. Nonostante ciò, la strada per lei appare in salita: i Verdi si sono sfilati e non la voteranno martedì prossimo. Anche i liberali temporeggiano, così come pure i socialisti. Il paradosso è che -per arrivare alla testa della Commissione- la Von Der Leyen potrebbe dover chiedere i voti dell'ala euroscettica o sovranista dell'emiciclo. Sarebbe una partenza col piede sbagliato, per una dichiarata europeista come lei: per questo si ipotizza un rinvio del voto su di lei a settembre, per guadagnare tempo. Chi è rimasto a bocca asciutta sono i sovranisti, capeggiati dalla Lega: per loro nessuna presidenza di commissione parlamentare. L'annunciata onda antieuropeista, dopo il deludente risultato elettorale, finisce così nel cul de sac dell'isolamento politico - per la Lega e i suoi alleati si annunciano cinque anni di magra, a Strasburgo.
10/7/2019
Ancora vagone di coda in Europa, con una crescita 2019 che Bruxelles definisce "marginale": questa la fotografia scattata dalla Commissione Europea nelle previsioni economiche sull'Italia, il cui Pil quest'anno crescerà solo dello 0,1% - la certificazione di come il problema numero uno del Paese sia proprio l'economia.
Il prossimo anno la crescita dovrebbe rimbalzare ad un modesto 0,7%: sempre che i rischi -soprattutto in politica fiscale- non prendano il sopravvento. Un mercato del lavoro poco dinamico e una fiducia dei consumatori in calo rappresentano alcune delle zavorre per l'economia, certifica Bruxelles. "L'anno scorso il Governo parlava di una previsione di crescita di 1,5%, quando abbiamo preso le prime decisioni" sulla manovra "il consenso era per l'1% - oggi e' 0,1%. Se ne deduce che le cose non sono andate cosi' bene come si sperava", ha fatto notare il Commissario agli Affari Economici Moscovici, regista dell'intesa che ha evitato la procedura di infrazione. Gli occhi di Bruxelles restano comunque puntati su Roma e sulle prossime mosse autunnali, mentre il premier Conte delinea la strategia di politica economica del Governo come "fondata sulla progressiva riduzione del debito pubblico, unitamente ad una riforma organica del sistema fiscale e ad una congrua riduzione del cuneo".
10/7/2019
Un anemico +0,1% quest'anno, solo sette decimali di crescita il prossimo. La Commissione Europea si appresta oggi, secondo indiscrezioni, a confermare le sue previsioni sull'economia italiana, nel consueto rapporto estivo: poche novità per il nostro Paese, che -solo due mesi fa- ricopriva la poco onorevole posizione di vagone di coda del treno della crescita continentale.
Difficilmente, salvo clamorose novità, uscirà da questo limbo. Questo mentre -proprio ieri- l'Ecofin ha approvato all'unanimità le raccomandazioni della Commissione per i Paesi - Italia inclusa. Roma ha così evitato la procedura di infrazione per debito eccessivo, ma dovrà produrre un aggiustamento strutturale del Pil pari allo 0,6% nel 2020, riducendo tra le altre cose il debito e spostando il carico fiscale dal lavoro. Il vicepresidente della Commissione Dombrovkis ha anticipato che -secondo le previsioni odierne- "tutti gli Stati cresceranno quest'anno e il prossimo", ma "ci sono molte differenze tra i Paesi, e sono in aumento soprattutto i rischi esterni - quindi non si possono escludere uno scenario dove i rischi si materializzano", ha avvertito. Di qui l'appello: "e' tempo di fare le riforme mentre si mantengono conti pubblici solidi". Via libera dell'Ecofin a Christine Lagarde alla testa della Bce, mentre -sempre sul fronte nomine- la Lega preme sugli alleati pentastellati per incasellare il suo Ministro per le Politiche Europee. "Ho proposto il nome al premier Conte, aspetto l'OK", ha detto il vicepremier Salvini.
9/7/2019
Mentre anche il leader laburista Jeremy Corbyn appoggia ufficialmente l'idea di un referendum-bis su Brexit, infuria sulle due sponde dell'Atlantico la guerra diplomatica tra il presidente americano Trump e il Governo May.
Corbyn ha sfidato il prossimo premier conservatore a tenere un secondo referendum, prima di uscire dall'Unione - sia che Londra trovi un accordo, sia che decida di farlo senza intesa. "In ogni caso faremo campagna per restare", ha annunciato Corbyn, dopo una riunione del suo Governo-ombra, e dopo un vertice con i sindacati: il leader laburista ha dunque scelto di schierarsi in modo netto sulla questione referendum, conscio che l'ambiguità tenuta fin qui ha nuociuto al partito. Ambiguità che resta però intatta su un altro scenario possibile: quello di elezioni anticipate e di un ipotetico Governo Labour: in questo caso Corbyn non è stato così chiaro sull'eventualità di un referendum. O se, invece, procederà sulla strada di una Brexit soft, senza consultare gli elettori. Il tema Brexit è entrato pure nelle invettive del presidente americano Trump contro il nemico del giorno, l'ambasciatore britannico Darroch, finito nell'occhio del ciclone dopo che i suoi resoconti riservati sull'amministrazione americana sono filtrati alla stampa. "L'ambasciatore che la Gran Bretagna ci ha rifilato non ci esalta molto, e' un uomo molto stupido. Dovrebbe parlare con il suo Paese e la sua premier, dei loro negoziati falliti su Brexit - e non arrabbiarsi per le mie critiche su quanto siano stati gestiti male", ha scritto Trump su Twitter, attaccando in modo spietato la May: "su Brexit l'avevo consigliata, ma ha proceduto in modo stupido".
8/7/2019
Due mesi per riportare l'accordo sul nucleare in carreggiata. La palla passa nel campo europeo, dopo che Teheran ha fatto seguire ieri alle parole i fatti, incrementando il livello di arricchimento dell'uranio 235 oltre la soglia del 3,67% consentita dall'accordo sottoscritto quattro anni fa.
L'Iran ha posto l'intero fardello diplomatico sulle gracili spalle della politica estera comunitaria, chiedendo a Francia, Germania, Gran Bretagna e al resto del Continente di concretizzare quanto promesso, rendendo operativo uno strumento finanziario che possa permettere alla Repubblica Islamica di continuare ad esportare petrolio e ricevere linee di credito - ossigeno puro, in un Paese stremato dalle sanzioni imposte da Washington. L'Alto Rappresentante europeo uscente, Federica Mogherini, ha fatto sapere che l'Unione chiede a Teheran di fermare tutte le attività in violazione degli impegni. In cambio, la Mogherini offre la costituzione di una commissione congiunta - un premio di consolazione difficilmente sufficiente al regime iraniano. Preoccupazione in Francia, Germania e Gran Bretagna: se il presidente transalpino Macron aveva provato fino a sabato a far cambiare idea all'omologo iraniano Rohani, Berlino si dice estremamente preoccupata, e il Foreign Office britannico intima a Teheran di fermare immediatamente le attività. A spargere sale sulle ferite di una crisi dagli sviluppi imprevedibili l'amministrazione Trump: "l'ultimo sviluppo del programma nucleare iraniano condurra' ad ulteriore isolamento e sanzioni", ha twittato il segretario di Stato Pompeo.
7/7/2019
Lo scenario peggiore si è avverato: dopo ripetuti avvertimenti, Teheran ha fatto seguire alle parole i fatti, avviando ufficialmente la seconda fase del piano per ridurre gli obblighi previsti dall'accordo sul nucleare del 2015.
L'Iran aumenterà quindi il livello di arricchimento dell'uranio al 5%, dal 3,67% stabilito dall'intesa. Stracciando così l'intesa sottoscritta quattro anni fa. Ad annunciarlo il portavoce del governo Ali Rabiei, in una conferenza stampa con il viceministro degli Esteri e il portavoce dell'Organizzazione dell'energia atomica iraniana. Non è una porta sbarrata per sempre alla diplomazia, ma -come hanno spiegato i vertici della Repubblica Islamica- i Paesi europei non hanno fatto abbastanza negli ultimi due mesi per salvare l'intesa, varando misure per allentare la stretta sul commercio provocata dalle sanzioni statunitensi. Di qui un nuovo ultimatum, con un'altra scadenza di 60 giorni, e la richiesta -fatta al Vecchio Continente- di spingere sullo strumento finanziario Instex, utile ad aggirare le sanzioni, acquistando petrolio iraniano o fornendo una linea di credito al Paese. Le misure annunciate dall'Iran e gli eventuali passi successivi "sono reversibili", ma questo dipende dal rispetto degli impegni di Francia, Germania e Regno Unito, ha twittato il Ministro degli Esteri Zarif. E se l'Agenzia internazionale per l'energia atomica ha dichiarato che i suoi ispettori faranno rapporto "al piu' presto", Germania e Gran Bretagna chiedono a Teheran di fermarsi.
5/7/2019
Parte in salita la strada di Ursula von der Leyen verso la presidenza della Commissione Europea: la prima sessione plenaria dell'Europarlamento si è chiusa ieri a Strasburgo con un dibattito estremamente critico nei confronti delle modalità con cui si è arrivati al pacchetto di nomine ai vertici comunitari.
Se non appare sostanzialmente in dubbio il voto dei Popolari Europei, la famiglia politica cui appartiene la presidente in pectore della Commissione, i mal di pancia più forti si registrano tra Socialisti e Verdi, i gruppi politici che -con Ppe e liberali- dovrebbero garantire i voti necessari alla von der Leyen, per evitare il paradosso di una sua elezione grazie al soccorso populista e sovranista. Proprio i Socialisti hanno rinfacciato ai leader europei di aver affossato Timmermans solamente per aver difeso lo stato di diritto in Paesi come la Polonia e l'Ungheria, dove si trova sotto attacco. "La scelta dei candidati a porte chiuse non ha rappresentato il cambiamento invocato dagli elettori", hanno rincarato i Verdi. Pure i sovranisti a trazione leghista, già isolati da un vero e proprio cordone sanitario a Strasburgo, che li ha relegati ai margini del potere, non si sono dimostrati esattamente entusiasti: la linea più o meno comune a tutti i gruppi critici verso la Von der Leyen è la stessa. Incontriamola, sentiamo cosa ha da dirci, poi decidiamo. Questo da un lato concede alla politica tedesca ampi spazi di manovra, dall'altro però non la mette al riparo dai franchi tiratori quando -martedì 16 luglio- dovrà conquistarsi almeno 375 voti in plenaria a Strasburgo, per conquistarsi la nomina.
4/7/2019
L’Europarlamento riparte dall’Italia: dopo Antonio Tajani, sarà il parlamentare PD David Sassoli a guidare per i prossimi due anni e mezzo l’assemblea di Strasburgo, prima di cedere il testimone ad un esponente PPE.
Sassoli è stato eletto alla seconda votazione, superando e doppiando il secondo più votato, il candidato eurocritico Zahradil. Emerso solo l’altroieri nel totocandidati, il neopresidente ha concentrato il suo discorso su due messaggi: l’attacco ai nazionalismi, che ha definito “virus in grado di produrre conflitti distruttivi”, e l’immigrazione, sulla quale ha incalzato i Governi europei, tuttora immobili, a procedere con la riforma del regolamento di Dublino, per introdurre una vera solidarietà tra Paesi membri. Sassoli, 63 anni, è stato a lungo giornalista televisivo, prima di approdare dieci anni fa all’Europarlamento: per lui ha votato il PD, astenuta Forza Italia, contro Lega e Fratelli d’Italia, libertà di scelta per i pentastellati. Ieri a Strasburgo ha fatto capolino anche la candidata alla presidenza della Commissione Ursula Von der Leyen. “Ascolterò molto, per sviluppare un dialogo con Consiglio e Parlamento, e una visione per la futura Commissione Europea basata su una cooperazione intensa tra le istituzioni comunitarie”, ha detto: per lei iniziano giorni di passione e trattative, per superare l’ostilità di socialisti e Verdi, in vista del voto sulla sua nomina a metà luglio.
3/7/2019
Resta ad un italiano, a sorpresa, la presidenza del Parlamento Europeo. Dopo Antonio Tajani, sarà David Sassoli, europarlamentare PD, a guidare per i prossimi due anni e mezzo l’assemblea di Strasburgo, prima che il testimone torni a un esponente dei Popolari Europei.
Nel suo discorso inaugurale, molto emotivo, nel quale ha definito i nazionalismi “ideologia e idolatria che producono virus che stimolano istinti di superiorita', e producono conflitti distruttivi", Sassoli si è focalizzato su un tema in particolare, caro all’Italia. Quello dell’immigrazione. Sassoli, 63 anni, è stato a lungo giornalista televisivo, prima di approdare dieci anni fa all’Europarlamento: per lui ha votato il PD, astenuta Forza Italia, contro Lega e Fratelli d’Italia, libertà di scelta per i pentastellati. Sassoli ha incontrato nel pomeriggio la candidata alla presidenza della Commissione Ursula Von der Leyen, approdata a Strasburgo per sondare il terreno, in vista della votazione -tra due settimane- sulla sua nomina alla testa dell’esecutivo comunitario. “Sono figlia dell’Europa”, avrebbe detto, in un discorso appassionato ma scarno nella sostanza, di fronte al gruppo del PPE. Per lei non sarà una passeggiata, considerata l’ostilità manifestata da socialisti e Verdi.
3/7/2019
Con 345 voti l’italiano David Sassoli, del PD, succede ad Antonio Tajani alla presidenza del Parlamento Europeo.
Sassoli ce l’ha fatta alla seconda votazione. La sua candidatura è sbucata a sorpresa ieri pomeriggio, ed è stata confermata ieri sera dalla riunione del gruppo Socialista al Parlamento Europeo. Fiorentino di nascita, 63 anni, Sassoli è stato per anni un volto giornalistico televisivo, prima di approdare nel 2009 a Strasburgo. Nel suo discorso inaugurale, ha invitato a recuperare lo spirito dei padri fondatori europei, e ha attaccato le tentazioni nazionaliste: “non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l'antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia”. Il focus centrale del suo discorso, ribadito in conferenza stampa, è stato però tutto sull’immigrazione: Sassoli ha insistito sul fatto che il Consiglio Europeo ha il dovere morale di discutere la proposta del Parlamento di riforma del regolamento di Dublino, facendo in modo che chi arriva nei Paesi del Sud del Continente approdi in Europa. Per Sassoli ha votato il PD, astenuta Forza Italia, contro di lui Lega e Fratelli d’Italia, libertà per i pentastellati.
3/7/2019
Quattro nomi, diverse sorprese, molti punti di domanda. Il vertice europeo dei record partorisce un poker che fa già discutere: Ursula Von Der Leyen presidente della Commissione, Christine Lagarde presidente della Bce, Charles Michel presidente del Consiglio Europeo e Josep Borrell Alto Rappresentante.
La svolta sta nella scelta al femminile delle due cariche più importanti: la Von der Leyen, Ministro della Difesa tedesco della CDU, è la vera sorpresa. Nata a Bruxelles, sarebbe la prima donna a capo della Commissione. Europeista di formazione, arrivata tardi in politica, ha fatto una carriera-lampo. Il suo curriculum presenta qualche macchia: il Bundestag sta indagando su alcune consulenze sospette nella Difesa, ma soprattutto la sua gestione dell’esercito è molto criticata. In più ha fama di falco in politica monetaria: otto anni fa propose di imporre alla Grecia di garantire sui prestiti europei usando le sue riserve auree. Meno controverso il profilo della Lagarde: avvocato di formazione e senza esperienze in Banche Centrali, si è fatta apprezzare prima come Ministro delle Finanze e poi come direttore dell’Fmi. La cancelliera Merkel , astenutasi nel voto finale, festeggia la scelta di una donna e maschera la sconfitta della linea portata avanti con Timmermans solo tre giorni fa. Il difficile deve ancora venire: tra due settimane la Von Der Leyen dovrà conquistarsi la carica con un voto dell’Europarlamento – Socialisti e Verdi sono già sul piede di guerra. Il paradosso è che debba chiedere i voti dei sovranisti. Questo mentre l’Italia annuncia di aver ottenuto un Commissario economico e -forse- una vicepresidenza della Commissione. Staremo a vedere. Probabilmente il nostro Paese manterrà invece la guida dell’Europarlamento. Il PD David Sassoli parte oggi favorito per succedere a Tajani nella carica.
3/7/2019
Il poker è servito: dopo due maratone negoziali, i 28 leader europei hanno trovato l’intesa sui quattro nomi che costituiranno la leadership del prossimo quinquennio europeo: la Ministra della Difesa tedesca Ursula Von der Leyen trasloca al vertice della Commissione Europea, il premier belga Charles Michel sarà il prossimo presidente europeo, il Ministro degli esteri spagnolo Josep Borrell diverrà l’Alto Rappresentante, mentre la direttrice dell’Fmi Christine Lagarde prenderà il posto di Draghi alla presidenza Bce.
Otto ore di tempi supplementari a Bruxelles hanno partorito le nuove cariche comunitarie, in un esercizio di equilibrismo che ha stravolto completamente lo schema proposto domenica dal trio Merkel-Macron-Sanchez. Le poltrone-chiave andranno a due donne: per la Commissione esce di scena il superfavorito Timmermans, e al posto di Junckerandrà una fedelissima della cancelliera, mentre a Francoforte siederà una delle donne più carismatiche dell’economia mondiale – digiuna di politica monetaria, ma molto apprezzata sulla scena finanziaria. Il premier Conte già avanza l’ipotesi di una poltrona economica di peso per l’Italia nel prossimo esecutivo comunitario, magari insieme ad una vicepresidenza – eventualità tutta da verificare. Anche perché la Von Der Leyen dovrà prima affrontare l’esame del Parlamento Europeo, a metà mese. Qui lo scenario si complica, considerato che l’asse europeista si è già frantumato. Socialisti e Verdi hanno detto “no” alla candidata alla presidenza della Commissione, che rischia così di venire eletta con i voti di populisti e sovranisti. Un vero paradosso. Oggi intanto l’italiano David Sassoli potrebbe -a sorpresa- prendere il posto di Antonio Tajani alla presidenza dell’Europarlamento. I socialisti lo hanno scelto ieri sera come loro candidato.
2/7/2019
E' partita doppia in Europa, che si gioca in questi minuti su due piazze. Sono ore drammatiche, per definire le future cariche europee.
L’epicentro dell’azione è a Bruxelles, dove dopo otto ore di incontri bilaterali e summit i 28 leader sono vicini a partorire un pacchetto stravolto, rispetto alle opzioni filtrate domenica: la Ministra della Difesa tedesca Ursula von der Leyen, della Cdu e fedelissima di Angela Merkel, alla guida della Commissione; il liberale belga Charles Michel alla presidenza del Consiglio Europeo, il socialista spagnolo Josep Borrell Alto Rappresentante Europeo, e la direttrice Fmi Christine Lagarde alla presidenza della BCE. Fuori dai giochi sia il popolare Weber, sia il socialista Timmermans, favoriti fino a pochi giorni fa a succedere a Juncker. Proprio questo ribaltamento starebbe scatenando una rivolta sulla seconda piazza politica, quella di Strasburgo, con il gruppo socialista inferocito e deciso a bocciare l’eventuale candidatura della Von der Leyen alla Commissione. Sulle barricate la SPD tedesca: questo starebbe frenando proprio la cancelliera Merkel, a dare luce verde ad un pacchetto che potrebbe comprendere una presidenza dell’Europarlamento divisa a metà tra il socialista Stanishev e il popolare Weber, sull’arco dei cinque anni. C’è attesa per le riunioni dei gruppi popolari e socialisti qui a Strasburgo: Weber ha già bevuto l’amaro calice, ufficializzando poco fa quanto deciso da altri, e rinunciando ufficialmente alla Commissione. Chiamiamola Realpolitik. E domani qui a Strasburgo dovrà -comunque vada a finire a Bruxelles oggi…- essere eletto il presidente dell’Europarlamento. Tra i possibili outsider anche Sassoli del PD.
2/7/2019
L'Europarlamento attende con impazienza il risultato del secondo tempo del summit straordinario europeo sulle nomine.
Una vera via crucis anche oggi, se consideriamo che il pranzo con i 28 leader è cominciato in fortissimo ritardo dopo le 16, a causa dei continui bilaterali preparatori. Il poker di cariche attualmente sul tavolo è stato completamente stravolto, rispetto a domenica: per la presidenza della Commissione Europea sarebbe in pole position una donna, la tedesca Ursula von der Leyen, attualmente Ministro della Difesa e membro della Cdu. L’attuale premier belga Charles Michel, liberale, andrebbe alla presidenza del Consiglio Europeo, mentre il socialista spagnolo Josep Borrell diventerebbe Alto Rappresentante Europeo. Alla presidenza della Bce andrebbe invece la direttrice dell’Fmi Christine Lagarde. Qui a Strasburgo l’ipotesi von der Leyen, approvata dai Paesi di Visegrad- si sta già scontrando con parecchi mal di pancia, se consideriamo che la Ministra tedesca non ha in alcun modo partecipato alla campagna elettorale europea, e verrebbe paracadutata alla testa della Commissione. Europarlamento che domani eleggerà il suo presidente -si parla di un ticket tra il socialista bulgaro Stanishev e il popolare tedesco Weber- e che tra due settimane dovrà votare il nuovo presidente della Commissione. Stiamo comunque ancora parlando di ipotesi: entro sera speriamo di avere l’ufficialità sulle nomine.
1/7/2019
Italia sempre più sola in Europa sul fronte migranti. Prima la Germania e poi la Francia mettono nero su bianco che la gestione della crisi rifugiati -così come viene portata avanti dal Governo gialloverde- non va.
"L'Italia non e' uno Stato qualsiasi, e' al centro dell'Unione Europea, e' uno Stato fondatore dell'Unione. Per questo ci aspettiamo che affronti un caso del genere in modo diverso. Coloro che salvano vite umane non possono essere consideati criminali", ha detto il presidente tedesco Steinmeier alla Zdf. E se Steinmeier sceglie un modo diplomatico per rinfacciare a Roma le proprie responsabilità, da Parigi la portavoce del Governo transalpino Sibeth Ndaye accusa i gialloverdi di isterismo: "ci rammarichiamo che sulla vicenda Sea Watch si sia arrivati a questa situazione, perche' il Governo italiano ha scelto una strategia per rendere isterico il dibattito su argomenti molto dolorosi". Dalla Commissione Europea l'apprezzamento per la cooperazione tra Paesi nel ricollocamento dei migranti sbarcati, e la rivendicazione di aver dato una mano all'Italia. Il vicepremier Salvini, preso in contropiede dalle dichiarazioni franco-tedesche, reagisce nervosamente, invitando Steinmeier ad occuparsi di ciò che accade in Germania e minacciando la Francia di indirizzare i prossimi barconi a Marsiglia. Poi in serata, di fronte all'evidenza di un flusso continuo di sbarchi in Sicilia a bordo di piccole imbarcazioni, nonostante i proclami via social sui porti chiusi, promette di intervenire sui microsbarchi. Ma non specifica come.
30/6/2019
Continui rinvii per l'inizio del summit europeo a Bruxelles, chiamato a chiudere il pacchetto nomine ai vertici delle istituzioni comunitarie.
Il presidente europeo Tusk, il grande mediatore della serata, ha avuto una girandola di bilaterali stasera per provare a chiudere l'intesa. Tra questi, il presidente francese Macron e il premier italiano Conte, che ha visto a sua volta la cancelliera tedesca Merkel e il gruppo dei Paesi di Visegrad. Il vertice è finalmente iniziato un quarto d'ora fa: il favorito per la presidenza della Commissione Europea resta sulla carta il socialista Timmermans, in uno schema che prevederebbe un esponente liberale alla presidenza del Consiglio Europeo, mentre ai Popolari andrebbero presidenza dell'Europarlamento e Alto Rappresentante Europeo. "Su Timmermans valuteremo", ha annunciato sibillinamente il premier Conte all'arrivo. Al vertice si prevede una lunga notte: contro Timmermans non ci sono solo i Paesi del gruppo Visegrad, che intendono far pagare al socialista olandese le sue battaglie a difesa dello stato di diritto in Ungheria e Polonia, ma anche diversi Governi guidati da esponenti del centrodestra, contrari a cedere la poltrona di Juncker ad un socialista. All'interno del PPE ci sarebbe anzi un vero e proprio ammutinamento contro la proposta Merkel: fonti comunitarie stanno cominciando a ventilare l'ipotesi che si debba ripartire da zero.
30/6/2019
Il caso Sea Watch approda in Europa, con il presidente tedesco Steinmeier che critica l'arresto della comandante Carola Rackete.
"L'Italia non e' uno Stato qualsiasi, e' al centro dell'Unione Europea, e' uno Stato fondatore dell'Unione. Per questo che ci aspettiamo che affronti un caso del genere in modo diverso. Coloro che salvano vite umane non possono essere criminali", ha detto il presidente tedesco alla Zdf. L'Olanda, dal canto suo, ha criticato la decisione di CarolaRackete di dirigersi verso Lampedusa. Il segretario di Stato per la migrazione Broekers-Knol, ha precisato che il fatto che una nave batta bandiera olandese "non implica un obbligo per quello Stato di imbarcare persone soccorse". Il favorito alla successione di Juncker alla presidenza della Commissione, Frans Timmermans, cerca di calmare le acque: "come Commissione abbiamo fatto di tutto per trovare Paesi disposti ad accogliere i richiedenti asilo e ci siamo riusciti. L'Italia ci ha chiesto di dare una mano, l'abbiamo fatto". Il summit di stasera dovrà sciogliere il puzzle nomine in Europa. "Sarà una lunga notte", ha annunciato la cancelliera tedesca Merkel, mentre i Paesi dell'Est ribadiscono la loro opposizione a Timmermans. "Timmermans e' una candidatura che valuteremo", ha dichiarato sibillinamente il premier Conte, prima di aggiungere, sempre sulla futura Commissione. Il pacchetto di partenza che sarà proposto ai leader prevede Timmermans presidente della Commissione, un esponente liberale alla presidenza europea, mentre ai Popolari andrebbero presidenza dell'Europarlamento e Alto Rappresentante Europeo.
30/6/2018
Notte bianca oggi a Bruxelles, per chiudere il puzzle delle nomine alla testa delle istituzioni comunitarie. Come ogni conclave che si rispetti, non è detto che chi entra Papa non esca poi cardinale: il favorito per la poltrona di presidente della Commissione appare il socialista Frans Timmermans.
Un'idea di Angela Merkel, che ieri a Osaka ha lasciato intravedere la disponibilità a sacrificare l'ormai bruciata pedina Weber, per mettere il francese Macron con le spalle al muro e portarlo dalla sua. Il progetto ha una logica: Timmermas al posto di Juncker, Weber alla presidenza del Parlamento Europeo, e il francese Villeroy de Galhau alla Bce. Un incastro apparentemente perfetto, che lascia scoperte le caselle di presidente europeo e Alto Rappresentante, una delle quali dovrebbe andare ai liberali. La strada diTimmermans non è però in discesa: le sue battaglie a favore dello stato di diritto gli hanno alienato parecchie simpatie in Ungheria e Polonia. Anche per questo nè il gruppo di Visegrad nè l'ultradestra europea, come annunciato ieri dall'italiano Salvini, lo ama. E si sono già premurati di comunicarlo. Tuttavia, non dispongono sulla carta di una minoranza di blocco per sbarrargli la strada stasera. L'Italia appare ai margini: dopo aver ventilato una velleitaria candidatura di Draghi, Roma sembra rassegnata a perdere ogni peso specifico nella Bruxelles che conta. La notte si annuncia lunga: nell'agenda del vertice si ipotizza già una colazione domani mattina.
27/6/2019
Segnali di distensione sull'asse Roma-Bruxelles, alla vigilia dell'incontro fra il Ministro dell'Economia Tria e il Commissario agli Affari Economici Moscovici ai margini del G20 giapponese.
Fonti comunitarie si dicono fiduciose sulla possibilità di trovare "soluzioni nel dialogo tra la Commissione e Roma, ma l'Italia deve dimostrare che rispettera' le regole in futuro". Le stesse fonti avvertono: "Roma si deve rendere conto dell'enorme impatto che la sua economia ha sul resto dell'Unione". Dalla Germania l'ex-Ministro delle Finanze e attuale presidente del Bundestag Wolfgang Schaeuble analizza il "caso-Italia": "il Paese ha bisogno di una crescita economica, una crescita che e' ancora troppo scarsa, e mi preoccupo veramente per il fatto che rimanga a un livello così basso", dice Schaeuble, che aggiunge: "non sono necessari solo investimenti, ma anche riforme". Sempre dalla Germania si conferma un possibile cambio di registro europeo sulla procedura italiana. Secondo l'autorevole quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, "e' probabile che non si arrivi ad una ammenda contro l'Italia" da parte di Bruxelles. La Faz nota la perdita di potere italiana nelle future posizioni di vertice europee, ma evidenzia anche il potere ricattatorio che Roma può esercitare a Bruxelles, in quanto terza economia dell'Eurozona.
25/6/2019
Un'altra settimana di tempo. La Commissione Europea gioca la carta attendista sulla procedura di infrazione contro l'Italia per debito eccessivo, in attesa di giorni importanti per definire la posizione di Bruxelles.
La partita vivrà su due tempi. Il primo: il Consiglio dei Ministri, nel corso del quale il Governo metterà a punto l'assestamento di bilancio e aggiornerà le previsioni sui conti pubblici. Un momento della verità, in cui i numeri verranno messi nero su bianco, per passare al vaglio dei tecnici di Bruxelles. Il secondo tempo passerà dai summit G20 di Osaka del weekend e dal vertice straordinario europeo di domenica sulle nomine: il "caso Italia" non è in agenda in entrambi i casi, ma nei bilaterali a margine sarà certamente oggetto di discussione. Martedì prossimo, nella prossima riunione settimanale della Commissione, Bruxelles dovrebbe preparare la raccomandazione per l'Ecofin del 9 luglio. Che, a bocce ferme, dovrebbe essere sanzionatoria, soprattutto dopo il flop della missione del premier Conte all'ultimo Consiglio Europeo. Già venerdì una prima indicazione potrebbe arrivare dai gabinetti dei Commissari Dombrovskis e Moscovici. Resta aperta la variabile di quanti mesi potrebbe avere Roma per correggere il bilancio: forse sei, anziché tre. Il Ministro dell'Economia Tria dispensa ottimismo: "pensiamo che l'Italia rispetti in modo sostanziale le regole di bilancio europee e sono ottimista per questa ragione riguardo alla procedura di infrazione", ha detto, aggiungendo: "non vedo ostacoli per un accordo con l'Unione Europea".
25/6/2019
Un rinvio a martedì prossimo: sette giorni esatti prima del cruciale Ecofin chiamato a valutare -ed eventualmente approvare- la proposta di procedura di infrazione per debito eccessivo contro l'Italia.
"Prosegue il lavoro preparatorio, in linea con quanto stabilito dai Trattati", ha fatto sapere oggi la Commissione Europea, che tornerà a discutere del "caso conti pubblici Italia" la prossima settimana, nella speranza che le discussioni tra i leader europei sia al G20 di Osaka nel fine settimana, sia domenica sera nel corso del summit europeo straordinario portino consiglio. Ancora tutto da decidere, dunque, mentre il Ministro dell'Economia Tria resta ottimista:"pensiamo che l'Italia rispetti in modo sostanziale le regole di bilancio europee e sono ottimista per questa ragione riguardo alla procedura di infrazione", ha detto, aggiungendo: "non vedo ostacoli per un accordo con l'Unione Europea. Per un'economia a crescita zero l'obiettivo di un deficit pubblico del 2,1% per l'anno corrente rappresenta una politica di bilancio piu' che prudente e noi arriveremo a questo livello di deficit", ha garantito. Tria non è entrato in rotta di collisione con la Lega: "certamente il taglio delle tasse fa parte dei nostri obiettivi", ha chiarito, spiegando che si sta lavorando anche per evitare l'aumento dell'Iva il prossimo anno. Infine, guardando al futuro, il Ministro dell'Economia punta a mantenere il deficit basso e proseguire con l'obiettivo della diminuzione del debito non attraverso l'innalzamento delle tasse ma attraverso spese correnti più basse.
22/6/2019
A poco più di due settimane dalla data segnata in rosso sul calendario europeo, quella dell'Ecofin del 9 luglio, non si sblocca il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles sui conti pubblici. Le bocche sono rimaste cucite ieri in Europa, mentre il premier Conte non ha nascosto quanto la strada sia ancora in salita.
L'impressione è che i leader europei stiano ancora giocando a carte coperte, lasciando alla Commissione il ruolo di interlocutore -peraltro poco accomodante- nei confronti di Roma. Non è un mistero che la lettera del premier abbia scaldato poco gli animi, a Bruxelles. Ma non solo: per il premier olandese Rutte, falco rigorista, "sull'apertura della procedura per debito eccessivo contro l'Italia sta alla Commissione muovere i prossimi passi. Sono certo chegarantira' che Roma attuerà in modo rapido cio' che deve essere fatto, oppure procedera'", ha detto. La cancelliera tedesca Merkel ha negato di aver parlato con Conte della procedura. L'unica possibilità per l'Italia di evitare il peggio è intrecciare il dossier conti con la partita sulle nomine europee, che occuperà l'intera prossima settimana, puntando ad un cinico do ut des politico. I vicepremier aspettano: Salvini spera di evitare la procedura, ma non ad ogni costo, e la considera un attacco politico. Di Maio invita a fare squadra e si dice ottimista. Alla fine l'uomo del giorno ieri a Bruxelles è stato sì un italiano, ma non siede al Governo. Per Mario Draghi, al suo ultimo Eurosummit, la standing ovation di tutti i leader europei presenti.
21/6/2019
Nomine europee nel caos, con l'orizzonte del 30 giugno -data del vertice straordinario- pericolosamente vicino.
La maratona notturna a Bruxelles non ha portato consiglio: il lavoro diplomatico è così già ripartito, come ha annunciato il presidente europeo Tusk, pronto a riannodare il filo negoziale con i capigruppo dei principali schieramenti all'Europarlamento e con le stesse capitali nazionali. Trovare l'intesa il 30 permetterebbe di avviare la nuova legislatura del Parlamento Europeo -due giorni dopo- con la strada spianata e senza ulteriori ritardi. Cruciale sarà il G20 di Osaka a fine mese, dove i principali leader comunitari si ritroveranno per chiudere la partita. "Nonostante il lavoro non sia stato finito, abbiamo fatto progressi, chiarendo la situazione e dando delle regole", ha spiegato il presidente francese Macron. A differenza della cancelliera tedesca Merkel, Macron ha sotterrato definitivamente l'ipotesi degli Spitzendandidaten . Weber, Timmermans e Vestager sarebbero dunque quasi fuorigioco per la posizione di presidente della Commissione, che dovrebbe comunque andare a un rappresentante dei Popolari europei. Chi se la ride è l'attuale presidente della Commissione Juncker: "constato con piacere che non appare facile rimpiazzarmi". L'uomo del giorno è stato il presidente Bce Draghi, che al suo ultimo Eurosummit ha ricevuto la standing ovation dei leader europei presenti. Lui se ne è andato lanciando un avvertimento: "vediamo un'economia robusta, ma con crescenti segnali di debolezza. Potrebbero servire politiche di bilancio più espansive, in caso di deterioramento".
21/6/2019
Notte di trattative a Bruxelles, per disegnare la leadership dell'Europa post-26 maggio.
Un vero e proprio conclave tra i 28 leader, per cominciare quantomeno a tracciare l'identikit del prossimo presidente della Commissione, senza perdere di vista il quadro più ampio, che include i futuri leader di Consiglio, Europarlamento, Affari Esteri e Bce. La giornata è partita in salita, con il duo liberalsocialista Macron-Sanchez che ha affondato la candidatura del Popolare Weber alla successione di Juncker - irrigidendo così la posizione del PPE, che ha ribadito il suo sostegno a Weber. La pretattica ha lasciato spazio, in serata, ai negoziati veri e propri: una foto divenuta presto virale ha mostrato quali fossero i veri decisori al tavolo. Merkel, Macron, Sanchez e Tusk sono stati ritratti in un conciliabolo serrato - simbolo del plastico isolamento dell'Italia di Conte, relegata ai margini. Italia sotto i riflettori a Bruxelles sui conti pubblici: il Commissario agli Affari Economici Moscovici ha replicato alla lettera di Roma. "Prenderemo in considerazione la risposta, ma in questo momento una procedura per debito e' giustificata: andiamo a lavorare, in maniera costruttiva, per evitarla". In serata indiscrezioni hanno rivelato che le divergenze tra Roma e Bruxelles restano: per l'Italia si fa dura. Per il resto, il vertice europeo ha registrato unità sul rinnovo di sei mesi delle sanzioni contro la Russia per il mancato rispetto degli accordi di Minsk. Più complicato il pacchetto clima. Qui il blocco formato dalla Polonia e da Ungheria e Repubblica Ceca ha impedito di impegnarsi formalmente su un obiettivo di emissioni zero in Europa entro il 2050. La data è stata relegata in una nota a margine.
20/6/2019
Vertice Europeo al via col delicatissimo puzzle delle nomine ancora in alto mare, almeno stando a quanto trapela dalle dichiarazioni pre-summit: il presidente europeo Tusk ha twittato -sibillinamente- di essere "più cauto che ottimista", dopo la girandola di incontri delle ultime ore.
Indiscrezioni parlano di una shortlist di tre nomi nelle mani di Tusk, per la posizione di presidente della Commissione Europea. Tuttavia si fanno insistenti le voci di un rinvio ad un summit straordinario a fine giugno, essenzialmente per due ragioni: il PPE starebbe continuando a sostenere il nome di Manfred Weber quale successore di Juncker, e questo potrebbe far deragliare la mossa congiunta ispanofrancese-o liberalsocialista- per sbarrargli la strada, puntando su un altro candidato. In secondo luogo, i 28 leader potrebbe decidere di discutere l'intero pacchetto di nomine alla testa delle istituzioni comunitarie, tra cui Consiglio, Affari Esteri, BCE - e, collegato a ciò, l'Europarlamento. L'Italia, esclusa dalle grandi famiglie politiche, gioca da Paese non allineato, promettendo sostegno a chi si impegnerà a cambiare le regole sui conti pubblici. Proprio sui conti è arrivata la prima risposta -assolutamente interlocutoria- della Commissione Europea alla lettera di Roma. "Ho letto molto attentamente la lettera del premier Conte, prenderemo in considerazione la risposta, ma in questo momento una procedura per debito e' giustificata, quindi andiamo a lavorare, in maniera costruttiva, per evitarla. Ma non lo si fa attraverso scambi o commenti sulle regole: lo si fa sul rispetto delle regole". Così il Commissario agli Affari Economici Moscovici.
20/6/2019
Conti pubblici italiani e nomine in primo piano al vertice europeo, che si è aperto nel pomeriggio a Bruxelles.
Il premier Conte ha esordito con un accento polemico, al suo arrivo nella capitale belga: "qualche giornalista scrive che sarei venuto qui con le mani vuote: rappresento un Paese del G7, il terzo Paese dell'Eurozona, la seconda azienda manifatturiera d'Europa: come si puo' pensare che venga a mani vuote?". Conte ha garantito che il deficit italiano quest'anno si assesterà al 2,1%, quattro decimali sotto la previsione della Commissione, e ha garantito che il Governo gialloverde rispetterà le regole europee. Ma la linea di Roma non cambia, e Conte insiste sulla necessità di modificare le regole di bilancio comunitarie, a favore della crescita. Per farlo è disposto a giocare la carta italiana sulle nomine ai vertici istituzionali comunitari. Il tema nomine è proprio la questione principale al centro di questa prima giornata di summit, che potrebbe protrarsi fino a tarda notte: il presidente europeo Tusk intravede il rischio di un rinvio - "sono più cauto che ottimista", ha twittato. Apparentemente Tusk avrebbe tra le mani una lista di tre nomi per la posizione di presidente della Commissione, che proporrà stasera ai leader europei. Il problema è che la discussione potrebbe allargarsi, fino ad includere tutte le cinque posizioni di primo piano, tra cui la Bce, rendendo il puzzle di complicata soluzione.
19/6/2019
Punta alto il premier Conte, nel complicato risiko delle nomine europee L'Italia ribadisce la sua volontà di conquistare un portafoglio economico di peso nella prossima Commissione.
Paradosso di un Paese che si appresta a fare storia come il primo a finire sotto procedura di infrazione per debito, record di cui andare poco fieri, ma che vorrebbe controllare caselle di potere che gravitano proprio intorno a quella sfera. Escluso a priori che Roma si possa vedere affidare il portafoglio degli Affari Economici o dell'Euro, restano contendibili i portafogli Lavoro e Crescita, Occupazione, Concorrenza e Commercio. Due ambitissimi pezzi da novanta questi ultimi, con ampi poteri, poco più che due premi di consolazione invece i primi due. La speranza del Governo gialloverde era quella di legare lo scontro sui conti pubblici con Bruxelles alla partita delle nomine in Europa, traendo vantaggi in entrambi i campi, e giocando da Paese non allineato, esclusi come siamo -al momento- dalle famiglie politiche comunitarie che contano. Il calcolo potrebbe essere stato sbagliato, se -come sembra- l'intero pacchetto di nomine europee, che comprende la testa di Commissione, Europarlamento, Consiglio Europeo, Affari Esteri e BCE, sta pericolosamente slittando in avanti. Conte invoca una logica di "pacchetto" per queste nomine: non è affatto detto che in questo pacchetto ci finisca l'Italia con nomine di peso, però.
19/6/2019
Un Mario Draghi che gioca d'attacco, rispolverando l'ipotesi di un bazooka monetario. E un Donald Trump che lo combatte sgraziatamente: la giornata di ieri, sull'asse Washington-Francoforte, ha visto andare in scena un duello inedito.
Il presidente uscente della Bce elenca un ventaglio di opzioni per stimolare l'economia: il programma di acquisto di titoli di Stato, il Quantitative Easing, ha ancora uno spazio considerevole, dice, prima di menzionare "ulteriori tagli dei tassi, già ai minimi storici, e misure per mitigare qualsiasi effetto collaterale". In assenza di miglioramenti, sintetizza Draghi, un ulteriore stimolo all'economia si renderà necessario. Anche perchè, "guardando avanti, lo scenario dei rischi rimane negativo, e gli indicatori prospettano una debolezza persistente". Le parole di Draghi mandano le borse europee in visibilio e provocano il calo dello spread, ma fanno infuriare Trump, che entra a gamba tesa viaTwitter in un campo -quello della politica monetaria- sul quale prudenza e diplomazia sarebbero d'obbligo. Trump spara a zero contro Francoforte: prima accusa Draghi sulla politica degli stimoli, poi di svalutare in modo scorretto l'euro sul dollaro, infine di aver fatto crescere gli indici di borsa europei, soprattutto il DAX tedesco. Un bombardamento social che obbliga lo stesso presidente Bce a replicare: "usiamo gli strumenti per riequilibrare l'inflazione, non il tasso di cambio".
18/6/2019
Donald Trump contro Mario Draghi: stimoli all'economia e cambio euro-dollaro il terreno di scontro di questo inedito duello.
Il presidente Bce, parlando al simposio delle banche centrali in Portogallo, nota come il programma di acquisto di titoli di Stato, il Quantitative Easing, abbia ancora uno spazio considerevole. Draghi indica un'eredità di possibili strumenti da utilizzare: "ulteriori tagli dei tassi e misure per mitigare qualsiasi effetto collaterale", poi aggiunge che -in assenza di miglioramenti- un ulteriore stimolo all'economia si renderà necessario. Anche perchè, fa notare, "guardando avanti, lo scenario dei rischi rimane negativo, e gli indicatori prospettano una debolezza persistente". Infine, invoca politiche di bilancio che stimolino l'economia, finora supportata in modo sproporzionato dalla Bce. Queste parole provocano la reazione scomposta via Twitter del presidente americano Trump, che spara a zero contro Francoforte: prima accusa Draghi sulla politica degli stimoli, poi di svalutare in modo scorretto l'euro sul dollaro, quindi di aver fatto crescere gli indici di borsa europei - infine se la prende ancora con Draghi per i buoni risultati del DAX tedesco. Un bombardamento social che obbliga lo stesso presidente Bce a replicare: "usiamo gli strumenti per riequilibrare l'inflazione, non il tasso di cambio". Per la cronaca: il Quantitative Easing della Fed ha portato circa 3300 miliardi di dollari di nuovi titoli in portafoglio alla banca centrale, contro i circa 2400 miliardi di euro della BCE.
15/6/2019
Parte il countdown per il Governo gialloverde, che chiude la due giorni di vertice dei Ministri finanziari europei incassando una bocciatura della linea portata avanti sui conti pubblici. Roma ha sette giorni di tempo, in sostanza fino al Consiglio Europeo di giovedì, per convincere l'Europa a non far partire la prima procedura per debito eccessivo.
In Lussemburgo vanno in scena due narrazioni distinte: quella del Ministro dell'Economia Tria, che parla di basi per il confronto, ribadisce un calo del deficit pari a due decimali, nega che usciranno nuovi documenti ma sarà comunque dimostrata l'azione di Governo, prima di dirsi ottimista. E poi c'è la narrazione europea: "servono più dati, impegni, fatti, e misure necessarie, perchè le regole sono regole e i conti devono tornare", avverte il Commissario agli Affari Economici Moscovici. Il collega Dombrovskis non è da meno: "serve una correzione significativa di bilancio, il debito deve calare, sta all'Italia portare elementi aggiuntivi e misure". Due pianeti diversi, con l'Italia in totale isolamento: dopo l'uscita della Spagna dalla procedura per deficit, siamo l'unico Paese rimasto nel braccio correttivo del Patto di Stabilità. Senza correzioni di rotta convincenti il Governo andrà a sbattere: raccomandazione della Commissione il 26 giugno, adozione della procedura di infrazione all'Ecofin di luglio. Il Ministro delle Finanze tedesco Scholz stronca definitivamente intanto l'ipotesi minibot, avanzata dalla Lega: "non hanno alcun senso", dice. Concorda Tria: "sono una cattiva idea", dice.
14/6/2019
Una settimana di tempo. L'Europa boccia le giustificazioni accampate dal Governo gialloverde in materia di conti pubblici, e dà sette giorni a Roma per rispondere ai dubbi europei - portando nuovi elementi.
Le proposte italiane, concentrate sui risparmi di spesa, sulle maggiori entrate previste e sull'impiego di due miliardi già congelati, non hanno dunque impressionato i Ministri finanziari. Che, pur mantenendo aperta la linea del dialogo, non fanno sconti. Il coro è unanime: il presidente dell'Eurogruppo Centenoparla della necessità di prendere misure per rispettare le regole di bilancio, il Commissario agli Affari Economici Moscovici accoglie gli impegni italiani ma fa capire che serve di più, e aggiunge che il lavoro preparatorio per varare la procedura di infrazione sui conti prosegue. Il Ministro dell'Economia Tria continua a professarsi ottimista. Il percorso si fa però sempre più stretto per l'Italia: tra una settimana il Consiglio Europeo chiederà al premier Conte prove concrete di una svolta nei conti, sia su quest'anno, sia soprattutto sul prossimo: altrimenti tutto lascia pensare che il 26 giugno la Commissione Europea potrebbe adottare la raccomandazione sulla procedura, che verrebbe adottata all'Ecofin di inizio luglio. Intanto il Ministro delle Finanze tedesco Scholz, che ha festeggiato l'approvazione notturna del primo bilancio dell'Eurozona, che sosterrà riforme strutturali e investimenti pubblici nei Paesi dell'Euro, stronca definitivamente l'ipotesi minibot, avanzata dalla Lega: "non hanno alcun senso", dice.
14/6/2019
E' partita ieri in Lussemburgo la corsa contro il tempo per evitare la procedura europea di infrazione contro l'Italia sul debito. Il messaggio fatto pervenire a Roma è stato chiaro: dialogo sì, ma niente sconti - le regole si rispettano.
Il presidente dell'Eurogruppo Centeno, fautore della linea del compromesso, su questo non transige. "Ci sono impegni in materia di conti pubblici, e dobbiamo rispettarli". Il Commissario agli Affari Economici Moscovici segue la stessa linea: "vogliamo evitare una procedura per debito contro l'Italia, ma le intenzioni non bastano, un sentiero chiaro e' necessario". Mentre il collega Dombrovskis conferma la fama di falco: "servono aggiustamenti considerevoli per Roma, discutero' con il Ministro Tria elementi aggiuntivi per correggere la traiettoria di bilancio". La direttrice dell'Fmi Lagarde invita l'Italia ad avviare un percorso coraggioso di riforme, sottolinea come la scarsa crescita e la mancanza proprio di riforme preoccupino nei Paesi ad alto debito - e boccia nella sostanza l'ipotesi minibot. Gli schieramenti di partenza sono ormai delineati: l'Italia deve cercare di trovare appoggi soprattutto in Francia e Spagna, Paesi propensi alla mediazione - insieme a Centeno. Mentre l'asse dei Paesi del nord e anche gli Stati dell'Est non sembrano propensi a fare sconti.
13/6/2019
L'Italia affronta il primo esame europeo dopo la raccomandazione della Commissione sull'apertura della procedura di infrazione per debito eccessivo. All'Eurogruppo in Lussemburgo proprio il caso-Italia è finito ufficialmente sotto i riflettori comunitari.
Il presidente dell'Eurogruppo Centeno, fautore della linea del compromesso, non transige su un punto: il rispetto degli impegni in materia di conti pubblici. "Ci sono, e dobbiamo rispettarli". Messaggio chiaro, prima di sedersi a qualsiasi tavolo negoziale, per chi coltivasse ancora illusioni di fare marcia indietro e andare per la sua strada. Il Commissario agli Affari Economici Moscovici segue la stessa linea: "vogliamo evitare una procedura per debito contro l'Italia, ma le intenzioni non bastano, un sentiero chiaro e' necessario". Mentre il collega Dombrovskis conferma la fama di falco: "servono aggiustamenti considerevoli per Roma, discutero' con il Ministro Tria elementi aggiuntivi per correggere la traiettoria di bilancio". La direttrice dell'Fmi Lagarde incita l'Italia ad avviare un percorso coraggioso di riforme, sottolinea come la scarsa crescita e la mancanza proprio di riforme preoccupino nei Paesi ad alto debito - e boccia nella sostanza l'ipotesi minibot. Nessuna decisione è attesa all'Eurogruppo di oggi: l'Italia deve cercare di trovare appoggi soprattutto in Francia e Spagna, Paesi propensi alla mediazione. Mentre l'asse dei Paesi del nord non sembra propenso a fare sconti.
12/6/2019
"Non perdiamo altro tempo": il Commissario agli Affari Economici Moscovici lancia l'ultimatum all'Italia, mentre la macchina europea è in moto per commissariare il nostro Paese sui conti pubblici.
"Stiamo procedendo con i passi necessari", ha detto Moscovici in conferenza stampa a Bruxelles, alla vigilia di un cruciale Eurogruppo. "Il Comitato Economico-Finanziario ha pienamente sostenuto ieri la nostra posizione. Ci aspettiamo che l'Eurogruppo si allinei", ha aggiunto, ribadendo che "la Commissione resta aperta a valutare nuovi elementi che arriveranno da Roma. La palla è nel campo italiano: abbiamo bisogno di vedere un sentiero di rientro credibile quest'anno e il prossimo", avverte Moscovici. Questo mentre il portavoce di Angela Merkel afferma che Berlino appoggia la posizione di Bruxelles sui conti italiani. Trapelano intanto i dettagli sulla riunione degli sherpa economici dell'Ecofin: il Comitato economico e finanziario e' dell'opinione che "il criterio del debito non e' rispettato e invita l'Italia a prendere le misure necessarie per assicurare il rispetto delle indicazioni del Patto di Stabilita'", scrive l'organismo. Interessante la parte sulle giustificazioni portate da Roma: i fattori rilevanti addotti possono essere visti come "moderati", che solo in parte spiegano l'ampio gap nel rispetto del criterio di riduzione del debito". Insomma, stavolta niente scuse poco credibili e niente sconti: questa è l'aria che tira non solo a Bruxelles, ma in Europa, verso i problemi di bilancio a Roma.
10/6/2019
Entra nel vivo la corsa per la successione a Theresa May alla guida dei Tories e della Gran Bretagna. Dopo la prima scrematura dei candidati che sono riusciti a depositare ufficialmente la propria candidatura, parte la gara ad eliminazione che si concluderà il 20 giugno, quando -al termine di una serie di votazioni segrete- rimarranno in gara solo due pretendenti.
Gli aspiranti leader hanno già avviato la propria campagna elettorale, che vede favorito ai blocchi di partenza l'ex-Ministro degli Esteri Boris Johnson. Proprio Johnson appare però il bersaglio-principe degli altri candidati: l'altro favorito, Michael Gove, reduce della polemica sul suo utilizzo in passato di cocaina, ha messo nel mirino le proposte fiscali dell'ex-sindaco di Londra, mirate ad agevolare le fasce più benestanti, e ha delineato il suo piano su Brexit. Via la clausola paracadute sul confine nordirlandese, e intesa con Bruxelles sul modello canadese. L'altro rivale più temibile per Johnson, il Ministro degli Esteri uscente Hunt, ha condiviso con Gove la linea: al Paese serve "un leader serio", anzi "un leader serio e sperimentato". Tra gli altri candidati l'ex-Ministro per la Brexit Raab, che ha garantito di essere l'uomo giusto per condurre Londra fuori dall'Unione Europea, e il Ministro della Sanità Hancock, che ha promesso di incrementare il salario minimo. La lunga campagna elettorale tra i due candidati rimasti in lizza a fine giugno si chiuderà nella settimana del 22 luglio, quando il successore di Theresa May sarà annunciato al termine del voto della base conservatrice.
10/6/2019
Nuova settimana ad alta tensione europea per il Governo gialloverde, con il fronte economico e quello politico ad incrociarsi nei rapporti con Bruxelles.
Oggi a Palazzo Chigi approda Manfred Weber, candidato dei Popolari Europei alla guida della Commissione. In un'Italia fuori dai grandi giochi per le nomine ai vertici comunitari, Weber rappresenta l'unico appiglio per strappare qualche concessione: il bavarese, ampiamente osteggiato dagli altri gruppi a Strasburgo, è alla ricerca disperata di appoggi. Ma la partita del momento si gioca sul campo economico: dopo la raccomandazione della Commissione Europea sull'apertura di una procedura di infrazione contro l'Italia sul debito si riuniranno domani gli sherpa di Eurogruppo ed Ecofin. Si tratterà di una prima discussione, in attesa dell'Eurogruppo in programma giovedì. Non sono previste decisioni ufficiali almeno fino al primo Ecofin di luglio, ma sarà interessante comprendere quali chances abbia il Governo di riuscire quantomeno a rinviare il varo della procedura, superando l'estate. Fondamentale per Roma sarà coagulare una minoranza di blocco: tuttavia, sul rispetto dei conti pubblici la posizione italiana appare ampiamente minoritaria, in un'Europa che ormai riga dritto. Il Ministro dell'Economia Tria, di ritorno dal G20 finanziario giapponese, ha passato il weekend a rassicurare sulla volontà di trovare una soluzione con Bruxelles, promettendo un deficit appena sopra il 2%. Linea difficile da sostenere, quando i due vicepremier spingono sui minibot, considerati a Bruxelles alla stregua di una provocazione.
9/6/2019
Dialogo con Bruxelles, e minibot fuori dall'agenda di Governo. Il Ministro dell'Economia Tria saluta il G20 ribadendo le rassicurazioni fornite solo 24 ore prima.
"Sono sicuro che con l'Europa troveremo una soluzione sui conti pubblici, sul deficit scenderemo tra il 2,1 e il 2,2%", afferma Tria, che allontana l'ipotesi di una manovra correttiva. Intanto però la raccomandazione della Commissione Europea è partita, e tra martedì e giovedì partiranno le prime discussioni a Bruxelles. Tria ignora pure le pressioni dei due vicepremier, e cancella con un colpo di spugna l'ipotesi di minibot, considerati in Europa alla stregua di un sacrilegio. A dare manforte a Tria il Governatore di Bankitalia Visco: al G20 finanziario si "e' parlato di molti rischi, dalla hard Brexit a quelli geopolitici, ma nessuno ha menzionato l'Italia", afferma. Sibillino il Commissario Europeo Moscovici: "Tria è conscio di ciò che deve fare". Per il resto, il G20 di Fukuoka prende atto che la crescita globale si sta stabilizzando ed e' proiettata verso un aumento moderato quest'anno e il prossimo: tuttavia, "resta bassa e i rischi restano orientati verso il basso". Preoccupazione dei Ministri finnziari per "le tensioni commerciali e geopolitiche", che si "sono intensificate". Esplicito il francese Le Maire: "tutti hanno chiesto a Washington e Pechino di ridurre gli attriti commerciali". Infine, sulla tassazione delle multinazionali web prosegue la commedia: tutti d'accordo sulla necessità di riformare le regole fiscali, ma sul come e quando si vedrà.
9/6/2019
Sono i minibot il nuovo fronte di tensione interno al Governo. La soluzione creativa proposta dalla Lega, che -nella migliore delle ipotesi- produrrebbe nuovo debito e -nella peggiore- creerebbe una valuta parallela, ponendo le basi per un'uscita italiana dall'Euro, mette in rotta di collisione il Ministero dell'Economia e il duo Salvini-Di Maio, vicepremier in ritrovata sintonia.
Tria, osservato speciale al G20 dei Ministri finanziari in Giappone, gioca in difesa su tutto: in primis sbarra la porta all'ipotesi minibot. "Questa e' una cosa che sta nel programma della Lega. Il Ministero dell'Economia ha girato un parere negativo", taglia corto, appoggiando la linea Draghi. Tria deve rassicurare la comunità internazionale su un'Italia vista sempre più come mina vagante sui mercati, dopo la contesa aperta con Bruxelles sul debito: Roma portera' in Europa le prove del calo del deficit in un confronto sui conti che "sta andando bene", dice Tria, che guarda al dialogo con la Commissione. Ma sui minibot i due vicepremier puntano i piedi, vedendo la coperta delle risorse economiche pericolosamente corta, con rischi di manovre correttive e aumenti dell'Iva all'orizzonte. "Se lo strumento per pagare le imprese non e' il minibot, il Ministero ne trovi un altro", afferma Di Maio, scaricando l'onere sulle spalle di Tria. Rincalza l'altro vicepremier Salvini: "si puo' discutere, e' una proposta, ma il fatto che sia urgente pagare decine di miliardi di euro di arretrati e nei confronti di imprese e famiglie deve essere chiaro a tutti".
8/6/2019
Posto da osservata speciale per l'Italia al G20 dei Ministri finanziari, dove il Ministro dell'Economia Tria ha dovuto parare i colpi di una comunità internazionale che si chiede fin dove voglia arrivare il Governo gialloverde in materia di conti pubblici.
Tria ha dovuto in primis sbarrare la porta all'ipotesi minibot, proposta leghista che rischierebbe -nella peggiore delle ipotesi- di portare l'Italia fuori dall'Eurozona: "questa e' una cosa che sta nel programma della Lega. Il Ministero dell'Economia ha girato un parere negativo", ha tagliato corto Tria, appoggiando la linea Draghi, che di Minibot non vuole sentir parlare. Tria ha dovuto profondere energie pure sul fronte della procedura di infrazione comunitaria sul debito, ormai all'orizzonte: Roma portera' in Europa le prove del calo del deficit in un confronto sui conti che "sta andando bene, aspettiamo che si pronunci il Comitato economico-finanziario - poi si dovrebbe aprire un dialogo con la Commissione", ha detto. Il Ministro sembra insomma cercare di prendere tempo con Bruxelles, insistendo sul fatto che l'Italia migliorerà il deficit già quest'anno - grazie anche ad un minore uso delle risorse per quota 100 e reddito di cittadinanza. I Ministri del G20 hanno discusso di tassazione dei giganti del web: Facebook, Google, Amazon e altri player continuano ad essere accusati di dribblare il fisco, aprendo sedi nei Paesi a bassa tassazione. Spunta così l'ipotesi del doppio pilastro: tassazione di beni o servizi dove sono venduti, anche se la presenza fisica della compagnia e' altrove. Oppure il varo di un'aliquota minima globale.
7/6/2019
Cala il sipario sulla premiership di Theresa May, dopo quasi tre anni al timone di una Gran Bretagna dispersa nei marosi della Brexit. E proprio la Brexit è costata carissima alla May, che -vista l'impossibilità di trovare una via di uscita dall'impasse- si è dovuta dimettere da leader del partito e da primo ministro.
Resterà in carica -in quest'ultima posizione- almeno fino a fine luglio, quando il suo successore dovrà sottoporsi al voto di fiducia parlamentare. La May esce di scena con l'ennesima umiliazione sofferta dal suo partito alle urne: nelle elezioni suppletive di Peterborough, Inghilterra orientale, i Tories sono finiti terzi, scavalcati dai Laburisti e dal Brexit Party. Il Brexiteer Farage, che si è presentato a Downing Street per chiedere un coinvolgimento formale nei negoziati sull'uscita dall'Unione, perde l'occasione di portare un deputato a Westminster, ma la crisi dei Conservatori è conclamata. Lunedì i candidati a prendere il posto della May nel partito e al Governo dovranno presentare le proprie candidature, che saranno scremate nel corso di quattro votazioni segrete, che si chiuderanno il 20 giugno. I due candidati rimasti avranno a quel punto un mese di tempo per assicurarsi la leadership. Undici i candidati già in pista - una quindicina quelli possibili: strafavorito resta il vulcanico Boris Johnson, rinvigorito dallo scampato pericolo giudiziario. Non sarà sottoposto a processo per le presunte falsità dette in campagna referendaria sulle fantomatiche risorse post-Brexit. Lo ha deciso l'Alta Corte di Londra. Sullo sfondo resta il 31 ottobre, nuova data per Brexit - problema che passa al successore di Theresa May.
1/6/2019
Cinture allacciate per l'economia italiana, che -proprio alla vigilia di un delicatissimo confronto estivo tra il Governo gialloverde e Bruxelles- entra in una fase di forte turbolenza, che comincia dai mercati, sempre più scettici e allarmati dal corso che Roma ha intrapreso sui dossier economici.
Lo spread Btp-Bund arriva ieri ad un passo dai 300 punti base, prima di chiudere a 286, in leggero calo. Il problema è un altro: il profilo di rischio di Italia e Grecia, misurato sulla base dello spread dei bond governativi decennali, è ormai prossimo alla parità. Questo per un effetto contrapposto: da un lato Atene, grazie al programma di riforme e risanamento dei conti, vede ridursi il livello di rischio. Dall'altro l'Italia, monitorata a livello internazionale proprio sui conti, vede crescere questo rischio. Come dimostra la scadenza a cinque anni dei titoli di Stato: in questo caso quelli italiani vengono gia' giudicati dai mercati piu' rischiosi di quelli greci. L'Istat intanto taglia le stime preliminari sul Pil, vedendolo galleggiare nel primo trimestre intorno ad un anemico +0,1%, in calo di un decimale su base annua - non succedeva da ben sei anni. "Un Pil ad andamento stagnante," riassume l'istituto di statistica.
31/5/2019
Il "caso Italia", con la battaglia che si profila all'orizzonte nell'arco del prossimo mese tra il Governo gialloverde e Bruxelles, mette il nostro Paese al centro dell'attenzione dei mercati.
Lo spread tra Btp e Bund arriva ad un passo dai 300 punti base nel corso della giornata, prima di chiudere a 286, in leggero calo. Il problema è un altro: il profilo di rischio di Italia e Grecia, misurato sulla base dello spread dei bond governativi decennali, è ormai prossimo alla parità. Questo per un effetto contrapposto: da un lato Atene, grazie al programma di riforme e risanamento dei conti, vede ridursi il livello di rischio. Dall'altro l'Italia, monitorata a livello internazionale proprio sui conti, vede crescere questo rischio. Come dimostra la scadenza a cinque anni dei titoli di Stato: in questo caso quelli italiani vengono gia' giudicati dai mercati piu' rischiosi di quelli greci. L'Istat intanto taglia le stime preliminari sul Pil, vedendolo galleggiare nel primo trimestre intorno ad un anemico +0,1%, in calo di un decimale su base annua - non succedeva da ben sei anni. Un Pil ad andamento stagnante, riassume l'istituto di statistica. In questo quadro economico decisamente preoccupante per l'Italia, l'unica buona notizia arriva dalla Borsa, che è riuscita a limitare i danni, chiudendo a -0,73%.
28/5/2019
Riunione dei capigruppo la mattina, vertice informale straordinario dei leader europei la sera. Le basi per il futuro dell’Europa che verrà si giocheranno tutte in un martedì di fuoco, tra Europarlamento e Consiglio.
A metà mattina la riunione dei leader delle frazioni parlamentari: a parole, c’è la volontà di difendere il sistema degli Spitzenkandidaten, per nominare il presidente della prossima Commissione, ma l’emiciclo frammentato uscito dalle elezioni richiederà innanzitutto un regolamento di conti interno. Tutti si dicono disponibili a negoziare, ma il favorito a succedere a Juncker, il popolare Weber, rischia di doversi accontentare di un premio di consolazione. Verdi e -soprattutto- liberali sanno di poter giocare una partita importante al tavolo, forti del loro nuovo ruolo di ago della bilancia: dal cappello potrebbe emergere un outsider. I Socialisti, in calo, proveranno a convincerli a puntare su Timmermans, ma le chances sono esigue. Di una simile situazione potrebbero avvantaggiarsi i leader europei, che -di fronte a un Parlamento diviso- potrebbero tornare all’antico, nominando a porte chiuse il prossimo presidente della Commissione, all’interno di un pacchetto di spartizione delle principali cariche comunitarie, BCE inclusa. L’Italia in questa partita di potere appare marginale, con i partiti di Governo relegati nei due gruppi euroscettici – in crescita sì, ma ancora netta minoranza a Strasburgo. Roma dovrebbe perdere quasi certamente tutte le sue cariche di potere in Europa, da qui a fine anno.
27/5/2019
Un Europarlamento frammentato, ma ancora a forte trazione filoeuropeista.
Al di là dei proclami di vittoria della Commissione Europea, un po’ enfatici, circa l’affermazione delle forze filoeuropeiste, il quadro che restituisce l’emiciclo di Strasburgo a elezioni archiviate è chiaro: i due gruppi storici di comando, popolari e socialdemocratici, restano primo e secondo, ma con forti perdite – ad aggravare la situazione del PPE il rischio vedere andarsene la pattuglia ungherese di Orban, finendo sotto quota 170 eurodeputati. La partita per disegnare la nuova mappa del potere, a partire dalla presidenza della prossima Commissione, vedrà coinvolti i liberali, che -grazie alle forze fresche macroniane-potranno fungere da ago della bilancia. Per ora l’Alde temporeggia, e si dice aperta a trattare. Ma anche i Verdi, vincitori morali della notte elettorale, potrebbero contribuire a maggioranze inedite a Strasburgo. L’onda sovranista non c’è stata: nonostante i proclami pre-voto, l’Europa delle Nazioni, che include la Lega, e quella della Democrazia Diretta, coi Cinque Stelle, superano insieme di poco i cento deputati, e si preparano a giocare il ruolo di guastafeste, senza però poteri reali nel prossimo emiciclo. Domani fischio d’inizio delle trattative reali: in mattinata riunione dei capigruppo europarlamentari, la sera arrivano a Bruxelles i leader. Non sarà facile comporre la nuova mappa del potere europeo.
27/5/2019
"I populisti non hanno vinto le elezioni, le hanno vinte le forze pro-europee di tutto lo spettro politico": così il portavoce della Commissione Europea Schinas, nel primo commento di giornata sul risultato, dopo la lunga notte elettorale.
Proprio nella notte è andata componendosi la “torta elettorale” del nuovo Europarlamento: pochi gli scossoni secondo l’ultima proiezione, con i Popolari a 180 seggi – prima forza ma pesantemente azzoppata dal voto, i Socialisti a 146 – anch’essi azzoppati, mentre i vincitori appaiono liberali e Verdi. I primi approfittano della spinta di Macron per arrivare a 109 europarlamentari, i secondi invece sfruttano il volano degli ottimi risultati franco-tedeschi e balzano a 69. Saranno questi quattro schieramenti a contendersi i rapporti di potere nel prossimo emiciclo, provando a dividersi i posti-chiave di presidente della Commissione e presidente dell’Aula. La partita insomma appare tutta appannaggio di una possibile ampia coalizione filoeuropeista. Marginali i partiti sovranisti, populisti ed euroscettici, tra i quali Lega e 5 Stelle: nonostante i buoni risultati italo francesi, la somma dei due blocchi principali è di 113 deputati, poco più di un settimo dell’Europarlamento.
27/5/2019
Nella notte si è composta la “torta elettorale” del nuovo Europarlamento: pochi gli scossoni secondo l’ultimissima proiezione diffusa due minuti fa, con i Popolari a 180 seggi – prima forza ma pesantemente azzoppata dal voto, i Socialisti a 146 – anch’essi azzoppati, mentre come abbiamo più volte ripetuto i vincitori appaiono liberali e Verdi.
I primi approfittano della spinta di Macron per arrivare a 109 europarlamentari, i secondi invece sfruttano il volano degli ottimi risultati franco-tedeschi e balzano a 69. Saranno questi quattro schieramenti a contendersi i rapporti di potere nel prossimo emiciclo, provando a dividersi i posti-chiave di presidente della Commissione e presidente dell’Aula. Marginali i partiti sovranisti, populisti ed euroscettici, tra i quali Lega e 5 Stelle: nonostante i buoni risultati italo francesi, la somma dei due blocchi principali è di 113 deputati, poco più di un settimo dell’Europarlamento: potranno tentare azioni di blocco o sbarramento, sempre che riescano prima a coordinare posizioni tra loro molto eterogenee, ma appaiono decisamente residuali nella bilancia di potere a Strasburgo.
27/5/2019
Avanza l’onda verde, liberali ago della bilancia. Il nuovo Europarlamento si frammenta, consegnando ai prossimi cinque anni di legislatura un rompicapo sui nuovi equilibri da trovare.
I Popolari restano primo gruppo a Strasburgo, ma si attestano intorno a 180 seggi e coi Socialisti -intorno ai 150- non hanno la maggioranza assoluta. I giochi per la presidenza della Commissione si fanno complicati. Il candidato popolare Weber ammette la perdita di seggi, e chiude a cooperazioni con partiti estremisti, aprendo a Verdi e Liberali. Weber ha difeso la sua aspirazione a divenire prossimo presidente della Commissione, avvertendo: senza di noi non c’è maggioranza possibile. Il socialista Timmermans invita tutti a sedersi intorno a un tavolo e trovare un accordo tra progressisti. Esultano i Verdi con la loro candidata Keller: gli ecologisti hanno una settantina di deputati. I liberali sfondano quota 100 e avranno un peso determinante a Strasburgo. I risultati nei singoli Paesi non sono privi di sorprese: in Germania vince ma perde consensi la Cdu/Csu della Merkel, i Verdi secondo partito. Crolla la Spd. In Francia il testa a testa tra Macron e Le Pen è vinto da quest’ultima per un’incollatura, e avrà sicuri riflessi sulla politica interna. Anche a Parigi Verdi sopra le attese. In Spagna torna a stravincere il Psoe di Sanchez, mentre il Belgio è allarmato dall’avanzata dell’estrema destra. In Polonia gli ultraconservatori di Kaczynski si aggiudicano per tre punti la sfida con l’ampia coalizione filoeuropeista, mentre l’Ungheria si conferma un protettorato di Orban. Infine Tsipras perde di dieci punti in Grecia e si rassegna a chiedere elezioni anticipate.
26/5/2019
Prima stima provvisoria sul nuovo Europarlamento: primo gruppo dovrebbero confermarsi i Popolari, che perdono una cinquantina di seggi e scendono a 173, secondi i socialisti, a 147 seggi, in calo anch’essi di una quarantina.
I veri vincitori sono i Verdi, che salgono a 71 deputati, e i liberali, che grazie aMacron superano i cento deputati. Entrambi i partiti diverrebbero ago della bilancia per future maggioranze a Strasburgo. La temuta e annunciata onda sovranista e populista non si intravvede per ora: l’Europa delle Nazioni guadagna solo una ventina di deputati, arrivando a 57, al pari con la Democrazia Diretta. Per quanto riguarda i risultati nazionali: importante affermazione dei Verdi in Germania, secondo partito alle spalle della Cdu/Csu; in Francia vince per un’incollatura l’estrema destra di Marine Le Pendavanti a Macron, in Spagna replicherebbe l’ampia vittoria il Psoe del premier Sanchez. Torna a salire l’affluenza: avrebbe votato un europeo su due.
26/5/2019
Primi dati delle elezioni europee dai Paesi dove già hanno chiuso i seggi, e prime sorprese, sulla base degli exit polls.
La più grossa arriva dalla Germania, dove volano i Verdi, che divengono secondo partito tedesco col 21% dei voti, e insidiano a sole sette lunghezze la Cdu/Csu della cancelliera Merkel, prima ma in calo di otto punti. Crolla al 15% la SPD, che dimezza -quasi- i voti. Affluenza tedesca al 60%, la più alta dalla riunificazione. In Austria vincono i Popolari del premier Kurz, mentre l’estrema destra Fpoe è terza dopo l’Ibizagate, ma non sprofonda. Confermata la vittoria laburista in Olanda, con il crollo dell’estrema destra di Geert Wilders, mentre vanno molto bene i Verdi in Irlanda – sarebbero secondo partito. A Cipro è testa a testa fra centrodestra e centrosinistra, mentre a Malta è netta la vittoria dei laburisti. Queste le stime ufficiali: i media nazionali ci informano anche che in Grecia vincono i conservatori e Tsipras è secondo, mentre in Belgio i socialisti sarebbero avanti in Vallonia e l’estrema destra del Vlaams Belang in forte crescita nelle Fiandre. Per il momento, sulla base di questa manciata di Paesi, non si intravede ancora un’avanzata sovranista in Europa, quanto piuttosto un’onda verde che attraversa il Continente. Mancano i risultati di ancora una ventina di Paesi, tra cui l’Italia: staremo a vedere.
26/5/2019
Un’elezione, due macroduelli sullo sfondo. Le Europee -che si celebrano per la maggior parte oggi in tutto il Continente- saranno in primis una sfida tra due idee di futuro continentale, quello integrazionista e quello populista-euroscettico, ma porranno anche le basi per la contesa sui nomi da inserire nelle caselle-chiave del potere continentale futuro.
Sul primo livello le sfide più interessanti si giocano in Francia, dove Emmanuel Macron e Marine Le Pen si contendono la palma di vincitore, in Polonia, dove il duello sarà tra gli ultraconservatori del PiS di Kazcynski da una parte e l’ampia coalizione filoeuropista dall’altra, e in Germania, dove il vero scontro si gioca per il secondo posto, tra la Spd in calo e i Verdi in crescita. Da tenere d’occhio pure la Gran Bretagna, dove il Brexit Party di Farage potrebbe fare il pieno, e gli anti-Brexit Libdem potrebbero strappare un risultato importante. Attenzione infine all’Austria, dove l’estrema destra della Fpoe potrebbe pagare cara la poco lodevole tendenza a cedere alle sirene russe. Il secondo livello metterà in palio la posizione di presidente della Commissione Europea: la battaglia sarà soprattutto tra il popolare Weber e il socialista Timmermans, ma attenzione al braccio di ferro che Francia e Germania potrebbero innescare sul primo. Ciò che appare abbastanza certo è che l’Italia perderà -entro fine anno- tutte le sue posizioni di potere in Europa: parliamo di presidenza di Europarlamento, Bce e dell’Alto Rappresentante Europeo, che cambieranno bandiera.
25/5/2019
Prosegue in Francia la caccia all’uomo, per fare luce sull’attacco di ieri nel pieno centro di Lione, che ha fatto 13 feriti lievi.
Il sindaco Collomb è rientrato d’urgenza da un viaggio in Giappone per visitare i feriti in ospedale: “poteva andare molto peggio”, ha detto. La polizia ha diffuso le immagini del sospettato che ha lasciato ieri il pacco-bomba in via Victor Hugo. Sull’attacco indaga l’antiterrorismo: non si esclude alcuna pista. Questo mentre il sabato francese, di silenzio pre-elettorale, sarà ancora una volta all’insegna della protesta dei gilet gialli: il movimento è andato drasticamente scemando nelle ultime settimane, con manifestazioni sempre meno numerose, ma i gilet cercano il colpo di coda, con una concentrazione ad Amiens, città-natale del presidente francese Macron, in un chiaro atto di sfida verso il politico più odiato dai gilet jaunes. Il movimento è in lizza con due liste alle Europee di domani: i sondaggi appaiono però abbastanza impietosi, per una protesta che non è riuscita a tradursi in proposta politica.
25/5/2019
A dare l'annuncio, nel corso di un'intervista su You Tube, è stato lo stesso presidente francese Macron. L'attacco di Lione è piombato come un macigno sull'ultima tappa della campagna elettorale transalpina, oscurandola completamente.
La dinamica è chiara: un uomo di circa trent'anni, cappello in testa, occhiali neri e maschera a coprire la bocca, arriva verso le 17.30 nella centralissima e assai frequentata via Victor Hugo, conducendo a mano una bicicletta. Deposita di fronte ad una panetteria una valigia, imbottita di chiodi e bulloni. Poi si dilegua. Quella stessa valigia esplode pochi minuti dopo: trattandosi di un ordigno a basso potenziale, fa solo 13 feriti lievi, quasi tutti colpiti alle gambe. La notizia piomba come un fulmine a ciel sereno su un Paese ancora provato dalla stagione degli attacchi terroristici: il Ministro dell'Interno Castaner si fionda nella terza città del Paese, il premier Philippe diserta il comizio di chiusura della lista elettorale macroniana Renaissance, che si svolge in tono minore. L'antiterrorismo viene incaricata delle indagini. Difficile dire quanta influenza questo attacco avrà sulle elezioni di domani: gli ultimi sondaggi davano un testa a testa tra lo schieramento di Macron e l'estrema destra di Marine Le Pen, con quest'ultima in leggero vantaggio. Un duello che -al di là dei riflessi europei- potrebbe avere forti ripercussioni sulla politica interna, quando le urne saranno aperte e i voti scrutinati.
25/5/2019
L'incubo terrorismo è tornato ieri ad abbattersi sula Francia, nell'ultimo giorno di campagna elettorale per le elezioni europee.
L'attacco di Lione si è verificato intorno alle 17.30, nel cuore della città, La dinamica è chiara: un uomo di circa trent'anni, cappello in testa, occhiali neri e maschera a coprire la bocca, arriva nella centralissima via Victor Hugo, conducendo a mano una bicicletta. Deposita di fronte ad una panetteria una valigia, imbottita di chiodi e bulloni. Poi si dilegua. Quella stessa valigia esplode pochi minuti dopo: trattandosi di un ordigno a basso potenziale, fa 13 feriti lievi, quasi tutti colpiti alle gambe. La notizia piomba come un fulmine a ciel sereno su un Paese ancora provato dalla stagione degli attacchi terroristici: il Ministro dell'InternoCastaner si fionda nella terza città del Paese, il premier Philippe diserta il comizio di chiusura della lista elettorale macroniana Renaissance, che si svolge in tono minore. L'antiterrorismo viene incaricata delle indagini. Tanti, troppi i punti di domanda su un attacco anomalo, se confrontato con quelli che hanno scosso la Francia negli ultimi anni - da ultimo quello di Strasburgo dello scorso dicembre. Solo la cattura dell'attentatore, contro il quale è scattata una caccia all'uomo, potrebbe fornire le prime risposte.
24/5/2019
Sarebbe stato un pacco bomba a provocare l'esplosione che si è verificata intorno alle 17.30 nella centralissima rue Victor Hugo di Lione -terza città francese, nel sudest del Paese- davanti ad una panetteria.
I media francesi parlano di otto-dieci feriti, tra cui un bambino. Nessuno di loro sarebbe grave. Le prime informazioni parlano di un uomo, arrivato in bicicletta, che avrebbe depositato una valigia in strada prima di dileguarsi - l'uomo ora è ricercato dalla polizia. L'intero quartiere è stato sigillato, mentre il presidente transalpino Macron parla apertamente di "attacco". Il pacco bomba avrebbe contenuto chiodi e bulloni, stando ad una prima ricostruzione. E' troppo presto per ipotizzare una matrice di qualsiasi tipo, ma sicuramente -nel giorno della chiusura della campagna elettorale per le Europee- questa notizia fa ripiombare la Francia nell'incubo terroristico.
24/5/2019
E' un risultato davvero a sorpresa quello che riservano gli exit poll delle elezioni olandesi, con i laburisti dello Spitzendandidat socialista alla Commissione Europea Timmermans che risorgono e diverrebbero primo partito nel Paese, accreditati di cinque seggi all'Europarlamento.
Il quadro estremamente frammentato della politica olandese si riflette nella distribuzione dei seggi: al secondo posto -a 4 seggi- i liberalconservatori del premier Rutte, appaiati ai cristiano-democratici del CdA. Solo tre seggi al Forum per la Democrazia dell'astro nascente dell'euroscetticismo Baudet, che ottiene un buon risultato ma non sfonda affatto, mentre è notte fonda per Gert Wilders, figura storica dell'estrema destra olandese e stretto alleato dell'italiano Salvini. Il suo Pvv perde ben due terzi dei voti e scompare quasi dalla mappa elettorale olandese, con un solo eurodeputato. Se questi exit poll saranno confermati dai risultati definitivi domenica, è possibile dire che non solo in Olanda non sfonda affatto l'estrema destra sovranista e populista, ma -addirittura- c'è un clamoroso ritorno dei partiti filoeuropeisti. In lieve incremento rispetto a cinque anni fa l'affluenza, appena sopra il 40%.
17/5/2019
E' una Brexit senza fine, che sprofonda ulteriormente nel caos, in vista di fine ottobre, data-limite individuata per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea.
Il leader laburista Corbyn ha rotto formalmente i negoziati con i Conservatori per arrivare ad un'intesa condivisa. "Dopo sei settimane si è arrivati fin dove si poteva, è chiaro che non siamo stati in grado di costruire un ponte in grado di colmare le nostre differenze politiche", ha ammesso Corbyn in una lettera indirizzata alla premier Theresa May. Corbyn ha riservato la stilettata più dura parlando alla stampa: "il Governo non ha modificato sostanzialmente la sua posizione, e le divisioni nel Partito Conservatore significano solo che l'esecutivo May sta negoziando senza autorità alcuna". Non si è fatta attendere la replica della May, che ha rinfacciato a Corbyn di non aver saputo riunire i Laburisti intorno ad una posizione comune, restando divisi tra chi è d'accordo con Brexit e chi vuole un secondo referendum. A questo punto lo scenario si fa ulteriormente confuso: la prossima settimana le elezioni europee dovrebbero segnare un trionfo del Brexit Party di Nigel Farage, che cancellerebbe i Tories dalla mappa elettorale, al 9%. Male dovrebbero andare anche i laburisti, superati dai Libdem. A inizio giugno la May cercherà un quarto voto sull'intesa Brexit in Parlamento, ma potrebbe perdere ancora. A quel punto si dimetterebbe, aprendo la strada ad un cambio di leadership. E si entrerebbe in acque inesplorate.
17/5/2019
Il caso Italia approda all'Eurogruppo di Bruxelles, seminando inquietudine tra i partner dell'Eurozona - non da ultimo in quell'Austria retta da un Governo di destra, che include gli alleati leghisti della Fpoe.
Vienna non esita a sparare a zero contro gli annunci di sforamenti sui conti italiani, fatti proprio dal vicepremier Salvini. "Sfortunatamente noto che negli ultimi tempi Giovanni Tria ha ceduto in Italia a Salvini e non guarda la verita' in faccia". Cosi' il Ministro delle Finanze austriaco Loeger, che non intende pagare il nostro debito. Proprio Tria aveva attaccato in precedenza Loeger, invitandolo a pensare prima di parlare. Commento evidentemente mal digerito. Non che Tria, venuto a rassicurare l'Europa, sia stato morbido verso il vicepremier leghista. Anzi, lo smentisce, senza quasi mai nominarlo. Quel Def approvato anche da Salvini, osserva sferzante Tria. "Roma rispetti gli impegni", chiosa il presidente dell'Eurogruppo Centeno, mentre il Commissario EuropeoMoscovici fa notare che un debito pubblico al 130% è già alto. Ieri lo spread ha allentato la morsa, scendendo a 278 punti. Il Governatore di Bankitalia Visco avverte: se l'effetto dell'aumento dello spread sul costo dei prestiti bancari a famiglie e imprese e' stato finora limitato, i segnali di tensione stanno iniziando ad emergere".
16/5/2019
In una giornata che ha visto lo spread allentare la tensione, chiudendo a 278 punti dopo le montagne russe dei giorni scorsi -sull'onda delle dichiarazioni del vicepremier Salvini- Bankitalia ed Europa tornano ad avvertire sui rischi che si corre scherzando col fuoco.
L'effetto dell'aumento dello spread sul costo dei prestiti bancari a famiglie e imprese "e' stato finora limitato", "ma segnali di tensione stanno iniziando ad emergere", dice senza mezzi termini il Governatore di Via Nazionale Visco, che traduce nella realtà quotidiana le conseguenze degli ultimi proclami elettorali. "Le condizioni di credito si sono irrigidite, specialmente per le piccole imprese, in seguito all'aumento dei costi di raccolta bancaria e al peggioramento delle previsioni. Nel lungo periodo ciò colpira' l'economia reale", precisa Visco. Questo mentre il premier Conte prova a calmare le acque: "lo spread preoccupa, ma non deve diventare un'ossessione", dice. Da Bruxelles tocca al Ministro dell'Economia Tria smentire, senza quasi mai nominarlo, le ultime uscite di Salvini. Quel Def approvato anche da Salvini, osserva sferzante Tria. I Ministri delle Finanze comunitari osservano preoccupati la situazione a Roma. Secondo il Commissario Europeo Moscovici un debito al 130% è già tanto - l'accordo con Roma è di farlo scendere da questi livelli.
15/5/2019
Fintanto che il cittadino di un Paese extracomunitario o un apolide abbia un fondato timore di essere perseguitato nel suo Paese di origine o di residenz,a questa persona deve essere qualificata come rifugiato - cio', indipendentemente dal fatto che lo status formale di rifugiato le sia stato formalmente riconosciuto.
La sentenza della Corte di Giustizia Europea ha fatto irruzione ieri con fragore nella campagna elettorale, toccando il nervo scoperto della crisi migranti. E andando a scardinare uno dei pilastri del decreto sicurezza del Governo gialloverde, approvato lo scorso autunno - quello delle espulsioni per chi commette reati. Il caso ha preso le mosse dalla richiesta dei tribunali nazionali di Belgio e Repubblica Ceca, relativa a tre cittadini di nazionalità ivoriana, congolese e cecena. Persone che si erano viste revocare lo status di rifugiato, a causa di condanne giudiziarie o per motivi di minaccia alla sicurezza interna. I giudici del Lussemburgo hanno decretato che il fondato timore di una persecuzione dà diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. Questo ai sensi -tra le altre cose- della Convenzione di Ginevra. Spetta poi alla magistratura nazionale stabilire se l'interessato sia da considerarsi o meno un clandestino. Intanto gli ultimi dati dell'agenzia europea Frontex indicano un calo degli arrivi di clandestini ad aprile del 19% - la rotta del Mediterraneo orientale resta la più trafficata, con il Mediterraneo centrale che ha registrato un -90% di arrivi nei primi quattro mesi dell'anno.
14/5/2019
Una sentenza che fa discutere, e che avrà inevitabili impatti sulle politiche interne relative alla sicurezza: secondo la Corte di Giustizia Europea un rifugiato in fuga da un Paese in cui rischia la tortura o trattamenti inumani vietati dalla Convenzione di Ginevra non può essere rimpatriato, anche qualora il suo status venisse negato o revocato per motivi di sicurezza.
Il caso nasce dalla richiesta dei tribunali nazionali di Belgio e Repubblica Ceca, relativa a cittadini di nazionalità ivoriana, congolese e cecena. Persone che si erano viste revocare lo status di rifugiato, a causa di condanne giudiziarie o per motivi di minaccia alla sicurezza interna. I giudici del Lussemburgo hanno decretato che il fondato timore di una persecuzione dà diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. Questo ai sensi -tra le altre cose- della Convenzione di Ginevra. Ma non solo: anche la Carta dei diritti fondamentali europei e la direttiva europea in materia escludono la possibilità di un respingimento verso Paesi a rischio - determinando un rafforzamento supplementare delle garanzie. Spetta poi alla magistratura nazionale stabilire se l'interessato e' da considerarsi o meno un clandestino. Questo mentre gli ultimi dati dell'agenzia europea Frontex indicano un calo degli arrivi di clandestini ad aprile del 19% - la rotta del Mediterraneo orientale resta la più trafficata, con il Mediterraneo centrale che ha registrato un -90% di arrivi nei primi quattro mesi dell'anno.
14/5/2019
Una sentenza che fa già discutere, e che avrà inevitabili impatti sulle politiche interne relative alla sicurezza: secondo la Corte di Giustizia Europea un rifugiato in fuga da un Paese in cui rischia la tortura o trattamenti inumani vietati dalla Convenzione di Ginevra non può essere rimpatriato, anche nel caso in cui il suo status venisse negato o revocato per motivi di sicurezza.
Il caso nasce dalla richiesta dei tribunali nazionali di Belgio e Repubblica Ceca, relativa a casi di cittadini di nazionalità ivoriana, congolese e cecena. Persone che si erano viste revocare lo status di rifugiato, a causa di condanne giudiziarie o per motivi di minaccia alla sicurezza interna. I giudici del Lussemburgo hanno decretato che il fondato timore di una persecuzione dà diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. Questo ai sensi -tra le altre cose- della Convenzione di Ginevra. Ma non solo: anche la Carta dei diritti fondamentali europei e la direttiva europea in materia escludono la possibilità di un respingimento verso Paesi a rischio - determinando un rafforzamento supplementare delle garanzie. Spetta poi alla magistratura nazionale stabilire se l'interessato e' da considerarsi o meno un clandestino. Questo mentre da Malta arriva la notizia che sono una quarantina al mese gli stranieri espulsi da La Valletta, proprio perché considerati clandestini. Questo, nonostante abbiano nel frattempo vista accettata la propria richiesta di asilo in Italia.
10/5/2019
Nel giorno della Festa dell'Europa i 27 leader comunitari aprono ufficialmente i giochi delle nomine post-elettorali.
Chiudendo la riunione informale in Romania, il presidente europeo Tusk ha confermato che il 28 maggio un vertice straordinario avvierà il processo di nomina della nuova leadership comunitaria, con l'obiettivo di chiudere a fine giugno. In ballo c'è soprattutto la casella della presidenza della Commissione Europea, sulla base dei risultati elettorali, e -a cascata- anche le posizioni di presidente dell'Europarlamento e presidente del Consiglio. All'orizzonte si profila uno scontro tra Stati membri ed Europarlamento: se -come pare- si affermerà il centrodestra dei Popolari, è probabile che lo scialbo candidato tedesco Weber possa venire soppiantato dal ben più solido politico francese Michel Barnier, quale successore di Juncker. Il premier Conte, intanto, dopo aver respinto le accuse di aver isolato l'Italia in Europa, dichiara di puntare ad un'adeguata rappresentanza negli organismi comunitari, e professa ottimismo sullo scontro in atto con Bruxelles sui conti pubblici. La Dichiarazione di Sibiu, sottoscritta dai leader, punta tutto sull'unità europea, per realizzare un'agenda politica basata su solidarietà, rispetto delle regole, sicurezza, clima e voce unica.
9/5/2019
Parte da Sibiu il grande risiko delle nomine post-elezioni europee.
Chiudendo la riunione informale dei leader comunitari, il presidente europeo Tusk ha confermato che il 28 maggio un vertice straordinario avvierà il processo di nomina della nuova leadership comunitaria, con l'obiettivo di chiudere a fine giugno. In ballo c'è soprattutto la casella della presidenza della Commissione Europea, sulla base dei risultati elettorali, e -a cascata- anche le posizioni di presidente dell'Europarlamento e presidente del Consiglio. All'orizzonte si profila uno scontro tra Stati membri ed Europarlamento: se -come pare- si affermerà il centrodestra dei Popolari, è probabile che lo scialbo candidato tedesco Weber possa venire soppiantato dal ben più solido politico francese Michel Barnier, quale successore di Juncker. Il premier Conte, intanto, respingendo le accuse di aver isolato l'Italia in Europa, dichiara di puntare ad un'adeguata rappresentanza negli organismi comunitari, e annuncia la disponibilità dei partner europei ad accogliere i migranti soccorsi al largo della Libia. La Dichiarazione di Sibiu, sottoscritta dai leader, punta tutto sull'unità europea, per realizzare un'agenda politica basata su solidarietà, rispetto delle regole, sicurezza, clima e voce unica.
9/5/2019
Andate a votare, per decidere quale direzione debba prendere l'Unione Europea: 21 capi di Stato comunitari, tra cui il presidente italiano Mattarella, hanno lanciato un appello in occasione della Festa dell'Europa del 9 maggio, per coinvolgere i cittadini nel futuro del Continente.
Da parte dei 21, che non includono le case reali europee, anche una presa di posizione pro-Unione: "è la migliore idea che abbiamo mai avuto", intitolano l'appello. "L'integrazione europea -scrivono- ha aiutato a realizzare la secolare speranza di pace in Europa, dopo che il nazionalismo sfrenato e altre ideologie estremiste avevano portato il Continente alla barbarie di due guerre mondiali". Non ignorano i problemi, però: "vogliamo un'Europa forte e integrata, che riesamini costantemente con occhio critico il proprio lavoro e sia in grado di riformarsi". Questo nel giorno in cui i 27 leader europei si incontrano a Sibiu, in Romania, pernun vertice informale, proprio per porre le basi dell'Europa che verrà - sempre che trovino un consenso sulle riforme più ambiziose. Il cancelliere austriaco Kurz ha lanciato il sasso: "serve un nuovo trattato europeo", mentre il premier Conte guarda già alla partita delle nomine post-elettorali, in un contesto politico europeo che vede l'Italia isolata: "l'obiettivo e' avere un'adeguata rappresentanza negli organi comunitari", ha detto.
7/5/2019
E' una valutazione estremamente negativa e preoccupata quella che arriva da Bruxelles sull'economia e i conti pubblici italiani - una sorta di ultimo avvertimento ad un Governo -quello gialloverde- che sembra aver deviato dal percorso di risanamento.
La Commissione Europea ha tagliato le nostre stime di crescita: solo +0,1% per quest'anno, con una risalita allo 0,7 il prossimo. "La debolezza lascera' il passo ad una tenue ripresa", scrive Bruxelles. Secondo cui i possibili benefici del reddito di cittadinanza sui consumi saranno vanificati da un mercato del lavoro in fase di deterioramento. La condanna delle politiche economiche dell'esecutivo Conte, preludio ad una sempre più probabile procedura di infrazione, su cui si ragionerà a giugno, è contenuta nell'analisi dei parametri: "la crescita sommessa e l'allentamento di bilancio intaccheranno i conti pubblici, con deficit e debito che saliranno fortemente", nota preoccupata Bruxelles. Nella nuova stima il deficit sale al 2,5% nel 2019 e al 3,5% il prossimo anno - questo qualora non venisse alzata l'Iva, con inevitabile impatto sul costo dei prodotti. Il debito italiano schizza al 133,7% quest'anno e al 135,2% il prossimo, con una traiettoria apparentemente fuori controllo. E ci sono altri motivi di preoccupazione: l'Italia è ultima nell'Unione Europea per crescita, col suo Pil anemico a +0,1%. Siamo l'unico Paese europeo dove gli investimenti sono negativi: -0,3%. E pure l'occupazione e' al -0,1% quest'anno - unico segno meno nel Continente.
4/5/2019
Meno tre settimane. Tra giovedì 23 e domenica 26 maggio oltre 400 milioni di europei saranno chiamati alle urne per rinnovare l’Europarlamento.
Al di là dell’incognita Brexit, con Londra sempre in bilico sull’effettiva partecipazione e insediamento dei suoi deputati – ma questo è un capitolo a parte, mai come quest’anno le elezioni europee rappresentano uno snodo cruciale per il futuro del Continente. “Un appuntamento dell’Europa col suo destino”, ha detto qualcuno con enfasi. Il tema è stato al centro della due giorni State of The Union, ieri e l’altroieri a Firenze. Un osservatorio privilegiato e con posizioni tradizionalmente filoeuropeiste, che ha offerto un momento importante di dibattito fra i principali candidati alla presidenza della Commissione Europea. Sul palco si sono confrontati i leader di popolari, socialisti, liberali e verdi. Curiosamente, hanno declinato l’invito i rappresentanti di destra, populisti e sovranisti. Firenze è stata la rappresentazione plastica dei due schieramenti in campo alle prossime elezioni: ifiloeuropeisti da una parte, pur con l’ambiguità di fondo dei Popolari di Manfred Weber, le cui pulsioni a destra restano incarnate dal leader ungherese Orban, e i sovranisti -assenti fisicamente, ma con una presenza costante nei discorsi degli oratori- dall’altra. Chi insomma vuole riformare e far avanzare l’Europa, difficile dire con quanta convinzione, considerata la mancanza di coraggio manifestata fin qui dalle sue supposte elites. E chi la vuole rifondare da zero – anche se non si sa bene come. Da Firenze l’impressione è che si prepari all’orizzonte una riedizione della già tentata e poi dissolta Grosse Koalition popolari-socialisti anche nel prossimo Europarlamento, con la novità di un partito liberalcentrista a trazione macroniana, che potrebbe porsi sempre più come ago della bilancia -insieme ai Verdi- di una futura maggioranza filoeuropeista a Strasburgo. I sovranisti, la destra ed estrema destra cresceranno, ma difficilmente potranno avere il peso politico e decisionale cui dicono di ambire: nonostante i tentativi diSalvini e Orban di spostare il peso massimo del PPE sulle loro posizioni, costruendo un’alleanza destra-estrema destra, le parate elettorali del duo italo-ungherese alla ricerca di migranti lungo i confini europei hanno finito per imbarazzare il centrodestra, più che lusingarlo. Alla fine, gattopardescamente, il 27 maggio potrebbe cambiare tutto, perchènulla -o quasi- cambi, negli equilibri reali di potere a Bruxelles.
4/5/2019
La data scelta è stata simbolica: tre settimane esatte dalle elezioni europee. Si sono sfidati così, giovedì sera a Firenze, nell’ambito dell’annuale conferenza “The State of The Union”, i quattro principali Spitzenkandidaten per la presidenza della prossima Commissione Europea.
Cinque i temi scelti: immigrazione, economia, clima, sicurezza e politica estera. Unanime la visione europeista professata dai quattro, che -nella prossima legislatura- potrebbero rappresentare la maggioranza all’interno dell’Europarlamento. Il nemico comune era assente: sostanzialmente, la pattuglia nazionalsovranista incarnata dai Salvini, Le Pen, Kazcynsky – anche Orban è stato più volte citato come esempio in negativo, ma la sua appartenenza -pur congelata- al Partito Popolare Europeo ha provocato qualche imbarazzo allo Spitzenkandidat del centrodestra Manfred Weber. Weber ha annunciato di voler nominare un Commissario Europeo per l’Africa. Poco graffiante, si è nascosto più che andare all’attacco. Investire nell’innovazione, aprire il commercio, tagliare la burocrazia, completare il mercato unico. Questo il mantra in economia di Weber, che -in materia di sicurezza- guarda ad una Fbi europea. Il più graffiante dei quattro è stato il socialista Frans Timmermans: propone di tassare le multinazionali e alleviare così la pressione fiscale sulla classe media, mentre sbandiera la sua anima ecologista e si dice contrario all’idea di una FBI in salsa continentale. Ma è su sovranismo e immigrazione che Timmermans si scatena: attacca la “sceneggiata d’amore” tra Salvini e Orban. Il liberale Guy Verhofstadt formalizza l’alleanza elettorale con En Marche di Macron. Verhoftstadt si è detto favorevole ad una riforma dell’Eurozona. E ad un budget dell’Eurozona. “Dobbiamo completare assolutamente il mercato unico. E occorre creare dei campioni europei”, ha concluso. Infine la verde Ska Keller, la più determinata sulla carbon tax, ”la crisi climatica sta già avendo un forte impatto”, dice. “Sappiamo cosa fare, dobbiamo intraprendere azioni climatiche che siano correlate ad azioni di equità sociale”, ha detto la Keller, attaccando le politiche di austerità e spingendo per una reale lotta all’evasione fiscale.
4/5/2019
E’ una sfida di portata storica per l’Europa, quella che inquadra il premier Giuseppe Conte nel discorso che chiude l’edizione 2019 dello State of the Union. Conte ha illustrato la sua visione dell’Europa, senza risparmiare critiche all’attuale establishment comunitario.
Per il premier occorre invertire il processo, con soluzioni coraggiose e alternative a quelle tecnocratiche. “La politica non può ritrarsi alla fredda grammatica delle procedure”, dice. Conte insiste particolarmente sulle politiche sociali, e rivendica come questa azione possa anche portare all’accusa di perseguire politiche populiste Conte ha criticato l’Europa sulle politiche di austerity, sul dossier immigrazione -“si redistribuiscono solo egoismi nazionali”- e ha rivendicato l’azione di Roma nei rapporti con la Cina e la via della Seta. Alla conferenza di Firenze ha partecipato anche il Ministro degli Esteri francese Le Drian, che ha toccato il tema dei rapporti italofrancesisull’Europa. Alla domanda sulle relazioni tra i due Paesi oggi, alla luce degli scontri -anche recenti- tra Roma e Parigi, Le Drian ha risposto così: “I presidenti Macron e Mattarella hanno avuto parole molto forti sul legame indistruttibile che esiste tra Italia e Francia. Una forza di intenti che sovrasta tutte le recenti peripezie”.
3/5/2019
E' in corso la seconda giornata dello State of the Union. Giornata introdotta dal Ministro degli Esteri Moavero Milanesi, secondo il quale l'attuale "politica estera europea e' evanescente" e le ragioni sono legate al fatto che "ciascuno Stato membro e' geloso della sua sovranita'".
"Bisogna - ha ribadito Moavero - poter decidere a maggioranza". Ha dato forfait il presidente dell’Europarlamento Tajani, mentre il presidente rumeno Iohannis ha parlato di una democrazia europea sotto stress, non sotto minaccia. SiaIohannis sia il Ministro degli Esteri francese Le Drian hanno parlato di “rischio populista”: “è il momento di un nuovo rinascimento europeo”, ha detto Le Drian a nome del presidente transalpino Macron. Per Le Drian “il populismo è un pericolo per l’Europa”. Questa edizione dello State of The Union è stata segnata dal dibattito ieri tra i quattro principali Spitzenkandidaten europei per la presidenza della futura Commissione. Al di là delle differenze politiche sui vari dossier, tra popolari, socialisti, liberali e verdi è emerso con chiarezza il rifiuto delle ricette propugnate dai partiti sovranisti e nazionalisti. Bersagli sono stati il vicepremier Salvini e il premier ungherese Orban, aspramente criticati per la parata elettorale di ieri sul confine serbo-ungherese, tra torrette, elicotteri e binocoli alla ricerca di migranti all’orizzonte. Forte l’imbarazzo del Popolare ManfredWeber: nonostante la temporanea sospensione dal PPE, per lui Orban continua a rappresentare un serio problema politico.
3/5/2019
Cinque temi per scegliere il possibile futuro presidente della Commissione Europea: il primo vero dibattito tra i quattro principali candidati alla successione di Juncker si è chiuso ieri a Firenze senza grandi colpi di scena, anzi con un comune fronte europeista, al di là delle differenze di vedute sui singoli dossier. Immigrazione, economia, clima, sicurezza e politica estera i temi dibattuti.
Il leader popolare Weber ha schivato lo spinoso tema Orban e ha annunciato di voler nominare un Commissario Europeo per l’Africa. Poco graffiante, si è nascosto più che andare all’attacco. Il leader socialista Timmermans il più deciso: propone di tassare le multinazionali e alleviare la pressione fiscale sulla classe media, poi attacca la “sceneggiata d’amore” tra Salvini e Orban. Il liberale Verhofstadt formalizza l’alleanza elettorale con En Marche di Macron. Infine la verde Keller, la più determinata sulla carbon tax, ”la crisi climatica sta già avendo un forte impatto”, dice. “Sappiamo cosa fare, dobbiamo intraprendere azioni climatiche che siano correlate ad azioni di equità sociale”.
2/5/2019
E' in corso l’atteso dibattito tra i quattro principali candidati alla presidenza della Commissione Europea – Manfred Weber per i Popolari, Frans Timmermans per i socialisti, Guy Verhofstadt per i liberali e Ska Keller per i Verdi. Verhofstadt ha annunciato in apertura la formazione di un nuovo gruppo all’Europarlamento con il partito diEmmanuel Macron.
Il dibattito si è subito scaldato sui migranti, con Timmermans che ha rivendicato i successi della Commissione sulla riduzione del flusso dei migranti, e ha promesso di riformare il sistema di asilo europeo – punto che lo vede d’accordo con il liberale Verhofstadt. I nomi del vicepremier italiano Salvini e del premier ungherese Orban sono stati spesso citati quali esempi negativi, con il popolare Weber che ha schivato l’imbarazzante presenza di Orban -pur sospeso- nella famiglia del centrodestra. L’economia è stato un altro tema portante: Verhofstadt si è detto a favore di un budget dell’Eurozona e del completamento del mercato unico, mentre Timmermans si è scagliato contro le multinazionali che non pagano le tasse – profitti che dovrebbero rimpinguare le tasche della classe media. Sul clima, la verde Keller ha attaccato le politiche macroniane, insistendo sulla necessità di una carbon tax che gravi sui più ricchi. Eventualità quest’ultima appoggiata anche da Verhoftstadt e Timmermans – meno convinto invece Weber.
2/5/2019
Un altro pomeriggio di violenze a Parigi, per un Primo Maggio infiltrato da gilet gialli e black-bloc. Nonostante gli allarmi dei giorni scorsi, che hanno portato ad un ingente schieramento preventivo di polizia, le violenze sono cominciate fin da subito, a Montparnasse, punto di partenza del corteo.
I maggiori elementi di disturbo sono stati rappresentati proprio dai black-bloc, che hanno cercato lo scontro con le forze dell'ordine, provando persino ad attaccare un commissariato. A fare le spese di questa situazione pure il segretario generale del sindacato CGT Philippe Martinez, finito nel bel mezzo dei tafferugli. Martinez ha denunciato "la repressione inaudita e senza discernimento alcuno" da parte delle forze dell'ordine, dopo aver dovuto abbandonare brevemente la testa del corteo. A fine giornata si sono contate oltre 300 persone identificate, 200 delle quali finite in custodia cautelare, su un totale stimato di 40mila manifestanti. I disordini hanno accompagnato il corteo fino al suo epilogo inPlace d'Italie, tra vetrine sfondate, auto vandalizzate e contenitori dei rifiuti bruciati. A conti fatti, però, si è tirato un sospiro di sollievo: le previsioni su possibili violenze erano persino peggiori. Nel resto del Paese sarebbero stati 164mila i partecipanti ai cortei del Primo Maggio, secondo le cifre ufficiali - i sindacati ribattono pero che i numeri reali siano almeno doppi.
1/5/2019
Un Primo Maggio segnato dagli scontri a Parigi, con il corteo per la Festa del Lavoro infiltrato da gilet gialli e black bloc - eventualità quest'ultima prevista già ieri dalle autorità, che avevano dispiegato nella capitale oltre 7000 poliziotti.
40mila i manifestanti che -secondo i media transalpini- sarebbero sfilati a Parigi, nel corteo sindacale che da Montparnasse si è diretto verso Place de l'Italie: alla testa pare essersi infilato proprio un gruppo di black-bloc. Questo avrebbe innescato scontri con le forze dell'ordine, con cariche e uso di gas lacrimogeni. Il segretario generale del sindacato CGT Philippe Martinez ha denunciato "la repressione inaudita e senza discernimento alcuno" da parte delle forze dell'ordine. Lo stessoMartinez, che ha annullato la conferenza stampa prevista, ha denunciato di essere finito nel bel mezzo dei tafferugli. Ben 288 i fermi, secondo un bilancio del tardo pomeriggio: di questi, 148 persone sono finite in custodia cautelare. La capitale francese ha sofferto le ripercussioni dei disordini, con forti disagi per i trasporti pubblici. Disordini che hanno accompagnato la manifestazione fino al suo epilogo in Place d'Italie. Nel resto del Paese sono stati 151mila partecipanti ai cortei del Primo Maggio, ma i sindacati sostengono siano stati oltre il doppio. La situazione nelle altre città transalpine è stata decisamente più calma, con qualche sporadico tafferuglio tra gilet gialli e polizia.
29/4/2019
Netta vittoria del centrosinistra in Spagna, in elezioni segnate da un'altissima affluenza alle urne: il Psoe del premier Sanchez sfiora il 29% dei voti, staccando nettamente la destra del Partido Popular, che crolla al 16% sotto i colpi delle inchieste di corruzione e della inconsistente leadership di Pablo Casado.
Il PP deve addirittura guardarsi le spalle dai liberali di Ciudadanos, terzi a meno di un punto percentuale. Poco sopra il 14% la sinistra di Podemos, in calo rispetto alle ultime elezioni, mentre entra in Parlamento ma non sfonda affatto -al di là dei roboanti proclami serali- l'estrema destra di VOX. Il grande punto di domanda riguarda ora il futuro: una coalizione Socialisti-Podemos-Nazionalisti Baschi potrebbe governare, ma con l'astensione degli indipendentisti catalani - ancora una volta decisivi per le sorti del Governo spagnolo, con i 15 seggi di Esquerra Republicana. Un vero paradosso. Sanchez potrebbe pure scegliere una strada più semplice, che gli garantirebbe la maggioranza assoluta: la coalizione coi liberali di Ciudadanos - opzione al momento remota, considerate le posizioni di destra del partito di Rivera. Pedro Sanchez, di fronte a una folla in delirio, ha annunciato la vittoria - "si può battere l'autoritarismo e l'involuzione", ha detto, celebrando la rivincita della socialdemocrazia. Sanchez ha aperto al dialogo con tutte le forze politiche, ha annunciato un Governo europeista e ha lasciato intravedere una preferenza per un'alleanza di sinistra conPodemos.
29/4/2019
La Spagna vira a centrosinistra nelle urne, con un grosso punto interrogativo sulla governabilità: in un'elezione segnata dall'elevata affluenza degli elettori -ben tre su quattro sono andati ai seggi- il Psoe del premier uscente Sanchez vince col 28% dei voti e 123 seggi, staccando nettamente il Partido Popular di Casado e colorando di rosso la quasi totalità della mappa iberica.
Il PP, azzoppato dalle inchieste di corruzione, dimezza i seggi, crollando al 16%. Il problema si pone sulla formazione del futuro esecutivo, in un panorama politico estremamente frammentato: un'ipotetica coalizione di centrosinistra Socialisti-Podemos si attesterebbe una decina di seggi sotto la maggioranza assoluta. Nessuna speranza per la destra PP-Ciudananos con l'estrema destra di VOX, per la prima volta in Parlamento: per loro l'ipotesi di Governo resta lontana, a una trentina di seggi di distanza. Diventa così potenzialmente decisiva la sinistra indipendentista catalana di Esquerra Republicana, col suo pacchetto di 15 voti - una variabile che riapre il vaso di Pandora dei rapporti con Barcellona. E anche i nazionalisti baschi potrebbero appoggiare l'esecutivo Sanchez. Da Podemos il leader Iglesias ha già aperto ad una coalizione con il PSOE: si annuncia un lungo periodo di trattative.
28/4/2019
Vince il Partito Socialista, dimezza i seggi e viene umiliata la destra del Partido Popular, resta il rebus governabilità a Madrid.
Questa in sintesi la serata elettorale spagnola, che vede uscire trionfante il Psoe del premier uscente Sanchez. Che ottiene il 29% dei voti e 122 seggi, staccando sideralmente il PP di Casado, 16% e 65 seggi, insidiato al secondo posto dai liberali di Ciudadanos - a un'incollatura, mentre l'estrema destra di VOX si attesta sul 10% e resta sotto le attese. Guardando al futuro esecutivo, appare evidente che al PSOE non bastano i 42 seggi di Podemos per governare, e dovrà probabilmente scendere a patti con gli indipendentisti catalani di Esquerra Republicana -forti di 15 seggi- e forse anche coi nazionalisti baschi. Appoggio esterno o semplice astensione. La festa intanto è già in corso all'esterno della sede del PSOE, nella Calle Ferraz di Madrid. Da segnalare infine l'elevata affluenza alle urne: tre aventi diritto su quattro sono andati ai seggi. Un risultato notevole.
28/4/2019
Partito Socialista ampiamente primo nelle elezioni spagnole e vittoria più generale del centrosinistra - ma con un grosso punto di domanda sulla formazione del prossimo Governo.
Secondo i dati reali dei voti fin qui scrutinati -siamo a circa la metà dei voti- il Psoe del premier Sanchez avrebbe ottenuto il 29% dei voti e 126 seggi, ma -anche sommando il 14% di Podemos- non arriverebbe alla maggioranza assoluta. A destra, i Popolari di Casado sono i grandi perdenti e crollano sotto il 17%, dimezzando i seggi: un'ipotetica coalizione di destra con i voti di Ciudadanos e dell'estrema destra di VOX -per la prima volta nel Parlamento iberico- resterebbe ad anni luce dalla maggioranza. Decisivi potrebbero così diventare -per la formazione di un esecutivo di centrosinistra- gli indipendentisti catalani di Esquerra Republicana, con il loro pacchetto di 15 seggi. Insieme ai nazionalisti baschi. Altissima infine l'affluenza: sopra il 75% dei votanti.
28/4/2019
Partito Socialista primo nelle elezioni spagnole, con un grosso punto di domanda sulla formazione del prossimo Governo.
Secondo il sondaggio della televisione pubblica spagnola, il Psoe del premier Sanchez avrebbe ottenuto il 28% dei voti, ma -anche sommando il 16% di Podemos- non arriverebbe alla maggioranza assoluta. A destra, i Popolari di Casado crollano al 18%, e avrebbero il medesimo problema: anche sommando i voti di Ciudadanos e dell'estrema destra di VOX -per la prima volta nel Parlamento iberico con ben il 12% dei voti- non arriverebbero alla maggioranza. Decisivi potrebbero così diventare -per la formazione di un esecutivo di centrosinistra- gli indipendentisti catalani di Esquerra Republicana, con il loro pacchetto di 13-14 voti.
28/4/2019
Quasi 37 milioni di elettori per eleggere il nuovo Congresso: la Spagna va oggi alle urne, in un contesto politico estremamente incerto, dopo la fine della storica alternanza al potere tra Popolari e Socialisti.
A sfidarsi sono sempre due blocchi, di sinistra e destra, ma molto più compositi rispetto al passato. A sinistra il premier uscente Sanchez -in testa nei sondaggi- apre all'alleanza con Podemos, che non ha più lo smalto di quattro anni fa, ma rappresenta l'unica alternativa di coalizione. A destra il quadro si fa più complicato: i Popolari, guidati dallo scialbo Casado sotto la regia occulta dell'ex-premier Aznar, hanno fatto fronte al calo di voti dopo le inchieste di corruzione aprendo ad un possibile esecutivo sia con l'estrema destra di VOX sia con i liberali di destra di Ciudadanos. Un trio dal sapore ipernazionalista, ultraconservatore e con inquietanti venature di neofranchismo. Entrambi gli schieramenti non sembrano avere, secondo i sondaggi, i numeri per la maggioranza in Parlamento: saranno dunque decisivi in primis -oggi- i voti della grande fetta di indecisi, in grado di regalare sorprese, e -possibilmente- domani quelli dei partiti regionali. E qui rientra in gioco la questione catalana: proprio gli schieramenti indipendentisti di Junts per Cat ed Esquerra Republicana potrebbero garantire i voti ad un ipotetico Sanchez bis. In cambio, rimetteranno sul piatto la richiesta di un referendum concordato per la secessione da Madrid.
27/4/2019
Elezioni con vista sull'estrema destra: l'ultimo giorno di campagna elettorale in Spagna è stato segnato dal clamoroso annuncio del leader del Partido Popular, Pablo Casado, che ha aperto all'ipotesi di un Governo di destra con Ciudadanos e -soprattutto- con l'estrema destra di VOX, qualora l'ipotetico tripartito abbia i numeri per formare un esecutivo.
Casado sfata dunque l'ultimo tabù dell'era post-franchista, sdoganando definitivamente la formazione di Santiago Abascal, dopo le prove generali fatte in Andalusia. Una mossa che potrebbe costargli caro, qualora si rivelasse perdente, ma che incrementa la possibilità di formare un esecutivo di destra, in uno scenario elettorale che appare molto frammentato. I sondaggi assegnano una media del 29% al Psoe del premier socialista uscente Sanchez: vittoria di Pirro la sua - anche sommando il probabile 13% di Podemos non arriverebbe alla maggioranza assoluta. Più vicino alla soglia magica dei 176 seggi necessari a governare il Paese potrebbe invece arrivare l'inedito tripartito di destra ed estrema destra, a trazione Partido Popular. Un fatto è certo: anche nella Penisola iberica è tramontata l'era del bipartitismo centrosinistra-centrodestra. Il dato politicamente rilevante è però un altro: la questione catalana. Le rivendicazioni indipendentiste sono tutt'altro che sopite. E ancora una volta i partiti catalani potrebbero costituire l'ago della bilancia per qualsiasi esecutivo futuro. Una vittoria delle destre sarebbe destinata però ad infiammare pericolosamente la tensione sull'asse Madrid-Barcellona.
26/4/2019
Quattro assi per rilanciare la propria presidenza e rispondere alle richieste avanzate dalla protesta dei gilet gialli. "Un movimento inedito e strumentalizzato", lo definisce Emmanuel Macron, che invoca il ripristino dell'ordine pubblico.
Il primo asse è quello della riforma della democrazia e dell'amministrazione pubblica: Macron annuncia che il progetto di riforma costituzionale sarà portato in Parlamento entro l'estate, e istituisce il Consiglio della Partecipazione Cittadina, al posto dell'attuale Cnel francese. Il presidente francese apre anche ad una maggiore decentralizzazione dello Stato. Scartata invece l'idea di un referendum di iniziativa cittadina. Il secondo asse riguarda il dossier fiscale: Macron intende abbassare significativamente le tasse per il ceto medio - operazione da cinque miliardi. Prevista anche una reindicizzazione delle pensioni inferiori ai 2000 euro da gennaio, e l'aumento della minima a mille euro. No invece ad una patrimoniale. Il terzo asse: il cambio climatico, un'urgenza che si impone nell'agenda di Macron, che vedrà al suo centro politiche energetiche ed economia circolare. Istituito il Consiglio della Difesa Ecologica. Quarto e ultimo asse: l'identità francese. A partire dalla famiglia, con politiche dedicate e aiuti anche alle famiglie monoparentali. E con una riforma delle politiche migratorie. Sul futuro Macron -molto avaro ieri di accenni di autocritica- non si sbilancia, evitando di annunciare una ricandidatura nel 2022.
25/4/2019
Conferenza stampa della verità per Emmanuel Macron, per annunciare le misure che -nelle intenzioni del presidente francese- dovrebbero mettere fine alla protesta dei gilet gialli. "Un movimento inedito", lo ha definito Macron, annunciando "un nuovo atto della Repubblica". "Ci sono state richieste contraddittorie, la protesta e' stata strumentalizzata. L'ordine pubblico deve tornare. Ma non voglio che la deriva di qualcuno occulti le legittime richieste avanzate, ha detto.
Macron ha dettagliato quattro assi di azione: in primis riformare la democrazia e l'amministrazione francese. Macron ha proposto un Consiglio della Partecipazione Cittadina. Ha insistito sulla necessità di una maggiore decentralizzazione, da avviare il prossimo anno. E ha annunciato che la riforma costituzionale sarà portata in Parlamento questa estate. Scartata invece l'idea di un referendum di iniziativa cittadina. Il secondo asse riguarda il dossier fiscale: Macron intende abbassare significativamente le tasse per il ceto medio, combattendo l'evasione ed utilizzando le risorse di una spending review. Prevista anche una reindicizzazione delle pensioni inferiori ai 2000 euro da gennaio. No invece ad una patrimoniale. Il terzo asse: le transizioni, a partire dal cambio climatico, un'urgenza che si impone nell'agenda di Macron, che vedrà al suo centro politiche energetiche ed economia circolare. Il presidente francese presiederà un Consiglio della Difesa Ecologica. Il quarto e ultimo asse: l'identità francese. A partire dalla famiglia, con politiche dedicate e aiuti anche alle famiglie monoparentali. E con una forte riforma delle politiche migratorie.
20/4/2019
Sceglie il trimestrale francese Politique Internationale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per lanciare un messaggio a forte trazione europeista, a poco più di un mese dal cruciale voto di maggio: "La logica storica che sottende all'integrazione europea è più forte di tutte le polemiche, tutte le contestazioni e tutte le deviazioni", dice Mattarella, spazzando via dall'orizzonte l'ipotesi che il vento del sovranismo finisca col minacciare l'esistenza stessa dell'Unione Europea.
Il presidente analizza la prossima scadenza elettorale: "per la prima volta stiamo assistendo ad una vera e propria campagna paneuropea. Un unico dibattito in un'unica arena", nota Mattarella, evidenziando un paradosso: "all'origine di questo rinnovato interesse vi sono i movimenti euroscettici. A forza di denigrare le istituzioni e le politiche comunitarie, sono riusciti a mobilitare nuovamente gran parte della popolazione", osserva non senza un filo di ironia. Il presidente della Repubblica ha toccato anche il tema dei rapporti con la Francia, dopo le violente e recenti polemiche tra i due Governi: "i nostri rapporti di lavoro non hanno subito lacerazioni", garantisce. E vede -nel futuro della prossima legislatura europea- imporsi il tema migranti. La conclusione guarda all'Europa che verrà: "stiamo assistendo -dice Mattarella- all'emergere di una nuova generazione di giovani europei che viaggiano per tutta l'Europa in piena liberta', una liberta' a cui non vogliono rinunciare. Ecco perche' ho fiducia nel futuro".
20/4/2019
Si è chiusa con una profezia -diciamo pure "pragmatica"- del presidente uscente della Commissione Europea Juncker, davanti ad una plenaria semivuota, la legislatura 2014-2019 dell'Europarlamento, che chiude i battenti in attesa delle elezioni di fine maggio e della prima sessione costitutiva a inizio luglio.
"L'Europa non si può fare senza la volontà dei popoli, l'Europa non si può costruire contro la volontà delle nazioni", ha detto Juncker, chiudendo la porta -dal suo punto di vista- all'idea romantica di futuri Stati Uniti d'Europa. Un'eventualità che Juncker, alla fine della sua carriera politica, esclude ormai completamente. Nell'ultima sessione di lavoro, l'Europarlamento ha approvato -tra le altre cose- un testo sulla riduzione dei rischi nel sistema bancario e per il completamento dell'unione bancaria. Ha approvato anche le norme che rafforzano la vigilanza finanziaria, per rendere i mercati più sicuri, combattere il riciclaggio e proteggere i consumatori. Ha poi regolamentato i diritti dei lavoratori della cosiddetta GIG economy, e ha regolamentato l'introduzione di tecnologie salvavita obbligatorie sulle auto di nuova produzione dal 2022. Guardando più in generale alla legislatura che si è appena conclusa, Strasburgo ha discusso quasi 600 proposte di legge presentate dalla Commissione Juncker. Tra i dossier più importanti approvati nel quinquennio figurano: il divieto di uso dei sacchetti di plastica, la fine del roaming telefonico, la regolamentazione dei pagamenti elettronici in Europa, la riforma del copyright, la stretta sulle emissioni di CO2 dagli autoveicoli, il via libera all'accordo di libero scambio col Giappone. Ora inizia la campagna elettorale, con l'incognita di quanti seggi ci saranno nel prossimo Europarlamento. Tutto dipenderà dalla presenza dei deputati britannici: siederanno -a luglio- sui banchi di Strasburgo, potenzialmente stravolgendo gli equilibri politici? E se sì, per quanto?
19/4/2019
"La logica storica che sottende all'integrazione europea è più forte di tutte le polemiche, di tutte le contestazioni e di tutte le deviazioni": il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in un'intervista alla rivista francese Politique Internationale, spazza via dall'orizzonte l'ipotesi che il vento del sovranismo finisca col minacciare l'esistenza stessa dell'Unione Europea.
Il presidente parla anche delle prossime elezioni di maggio: "per la prima volta stiamo assistendo ad una vera e propria campagna paneuropea, nel senso pieno del termine. Un unico dibattito in un'unica arena", nota Mattarella, evidenziando il paradosso provocato dall'euroscetticismo - che ha finito col portare il tema "Europa" al centro dell'attenzione politica. "All'origine di questo rinnovato interesse vi sono i movimenti euroscettici: a forza di denigrare le istituzioni e le politiche comunitarie, sono riusciti a mobilitare nuovamente gran parte della popolazione", osserva quasi ironicamente Mattarella. Il presidente della Repubblica ha toccato anche il tema dei rapporti con la Francia, dopo le violente polemiche tra i due Governi nel recente passato: "i nostri rapporti di lavoro non hanno subito lacerazioni", garantisce. Aggiungendo: "con Parigi serve un accordo sulle estradizioni". La conclusione guarda al futuro: "stiamo assistendo -dice Mattarella- all'emergere di una nuova generazione di giovani europei che sono francesi ed europei, italiani ed europei, tedeschi ed europei - viaggiano per tutta l'Europa in piena liberta', una liberta' a cui non vogliono rinunciare. Ecco perche' ho fiducia nel futuro".
17/4/2019
Tutti i campanili delle cattedrali transalpine suoneranno oggi alle 18.50, ora di inizio dell’incendio che ha devastato l’altroieri Notre Dame, in solidarietà con la diocesi di Parigi.
La Francia sta vivendo in queste ore un vero e proprio lutto nazionale, per uno dei suoi monumenti-simbolo: la reazione del Paese è stata immediata, pensando già alla ricostruzione. In poche ore i maggiori gruppi transalpini, quali L’Oreal, Total, LVMH e Pinault, hanno offerto centinaia di milioni di euro, cui aggiungere i 10 della regione parigina e i 50 del Comune di Parigi, che pensa ad una conferenza di donatori. Sabato un concerto-evento su France 2 continuerà la raccolta fondi, per lavori di ricostruzione che potrebbero superare i dieci anni. Sul fronte politico, i due partiti favoriti nei sondaggi delle Europee, La Renaissance di Macron e il Rassemblement Nationale di Le Pen, hanno sospeso la campagna elettorale. Anche qui a Strasburgo è riecheggiata l’emozione: il municipio ha messo a disposizione di Parigi gli esperti della fondazione che cura la cattedrale alsaziana, mentre all’Europarlamento il presidente Tajani ha lanciato una raccolta fondi tra i deputati, il presidente della Commissione Juncker ha parlato di “ferita per la Francia e per l’Europa”, e il presidente europeo Tusk ha chiesto a tutta l’Europa di fare la sua parte nella ricostruzione.
16/4/2019
Il giorno dopo il tragico incendio di Notre Dame, la Francia rialza la testa e pensa già alla ricostruzione della sua cattedrale più famosa: in poche ore sono stati raccolti oltre 600 milioni in donazioni da parte delle maggiori multinazionali transalpine – tra queste L’Oreal, il gruppo del lusso LVMH, Total e la famiglia Pinault.
Dieci milioni saranno versati dalla regione Ile-de-France, 50 dal Comune di Parigi, che punta ad organizzare una conferenza internazionale dei donatori. Sabato un concerto-evento sulla televisione pubblica France 2 continuerà la raccolta per la ricostruzione, che si annuncia lunga. Anche le organizzazioni musulmane transalpine hanno invitato i fedeli a contribuire. Domani, alle 18.50, ora di inizio dell’incendio, tutti i campanili delle cattedrali di Francia suoneranno all’unisono, in solidarietà con la Diocesi di Parigi. L’atmosfera di lutto ha portato i due partiti favoriti nei sondaggi delle Europee, La Renaissance di Macron e il Rassemblement Nationale di Le Pen, a sospendere la campagna elettorale. Anche qui a Strasburgo è riecheggiata l’emozione: il municipio ha messo a disposizione di Parigi gli esperti della fondazione che cura la nota cattedrale alsaziana, mentre all’Europarlamento il presidente Tajani ha lanciato una raccolta fondi tra i deputati, il presidente della Commissione Juncker ha parlato di “ferita per la Francia e per l’Europ", e il presidente europeo Tusk ha chiesto a tutta l’Europa di fare la sua parte nella ricostruzione.
13/4/2019
Gabinetto di crisi e coordinamento con Berlino. E' su questi due binari che si muove il Governo italiano, dopo il vertice serale a tre fra il premier Conte e i Ministri di Esteri e Difesa.
Palazzo Chigi ha istituito il Gabinetto di crisi libico, che sarà a disposizione di tutti i Ministeri coinvolti per gestire in modo coordinato il delicatissimo dossier. Ma è forse la seconda mossa quella più significativa, in un contesto di sostanziale isolamento politico italiano nell'Europa che conta, anche e soprattutto perché mira ad incrinare l'asse franco-tedesco: Conte ha chiamato la cancelliera tedesca Merkel, che con Roma condivide una maggiore propensione alla neutralità nei confronti dei due potentati libici - ora in guerra tra loro. Mentre la Francia, che ha bloccato nei giorni scorsi la dichiarazione europea sul cessate il fuoco, cercava di allontanare ieri i troppi sospetti di ambiguità nei confronti del generale Haftar: "non siamo mai stati avvisati di un'offensiva contro Tripoli, che abbiamo condannato sin dal suo inizio", ha affermato un portavoce del Ministero degli Esteri, negando le indiscrezioni secondo cui emissari proprio di Khalifa Haftar sarebbero stati ricevuti il 4 aprile a Parigi. Sul campo, migliaia di persone sono scese in strada ieri sera a Tripoli per protestare contro le manovre di invasione di Haftar, scandendo slogan anche contro la Francia. Mentre il Wall Street Journal accusa: "l'Arabia Saudita ha promesso di pagare decine di milioni di dollari per contribuire a finanziare l'operazione" condotta dal generale Haftarper conquistare Tripoli.
12/4/2019
E' ancora in corso a Palazzo Chigi il summit sulla Libia convocato dal premier Conte. Alla riunione sono presenti i Ministri degli Esteri e Difesa, Moavero Milanesi ed Elisabetta Trenta.
Questo mentre -per la prima volta- e' stato segnalato un raid dell'aviazione del generale Khalifa Haftar vicino a Zuara - contro un campo appartenente al Governo di Accordo Nazionale. Sulla questione libica è intervenuta oggi la Francia: "non siamo mai stati avvisati di un'offensiva su Tripoli, che abbiamo condannato sin dal suo inizio", ha affermato un portavoce del Ministero degli Esteri, negando le indiscrezioni secondo cui emissari di Khalifa Haftar sarebbero stati ricevuti il 4 aprile scorso a Parigi. Fonti diplomatiche transalpine hanno anche contestato le accuse di ambiguità rivolte contro Parigi, in merito al dossier libico. E sottolineano: le priorita' della Francia per la Libia sono "la cessazione delle ostilita' e la ripresa del dialogo, come il sostegno alla mediazione delle Nazioni Unite per rilanciare il processo politico". In questa situazione di estrema tensione il procuratore militare dell'Esercito nazionale libico, di cui Khalifa Haftar e' comandante generale, ha emesso un ordine di arresto a carico del premier Fayezal-Sarraj, del vicepremier Omar Maitig e di altri esponenti civili e militari di Tripoli. E il Wall Street Journal accusa: "l'Arabia saudita ha promesso di pagare decine di milioni di dollari per contribuire a finanziare l'operazione" condotta dal generale Khalifa Haftar nel tentativo di conquistare Tripoli.
12/4/2019
Per un curioso scherzo del destino sarà Halloween il culmine del nuovo calendario di Brexit: legalmente, ad oggi, la nuova data-limite di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è fissata per il 31 ottobre.
Le ironie sul web si sono ovviamente sprecate. Le date da tenere d’occhio nei prossimi sei mesi e mezzo sono però molte di più, per capire quale percorso potrebbe prendere Brexit: la prima già il 2 maggio, con le elezioni amministrative in Inghilterra e Irlanda del Nord. Un primo, fondamentale test per comprendere le ricadute politiche di cinque mesi di tensioni alle stelle. Il vero test elettorale, a meno di improbabili accordi last minute sull’intesa di divorzio, sarà il 23 maggio, giorno delle probabili elezioni europee in Gran Bretagna. Elezioni svolte controvoglia, che potrebbero tradursi in un referendum mascherato su Brexit: aspettatevi un boom per laburisti e Libdem da una parte, e per UKIP o il nuovo Brexit Party di Farage dall’altra. Per i Tories sarà con ogni probabilità un bagno di sangue. Se Londra non tenesse le elezioni europee, come la May ancora spera, scatterebbe la tagliola del primo giugno – e potrebbe essere persino hard Brexit. Al momento improbabile. Il summit europeo di fine giugno farà il punto sui progressi di Brexit, mentre il 30 giugno è un’altra delle date favorite dalla May per dire addio. Infine, occhio al 29 settembre, giorno del congresso Conservatore a Manchester: per la May potrebbe essere l’ora dei saluti da leader e premier. Se entro fine ottobre infine Londra non fosse ancora uscita dall’Unione, bisognerà aspettare Halloween – sempre che qualcuno non si inventi un altro rinvio della scadenza.
11/4/2019
Il destino di Brexit è nelle mani di Westminster: la premier britannica Theresa May rilancia la palla nel campo parlamentare, il giorno dopo il vertice europeo che ha spostato la scadenza-limite al 31 ottobre.
La May ha parlato a Westminster, rifiutando di dimettersi e sollecitando i deputati a raggiungere al più presto un’intesa, che permetterebbe un’uscita ordinata dall’Unione Europea a fine maggio, evitando di dover tenere elezioni europee il 23 maggio. I tempi sono strettissimi: l’intesa di divorzio va votata subito dopo la pausa Pasquale ed entro i primi giorni del prossimo mese. Da parte sua, il leader laburista Corbyn ha rotto la fragile tregua su Brexit, definendo fallimentare la strategia di Downing Street. Corbyn ha pero lasciato aperta la porta ad un’intesa con i Conservatori su Brexit, a patto che la May accetti compromessi. Compromessi che appaiono ancora lontano, secondo il Ministro ombra laburista per la Brexit Starmer: “le distanze sono ancora difficili da colmare”, ha detto. I Laburisti continuano a non escludere un secondo referendum. Intanto a Bruxelles la leader degli unionisti dell’Ulster Foster ha incontrato il caponegoziatore europeo Barnier, in un confronto che si è concentrato principalmente sulla controversa clausola paracadute del confine nordirlandese. La Foster ha chiesto soluzioni alternative a Londra e Bruxelles.
11/4/2019
L’Europa sta tirando il fiato, dopo la lunga maratona notturna su Brexit. La premier britannica May è attesa intorno alle 14 ora italiana a Westminster, per rispondere alle domande dei parlamentari – molti di loro, i Brexiteers più accaniti, saranno tutto, fuorchè contenti di ascoltare la conferma del prolungarsi delle incertezze, col rischio sempre più concreto di uno stravolgimento di Brexit.
Qui a Bruxelles la leader degli unionisti nordirlandesi Arlene Foster è arrivata in mattinata per un meeting con il capo negoziatore europeo Barnier. Che il clima sia teso lo dimostra anche il no comment con cui Michael Gove, uomo forte nel Governo britannico della fazione pro-Brexit, ha risposto oggi alle domande dei cronisti sul futuro dell’esecutivo. Pure il leader dell’opposizione laburista Corbyn non ha rilasciato dichiarazioni. Tecnicamente ora può accadere di tutto: l’intenzione del Governo è chiudere le trattative con i laburisti e uscire molto prima del 31 ottobre dall’Europa, allo stesso tempo l’ennesimo rinvio di Brexit può portare alla caduta dell’esecutivo May e ad un nuovo premier a Downing Street, mentre tra poco più di un mese si dovrebbero tenere Oltremanica le elezioni europee, che si annunciano sempre più come un referendum mascherato tra europeisti e Brexiteers: a trarne vantaggio dovrebbero essere i laburisti e il nuovo Brexit Party di Farage, con un bagno di sangue per i Tories. L’Europa intanto, per bocca del capo negoziatore dell’Europarlamento Verhofstadt chiede a Londra di far finire l’incubo Brexit molto prima di Halloween.
11/4/2019
E’ Halloween la nuova data scelta per la Brexit: l’ennesima maratona negoziale notturna a Bruxelles ha prodotto la data del 31 ottobre per quello che appare come un rinvio intermedio dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea – a metà strada tra le proposte di lungo raggio del presidente Tusk e l’intransigenza francese, decisa a chiudere il 30 giugno.
Proprio Emmanuel Macron è stato il protagonista indiscusso della notte a Bruxelles: ha combattuto l’idea -maggioritaria- di un rinvio lungo di Brexit, forzando l’anticipo della scadenza a ottobre, e facendola precedere da una revisione dell’andamento del processo di uscita già a giugno. La nuova scadenza avrebbe inoltre il merito di facilitare l’addio britannico prima dell’insediamento della futura Commissione Europea. E lascerebbe Londra libera di uscire prima dell’autunno, qualora Westminster ratificasse in tempi più rapidi l’intesa di divorzio. La premier May continua a puntare sull’estate. Nelle conclusioni del summit viene riaffermato l’impegno britannico a non ostacolare il processo decisionale comunitario in questi mesi di convivenza forzata. Il presidente europeo Tusk ha concluso con un appello a Londra: “questa estensione è flessibile e sufficiente a trovare la migliore soluzione possibile. Alla Gran Bretagna dico: non sprecate questo tempo”. Chiusa la pratica a Bruxelles, per la May si riapre quella interna, con le difficili trattative con i Laburisti, la probabile rivolta dei Brexiteersconservatori, e la poco gradita partecipazione alle prossime elezioni europee.
11/4/2019
Una notte di trattative, con l’incognita francese. Un’ora e sei minuti è durato l’intervento della premier britannica Theresa May ieri sera di fronte ai 27 colleghi comunitari: le indiscrezioni parlano di un intervento più solido e concreto, rispetto a quello -disastroso- di fine marzo.
Tuttavia, ancora lacunoso sulle date: anche per questo la May non si è detta contraria ad un rinvio lungo di Brexit, a patto che Londra possa uscire prima dall’Europa, non appena Westminster ratificasse l’intesa di divorzio. Fin qui tutto bene: fonti parlano di diciassette Paesi concordi sull’ipotesi di un rinvio lungo, con un sostanziale ballottaggio di date tra fine 2019 e marzo 2020. Due però gli scogli che hanno trascinato le trattative del summit europeo fin nelle ore notturne: in primis le condizioni poste alla Gran Bretagna. I 27 temono il rischio di un conflitto permanente tra un Governo britannico tenuto -suo malgrado- in Europa e le istituzioni di Bruxelles. Per questo si è lavorato nella notte per rendere il più possibile vincolanti le condizioni di gentleman agreement fra i due blocchi, in vista dei prossimi mesi di forzata convivenza. Londra non dovrà in nessun modo rappresentare un ostacolo alle politiche europee. Ma il vero scoglio si è rivelato -come previsto- l’intransigenza del presidente francese Macron: nel suo intervento serale ha difeso con forza la necessità di un rinvio di Brexit non oltre il 30 giugno, per evitare di mettere in pericolo l’Unione Europea. Una posizione inflessibile, che arriverebbe persino a contemplare la hard Brexit come il male minore. Una posizione con la quale gli altri Paesi membri si sono trovati a fare i conti nella lunga notte di Bruxelles.
10/4/2019
E' in pieno svolgimento il summit straordinario sulla Brexit, che -questo almeno è l’orientamento generale- dovrebbe concedere un ulteriore rinvio a Londra nel processo di divorzio con l’Europa.
Se sarà corto, fino al 30 giugno, o lungo – fino a fine anno o addirittura a marzo 2020, questo al momento è il vero dilemma. All’arrivo le posizioni dei leader non sono sostanzialmente cambiate, rispetto alla vigilia. La May si è detta dispiaciuta per questo ennesimo summit di emergenza, e ha ribadito di voler approvare al più presto l’intesa di divorzio, in modo da lasciare l’Europa prima del 22 maggio. In realtà questa appare come una eventualità estremamente improbabile – ben più verosimile che la Gran Bretagna partecipi alle prossime elezioni europee. Il problema stasera sarà soprattutto quello di trovare una sintesi tra le posizioni più morbide, come quella tedesca o italiana, aperte ad un rinvio anche lungo con la flessibilità di concedere un anticipo a divorzio ratificato, e posizioni più dure – come quella francese. Macron si appella alla calma, ma chiede di conoscere qual è il piano britannico, prima di fare ulteriori concessioni. Anche per questo, in caso di rinvio, l’Europa porrà una serie di condizioni a Londra, affinchè i mesi di permanenza prolungata non si trasformino in un calvario reciproco. Senza dimenticare, che -formalmente- l’ora X di Brexit scatta dopodomani, e un deragliamento inatteso del summit porterebbe ad una hard Brexitvenerdì per default. La notte si annuncia lunga.
10/4/2019
Fra cinque ore esatte inizierà il vertice europeo straordinario su Brexit, quando alla teorica uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea mancano solo due giorni e dieci ore.
Un vertice di emergenza, dal quale dovrebbe arrivare il via libera comunitario ad un ulteriore rinvio di Brexit, presumibilmente a fine anno o a fine marzo 2020, con una clausola di flessibilità – vale a dire, qualora i partiti britannici e Westminster trovassero un’intesa prima sull’accordo di divorzio l’uscita potrebbe venire anticipata. In cambio Londra si impegnerà a comportarsi lealmente verso gli altri partner europei, finchè sarà uno Stato membro, e a tenere le elezioni europee a fine maggio. In linea assolutamente teorica, qualora non lo facesse, uscirebbe automaticamente il primo giugno. Questo almeno prevede la bozza di conclusioni del summit, che sarà dibattuta in serata qui alla sede del vertice: tutto però è possibile, compresa anche una hard Brexit, per la quale proprio oggi la Commissione Europea si è detta preparata. La premier britannica May vedrà il presidente europeo Tusk per un bilaterale prima del vertice, poi dalle 18.30 esporrà i suoi piani ai 27 partner, i quali delibereranno in serata. Non è da escludere una lunga notte di trattative.
6/4/2019
Weekend di lavoro negoziale a Londra, alla ricerca disperata di un'intesa che garantisca un minimo comun denominatore sulla Brexit: conservatori e laburisti provano a far quadrare le differenti posizioni di Theresa May e Jeremy Corbyn, quando mancano solo quattro giorni ad un summit europeo che -mai come questa volta- deciderà le sorti del divorzio britannico dall'Europa.
Divorzio che provoca pure un litigio sulle date tra Londra e Bruxelles: se il presidente europeo Tusk sta cercando faticosamente di costruire un consenso sull'idea -generosa- di obbligare Londra a rinviare di un anno la Brexit, concedendole però una ritirata anticipata in caso di accordo nei prossimi mesi, la premier britannica May torna a puntare tutto sulla carta di un'estensione breve al 30 giugno. Ipotesi che lei stessa aveva già avanzato, e che era stata bocciata dai colleghi europei. In cambio, in mancanza di sviluppi a Londra, la May mette sul piatto la disponibilità a tenere le elezioni europee a fine maggio. Il rinvio breve al 12 aprile, data al momento legalmente vincolante per Brexit, non sembra ancora aver prodotto gli effetti sperati: Bruxelles fa filtrare che tutte le opzioni restano sul tavolo, compresa una hardBrexit venerdì prossimo. Cruciali saranno le ore che ci separano da lunedì, quando le manovre bipartisan laburisti-conservatori e la ripresa dei lavori parlamentari a Westminster potrebbero diradare la fitta nebbia che avvolge Londra.
5/4/2019
Sulla Brexit plana la sfida delle date: in attesa del vertice europeo straordinario di mercoledì, che dovrà decidere il destino dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, si incrociano le proposte sull'asse Londra-Bruxelles.
Mentre il presidente europeo Tusk si inventa la formula inconsueta dell'estensione flessibile, mettendo sul piatto il rinvio al 31 marzo 2020, con la possibilità però di anticipare l'addio in caso di intesa sull'accordo di divorzio, la premier britannica May semina confusione - riproponendo in forma scritta l'ipotesi di un'estensione di Brexit al 30 giugno - ipotesi già rispedita al mittente due settimane fa proprio dall'Unione Europea. In cambio la May apre alla partecipazione della Gran Bretagna alle prossime elezioni europee, qualora si rendesse necessario un rinvio lungo. La mossa della premier, necessaria a tenere a bada la parte euroscettica dei Tories, aumenta l'incertezza, anche per le possibili ricadute sulla composizione del futuro Europarlamento, più indefinita che mai. Questo mentre i Lords si preparano -lunedì- a votare la legge che impedisce l'uscita senza accordo, e il team negoziale Tories-Labour prosegue la sua maratona per trovare una qualche forma di compromesso bipartisan sul divorzio, aprendo a unione doganale e -forse- mercato interno. Bruxelles, Berlino e Parigi osservano cauti. Jacob Rees-Mogg, uno dei Brexiteer più accaniti, minaccia l'Europa: se ci impone un rinvio lungo bloccheremo dall'interno tutti i dossier comunitari più sensibili.
5/4/2019
Caos totale sulla Brexit, non solo all'interno dell'establishment politico britannico, dove una soluzione parlamentare o interpartitica non è all'orizzonte, ma anche sull'asseLondra-Bruxelles.
Il presidente europeo Tusk ha lanciato una proposta di mediazione che eviterebbe sia la hard Brexit tra una settimana esatta, sia un rinvio lungo e rigido. La proposta che il politico polacco sta inviando alle capitali è quella di concedere un rinvio di un anno della Brexit, fino quindi al 31 marzo 2020, ma con una clausola di flessibilità - vale a dire, qualora Londra riuscisse finalmente a trovare un accordo sull'intesa di divorzio con l'Europa potrebbe lasciare prima l'Unione. A stretto giro di posta la inattesa risposta della premier britannica May, che in una lettera allo stesso Tusk è tornata a chiedere un rinvio fino al 30 giugno di quest''anno. Vale a questo proposito la pena di ricordare che questa data era stata bocciata e respinta al mittente a fine marzo dallo stesso Consiglio Europeo - riproporla appare una vera e propria provocazione. Va anche precisato che l'unica concessione che la May si prepara a fare è quella di indire elezioni europee, qualora nessun accordo si palesasse all'orizzonte. Un approccio decisamente bizantino e confuso, quello di Downing Street, messo nero su bianco in una lettera altrettanto confusa, ma utile a tenere a bada per il momento le rivolte interne che si annunciano imminenti nel Governo e nel partito conservatore.
4/4/2019
Il boom economico tedesco potrebbe essere ormai alle spalle. Questo raccontano le stime di crescita del Pil in Germania, secondo quanto hanno reso noto i cinque principali istituti di ricerca tedeschi: nel 2019 la crescita del Paese scenderà dall'1,9% previsto lo scorso autunno allo 0,8%.
A pesare, soprattutto le tensioni commerciali internazionale e il rischio Brexit. "Le difficolta' della produzione interna e la portata del rallentamento dell'economia globale sono stati sottovalutati" si legge nel report, ma i rischi di una "recessione pronunciata" sono bassi, purche' non si intensifichino i rischi politici. La stima degli istituti è ora più in linea con le previsioni del Governo, che aveva già ritoccato al ribasso l'indicazione di crescita per l'anno, portandola a +1%. Il dato fa il paio -in negativo- con un'altra statistica diffusa nelle ultime ore: gli ordini industriali tedeschi sono crollati inaspettatamente a febbraio, segnando -4,2%, il ribasso piu' forte da due anni, e in controtendenza rispetto alla stima media di un +0,3%. Su base annua si e' registrata una flessione dell'8,4%, la piu' pesante in una decade. Il Ministero dell'Economia tedesco ha osservato che l'attivita' manifatturiera "continuera' ad essere debole nei prossimi mesi,in particolare per la scarsa domanda estera".
2/4/2019
Si gioca su due piani oggi la partita della Brexit. Il più importante: la riunione di crisi del Governo britannico, in corso a Downing Street da questa mattina.
Riunione che segue la sconfitta -ieri notte- di tutte e quattro le mozioni alternative proposte dai partiti alla Camera dei Comuni. Eventualità, quest'ultima, che riaccende la possibilità di un quarto voto sull'intesa di divorzio, tra domani e dopo. Le prime indiscrezioni che filtrano dal meeting indicano una linea dura da parte della premier contro l'ipotesi di secondo referendum popolare: "non se ne parla proprio", è il messaggio che arriva dalla May, che precisa come non intenda cancellare la Brexit e che l'uscita senza accordo resta l'ipotesi di default. L'altro piano è europeo: Bruxelles resta in attesa, ma continua a lanciare allarmi sui rischi di una hard Brexit. Una Brexit senza accordo "non e' mai stato il nostro scenario preferito. Ma i 27 ora sono pronti. Diventa ogni giorno piu' probabile", ha dichiarato il caponegoziatore europeo Barnier. Che avverte: "essere preparati ad uno scenario di 'no deal' non significa che non ci saranno disagi. Non andra' tutto liscio. Ci saranno problemi. Tutti i problemi previsti dovrebbero essere gestibili per l'Unione Europea", ha rassicurato. Anche il premier Conte vede il no deal vicino, mentre il presidente della Commissione Juncker invita i 27 a mantenere l'unità in questi momenti critici. Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis lancia l'allerta infine sugli effetti economici relativi alla liquidità.
30/3/2019
Due candidati per la Sinistra europea: a fine gennaio lo schieramento, che contende ai Verdi -nelle ultime rilevazioni- il quinto posto tra i gruppi nel futuro Europarlamento, ha nominato la slovena Violeta Tomic e il belga Nico Cue quali Spitzenkandidaten nei fatti candidati alla presidenza della Commissione Europea.
Una sinistra che in Europa si caratterizza sempre più come franco-ispano-tedesca. Secondo i recenti sondaggi condotti dall'Europarlamento, quasi la metà della futura formazione di eurodeputati della sinistra europea proverranno da questi Paesi, con una maggioranza relativa degli iberici di Podemos, per quanto in calo. In crescita invece le rappresentanze francese e tedesca, sostenute dalla France Insoumise di Melenchon e dalla Linke. Si prevede invece praticamente azzerata la presenza italiana, che nell'attuale legislatura conta sui tre deputati de L'Altra Europa. La lotta alle disuguaglianze sociali figura in cima all'agenda del blocco di sinistra "la questione sociale è il tema del nostro tempo", viene sottolineato. Altri temi sono l'opposizione ad una militarizzazione dell'Europa, la sostenibilità ambientale e la lotta al cambio climatico. Chi sono i due volti della sinistra? La Tomic rappresenta il partito sloveno Levica, dove è vice coordinatrice: nel suo Paese si è occupata soprattutto di Palestina e diritti dei gay. Molto diverso il profilo di Nico Cue, considerato come una figura di peso nel panorama sindacale europeo. Già segretario generale dell'Unione dei lavoratori del Metallo del Belgio, Cue è stato definito dal presidente del partito Gysi "una voce di lotta per i lavoratori e i sindacati". Gysi si è detto soddisfatto anche della nomina della Tomic, come segnale all'Europa Orientale, dove si moltiplicano i segnali di riduzione della libertà e dei diritti civili.
30/3/2019
Adesso è emergenza vera su Brexit, dopo una bocciatura -la terza- dell'accordo di divorzio, che getta nel caos l'intero dossier. Mai come oggi il cammino di uscita britannico dall'Europa appare incerto.
58 voti di scarto hanno affossato ieri l'intesa. Molti meno del passato, ma un numero difficilmente recuperabile - se contiamo che pesano come macigni i "no" di 34 irriducibili Conservatori e di 10 unionisti nordirlandesi. La premier britannica May è in bilico: esclude dimissioni, ma è ormai confinata nell'ultima ridotta, senza apparentemente più armi a disposizione. Nuove elezioni parlamentari non sono più un'ipotesi di scuola, ma ancora più probabile è la partecipazione della Gran Bretagna alle prossime Europee. Questo implicherebbe un rinvio lungo di Brexit, tra uno e due anni. La May non sembra contraria. Chi vede una hard Brexit all'orizzonte del 12 aprile è l'Europa: il presidente europeo Tusk ha convocato un vertice di emergenza due giorni prima, per cercare una soluzione in extremis. Bruxelles pone come precondizione che Londra presenti entro quella data un piano dettagliato su come intende procedere. L'unica certezza è che dopodomani riprenderanno dibattito e voti a Westminster su opzioni alternative di Brexit: quello sarà il punto di partenza, in un drammatico countdown per evitare l'abisso del no deal. Tutto è possibile, persino un quarto voto sull'intesa di divorzio, magari in opposizione all'opzione parlamentare. Intanto, le migliaia di manifestanti pro-Brexit che ieri -inferociti- hanno accerchiato Westminster, ci ricordano che l'enorme tensione accumulata può sfociare in disordini per le strade.
29/3/2019
Nel giorno designato di Brexit finisce nel caos il divorzio britannico dall'Europa.
A metà pomeriggio lo speaker dei Comuni Bercow legge il verdetto che rifila la terza sconfitta su tre all'intesa sottoscritta da Theresa May. 344 voti contrari e 286 favorevoli. Alla premier mancano ancora una sessantina di deputati. Decisivi 34 conservatori e 10 unionisti nordirlandesi, che hanno resistito agli appelli di Downing street e bocciato l'intesa. La premier ha escluso dimissioni, ma ha ammesso che "le implicazioni sono gravi". E ha dovuto constatare che si fa sempre più probabile la partecipazione di Londra alle prossime elezioni europee di maggio. Cosa accadrà ora? Tre date sono cerchiate in rosso: lunedì Westminster continuerà a dibattere e votare mozioni alternative di Brexit, il 10 aprile si terrà a Bruxelles un vertice europeo straordinario su Brexit, mentre il 12 aprile si rischia seriamente un'uscita britannica dall'Europa senza accordo - il peggior scenario possibile. L'ipotesi al momento più plausibile è quella di un rinvio lungo di Brexit, ma nelle ultime ore a Downing Street sarebbe circolata l'idea di riportare per la quarta volta l'intesa di divorzio al voto del Parlamento. Bruxelles esige che la May presenti un piano d'azione chiaro prima del summit europeo, mentre il pomeriggio si è chiuso con l'immagine del Parlamento britannico circondato da migliaia di manifestanti pro-Brexit, furibondi per quello che considerano un tradimento del mandato popolare. A due settimane esatte dalla nuova data di uscita è caos puro.
29/3/2019
Hard Brexit, rinvio lungo, o nuovo voto sull'intesa di divorzio con unione doganale inclusa. La Brexit torna dunque alla casella di partenza, dopo la terza bocciatura dell'accordo di uscita a Westminster.
Accordo che è finito sotto per 344 voti contrari contro soli 286 favorevoli - la premier britannica Theresa May è riuscita dunque a rimontare le centinaia di voti di scarto con cui aveva perso le prime due votazioni, ma ha comunque perso di 58. Dopo la terza sconfitta la premier ha escluso dimissioni, come chiesto dal partito Laburista, ma ha ammesso che "le implicazioni sono gravi". La May ha dovuto constatare che si fa sempre più probabile la partecipazione di Londra alle prossime elezioni europee di maggio. Cosa accadrà ora? Tre date sono cerchiate in rosso sul calendario: lunedì Westminster continuerà a dibattere e votare mozioni alternative di Brexit, il 10 aprile si terrà a Bruxelles un vertice europeo straordinario su Brexit, mentre il 12 aprile si rischia un'uscita britannica dall'Europa senza accordo - il peggior scenario possibile. L'ipotesi al momento più plausibile è quella di un rinvio lungo di Brexit, ma nelle ultime ore a Downing Street sarebbe circolata l'idea di riportare per la quarta volta l'intesa di divorzio al voto del Parlamento, ma con un'ipotesi di soft Brexit, che vedrebbe Londra rimanere all'interno dell'unione doganale. Questo però solo a condizione che lunedì Westminster dia un chiaro segnale proprio in favore dell'unione doganale. Bruxelles chiede insistentemente che la May presenti un piano d'azione prima del summit europeo. A due settimane esatte dalla nuova data di uscita è caos puro.
29/3/2019
Brexit sempre più nel caos, dopo che la premier britannica Theresa May ha perso per la terza volta -probabilmente quella definitiva- il voto parlamentare sull'intesa di divorzio con l'Unione Europea.
286 i sì all'intesa, 344 i no, con una differenza di 58 voti. "Le implicazioni sono gravi", ha detto la premier commentando il voto, constatando che a questo punto la Brexit rischia di avvenire per default venerdì 12 aprile. Ha quindi annunciato che proprio per questo diviene quasi certa la possibilità che la Gran Bretagna possa partecipare alle prossime elezioni europee. Il presidente europeo Tusk ha annunciato un nuovo vertice europeo di emergenza per mercoledì 10 aprile, con lo scopo di evitare una hard Brexit. Eventualità quest'ultima, lo ricordiamo, che il Parlamento britannico ha già bocciato. La situazione è estremamente fluida tra Londra e Bruxelles: l'unica certezza è che a questo punto Westminster continuerà a dibattere mozioni alternative alla Brexit lunedì. Ma al momento non vi è più alcuna certezza su cosa accadrà nelle prossime due settimane.
29/3/2019
Ironie della storia: proprio nel giorno in cui Brexit doveva diventare realtà, il Parlamento britannico sarà ancora una volta impegnato a votarla. Uno dei processi politici più tortuosi a memoria d'uomo si avvia verso una qualche forma di conclusione, considerata l'imminenza della prima scadenza decisa dall'Unione Europea, quella del 12 aprile.
Lo speaker della Camera dei Comuni John Bercow ha dato ieri il via libera alla mozione di Downing Street per il voto odierno: Theresa May ha ideato un'ultima astuzia, scindendo il testo dell'accordo di divorzio -sul tavolo questo pomeriggio- dal testo che pone le basi sulla partnership futura tra Gran Bretagna e Unione Europea, che sarà votato successivamente. Dopotutto, è il primo che conta in questo momento, se si vuole portare a termine la Brexit in primavera: il secondo lo negozierà eventualmente il prossimo inquilino di Downing Street. Il problema è un altro: a ieri sera la premier non aveva ancora i voti necessari per vincere al terzo tentativo, dopo le due storiche debacle parlamentari. Gli unionisti nordirlandesi del DUP erano ancora fermi sul "no", insieme ad alcuni irriducibili deputati Tories. Un eventuale via libera all'intesa oggi sposterebbe la Brexit al 22 maggio. Un terzo "no" spalancherebbe invece le porte alla hard Brexit il 12 aprile - motivo per cui i leader europei hanno già preventivato un vertice di crisi alla vigilia, oppure ad un rinvio lungo di Brexit, con la novità che la Gran Bretagna finirebbe per partecipare alle prossime elezioni europee.
28/3/2019
Domani si vota. Nel giorno originariamente previsto per l'uscita ufficiale della Gran Bretagna dall'Unione Europea, la premier Theresa May -nei fatti già dimissionaria- proverà per la terza volta a far passare la sua intesa di divorzio con Bruxelles.
Decisivo il via libera dello speaker della Camera dei Comuni John Bercow, che ha rilevato come la mozione proposta da Downing Street per il voto di domani sia sostanzialmente diversa dalle due già pesantemente sconfitte sia a gennaio sia questo stesso mese. Nei fatti, la May ha giocato l'ultima astuzia: al voto andrà solo la parte dell'intesa relativa al divorzio, non la dichiarazione politica sulla futura partnership con l'Europa. L'obiettivo è chiaro: incassare l'OK di Westminster al terzo tentativo, ufficializzare l'uscita dall'Unione e attuare la Brexit il 22 maggio, come concordato all'ultimo summit di Bruxelles. La partnership futura sarà poi tutta da scrivere, nell'anno e mezzo di transizione - ma a farlo non ci sarà più la May, quanto piuttosto il suo successore. Questi almeno sono i piani: resta solo un problema. I numeri per vincere domani ancora non ci sono. A meno che -con una manovra erculea- il Governo non riesca a convincere stanotte gli unionisti nordirlandesi, fermi ancora sul "no", oltre ad alcuni irriducibili deputati conservatori. Nell'ormai ex-venerdì della Brexit la May si gioca tutto: a Bruxelles intanto si preparano al no deal e ad un vertice di crisi tra il 10 e l'11 aprile.
27/3/2019
Westminster all'assalto di Brexit. Comunque vada, oggi a Londra sarà una giornata storica, con il possibile passaggio del controllo del divorzio dall'Europa nelle mani del Parlamento.
Per un giorno il premier ombra sarà Oliver Letwin, mite -ma ribelle- deputato conservatore, autore dell'emendamento che potrebbe mettere la Camera dei Comuni alla guida della Brexit. A partire dalle 20 italiane i parlamentari britannici inizieranno le votazioni: le mozioni saranno prima selezionate dall'ormai inconfondibile Speaker JohnBercow - si prevedono proposte per una relazione economica più stretta con l'Europa, includendo l'unione doganale, per un accordo con Bruxelles sul modello canadese, fino alla proposta chiesta dal milione di manifestanti di sabato. Un nuovo referendum su Brexit. I risultati saranno annunciati in serata dallo stesso Bercow: sulla base dell'ordine dei lavori parlamentari, le votazioni potrebbero proseguire lunedì prossimo. La premier May sta a guardare, sperando che il vento giri a suo favore: nel frattempo si appresta a cancellare ufficialmente la data del 29 marzo dal calendario di Brexit - mossa contestata ieri da un gruppo di Brexiteers, che la giudica illegale, poichè bypassa il Parlamento. La premier non esclude di riprovare a far votare la sua intesa di divorzio domani, e osserva con attenzione i segnali di pace che arrivano dal suo partito. Uno dei leader Brexiteer, Rees-Mogg, ha lasciato filtrare il suo possibile appoggio - dopo mesi di ostruzionismo. Ma gli unionisti nordirlandesi minacciano: meglio un rinvio lungo di Brexit, che un accordo tossico.
26/3/2019
Si prepara il terreno di scontro a Westminster, in vista della presa di potere parlamentare su Brexit. Oggi i parlamentari presentano le mozioni che saranno votate domani, e sulle quali la Camera dei Comuni proverà a trovare maggioranze alternative sulla via da seguire per il divorzio dall'Europa. Se portarlo avanti, rinviarlo, o chiuderlo.
Non è ancora chiaro se la premier May, che ha già anticipato come non seguirà necessariamente le indicazioni parlamentari, darà indicazioni di scuderia ai suoi deputati. La notizia del giorno è però un'altra: gli unionisti nordirlandesi del DUP, centrali non solo nel negoziato sul delicato confine dell'Ulster, ma anche per qualsiasi maggioranza in Parlamento, si stanno muovendo su posizioni favorevoli ad un rinvio lungo della Brexit - il loro portavoce Sammy Wilson ha scritto che il suo partito non intende farsi trascinare in un accordo tossico. Downing Street ha subito ridimensionato questa bomba, che metterebbe una pietra tombale sulle speranze di far approvare l'intesa di divorzio con un terzo voto - possibilmente da giovedì, aprendo la strada ad un'uscita il 22 maggio. In soccorso della May è arrivato uno dei leader Brexiteers, Jacob Rees-Mogg, che ha lasciato filtrare il suo possibile appoggio -dopo mesi di ostruzionismo- per l'accordo sottoscritto dalla premier. "L'alternativa è perdere la Brexit", ha scritto. Intanto la leader dei Comuni Andrea Leadsom ha annunciato in Parlamento le prossime tappe, confermando che il Governo modificherà domani per legge le date di Brexit, cancellando ufficialmente quella del 29 marzo.
25/3/2019
Ritorno a Chequers: nella residenza di campagna dove -nel luglio dell'anno scorso- si consumò la prima pesante rottura interna ai Tories sulla strategia negoziale da mantenere con l'Europa su Brexit, la premier Theresa May tenta l'ultima -disperata- difesa.
Ieri nella residenza agreste del Buckinghamshire la May ha riunito lo stato maggiore del Partito Conservatore, inclusi sia i due uomini politici che le indiscrezioni danno come favoriti a succederle a Downing Street, il suo vice Lidington e il Ministro dell'Ambiente Gove, sia i maggiori rappresentanti dei Brexiteers, tra cui Boris Johnson e Jacob Rees-Mogg. Sia Lidington sia Gover hanno negato manovre per rovesciare la premier, ma l'intero weekend è stato occupato dalle notizie dei mal di pancia tra i Conservatori, al punto che l'unico modo di vincere il voto parlamentare sulla Brexit, secondo voci insistenti, sarebbe quello di rimpiazzare la May con un traghettatore - l'idea è avere qualcun altro al timone, per negoziare la partnership post-Brexit con l'Europa. Ieri il Cancelliere dello Scacchiere Hammond ha per la prima volta aperto all'ipotesi di un secondo referendum su Brexit, cancellando una delle poche granitiche certezze dell'esecutivo May. La petizione online al Parlamento per chiedere la revoca del divorzio ha sfondato quota cinque milioni, preparando lo scenario per lo scontro di questa settimana: domani o giovedì la premier potrebbe tentare la sortita del terzo voto su Brexit. Ma attenzione a mercoledì, quando Westminster dovrebbe votare opzioni alternative - potenzialmente sottraendo a Downing Street il controllo sull'intero dossier.
24/3/2019
Torna ad infiammarsi la questione mediorientale, a poco più di due settimane dalle elezioni legislative in Israele.
Con una mossa a sorpresa, che ha provocato subito polemiche, la premier rumena Viorica Dancila ha annunciato che Bucharest sposterà la sua ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. La Dancila ha fatto l'annuncio parlando all'American Israel Public Affairs Committee, una lobby filoisraeliana di Washington. Una mossa doppiamente provocatoria, per l'Europa: sia perché rompe la posizione comune, secondo cui Gerusalemme Est è territorio palestinese occupato da Israele, sia -soprattutto- perchè la Romania in questo semestre non è un membro qualsiasi dell'Unione Europea - ma il Paese presidente di turno, una sorta di primus inter pares. Presidenza controversa, con un Governo socialista in rotta di collisione con Bruxelles e sempre più apertamente euroscettico, dopo essere stato messo sotto esame per presunte violazioni dello stato di diritto in materia giudiziaria. "La nostra posizione non cambia: sosteniamo la soluzione dei due Stati con Gerusalemme capitale di entrambi", fanno sapere fonti europee. Intanto il presidente americano Trump, alla presenza del premier Benyamin Netanyahu, dovebbe firmare nelle prossime ore il decreto che riconosce la sovranita' israeliana sulle Alture del Golan - ad annunciarlo il Ministro degli Esteri israeliano Katz. Che il Golan sarà al centro del bilaterale lo ha confermato anche il premier Netanyahu.
23/3/2019
Il giorno dell'orgoglio Remainer. Al termine dell'ennesima settimana esasperante sul fronte Brexit, un milione di persone -stima degli organizzatori- hanno invaso le strade di Londra, per chiedere una sola cosa: un secondo referendum popolare.
"Put it to the People", "ridiamo voce al popolo", questa la campagna che ha portato l'enorme serpentone umano fino davanti al Parlamento, luogo ormai simbolo -nella geografia politica britannica- dello stallo che si vive su Brexit. Alla marcia hanno preso parte il sindaco di Londra, Sadiq Khan, la premier scozzese Nicola Sturgeon, politici - come il viceleader laburista Watson, e personalità del mondo dello spettacolo. "Ora basta", ha detto Khan, mentre la Sturgeon portava la solidarietà scozzese, forte di una solida maggioranza europeista nella sua terra, e Watson definiva la Brexit "un disastro nazionale targato Tory". Assente il leader laburista Corbyn, impegnato in campagna elettorale. Questo mentre è esplosa la petizione popolare al Parlamento per chiedere la revoca dell'articolo 50, quello del divorzio. Siamo ben oltre i quattro milioni di firme online - la sua promotrice ha denunciato di aver ricevuto minacce dai Brexiteers. Dietro le quinte della politica, regna l'incertezza: la premier May non esclude di rinunciare a presentare per la terza volta l'intesa di divorzio in Parlamento, nel caso non prevedesse un sostegno sufficiente. Voci insistenti cominciano a dipingere uno scenario di imminente caduta del Governo, che spalancherebbe la porta a nuove elezioni e conseguenze davvero imprevedibili per Brexit.
22/3/2019
Un accordo raggiunto dopo quasi otto ore di negoziato, prima con la premier britannica May, poi a 27. Un accordo che sposta in là nel tempo il problema Brexit, senza però aggiungere la chiarezza necessaria ad una situazione molto complicata.
I 27 Paesi europei hanno prospettato due possibili soluzioni. La prima: qualora la premier britannica May ottenesse al terzo tentativo il via libera di Westminster -la prossima settimana- sull'intesa di divorzio, l'Europa concederebbe un rinvio di Brexit al 22 maggio, alla vigilia delle elezioni europee. Nel corso dei negoziati la Francia, tra i falchi anti-May, aveva proposto un anticipo al 7 maggio, ma la linea non è passata. La seconda soluzione sposta semplicemente il problema di pochi giorni: nel caso, al momento molto probabile, che la May uscisse sconfitta anche dal terzo voto, l'Unione Europea concedere alla Gran Bretagna solo due settimane in più, fino al 12 aprile, per decidere se partecipare o meno alle elezioni europee. Tradotto in termini semplici: se partecipasse, si aprirebbe la strada ad un rinvio lungo, in caso contrario si avrebbe una Brexit disordinata - alle porte di Pasqua. La palla torna ora nel campo britannico: nei fatti l'Europa ha dovuto disegnare quel piano B che la May, a quanto pare molto deludente nel faccia a faccia di ieri con gli altri leader, non è stata minimamente in grado di ipotizzare. Quando tornerà in patria la premier troverà un Parlamento inferocito dalle sue dichiarazioni pubbliche di mercoledì, con settori -anche del partito Conservatore- che cominciano a ipotizzare una sua caduta. Si prospettano altri giorni di incertezza per Brexit.
21/3/2019
E' durato quasi due ore il confronto tra la premier britannica May e i 27 leader europei. Da circa un'ora la discussione sta proseguendo senza la May, che ha lasciato la riunione.
I 27 devono decidere se sottoscrivere la bozza di conclusioni del summit, che ha introdotto una novità sostanziale, rispetto a quanto richiesto dalla premier britannica: il rinvio della Brexit dovrà essere al 22 maggio, alla vigilia cioè delle elezioni europee, e non al 30 giugno. E questo rinvio breve, secondo la bozza, sarà concesso solo qualora la prossima settimana Westminster votasse in favore dell'intesa di divorzio. Che, precisa l'Europa, non è più soggetta ad alcuna modifica. Prendere o lasciare. Le prime indiscrezioni che filtrano dai colloqui raccontano che le risposte della May al fuoco di fila dei colleghi non sono sempre state chiare. Al suo arrivo a Bruxelles ha replicato il solito spartito. "E' con dispiacere che chiedo il rinvio, ma ciò permetterà al mio Parlamento di avere più tempo per un'ultima scelta sul divorzio", ha detto. La realtà è che dopo il discorso di ieri sera, nel quale la May ha accusato pubblicamente i deputati di ostacolare Brexit, un sì all'intesa appare al momento quasi impossibile. A porte chiuse i leader europei stanno discutendo anche l'opzione di rinvio lungo. E poi c'è l'arma nucleare. Arrivando a Bruxelles il presidente francese Macron ha ribadito che l'uscita senza intesa è l'esito naturale, senza un OK di Westminster. L'esercito britannico ha approntato un bunker nucleare di comando per gestire un no deal, con 3500 militari pronti alla mobilitazione.
21/3/2019
Fornire -oggi- a Londra le garanzie formali sul confine nordirlandese, aspettare che la premier britannica May vinca le ultime resistenze e superi -lunedì a Westminster- il terzo voto sull'accordo di divorzio, infine concordare un rinvio breve di Brexit. Passa per questi tre capisaldi la stretta via di mediazione del presidente europeo Tusk, dopo l'ennesima -drammatica- giornata di crisi sull'asse Londra-Bruxelles.
Ad ora di pranzo la premier May ha messo sul piatto le sue condizioni: rinviare la Brexit al 30 giugno, con la premessa necessaria di ottenere un via libera sull'intesa di divorzio in Parlamento. Questo è il piano A, su cui converge anche Tusk. Più scettico il presidente della Commissione Juncker, che ribadisce che -qualora Londra restasse nell'Unione oltre il 23 maggio- dovrà partecipare alle elezioni europee. Ma non è solo il nodo della data a ingarbugliare la situazione. Manca, a soli otto giorni dalla teorica data di uscita della Gran Bretagna, un piano B. Che Westminster approvi l'accordo di divorzio è tutto da vedere: al momento non ci sono segnali che la May abbia recuperato quell'abisso di 150 voti di scarto con cui ha perso l'ultimo voto. E se non ce la facesse? Si andrebbe ad un vertice di emergenza europeo tra una settimana? L'Europa imporrebbe un rinvio lungo di Brexit? Oppure si andrebbe alla catastrofica uscita senza accordo il 29 marzo? I nervi sono tesi: diversi leader comunitari sono esasperati. Oggi si rischia l'ennesimo nulla di fatto. E Parigi ha minacciato l'arma atomica del veto sul rinvio, obbligando Londra a uscire venerdì prossimo.
20/3/2019
Guerra di nervi tra Londra e Bruxelles, in vista del cruciale vertice europeo di domani, che si aprirà proprio con la crisi Brexit.
La premier britannica May ha finalmente sciolto la riserva, inviando una lettera a Bruxelles nella quale certifica la richiesta di rinviare la Brexit al 30 giugno. Questa è l'unica certezza, accompagnata dall'intenzione della May di riportare l'intesa di divorzio a Westminster per un terzo voto, sfidando il veto dello Speaker dei Comuni. La risposta europea è stata inizialmente gelida: dalla Commissione il presidente Juncker ha anticipato il termine massimo di uscita al 23 maggio - dopo, fanno sapere dall'esecutivo comunitario, la Gran Bretagna dovrà attrezzarsi per organizzare le elezioni europee. E una sola proroga sarà possibile. Più accomodante in serata il presidente europeo Tusk, che afferma: un rinvio breve è possibile, a patto che Westminster approvi l'intesa di divorzio la prossima settimana.Tusk è rimasto vago sulla data esatta di rinvio della Brexit, sorvolando sui rischi giuridici di un pericoloso incrocio con le Europee, ma non ha escluso un vertice straordinario la prossima settimana, qualora il Parlamento britannico bocciasse per la terza volta l'intesa. A Londra la situazione è drammatica: la May ha disertato un dibattito parlamentare di emergenza nel pomeriggio. Al di qua della Manica, se la Germania appare dialogante con Londra, dalla Francia filtrano indiscrezioni di un possibile veto di Macron al rinvio di Brexit. Domani sarà una lunga giornata a Bruxelles.
19/3/2019
Colpita e affondata. La strategia concepita dalla premier Theresa May per rimettere in pista la Brexit è stata stroncata ancor prima di vedere la luce, a due giorni da un cruciale vertice europeo e a dieci giorni dalla data di uscita della Gran Bretagna dall'Europa.
Il killer è stato lo speaker della Camera dei Comuni John Bercow, figura-chiave di questi mesi di lavori parlamentari su Brexit. Il quale ha reso noto ieri, tra lo sconcerto di Downing Street, che il Governo non può ripresentare questa settimana -per farsela finalmente approvare- un'intesa di divorzio già bocciata due volte, a meno che non ci siano novità sostanziali. Bercow ha citato precedenti parlamentari vecchi di oltre quattro secoli. A questo punto la May, che stava negoziando sottobanco dal weekend con unionisti nordirlandesi e conservatori pro-Brexit, andrà dopodomani a Bruxelles a mani vuote. Due le strade: la più probabile, cercherà di ottenere un rinvio della Brexit - rischiando di vedersene offrire uno molto lungo, considerato che i partner europei non intendono proseguire la telenovela fino a giugno, per poi ritrovarsi fra tre mesi con gli stessi problemi di oggi. La più improbabile: la May proverà a strappare altre concessioni sostanziali, per tornare a far votare un'intesa di divorzio modificata. Ma qui siamo nell'ambito dei miracoli. L'incertezza regna sovrana: a bocce ferme, se i negoziati impazzissero definitivamente, il default naturale sarebbe un'uscita britannica senza accordo il 29 marzo. Per questo a Bruxelles si stanno attrezzando per negoziare fino al 28.
18/3/2019
Rimozione del prefetto di Parigi, capro espiatorio del disastro di sabato sugli Champs Elysees, e interdizione delle manifestazioni nelle aree più devastate dalle violenze dei gilet gialli.
Il Governo francese prova a dare una risposta convincente all'opinione pubblica, dopo le violente polemiche per le immagini di distruzione che hanno fatto il giro del mondo. In conferenza stampa, il premier Edouard Philippe ha messo nero su bianco le prime misure, su diretta richiesta del presidente francese Macron: in primo luogo la sostituzione del prefetto della capitale, Michel Delpuech, che sarà rimpiazzato da Didier Allement, che ha ricoperto lo stesso incarico nella regione di Bordeaux. E -di fronte alla necessità di salvaguardare il diritto a manifestare, ma allo stesso tempo di proteggere i luoghi-simbolo delle città più coinvolti dalle manifestazioni- l'esecutivo ha vietato le proteste dei gilet gialli in tre luoghi precisi. Gli Champs Elysees a Parigi, piazza Pey-Berland a Bordeaux, e Place du Capitole a Tolosa. Contemporaneamente, è stato previsto un rafforzamento del dispositivo anti-casseurs, e sarà autorizzato l'uso di droni e di video per la registrazione di prove a utilizzare in sede di giudizio. Infine, tra le righe, la minaccia rivolta agli autoproclamati leader della protesta dei gilet: per loro non ci saranno sconti a livello penale, se continueranno ad incoraggiare e legittimare le violenze.
16/3/2019
Hanno preceduto tutti, eleggendo i propri Spitzenkandidaten, i candidati di punta, addirittura a fine novembre.
I Verdi europei, accreditati di una cinquantina di seggi nel prossimo Europarlamento, hanno nominato Ska Keller e Bas Eickhout quali figure-simbolo in vista delle Europee. Per la Keller, tedesca, si tratta della seconda volta: già nel 2014 era stata uno dei due volti della campagna green. Per l’olandese Eickhout si tratta invece di una prima assoluta. I Verdi puntano su un mix di ingredienti che li contraddistinguono fortemente presso il proprio elettorato, cercando di replicare anche al di fuori dalla Germania il trend positivo che li ha accompagnati nelle ultime rilevazioni. Lotta al cambio climatico, promuovendo l’efficienza energetica e un obiettivo di energia rinnovabile al 100%, un salario minimo europeo, la salvaguardia dello stato di diritto nei Paesi comunitari dove questo è più a rischio, la lotta a odio e razzismo, il diritto all’asilo, infine – la giustizia sociale. Questo , in sintesi, il manifesto programmatico. Una forte carica di ambientalismo che guarda anche a sinistra, e per questo potrebbe portare i Verdi ad appoggiare la Grosse Koalition popolare, socialdemocratica e liberale che si profila all’orizzonte. I due Spitzenkandidaten rappresentano il volto giovane dello schieramento: Ska Keller ha 37 anni, ed è la portavoce in tema di migranti per il gruppo verde all’Europarlamento. Bas Eickhout di anni ne ha 42 ed ha già due legislature alle spalle. Gli ultimi sondaggi danno -come anticipavamo- i Verdi molto forti in Germania, Paese che diverrebbe il loro maggiore bacino elettorale, con una ventina di eurodeputati previsti. Anche in Francia gli ecologisti appaiono in ripresa, mentre risultati interessanti dovrebbero arrivare pure da Olanda e Belgio. "Queste elezioni europee"saranno cruciali, probabilmente le piu' importanti di sempre per l'Eurocamera, perche' determineranno la direzione dell'Unione", ha sottolineato Ska Keller durante il lancio della campagna. "Sentiamo piu' di prima l'urgenza di cambiare l'Europa", ha aggiunto Bas Eickhout, secondo cui -nonostante il lavoro condotto dal gruppo dei Verdi a Strasburgo su dossier importanti, come lo stato di diritto in Ungheria e le politiche per il clima - "e' necessario fare di piu' per superare lo status quo" nel Continente.
15/3/2019
Alla fine Theresa May vince l'unico voto della settimana. L'ultimo. E deve ringraziare le opposizioni, che -per paradosso- le forniscono le munizioni necessarie per evitare l'umiliazione finale.
Perchè la verità è che il Partito Conservatore è a pezzi. Simbolo ne è il Ministro per la Brexit Barclay, che -dopo aver chiesto in Parlamento di votare per la mozione governativa- all'ora della verità si esprime contro. Ma cosa prevede questa mozione? Nei fatti, apre la strada a due finali diversi: nel primo, Westminster rivota a inizio della prossima settimana e per la terza volta l'intesa di divorzio - approvandola. In questo caso, la premier proverebbe a concordare giovedì con l'Europa il rinvio dell'uscita entro il 30 giugno. Secondo finale possibile: l'intesa viene affossata definitivamente, mentre il Parlamento vota su mozioni alternative di divorzio. In quel caso Theresa May, magari dimissionaria, vola a Bruxelles e propone un'estensione più lunga. Forse al 2020. In entrambi i finali si dà per scontato che l'Europa dica sì, bevendo l'amaro calice e con una forte dose di Realpolitik. Attenzione, però: per il rinvio serve l'unanimità di 27 Paesi: se uno solo si opponesse, il terzo finale sarebbe una hard Brexit il 29 marzo.Perchè questa resta la soluzione di default, qualora volassero gli stracci tra Londra e Bruxelles. A vantaggio della premier giocano due fattori, emersi chiaramente dai voti di ieri: in Parlamento non c'è una maggioranza per un secondo referendum. E per ora Westminster non intende sottrarre il controllo di Brexit al Governo. Su tutto il resto dovrà lottare: la prossima settimana sarà cruciale.
15/3/2019
Rinvio della Brexit al 30 giugno, oppure per un periodo decisamente più lungo, oppure ancora hard Brexit il 30 marzo.
Il voto di ieri sera a Westminster lascia sul tavolo solo tre scenari possibili - almeno per il momento, escludendone altri, quali elezioni anticipate prima e secondo referendum poi, che potrebbero arrivare nei prossimi mesi. La premier britannica May vince l'unica battaglia della settimana, che le regala ossigeno per altri sette giorni - ma alle spalle si trova un partito spaccato e lacerato, al punto che -per spuntarla ieri- è dovuta ricorrere ai voti dell'opposizione. Per ora sarà ancora lei a distribuire le carte al tavolo, iniziando con il terzo voto sull'intesa di divorzio, subito dopo il weekend. Qualora passasse, la premier chiederà giovedì ai colleghi europei un rinvio di massimo tre mesi. Qualora non passasse, eventualità tutt'altro che remota, considerato che l'intesa è già stata affossata ben due volte, si andrebbe verso un rinvio ben più lungo - portando i britannici a votare alle prossime elezioni europee. A favore del rinvio lungo si è espresso anche il presidente europeo Tusk. La decisione finale su quale rinvio concedere resta però nelle mani dei 27 Paesi membri. E, per paradosso, basterebbe un "no" a far deragliare l'intero processo e obbligare tutti ad un'uscita cruda e senza intesa tra solo due settimane. Per la May piove sul bagnato - ieri è stata attaccata anche dal presidente americano Trump, che l'ha liquidata così: "non ha ascoltato i miei consigli".
13/3/2019
La Brexit è entrata oggi nel secondo di tre giorni di votazioni, come previsto dal calendario fissato dalla premier May e ribadito ieri sera.
Alle 20 ora italiana Westminster tornerà dunque a votare una mozione del Governo, abbastanza contorta, in quanto propende nettamente ad escludere una hard Brexit ma assume che sarà inevitabile, in mancanza di un'intesa condivisa. I Conservatori britannici avranno voto libero, non ci sarà dunque ordine di scuderia, mentre si attendono emendamenti che potrebbero -qualora approvati- sottrarre al Governo il controllo effettivo del processo. Ricordiamo anche che tutto lascia prevedere una bocciatura dell'ipotesi di uscita senza accordo - questo però non risolverà i problemi, spostandoli semplicemente a domani. E c'è chi non esclude neppure un terzo voto sull'intesa di divorzio cassata ieri, qualora l'intero processo finisse in un cul de sac. Oggi intanto la Brexit è stata protagonista all'Europarlamento di Strasburgo. Il caponegoziatore europeo Barnier ha avvertito in plenaria: "siamo a un punto critico, il rischio di un'uscita britannica senza accordo non è mai stato così alto", mentre il coordinatore dell'Europarlamento su Brexit Verhoftstadt rincarava: "no ad un rinvio della Brexit senza un piano preciso da parte britannica". Un rinvio che l'ex premier britannico Cameron, promotore del referendum su Brexit, esasperato, chiede con forza. Il Governo britannico intanto ha reso noto il piano commerciale in caso di hard Brexit: Londra abolirà temporaneamente tutti i controlli sulle merci lungo il confine nordirlandese, almeno nell'immediato, cercando poi di chiudere un'intesa commerciale con Dublino. La Gran Bretagna rimuoverà anche per un anno i dazi sull'87% delle merci importate, per evitare una spirale inflazionistica. Dazi che si applicheranno ad alimentari e automobili.
13/3/2019
Una Brexit senza accordo. Un’altra Brexit. O la fine di Brexit. La pesante sconfitta della premier britannica May ieri rende paradossalmente più probabili le ipotesi considerate fin qui estreme. E aumenta il potere contrattuale di Bruxelles.
Per quanto fosse imperfetto, votare contro l’accordo di divorzio ha rappresentato un clamoroso autogol per Londra. Vediamo perché, partendo dall’opzione al momento meno plausibile: qualora Westminster stasera votasse per una hard Brexit, sovvertendo le previsioni, si verificherebbe lo scenario catastrofico. L’addio il 29 marzo avverrebbe lanciandosi gli stracci, e con danno reciproco. A dirla tutta, però una hard Brexit potrebbe verosimilmente verificarsi non tanto in conseguenza del voto odierno, ma della successiva incapacità di Londra e Bruxelles di accordarsi sul rinvio. Un po’ come sonnambuli che camminano verso il precipizio. Lo scenario più probabile appare dunque il secondo: il rinvio di Brexit. Quello che si dovrebbe votare domani. E qui l’Europa ha il coltello della parte del manico: sfinita da trattative surreali, e in mancanza di un progetto chiaro da parte di Londra, potrebbe accettare la proroga, a condizione però che sia lunga. Magari persino un anno o più, obbligando i britannici a votare alle Europee di maggio. Nel frattempo potrebbe accadere di tutto: un’intesa di divorzio riscritta in versione soft, con tanto di unione doganale, la caduta del Governo May, nuove elezioni, un secondo referendum, fino alla revoca della richiesta di uscita. Ora è solo guerra di nervi, con due opzioni rimaste sul tavolo: quella cruda della hard Brexit. E quella oscillante tra una Brexit annacquata e la no Brexit.
12/3/2019
Un pomeriggio drammatico, quello che si è consumato a Westminster, dove la premier britannica May, sfinita da una notte di trattative a Strasburgo, ha arringato con voce roca la Camera dei Comuni.
"Se questo accordo di divorzio non sarà approvato, la Brexit potrebbe andare persa", ha avvertito la May, che ha difeso la bontà dell'intesa raggiunta all'Europarlamento con il presidente della Commissione Juncker - intesa che -nei fatti- come ha verificato anche il procuratore generale Cox, ha ridotto il rischio per Londra di restare intrappolata nell'unione doganale con l'Europa a causa del confine nordirlandese. Tuttavia è stato proprio Cox a mettere in difficoltà la May, sostenendo che -seppur ridotto- il rischio trappola resta immutato. Un problema gigantesco per la premier, che avverte: l'Europa potrebbe non concedere un rinvio della Brexit. Il fronte del "no" all'intesa di divorzio rivista e corretta appare però ancora preponderante a Westminster. "Non è cambiata una sola parola rispetto al testo bocciato a gennaio", ha rinfacciato alla premier il leader laburista Corbyn, annunciando il "no" del suo partito. La posizione laburista ondeggia tra un secondo referendum e un'uscita dall'Europa rimanendo nell'unione doganale e nel mercato interno. La May sembra aver convinto una ventina di conservatori ad appoggiare l'intesa, ma il nucleo duro dei Tories più antieuropeisti e gli unionisti nordirlandesi hanno dato indicazioni di respingerla. La bilancia provvisoria dei voti pende ancora ampaimente a suo sfavore. Dopo le 20 ora italiana il verdetto: la situazione è tale che si comincia persino a parlare di elezioni anticipate.
12/3/2019
Rischia di trasformarsi in una condanna per la premier May il parere del procuratore generale Geoffrey Cox, reso noto poco fa, sulle aggiunte di questa notte all'intesa di divorzio tra Gran Bretagna e Unione Europea - relative al confine nordirlandese.
Il rischio legale per Londra di rimanere intrappolata nella cosiddetta clausola paracadute, e quindi di non poter mai lasciare l'unione doganale con Bruxelles, resta immutato, dice Cox. Parole che pesano come pietre, e che spazzano via i tre punti annunciati nella notte: vale a dire, lo strumento legalmente vincolante che Londra potrebbe far valere nel caso l'Europa provasse senza motivo a mantenerla legata a sè; l'impegno a rimpiazzare la clausola paracadute nordirlandese entro il dicembre 2020, e la dichiarazione unilaterale britannica -dal dubbio valore legale- che invoca il diritto di ritirarsi dalbackstop, qualora i negoziati sulla partnership futura collassassero. Cox ha addolcito la medicina, notando come l'intesa notturna riduca i rischi per Londra di restare intrappolata nell'unione doganale - ma la sostanza non cambia. Le prime reazioni a caldo dei Conservatori sostenitori della Brexit e degli unionisti nordirlandesi non fanno ben sperare, in vista del voto di stasera alle 20 a Westminster: si parla già di intesa di divorzio morta. Nel primo pomeriggio la May proverà a vendere l'accordo, aprendo la seduta parlamentare e -più tardi- dovrebbe sentire la leader unionista nordirlandese Foster. L'impresa appare durissima: si tratta di recuperare oltre 200 voti, rispetto alla sconfitta di gennaio. Nell'ultima ora la sterlina ha subito il contraccolpo del parere di Cox, perdendo terreno su euro e dollaro. Il rischio di un voto -domani- su un'uscita dall'Europa senza accordo, e -in parallelo- della caduta del Governo May, appare concreto.
11/3/2019
Un ultimo -drammatico- faccia a faccia nel cuore dell'Europa, a Strasburgo, per provare a sbloccare una situazione che tutti descrivono come "di stallo".
La premier britannica Theresa May vedrà in serata il presidente della Commissione Juncker nella capitale alsaziana, per un incontro definitivo, peraltro preceduto dall'ennesima telefonata postmeridiana tra i due e da negoziati tecnici frenetici per evitare la rottura. A Strasburgo sarà presente anche il caponegoziatore europeo Barnier. Le pochissime indiscrezioni che filtrano non sono positive: tuttavia, la conferma del viaggio della May, in dubbio fino a poco fa, lascia intravedere che una qualche forma di intesa sia possibile. Nelle ultime ore si è vociferato di una proposta di Bruxelles più generosa rispetto a quella divulgata venerdì dallo stesso Barnier. Come ha fatto intravedere la cancelliera tedesca Merkel, che ha parlato di "offerta importante" da parte dell'Unione. Downing Street ha confermato il secondo voto in programma domani sera a Westminster sull'intesa di divorzio, eventualmente rivista e corretta, smentendo le voci di un clamoroso rinvio. A bocce ferme, per la premier britannica potrebbe però trasformarsi in un secondo calvario - la minaccia più volte esplicitata e riassumibile nella formula "o la mia Brexit, o nessuna Brexit", non sembra spaventare i Brexiteers più convinti, come BorisJohnson. E c'è chi comincia a pronosticare che la May abbia i giorni contati a Downing Street. Per questo stasera la premier si gioca tutto.
9/3/2019
Non arriva ai 40 deputati nell'attuale legislatura il gruppo Europa delle Nazioni, probabilmente il maggiore baluardo dell'euroscetticismo nell'Unione Europea.
Il gruppo intende porsi come capofila dell'onda sovranista nel prossimo emiciclo, stando almeno alle intenzioni delle due figure di riferimento dell'ENF acronimo del gruppo. Vale a dire, l'italiano Matteo Salvini e la francese Marine Le Pen. Entrambi, negli anni, hanno operato dei veri e propri lifting politici ai propri partiti: se Salvini ha portato la vecchia Lega Nord a elidere la seconda parte della sigla, trasformando le indoli secessioniste del partito in una sorta di trumpiana "Italia prima di tutto", anche la Le Pen si è sbarazzata del nome "Front National", che sapeva troppo di estrema destra, ostacolandole l'assalto al Palazzo d'Inverno dell'Eliseo, per riciclarlo in un più soft Rassemblement National. La sostanza del messaggio in Europa non cambia, però: come dice lo stesso nome del gruppo parlamentare, l'idea alla base del gruppo è un ritorno all'Europa delle Nazioni, smantellando l'idea di un'Unione sempre più integrata, su un modello semifederale. Se Salvini e la Le Pen sono i volti più noti e riconoscibili dello schieramento, ci sono altri due partiti -più piccoli, numericamente- che hanno alle spalle una storia di euroscetticismo importante, nella costellazione geopolitica continentale: il PVV dell'olandese GeertWilders, una sorta di schieramento-pariah nel panorama politico dei Paesi Bassi, e la Fpoe austriaca. Se il PVV, pur rappresentando la seconda forza politica olandese, viene regolarmente escluso dal Governo a L'Aja per il suo orientamento estremista, la Fpoe, esattamente come la Lega in Italia, siede invece al Governo di Vienna. Ed è considerato un partito di estrema destra: fu Joerg Haider, vent'anni fa, a portarlo in auge, mentre l'attuale leader Heinz-Christian Strache l'ha rilanciato. Lo schieramento euroscettico non sembra avere ancora uno Spitzenkandidat, o per dirla in termini più semplici, un leader chiaro: lo scorso autunno Salvini non aveva escluso che sarebbe potuto diventare il candidato alla presidenza della Commissione dell'intero fronte sovranista europeo. In un'intervista ad un quotidiano, aveva affermato che la proposta gli era stata fatta, e che stava valutando. Pochi giorni fa l'europarlamentare leghista Marco Zanni ha rilanciato l'alleanza, annunciando il varo ad aprile della cosiddetta piattaforma "sovranista", con l'obiettivo di arrivare a quota 130-140 membri. La piattaforma vedrebbe al proprio interno i partiti della destra europea, riunendo ben tre gruppi e puntando a diventare -a maggio- il secondo schieramento politico all'Europarlamento.
9/3/2019
Muro contro muro negoziale tra Londra e Bruxelles. Con la premier britannica May che lancia un ultimatum. La Brexit sprofonda nello psicodramma in vista dei voti decisivi, in programma da martedì a Westminster.
"Nessuno sa cosa potra' accadere" qualora la Camera dei Comuni bocciasse nuovamente l'accordo di divorzio, avverte la May, secondo cui "rigettare l'intesa potrebbe significare non uscire dall'Europa per molti mesi, uscire senza protezioni, o addirittura non uscire del tutto". Un discorso, quello della premier, che prova a forzare la mano non solo ai suoi deputati, ma anche a Bruxelles, contro cui Downing Street punta il dito, per ottenere un'ultima cruciale concessione sul confine nordirlandese. Il caponegoziatoreeuropeo Barnier risponde scoprendo via Twitter le ultime carte: sì ad un'uscita unilaterale della Gran Bretagna dall'unione doganale, Irlanda del Nord però esclusa, per evitare un confine fisico tra le due parti dell'isola. E un rafforzamento dei poteri del panel arbitrale in merito a possibili controversie tra le parti. In serata la proposta viene però rispedita al mittente sia dagli unionisti nordirlandesi, sia dal Ministro per la Brexit Barclay: "non e' tempo di tornare a vecchi argomenti, il Regno Unito ha fatto nuove proposte chiare, bisogna concordare su una soluzione equilibrata". Le trattative proseguono nel weekend, sperando nel colpo di scena che eviti un avvitamento della crisi. Una hard Brexit a fine marzo o un rinvio del divorzio restano opzioni ampiamente possibili.
8/3/2019
Lo psicodramma Brexit entra nei giorni decisivi, con l'appello finale di una Theresa May che minaccia "prendere o lasciare", e un'Europa che prova ad offrire un compromesso estremo.
Martedì è il giorno cerchiato in rosso sul calendario: Westminster sarà chiamata a votare per un'intesa possibilmente modificata, sempre che Downing Street e Bruxelles la trovino nel weekend. "Nessuno sa cosa potra' accadere" qualora la Camera dei Comuni bocciasse nuovamente l'accordo, avverte la May, secondo cui "rigettare l'intesa potrebbe significare non uscire dall'Unione per molti mesi, uscire senza protezioni, o addirittura non uscire del tutto". Un discorso, quello della premier, mirato a forzare la mano non solo ai suoi deputati, che a gennaio le hanno inflitto la peggiore sconfitta parlamentare della storia, ma anche a Bruxelles, contro cui Downing Street punta il dito, per ottenere un'ultima cruciale concessione sul confine nordirlandese, scongiurando il pericolo che l'Ulster possa rimanere agganciato per sempre all'Europa. Ilcaponegoziatore europeo Barnier scopre via Twitter le ultime carte: sì ad un'uscita unilaterale della Gran Bretagna dall'unione doganale, Irlanda del Nord però esclusa, per evitare un confine fisico tra le due parti dell'isola. Basterà? Molto difficile. L'aria che tira tra Bruxelles e Londra è rarefatta. Se martedì l'intesa non passasse, mercoledì Westminister voterà per uscire dall'Unione senza intesa a fine marzo. Eventualità improbabile - ma non impossibile. L'ultima spiaggia il voto di giovedì, per una richiesta di rinvio della Brexit. Sempre che l'Europa lo accetti.
8/3/2019
Nonostante la prossima scadenza del mandato, il presidente Bce Draghi continua il gioco d'attacco a difesa dell'Eurozona, sfidando uno scenario economico che tende al peggioramento. Due gli annunci ieri: il primo, i tassi di interesse fermi fino alle fine del 2019, superando quindi l'estate. Il secondo: una nuova serie di operazioni trimestrali mirate al rifinanziamento a lungo termine delle banche -il cosiddetto TLTRO-III- a partire da settembre, per concludersi nel marzo 2021. Draghi ha però gelato tutti sulle attese economiche dell'Eurozona.
Francoforte ha nuovamente rivisto al ribasso le stime di crescita, portando il Pil 2019 della zona Euro a +1,1%, dal +1,7% di dicembre. Al ribasso pure le stime sull'inflazione, attesa quest'anno all'1,2%. Nelle valutazioni Bce "le probabilita' di una recessione sono molto basse", ha detto Draghi, che non ha però nascosto i fattori esterni di rischio: protezionismo, Brexit, Cina e Stati Uniti. Senza contare le variabili interne: "una di queste e' certamente l'Italia", dice. Di qui l'ammonimento: "i Paesi in cui il debito pubblico e' elevato devono continuare a ricostituire cuscinetti fiscali". Sui maxi-prestiti alle banche annunciati dalla Bce Draghi avverte: non servono a comprare bond sovrani, ma ad "assicurare che gli istituti di credito possano prendere a prestito e prestare a famiglie e imprese" a condizioni accettabili. Indietro invece non si torna di una possibile riattivazione del Quantitative Easing "non se ne è discusso", taglia corto Draghi.
7/3/2019
Tassi di interesse fermi fino alle fine del 2019, superando il limite dell'estate, e nuova serie di operazioni trimestrali mirate al rifinanziamento a lungo termine delle banche -il cosiddetto TLTRO-III- a partire da settembre, per concludersi nel marzo 2021. Queste le buone notizie arrivate dal presidente Bce Mario Draghi, che ha però fatto scendere una doccia gelata sulle attese economiche dell'Eurozona.
Francoforte ha nuovamente rivisto al ribasso le stime di crescita, portando il Pil 2019 della zona Euro a +1,1%, dal +1,7% di dicembre. Al ribasso pure le stime sull'inflazione, attesa quest'anno all'1,2%. Nelle valutazioni della Bce "le probabilita' di una recessione sono molto basse", ha detto Draghi, non riuscendo però ad evitare di scatenare inquietudini. Draghi cita fattori esterni per i rischi: protezionismo, Brexit, Cina e Stati Uniti. Ma non nasconde che tra le variabili interne, "una di queste e' certamente l'Italia". Di qui l'ammonimento: "i Paesi in cui il debito pubblico e' elevato devono continuare a ricostituire cuscinetti fiscali, occorre aumentare gli sforzi in questo senso". Sui maxi-prestiti alle banche annunciati dalla Bce Draghi avverte: non servono a comprare bond sovrani, ma servono ad "assicurare che gli istituti di credito possano prendere a prestito e prestare a famiglie e imprese" a condizioni accettabili. Su una possibile riattivazione del Quantitative Easing invece pietra tombale: "non se ne è discusso", taglia corto Draghi.
6/3/2019
Tre condizioni e due settimane per andare a Canossa e tornare nei ranghi. La resa dei conti tra i Popolari Europei e il premier ungherese Viktor Orban, il più noto rappresentante della destra nazionalista ed euroscettica che ha attecchito nell'Est Europa, è rinviata al 20 marzo, quando la possibile espulsione del partito di Orban, Fidesz, sarà all'ordine del giorno dell'assemblea politica del PPE.
Ad Orban, che i sondaggi danno col vento in poppa in vista delle Europee di maggio, è stato chiesto di interrompere immediatamente la campagna antieuropea avviata con manifesti che sbeffeggiavano il presidente della Commissione Juncker, membro della sua stessa famiglia politica. Il candidato del PPE Manfred Weber ha chiesto anche che Orban si scusi con i colleghi di partito e faccia restare a Budapest l'universita' di Soros, bersaglio -con Juncker- della campagna diffamatoria. Un boccone duro da ingoiare per l'aspirante autocrate di Budapest, già sotto processo in Europa per la violazione dello stato di diritto nel suo Paese. E un segnale finalmente chiaro da parte del PPE verso partiti border line come Fidesz, nazionalisti, euroscettici e populisti nella sostanza, ma inseriti nelle famiglie europeiste nella forma. Il presidente dell'Europarlamento Tajani prende tempo: "Forza Italia non è tra i firmatari della procedura, valuteremo il da farsi", dice. A proclamare guerra adOrban sono stati i partiti di centrodestra del centronord Europa, stanchi di sopportare le continue provocazioni ungheresi.
5/3/2019
L'industria dell'automobile continua a minacciare conseguenze serie in caso di una Brexit senza accordo, mentre i negoziatori britannici cercano una via d'uscita all'impasse a Bruxelles, quando mancano pochi giorni alla scadenza negoziale, per poter consentire la sessione parlamentare della prossima settimana a Westminster.
Intervenendo dal Salone di Ginevra, Peter Schwarzenbauer, membro del board BMW, ha fatto intendere che la produzione delle Mini a Oxford potrebbe essere a rischio, nel caso di una Brexit senza accordo, a causa di un inevitabile aumento dei costi. Ha poi aggiunto che pure la produzione di motori potrebbe venire spostata in Austria. Pur non citando espressamente la Brexit quale causa scatenante, la Nissan aveva già fermato alcune produzioni presso l'impianto di Sunderland, mentre la Honda aveva annunciato la chiusura del suo centro a Swindon. In totale, si calcolano quasi 4000 posti a rischio. Intanto Londra ha inviato una lettera a Bruxelles, nella quale chiede che -in caso di un'uscita senza intesa- vengano garantiti i diritti reciproci dei cittadini espatriati sulle due sponde della Manica. Da Bruxelles le notizie che filtrano dall'incontro tecnico tra il negoziatore europeo Barnier e quelli britannici Barclay e Cox non fanno ben sperare: la questione del paracadute sul confine nordirlandese rischia di trascinare i negoziati fino a lunedì, alla vigilia del primo voto di Westminster. Non si riesce ancora a trovare un compromesso tra le richieste britanniche e l'impossibilità europea di riaprire l'accordo firmato a novembre.
1/3/2019
Che cosa si muove politicamente in Europa, al di là dei rapporti di forza interni al futuro Europarlamento? Qual è il trend nei vari Paesi?
L'ultima rilevazione in vista delle Europee offre interessanti chiavi di lettura: partiamo dall'Italia, dove la Lega si conferma primo partito col 33%, mentre i 5Stelle proseguono nel trend calante, al 24%. PD al 16,9%, Forza Italia al 9,1%. In Germania la Cdu/Csu della cancelliera Merkel sembra tornata in salute, col 33% dei voti, mentre i Verdi al 19% devono guardarsi le spalle da unaSpd in rimonta al 18. Gli euroscettici di estrema destra dell'Afd sono in fase discendente, al 10. In Francia, nonostante i gilet gialli, En Marche del presidente Macron è primo col 23%, quattro punti sopra l'estrema destra di Marine Le Pen. All'11% la destra de Les Republicains. In Spagna, che voterà a fine aprile per le legislative, è boom per i socialisti del premier uscente Sanchez, che sfiorano il 27%, mentre la destra del PP scende al 20 e l'estrema destra neofranchista di VOX allarma col suo 11%. Ad est, la grande sorpresa è la Polonia, con la coalizione europeista inventata dal presidente europeo Tusk che col 37% supera di un punto la destra nazionalista al Governo diKaczynski, mentre l'Ungheria è ormai un protettorato dell'altra destra euroscettica di Orban - Fidesz ha la maggioranza assoluta del 53%. In Grecia Syriza del premier Tsiprasdeve sempre rincorrere il centrodestra di Nea Dimokratia, mentre a nord Danimarca, Svezia e Finlandia continuano ad essere bastioni socialdemocratici. Manca dai sondaggi la Gran Bretagna, che a maggio dovrebbe essere già fuori dall'Unione. Mai dire mai, però.
1/3/2019
Pochi scossoni nel secondo sondaggio ufficiale realizzato dall'Europarlamento sulla futura composizione dell'emiciclo di Strasburgo: solo un leggero calo per i Popolari Europei, a 181 deputati e con il concreto rischio di vederne uscire altri 13, qualora il partito ungherese Fidesz del premier Orban dovesse essere espulso. Stabili Socialisti, Liberali e gli euroscettici dell'Europa delle Nazioni, mentre salgono fino a sfiorare i 50 seggi i Verdi, quinta forza del Parlamento.
In Italia, la Lega si conferma primo partito col 33% e 28 seggi, mentre i 5Stelle proseguono nel trend calante, al 24% e 21 seggi. PD al 16,9%, Forza Italia al 9,1%. In generale l'area euroscettica e populista sembra perdere consensi: se l'Europa delle Nazioni di Salvini e Le Pen tiene, calano sia l'Europa della Democrazia Diretta dei 5Stelle sia la destra dei Conservatori e Riformisti: insieme perdono una decina di seggi. Tra i partiti Altri, non ancora catalogati in un gruppo definito, spicca En Marche del presidente francese Macron, che porta in dote non solo il primo posto nei sondaggi in Francia, ma anche 24 seggi, che potrebbero fare molta gola ai liberali. In Spagna, Paese che andrà a fine aprile al voto, le previsioni per le europee confermano il Partito Socialista del premier uscente Sanchez in testa, con l'estrema destra neofranchista di VOX all'11% e ben 7 seggi a Strasburgo.
1/3/2019
Effetti collaterali da Brexit. Alla fine i Brexiteers più accaniti un risultato sembrano averlo ottenuto. Se tre anni fa gridavano contro l'immigrazione in crescita dall'Unione Europea, adducendola come ragione della necessità di uscire dall'Unione, a Brexit imminente i dati parlano chiaro: il saldo netto tra arrivi e partenze dal Continente è ai minimi da dieci anni.
Una differenza di sole 57mila unità tra chi approda Oltremanica e chi la lascia. Crollati gli arrivi soprattutto dall'Europa dell'Est, tanto che per loro il saldo è addirittura negativo. Probabile che la Gran Bretagna abbia perso appeal anche per i nostri connazionali, che negli ultimi anni hanno stabilito Oltremanica una comunità stimata sui 6-700mila abitanti, la metà dei quali concentrati intorno a Londra. C'è poco da cantare vittoria, però, per gli isolazionisti: l'obiettivo dei conservatori britannici di portare il saldo netto positivo degli arrivi sotto quota 100mila all'anno resta lontanissimo - nel 2018 si è attestato a 280mila. Questo, paradossalmente, per l'incremento degli arrivi dal resto del mondo: se gli europei insomma guardano sempre meno al Regno di Sua Maestà, è boom di approdi come non si vedeva da 15 anni per gli extracomunitari. E in attesa di capire come e quando Londra lascerà l'Europa, le garanzie di tutela per i residenti europei Oltremanica, oltre che dall'impegno preso solennemente dal Governo May, sono state codificate in un emendamento parlamentare approvato due giorni fa a Westminster su iniziativa di un deputato conservatore di origine italiana, Alberto Costa.
27/2/2019
In attesa delle Idi di Marzo. La storia si incrocia con la cronaca, in una tre giorni che si annuncia decisiva per la Brexit: oggi la premier britannica May chiederà al Parlamento di approvare il suo nuovo calendario negoziale. In sintesi: nuovo voto il 12 marzo, o prima, sull'intesa rivista e corretta con Bruxelles in merito al backstop nordirlandese.
In caso di bocciatura, secondo voto il giorno successivo sull'uscita dall'Europa senza intesa - la hard Brexit. In caso di nuovo "no" di Westminster, terza votazione il 14 marzo, alla vigilia delle Idi, su un rinvio limitato ad un massimo di tre mesi dell'addio all'Unione. Theresa May ha ribadito che farà di tutto per evitare il rinvio, ma l'averlo messo per la prima volta ufficialmente sul tavolo segna una svolta storica. Svolta per lei necessaria per due motivi: il primo, con questa mossa, la premier ha evitato dimissioni di massa nel Governo e una crisi dell'esecutivo. Il secondo, ha disinnescato buona parte delle mine pronte ad affondarla oggi a Westminster, togliendole il controllo dell'intera Brexit. Diversi emendamenti bipartisan, tra cui il Cooper-Letwin, avrebbero nei fatti imposto un rinvio dell'uscita. Se i conservatori ora attendono, i laburisti non si fidano e presenteranno comunque emendamenti, potenzialmente meno letali però per le sorti del Governo. Il leader laburista Corbyn non demorde. Spinge per una soft Brexit e conferma la sua svolta: referendum bis sulla Brexit o sull'intesa raggiunta tra Londra e Bruxelles.
26/2/2019
La svolta è clamorosa: di fronte alla prospettiva concreta di dimissioni di massa all'interno del Governo Conservatore, la premier britannica May apre per la prima volta ad un rinvio della Brexit.
La May annuncia ben tre votazioni in serie: la prima, il 12 marzo, sull'intesa rivista e corretta che -entro quella data- dovrebbe aver siglato conBruxellessul backstop nordirlandese. Qualora l'accordo venisse bocciato anche stavolta, il 13 marzo si passerebbe ad un voto sull'uscita dall'Unione Europea senza intesa. Nel caso anche quest'ipotesi venisse respinta, il 14 marzo si chiuderebbe con un voto su un rinvio limitato della Brexit, che non dovrebbe superare i tre mesi. La May ha precisato che farà di tutto per evitare il rinvio, ma il solo fatto di averlo messo sul tavolo segna un cambio senza precedenti. Da parte sua il leader laburista Corbyn conferma la propria svolta, a favore di un secondo referendum sulla Brexit o di un referendum sull'intesa raggiunta con Bruxelles. Qualora il nuovo calendario May passasse, l'ipotesi di un'uscita della Gran Bretagna senza accordo sfumerebbe, almeno nel breve periodo: difficilmente i deputati preferirebbero una hard Brexit ad un rinvio. Domani la premier chiederà al Parlamento un via libera per continuare a negoziare, ma dovrà evitare le trappole degli emendamenti, soprattutto laburisti, in gran parte disinnescate con la dichiarazione odierna. Questo mentre la rivista Lancet lancia l'allarme: in caso di hard Brexit ci sarebbe il serio rischio di carenze di farmaci Oltremanica.
25/2/2019
Libia al centro della prima giornata del vertice inaugurale tra Europa e Lega Araba a Sharm-el Sheikh. Il premier Conte ha avuto un bilaterale con l'omologo libico Fayez Serraj.
La situazione della Libia "e' strategica per l'Italia" e servono degli "sforzi volti a prevenire una escalation di violenza o un conflitto civile, che sono sempre dietro l'angolo", ha poi dichiarato il premier Conte. Anche la Francia sta organizzando un incontro tra Sarraj e Haftar: la concorrenza con Parigi in Libia resta forte, in un quadro che si sta rapidamente deteriorando, conilgenerale Haftar che sta ormai facendo suo il sud del Paese, accerchiando nei fatti Sarraj, sempre più ridotto ad una figura marginale nel puzzle geopolitico nordafricano. Conte ha toccato anche il caso Regeni: oggi vedrà il presidente egiziano Al Sisi, per discutere di quella che resta ancora una ferita aperta. Oggi il primo vertice euroarabo entrerà nel vivo, alla presenza di oltre 40 capi di Stato e di Governo. Secondo l'Alto Rappresentante Europeo Mogherini, che ha definito il vertice "un evento storico", i dossier di crisi sul tavolo, oltre alla Libia, saranno costituiti da "Yemen, Siria e Palestina".
24/2/2019
E' stata la Libia una delle crisi a tenere banco nella prima giornata del vertice inaugurale tra Europa e Lega Araba a Sharm-el Sheikh.
Il premier Conte ha avuto un bilaterale con l'omologo libico Fayez Serraj. "Bisogna continuare a sostenere la Libia nel processo di stabilizzazione, nel solco tracciato dall'Onu e sulla scia della Conferenza di Palermo", ha scritto Conte in un tweet, riassumendo l'esito dell'incontro. La situazione della Libia "e' strategica per l'Italia" e servono degli "sforzi volti a prevenire una escalation di violenza o un conflitto civile, che sono sempre dietro l'angolo", ha poi dichiarato il premier Conte, chiosando: "tutti devono rinunciare a qualcosa, abbiamo una road map e auspico che la conferenza internazionale" promossa dall'Onu "si possa realizzare". Sullo sfondo, le indiscrezioni riportate dalla stampa di un vertice in programma tra un mese a Roma sui migranti, per arrivare al graduale rafforzamento delle capacità delle autorità libiche in materia di contrasto alla tratta di esseri umani e di ricerca e soccorso in mare. Obiettivi ambiziosi, se si tiene conto che il vero uomo forte libico, il generale Haftar, sta facendo suo il sud del Paese, accerchiando nei fatti Sarraj, sempre più ridotto ad una figura marginale nel puzzle geopolitico nordafricano. L'Alto Rappresentante Europeo Mogherini ha definito il primo summit tra Unione Europea e Lega Araba come un evento storico, ricordando i dossier di crisi sul tavolo: ancora una volta la Libia, poi "Yemen, Siria e Palestina".
23/2/2019
Un nuovo endorsement all'unità europea, dopo quello del presidente della Bce Mario Draghi, arriva dal presidente dei vescovi europei e arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco.
Anche in questo caso, un endorsement critico: "davanti alla globalizzazione solo insieme e' possibile vivere, per non diventare un mercato a basso costo per il resto del mondo", dice Bagnasco, che puntualizza: "economia e finanza sono piedi d'argilla, che non reggono l'edificio e possono diventare impedimento per realizzare la casa dei popoli". Poi l'analisi geopolitica: "gli interessi economici di potenze antiche e nuove sono palesi, tocca all'Europa fare fronte unitario per non essere dilaniata". "I vescovi europei credono nell'unione. L'Europa divisa sarebbe un dramma, forse la fine del continente. Quanto piu' le spinte divisive sono forti, tanto piu' serve unita'". Questo l'appello, accompagnato dall'avvertimento che "le spinte centrifughe devono essere considerate con serieta', non con supponenza". Come non scorgere un avvertimento contro l'onda sovranista e populista, che sta minacciando le basi stesse di 60 anni di integrazione? Per Bagnasco l'unità sarà possibile solo con "una rinnovata consapevolezza e con un saggio ritorno alle origini". Infine, il presidente dei vescovi europei condanna episodi inquietanti come quello accaduto al bambino di Foligno - "continuo a voler credere fermamente che sentimenti come il razzismo e la xenofobia non siano assolutamente parte del DNA del nostro popolo".
23/2/2019
"Porsi al di fuori dell'Unione Europea puo' condurre a maggior indipendenza nelle politiche economiche, ma non necessariamente a una maggiore sovranita'".
Il presidente Bce Mario Draghi entra nell'infuocata arena delle elezioni europee, attaccando l'essenza stessa del pensiero sovranista - essenza che lui riassume come "l'affermazione dell'io, dell'identita', divenuto il primo requisito di ogni politica". Impossibile non vedere una chiara critica dei movimenti sovranisti e populisti, al Governo anche in Italia. "Tre quarti dei cittadini sono a favore dell'euro" e "in un mondo globalizzato, l'Unione Europea diviene oggi ancora piu' rilevante", dice Draghi, che spiega perché più Europa non significhi necessariamente meno benessere: "la tensione tra i benefici dell'integrazione e i costi associati con la perdita di sovranita' nazionale e' per molti aspetti solo apparente - nella realta' in molte aree l'Unione restituisce ai Paesi la sovranita' nazionale che avrebbero altrimenti perso". Il perché è semplice, specifica Draghi: "la globalizzazione ha aumentato la vulnerabilita' dei singoli Stati". Insomma, nel pensiero del presidente Bce non c'è altra scelta che cooperare. Il discorso di Draghi non è però una cieca e fideistica presa di posizione a favore dell'Europa. Ammette anzi il calo di la fiducia nelle istituzioni comunitarie. E incita Bruxelles, nelle sfide future, a "rispondere alla percezione che manchi di equita': tra Paesi e classi sociali. Occorre ascoltare, prima di tutto, poi agire e spiegare". La ricetta finale è semplice: occorrono "unita', equita' e soprattutto un metodo di far politica in Europa per recuperare unita' di visione e azione".
23/2/2019
Un caos creativo chiamato Liberali. Fra i tre schieramenti storicamente più importanti all'Europarlamento, l'ALDE, acronimo col quale sono conosciuti a Strasburgo, temporeggia, in vista delle elezioni di maggio.
Al punto da aver spostato a marzo il voto e la nomina dei suoi rappresentanti di punta, i volti dello schieramento alle prossime Europee. "Team Europe" si chiamerà la formazione che -in casa liberale- sostituirà la formula dello Spitzenkandidat, vale a dire il candidato di punta, che Popolari e Socialisti hanno scelto per fare campagna, copiandola dalle elezioni del 2014. Soluzione innovativa ma molto rischiosa, quella liberale: presentare una decina di volti riconoscibili, veri e propri ambasciatori di campagna del partito in Europa, anzichè un solo candidato-simbolo alla presidenza della Commissione Europea. Una decisione che ha generato non pochi mal di pancia interni. Ma non è il solo punto sul quale i liberali stanno lavorando: mentre i sondaggi li danno in crescita, non da ultimo quello ufficiale dell'Europarlamento, che li stima come terza forza con 75 seggi, l'ALDE lavora per espandersi ulteriormente. Recentemente ha ammesso nelle sue fila gli italiani di +Europa e uno schieramento islandese. Qualche problema arriva invece da Est, con la componente liberale rumena sulla graticola per aver permesso le controverse modifiche al sistema giudiziario da parte del Governo di Bucharest. Complicata appare invece al momento l'ipotesi di varare una qualche forma di alleanza con il movimento francese del presidente Macron: En Marche rappresenterebbe un tassello importante nel puzzle di partiti della futura costellazione liberale, ma i negoziati procedono a passo lento, con il presidente transalpino concentrato nel recuperare consensi Oltralpe, per contrastare il fenomeno dei gilet gialli. Nell'ipotesi di un "Team Europe" liberale, i nomi che circolano sono quelli dell'attuale capogruppo all'Europarlamento Guy Verhoftstadt, che molti ricorderanno per il recente attacco al premier Conte nella sua visita a Strasburgo. E, accanto a lui, l'attuale Commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, che nell'ultimo quinquennio si è distinta per un lavoro coraggioso e competente a capo dell'antitrust comunitario. Sulla formula di una campagna a più volti, i pesi massimi liberali dovranno decidere a soli due mesi dalle elezioni. Al momento l'ALDE conta su una settantina di eurodeputati a Strasburgo: politicamente, è sempre stata contrassegnata da una marcata impronta filoeuropeista. La sfida è rispettare le previsioni di crescita e irrobustire il proprio drappello di parlamentari nella prossima legislatura.
22/2/2019
Grandi manovre sulla Brexit, con una girandola di incontri a Bruxelles, in vista del voto della prossima settimana a Westminster. La capitale belga è stata ieri al centro della visita del leader dell'opposizione laburista Jeremy Corbyn, che ha incontrato il caponegoziatore europeo sulla Brexit Barnier.
"Il pericolo di una Brexit senza accordo e' molto serio e presente", ha avvertito Corbyn, che rilancia la proposta Labour di un'unione doganale con l'Europa, come unica soluzione di uscita soft possibile, e annuncia una nuova mozione in Parlamento per un secondo referendum - nonostante la prima sia stata bocciata. Corbyn deve affrontare anche le grane interne, con gli otto deputati scissionisti dell'Independent Group: via Twitter ha lanciato loro la sfida, "dimettetevi e accettate la prova del voto, consentendo elezioni suppletive nei vostri collegi". La premier May, intanto, ha incontrato alcuni degli esponenti conservatori più filoeuropei, per evitare che le prime tre defezioni in seno al suo partito possano aprire un'emorragia in grado di affondare lo stesso Governo. A fare il punto sugli ultimi sviluppi ci ha pensato il presidente della Commissione Juncker: "stiamo facendo tutti gli sforzi perche'" la Brexit "sia organizzata, ma non ci siamo ancora. Cerchiamo di evitare il peggio, ma non sono molto ottimista", ha detto.
21/2/2019
Effetti collaterali di Brexit. L'uscita della Gran Bretagna dall'Unione potrebbe avere ripercussioni sullo scalo cittadino di Milano Linate, che potrebbe vedersi privato dei collegamenti diretti con la Gran Bretagna.
A lanciare la denuncia l'eurodeputato Massimiliano Salini, che cita l'articolo 4 del decreto Delrio, datato 2016, che stabilisce che i vettori comunitari possono operare collegamenti diretti tra Linate e gli altri aeroporti dell'Unione Europea. Questo, in sostanza, per lasciare a Malpensa i voli intercontinentali. Il problema è che dal 30 marzo anche la Gran Bretagna diverrà Paese terzo. Ergo: i voli da Linate per Londra rischiano un trasloco nello scalo varesino, tra poco più di un mese. Un problema che si somma a quello dei voli intraeuropei delle compagnie aeree battenti bandiera britannica, che -in caso di no deal sulla Brexit- non potrebbero più operare tratte interne. Sul tema Linate Radio 24 ha contattato la Sea, società che gestisce gli scali milanesi: la quale ha rimandato al Ministero dei Trasporti. A sua volta il Ministero non è stato per il momento in grado di fornirci alcuna risposta. Più in generale, Brexit pone un problema concreto per il traffico aereo: martedì la presidenza rumena dell'Unione ha reso noto di aver raggiunto un'intesa con l'Europarlamento, in caso di uscita di Londra senza accordo. Le aerolinee britanniche potranno continuare a fornire solo collegamenti diretti tra Regno Unito e destinazioni comunitarie per sette mesi, al fine di guadagnare tempo e permettere tutti gli aggiustamenti legislativi necessari. Questo solo in caso di hard Brexit, e basandosi sull'assunto di una reciprocità con Londra.
20/2/2019
"Non voteremo più come pecore": l'atteso e temuto annuncio dei primi smottamenti interni al Partito Conservatore britannico è arrivato, complicando ulteriormente il già impervio percorso della Brexit.
Anna Soubry, Sarah Wollaston e Heidi Allen, deputate pro-Europa, hanno lasciato i Tories della premier Theresa May e si sono unite all'Independent Group formato in Parlamento da otto ex-laburisti. Le tre hanno sbattuto la porta, denunciando come il Partito di Governo sia ormai uno schieramento di estrema destra, condizionato dai falchi brexiteers dello European Research Group e dagli alleati della destra unionista nordirlandese Dup. L'uscita delle tre non rappresenta una minaccia immediata per la premier May sulla Brexit -hanno sempre votato contro il Governo- ma riduce tecnicamente la sottilissima maggioranza sulla quale si fonda la fiducia dell'esecutiva. Proprio la Brexit è al centro oggi di un nuovo incontro tra la May e il presidente della Commissione Juncker: la premier britannica, anticipando il viaggio a Bruxelles in Parlamento, ha dichiarato che intende negoziare con l'Unione Europea "soluzioni alternative", per "togliere dal tavolo il backstop", il cosiddetto paracadute, sull'Irlanda. La May ha svicolato rispetto alla richiesta del leader laburista Corbyn, di definire meglio i contorni della proposta. Ma ha ribadito che l'unico modo per evitare un no deal "e' approvare un accordo" o revocare la Brexit. Brexit alla quale mancano solo 37 giorni: al momento non c'è un'intesa a guidarla. A Bruxelles si ostenta tranquillità: "siamo pronti. Stiamo facendo piani per tutti i possibili scenari", dicono alla Commissione Europea.
16/2/2019
Si chiude dopo otto giorni la crisi diplomatica tra Francia e Italia. Tanto è durata l'assenza da Roma dell'ambasciatore transalpino Masset, rientrato ieri nella capitale, con un messaggio distensivo: "per Macron è importante il dialogo con Roma".
A darne l'annuncio, ieri, era stata la Ministra per gli Affari Europei Loiseau. "Abbiamo ascoltato leader politici, che si erano lasciati andare a parole o comportamenti non amichevoli e inaccettabili, mostrare rammarico", ha spiegato. Fondamentale -dietro le quinte- il ruolo di ricucitore del presidente Mattarella: non a caso il primo atto di Masset è stato recarsi al Quirinale per consegnare l'invito per una visita di Stato a Parigi. Invito accettato. La più grave crisi diplomatica del Dopoguerra tra Italia e Francia aveva già obbligato il vicepremier Di Maio ad una rapida retromarcia nei rapporti con le frange più violente dei gilet gialli. Ieri il grillino ha tagliato i ponti con Cristophe Chalencon, teorizzatore dell'insurrezione armata. "Non abbiamo intenzione di dialogare con quell'anima che parla di lotta armata o guerra civile", ha detto Di Maio, che continua la caccia ad altre alleanze nel magma nebuloso dei gilet gialli, e dà il bentornato all'ambasciatore. Mosse apprezzate in serata da Parigi. Più distesi i rapporti transalpini anche con l'altra anima di Governo, la Lega: il vicepremier Salvini si dice contento della chiusura della crisi, e rinnova l'invito all'omologo Castaner per un incontro. Salvini ha dovuto però smentire il suo consigliere economico Borghi, sull'ipotesi di unaItalexit. "Nessuna intenzione di uscire dall'Unione Europea, vogliamo cambiare l'Europa", ha detto.
16/2/2019
Proseguono, a soli 100 giorni dalle Europee, le grandi manovre di avvicinamento al voto. Che passano, per quanto riguarda l'Italia, anche dai rapporti con la Francia.
Dopo la telefonata distensiva tra i presidenti Mattarella e Macron, l'ambasciatore transalpino Masset ha fatto rientro a Roma, chiudendo una crisi diplomatica durata otto giorni. "Abbiamo ascoltato leader politici, che si erano lasciati andare a parole o comportamenti non amichevoli e inaccettabili, mostrare rammarico", ha spiegato la Ministra per gli Affari europei Loiseau. "Sono contento che stia tornando l'ambasciatore francese, a cui chiedero' un incontro. Intanto gli do il bentornato", commenta il vicepremier Di Maio, il cui meeting con le frange più estreme dei gilet gialli aveva rappresentato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della crisi. Lo stesso Di Maio, scaricato in precedenza dalle frange moderate dei gilet, ha scaricato a sua volta Cristophe Chalencon, rappresentante dei falchi del movimento transalpino, il teorizzatore dell'insurrezione armata. "Non abbiamo intenzione di dialogare con quell'anima che parla di lotta armata o guerra civile", ha tagliato corto Di Maio, mentre Chalencon spera che un giorno le loro strade si incrocino nuovamente. La nebbia che avvolge il Governo gialloverde in vista delle Europee si alza anche sul lato Lega: se l'euroscettico Claudio Borghi, responsabile economico del partito, torna a far balenare l'ipotesi di una Italexit, il vicepremier Salvini smentisce: "nessuna intenzione di uscire dall'Unione Europea, vogliamo cambiare l'Europa".
16/2/2019
Uno schieramento in piena crisi di identità. I Socialisti Europei, più precisamente Socialisti e Democratici, costituiscono il secondo gruppo all'Europarlamento, con 186 seggi.
Potrebbero trasformarsi però nelle principali vittime della possibile crescita di consensi dei partiti sovranisti e populisti, che si annuncia all'orizzonte elettorale di maggio. Un'occhiata alle forze in campo restituisce la crisi in cui si dibatte il centrosinistra europeo: il drappello più numeroso è quello della SPD tedesca, con 27 eurodeputati. Non è però un mistero che a Berlino proprio la SPD rischi fra tre mesi un clamoroso sorpasso per mano dei Verdi. Il secondo gruppo è quello del PD italiano, che sembra lontano dai fasti del 41% fatto registrare cinque anni fa con Renzi. A certificare il momento difficile in cui si trovano i socialisti c'è -ironia della sorte- il fatto che il terzo sottogruppo numericamente più rilevante in questa legislatura è stato quello dei laburisti inglesi, destinati a lasciare Strasburgo con la Brexit. Se a ciò aggiungiamo che i socialisti francesi, altro tradizionale punto di forza, sono quasi scomparsi dalla scena elettorale, le poche speranze di un colpo di coda sono affidate al PSOE di Pedro Sanchez, l'unico grande partito del centrosinistra in grado di risalire la china. Lo Spitzenkandidat del centrosinistra europeo. è attualmente primo vicepresidente della Commissione Europea. E -curiosità- parla molto bene italiano, come avete appena ascoltato. Si tratta di Frans Timmermans: 58 anni, olandese, Timmermans ha cominciato la sua carriera come funzionario presso il Ministero degli Affari Esteri, trascorrendo un periodo a Mosca. Nel 1998 il salto in politica, con il Partito Laburista: nove anni dopo è Ministro degli Affari Europei. Nel 2012 viene promosso a Ministro degli Esteri: dopo un solo biennio spicca il volo verso Bruxelles. La piattaforma politica che porterà in campagna elettorale si basa su otto punti: uguaglianza di genere, un nuovo modello economico che riduca le disuguaglianze, un'Europa sociale, politiche per l'ambiente, una rafforzamento della democrazia in Europa, politiche eque sulla migrazione, investimento sui giovani, e un mondo sostenibile. Nelle ultime settimane, come avete ascoltato nel dibattito che ha condotto in Italia, ha trasformato il messaggio della campagna in un avvertimento contro l'ipotetico asse destra-estrema destra, che potrebbe nascere nel prossimo Europarlamento. Il timore, visto dal centrosinistra, è un avvicinamento del centrodestra del PPE ai conservatori euroscettici polacchi, grazie ai buoni uffici di Viktor Orban.
15/2/2019
28 aprile o 26 maggio? Il Governo spagnolo è atteso oggi all'atto finale, dopo il drammatico stop alla Finanziaria 2019 di mercoledì, che ha segnato l'epilogo della breve legislatura socialista di Pedro Sanchez, durata solo otto mesi.
Un mezzo miracolo, in ogni caso, se si conta che l'esecutivo di minoranza Psoe contava su un minidrappello di un'ottantina di deputati. La Ministra delle Finanze iberica Montero ha confermato nelle ultime ore che Sanchez annuncerà oggi, al termine della Consiglio dei Ministri, la data prescelta: la chiara preferenza del PSOE è per il 28 aprile, separando così le elezioni generali da quelle europee, autonomiche e municipali già in programma il 26 maggio. Contraria l'opposizione del PP, che invoca invece una superdomenica elettorale per fine maggio, al fine di trasformarla in un plebiscito pro- o contro l'esecutivo Sanchez. UnPartido Popular che ormai non nasconde nemmeno più il flirt con l'estrema destra di VOX, oltre che con i liberali di Ciudadanos. Una novità assoluta nella Spagna post-franchista, che farà discutere nelle settimane di campagna che verranno. Ieri l'attenzione mediatica è stata monopolizzata dalle dichiarazioni dell'ex-vicepresidente della Generalitat catalana Oriol Junqueras e degli altri 11 detenuti politici indipendentisti, nel terzo giorno di processo sul referendum separatista dell'ottobre 2017. "Mi considero un detenuto politico", ha detto Junqueras, "mi si accusa per le mie idee e non per i fatti. Ma non rinuncero' alle mie convinzioni democratiche", ha precisato, accusando la giustizia spagnola di aver imbastito un processo politico. "Mai abbiamo fomentato la violenza per portare avanti le nostre ragioni di autodeterminazione", ha chiosato Junqueras, che rischia fino a 25 anni di carcere.
14/2/2019
Squarci di sereno nei rapporti Italia-Francia, dopo l'annuncio del Ministro degli Esteri transalpino Le Drian sul prossimo ritorno dell'ambasciatore Masset a Roma.
Le Drian ha fatto anche il punto sulla telefonata tra i due presidenti, Mattarella e Macron: "sono i custodi della relazione tra i nostri due Paesi, si sono parlati. Condividono la stessa visione di questo rapporto che ci rafforza a vicenda e ci impegna fortemente". Parigi non soprassiede sui flirt tra Di Maio e le frange più estreme dei gilet gialli, ma la ragion di Stato deve prevalere in diplomazia. I rapporti suonano più distesi anche sul fronte dei terroristi rifugiati Oltralpe: "sulla base delle domande rivolte dalle autorita' italiane, magistrati francesi e italiani si stanno dedicando a un esame giuridico caso per caso. La cooperazione e' buona", dice Le Drian. Ha invece suscitato polemiche l'intervento da parte della polizia francese per fermare dei migranti a bordo di un treno partito da Ventimiglia e diretto a Nizza. Per far uscire gli stranieri, nascosti in un bagno del convoglio, gli agenti hanno spruzzato spray urticante, che ha raggiunto i viaggiatori nelle carrozze, provocando bruciori, tosse e momenti di confusione e panico. Il fatto e' avvenuto in Francia nei pressi della stazione di Menton Garavan.
14/2/2019
"Mi considero un detenuto politico": la voce di Oriol Junqueras, l'ex-vicepresidente della Generalitat catalana in carcere da quasi un anno e mezzo, risuona decisa nell'aula del Tribunale Supremo, che ha dato la parola ai 12 politici indipendentisti sotto processo tra le altre cose per ribellione e sedizione, a seguito del referendum secessionista del primo ottobre 2017.
Junqueras è l'imputato di maggior peso, sia per la carica che ricopriva, sia per il suo essere leader di Esquerra Republicana, uno dei due partiti che governano a Barcellona. "Mi si accusa per le mie idee e non per i fatti. Poiche' non rinuncero' alle mie convinzioni democratiche, mi considero un prigioniero politico", ha precisato Junqueras, accusando la giustizia spagnola: "questo e' un processo politico, sono perseguitato per le mie idee. Nulla di ciò che abbiamo fatto costituisce reato. Votare in un referendum e lavorare per l'indipendenza della Catalunya non e' reato". Junqueras rischia una condanna fino a 25 anni di carcere. Un processo che imbarazza la Spagna, quello ai leader politici catalani, la cui eco arriva fino a Bruxelles: Socialisti, Popolari e Liberali iberici hanno chiesto al presidente dell'Europarlamento Tajani di vietare la presenza dell'ex-presidente catalano Puigdemont, attualmente un libero cittadino al di fuori della Spagna, ad una conferenza in programma a Bruxelles lunedì. E' in questo clima che domani il premier iberico Sanchez annuncerà la fine della legislatura, dopo la bocciatura del budget, e indirà nuove elezioni: Il Governo punta sul 28 aprile, mentre l'opposizione del PP chiede una superdomenica elettorale il 26 maggio.
14/2/2019
Il ritorno dell'ambasciatore Masset a Roma avverrà molto presto. A garantirloil Ministro degli Esteri transalpino Le Drian, in un'intervista nella quale ribadisce l'irritazione di Parigi per gli attacchi ripetuti e le accuse esagerate da parte di esponenti politici del Governo gialloverde.
Le Drian ha fatto il punto sulla telefonata tra i due presidenti, Mattarella e Macron: "sono i custodi della relazione tra i nostri due Paesi, si sono parlati. Condividono la stessa visione di questo rapporto che ci rafforza a vicenda e ci impegna fortemente". Nel mirino del titolare del Quai d'Orsay finisce il vicepremier Di Maio: "l'iniziativa del vicepresidente del Consiglio e' stato l'episodio di troppo. Intantoperche' la sua visita in Francia e' avvenuta al di fuori di qualsiasi quadro diplomatico. E poi perche' Di Maio ha incontrato qualcuno che invocava e invoca un'insurrezione e un intervento dell'esercito. Il limite e' stato oltrepassato". Le Drian parla pure della tensione con Roma sui terroristi latitanti rifugiati Oltralpe: "sulla base delle domande rivolte dalle autorita' italiane, magistrati francesi e italiani si stanno dedicando a un esame giuridico caso per caso. La cooperazione e' buona".
12/2/2019
Un'Europa senza popolo, dove la distanza fra popolo ed elite è stata accentuata dalla crisi economica.
Questo il quadro dell'Unione Europea attuale, tracciato dal premier Conte davanti ad un emiciclo di Strasburgo semivuoto, nonché molto freddo nei suoi confronti. Nel suo intervento il premier ha toccato svariati temi: ha spronato l'Europa a guidare il cambiamento, ascoltando le istanze che arrivano dalla gente e governando i conflitti, ha difeso la necessità di avere una difesa comunitaria che sia complementare alla Nato, e ha appoggiato l'idea di un seggio comune all'Onu, per avere una voce unica. Ma ha attaccato anche le lacunose politiche comunitarie sull'immigrazione: "la sfida migratoria deve riguardare tutti i Paesi membri, non ridursi alla gestione delle frontiere marittime". Infine, il focus sul lavoro. "Per costruire un futuro di successo europeo abbiamo bisogno di una Italia forte al suo centro", replica a Conte il vicepresidente della commissione Katainen, mentre il leader dei Popolari Weber mette il dito nella piaga della politica estera italiana sul Venezuela, il socialista Bullmann parla di un'escalation senza senso nel conflitto italofrancese, e il liberale Verhosftadt parla di "degenerazione politica dell'Italia".
9/2/2019
A fine giornata sono fonti diplomatiche francesi ad abbassare i toni di una situazione complicata: la situazione tra Parigi e Roma e' "grave", ma "fra i due Paesi i rapporti continuano a funzionare come prima", fanno sapere. La sintesi è semplice: Parigi vuole uno stop incondizionato alle provocazioni dei due vicepremier italiani. Sono loro il bersaglio degli attacchi che arrivano da Oltralpe.
"Le loro frasette polemiche non hanno impedito all'Italia di entrare in recessione economica. Quello che a me interessa e' che l'Italia, un grande Paese partner della Francia, vada meglio", ha dichiarato il portavoce del Governo Griveaux, dopo aver rassicurato sul fatto che il richiamo dell'ambasciatore Masset a Parigi è temporaneo. Non meno tenero il candidato dei Popolari alle Europee, il tedesco Weber: "chiedo al Governo italiano di smettere di lamentarsi a Parigi, Berlino e Bruxelles dei propri problemi economici e di prendersi le proprie responsabilita'". Intanto un'influente leader dei gilet gialli, Jacline Moraud, scarica Di Maio: "non si fa politica con le ingerenze in altri Paesi, non abbiamo bisogno di forze straniere in casa nostra", ha detto. La preoccupazione per il gelo nei rapporti Italia-Francia si trasferisce sul campo economico: Air France sarebbe orientata a sfilarsi dal dossier Alitalia, col rischio di portare la nostra compagnia aerea ad un passo dal fallimento, mentre su Stx-Fincantieri si aspetta il pronunciamento di Bruxelles. Per non parlare della Tav: qui sia Parigi sia Bruxelles mal sopportano la tattica temporeggiatrice pentastellata.
8/2/2019
Il giorno dopo l'avvio della crisi diplomatica, Parigi lancia a Roma messaggi politicamente tranquillizzanti da un lato, ma rilancia -dall'altro- gli attacchi verso i nemici numero 1, i vicepremier Salvini e Di Maio.
"Le loro frasette polemiche non hanno impedito all'Italia di entrare in recessione economica. E' l'unico Paese dell'Unione europea. E, invece, quello che a me interessa e' che l'Italia, un grande Paese partner della Francia, vada meglio", ha dichiarato il portavoce del Governo Griveaux, dopo aver rassicurato sul sul fatto che il richiamo dell'ambasciatore Masset a Parigi non è permanente. Ma, ha aggiunto Griveaux, "era importante dare un segnale". Oltralpe il vento politico è tornato a soffiare nelle velemacroniane: l'attuale inquilino dell'Eliseo rivincerebbe le elezioni presidenziali, qualora si dovesse rivotare oggi. Mentre sembrano evaporare le mire pentastellate per un'alleanza con i gilet gialli: una delle sue leader, Jacline Mouraud, fondatrice del movimento "Gli Emergenti", ha caldamente invitato Di Maio ad occuparsi di casa sua: "non si fa politica con le ingerenze in altri Paesi, non abbiamo bisogno di forze straniere in casa nostra", ha detto polemicamente. La preoccupazione per il gelo nei rapporti Italia-Francia si trasferisce sul campo economico: Air France sarebbe orientata a sfilarsi dal dossier Alitalia, col rischio di portare la nostra compagnia aerea ad un passo dal fallimento, mentre su Stx-Fincantieri si aspetta il pronunciamento di Bruxelles. Per non parlare della Tav: i 5 Stelle la ostacolano in ogni modo, irritando sia Parigi sia Bruxelles, che mal sopportano la tattica temporeggiatrice pentastellata.
8/2/2019
Finiscono a pezzi in meno di un anno i rapporti diplomatici tra Francia e Italia: dall'ipotesi di un Trattato del Quirinale, con cui il Governo Gentiloni intendeva cementare l'asse politico italo-francese, al richiamo ieri dell'ambasciatore transalpino Masset.
Si tratta dell'ultimo passo prima della rottura formale delle relazioni diplomatiche: una mossa gravissima, che non avveniva dalla Seconda Guerra Mondiale, nonchè un inedito assoluto tra Paesi fondatori dell'Unione Europea. Il comunicato con cui Parigi formalizza la mossa è un atto d'accusa al Governo gialloverde: Parigi definisce le ultime ingerenze del Governo italiano "un'ulteriore e inaccettabile provocazione". Ingerenze che, secondo la Francia, "violano il rispetto che gli esecutivi devono avere l'uno verso l'altro". Parole durissime, accompagnate dall'accusa esplicita che gli attacchi italiani hanno alla base un mero calcolo elettorale, in vista delle Europee di maggio. Migranti, frontiere, Libia, franco africano, fino al sostegno politico dei 5 Stelle alle frange considerate come più estreme e pericolose dei gilet gialli: un crescendo di insulti e provocazioni, contro i quali Parigi ha deciso di mettere il punto, dopo aver invano lanciato un primo segnale a gennaio, convocando la nostra ambasciatrice. Non è chiaro quando e se l'ambasciatore francese rientrerà nella capitale italiana, mentre si temono i contraccolpi della crisi politica sulla nostra economia: Parigi è il secondo Paese di destinazione del nostro l'export. Il richiamo di un ambasciatore tra Paesi dell'Unione Europea, non è una prima assoluta: due anni fa accadde tra Ungheria e Olanda, tre anni fa tra Grecia e Austria.
7/2/2019
Esplode la crisi diplomatica tra Francia e Italia, con la decisione -clamorosa- del Governo transalpino, di richiamare per consultazioni l'ambasciatore a Roma Christian Masset.
Nei fatti, si tratta dell'ultimo passo prima della rottura delle relazioni diplomatiche. L'atto d'accusa di Parigi verso il nostro Governo è scritto nero su bianco nel comunicato diramato dal Quai d'Orsay: Parigi definisce le ultime ingerenze del Governo gialloverde "un'ulteriore e inaccettabile provocazione". Ingerenze che, secondo la Francia, "violano il rispetto che i Governi devono avere l'uno verso l'altro". Parole durissime, accompagnate dall'accusa esplicita che gli attacchi italiani hanno alla base un mero calcolo elettorale, in vista delle Europee di maggio. La Ministra francese per gli Affari Europei Loiseau ha commentato che -nonostante Parigi non abbia lo stesso orientamento politico di Salvini e Di Maio- è necessario far prevalere le buone relazioni. L'ultima volta che si è prodotta una rottura diplomatica tra Roma e Parigi è stato nel 1940, nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Mentre ci sono due casi recenti di richiamo di ambasciatori tra Paesi europei: due anni fa tra Ungheria e Olanda, e tre anni fa tra Grecia e Austria. Tornando alla rottura franco-italiana, va ricordato che in mattinata il Ministero dell'Interno aveva accusato Parigi di aver intensificato i controlli sui treni verso l'Italia, rallentandoli. E' stata probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, dopo settimane di attacchi ripetuti del duo Salvini-Di Maio nei confronti del Governo francese.
7/2/2019
Una decisione clamorosa, quella del Governo francese, di richiamare per consultazioni l'ambasciatore a Roma Christian Masset.
L'atto d'accusa di Parigi verso il nostro Governo è scritto nero su bianco nel comunicato diramato dal Quai d'Orsay, nel quale Parigi definisce le ultime ingerenze del Governo gialloverde "un'ulteriore e inaccettabile provocazione". Ingerenze che, secondo la Francia, "violano il rispetto proprio della scelta democratica, e violano il rispetto che i Governi devono avere l'uno verso l'altro". Parole durissime, accompagnate dall'accusa esplicita che gli attacchi italiani abbiano alla base un mero calcolo elettorale, in vista delle Europee di maggio. La Ministra francese per gli Affari Europei Loiseau ha commentato a France Info che -nonostante Parigi non abbia lo stesso orientamento politico di Salvini e Di Maio- è necessario far prevalere le buone relazioni di vicinato. L'ultima volta che si è prodotta una rottura diplomatica tra Roma e Parigi è stato nel 1940, nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Mentre c'è un caso recente di richiamo di ambasciatore all'interno dell'Unione Europea. Era il 2017, quando l'Ungheria richiamò il suo rappresentante in Olanda, dopo che l'ambasciatore dei Paesi bassi a Budapest aveva paragonato i metodi del premier Orban sui migranti a quelli dei terroristi musulmani. Tornando alla rottura franco-italiana, va ricordato che proprio questa mattina il Ministero dell'Interno aveva accusato Parigi di aver intensificato i controlli sui treni in uscita verso l'Italia, rallentandoli. E' stata probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, dopo settimane di attacchi ripetuti e continui del duo Salvini-Di Maio nei confronti del Governo francese.
6/2/2019
E' un taglio netto delle stime sulla crescita italiana, quello che si appresta a varare la Commissione Europea nelle prossime ore: secondo le anticipazioni delle previsioni economiche invernali, Bruxelles è pronta a ridurre la crescita della Penisola nel 2019 allo 0,2%.
Una crescita che assomiglia dunque sempre di più ad una vera e propria stagnazione: lontani anni-luce i tempi in cui il Governo Conte sbandierava un ottimistico +1,5% per giustificare la manovra espansiva - stima poi sforbiciata di un terzo. E lontane anni-luce appaiono le stesse previsioni fatte da Bruxelles lo scorso autunno, che ipotizzavano una crescita dell'1,2% per l'anno in corso. Fonti comunitarie, commentando le anticipazioni, tengono a precisare che la stima rivista al ribasso tiene già in considerazione gli effetti della manovra varata da Roma a dicembre. "Avremo una discussione sull'Italia nelle prossime settimane, non ora", aveva già messo le mani avanti il presidente della Commissione Juncker, preoccupato di non accendere il confronto con la Penisola in piena campagna elettorale per le europee, ma più propenso a spostarlo a dopo il voto di maggio, tenendo conto che l'attuale Commissione rimarrà in carica fino all'autunno. Non è però da escludere che -di fronte ad un serio peggioramento dell'economia e ad un suo impatto estremamente negativo sui conti pubblici- Bruxelles chieda una manovra correttiva sul 2019 in corso d'opera. Se confermate, le stime europee sarebbero le più basse fra tutti gli organismi che si sono espressi nel mese di gennaio - persino più basse dello 0,3% tracciato da Oxford Economics.
5/2/2019
Sul confine irlandese non torneranno le barriere - nessun hard border. E il Governo britannico conferma l'"impegno assoluto" per il rispetto dell'accordo di pace del Venerdi'Santo.
La premier britannica Theresa May vola a Belfast, nell'epicentro di quelli che furono i Troubles nordirlandesi, per lanciare messaggi rassicuranti su Brexit e le sue conseguenze nell'Isola di Smeraldo. Peccato però che manchino ancora risposte concrete su cosa Londra intenda fare ora, al di là di generiche richieste sulla riapertura della questione della clausola paracadute sul confine tra le due Irlande. Ma potrebbe essere solo questione di ore. La certezza è che la May non chiederà all'Europa di eliminare tout court il cosiddetto backstop, che potrebbe separare Belfast e il resto della Gran Bretagna, mantenendo l'Ulster all'interno dell'unione doganale a tempo indefinito. Sul come modificarlo, la premier ha menzionato la possibilità di renderlo limitato nel tempo, o di istituire una clausola di uscita unilaterale. La May dovrebbe sciogliere la riserva nella giornata di giovedì, quando volerà a Bruxelles -si spera- con proposte concrete. La Commissione Europea attende con un certo scetticismo - "la nostra posizione è chiara, è la May che ci deve portare notizie", fanno sapere dal'esecutivo comunitario. Nel caos totale apertosi a metà gennaio, dopo la bocciatura dell'intesa firmata da Londra con i 27 leader comunitari, qualcosa sembra però muoversi, quando mancano meno di due mesi all'addio: nelle prossime ore infatti non sarà solo la May a fare rotta su Bruxelles, ma anche il premier irlandese Varadkar.
4/2/2019
Brexit torna da oggi a scaldare il panorama politico europeo, nella totale incertezza che circonda l'imminente uscita della Gran Bretagna dall'Unione: a soli 53 giorni dal D-Daygli europarlamentari britannici incontreranno a Bruxelles il segretario generale della Commissione Europea Selmayr e il coordinatore del Parlamento Europeo Verhofstadt.
Dopodomani sarà il presidente europeo Tusk a ricevere il premier irlandese Varadkar, in bilaterali che assomigliano sempre di più a summit di crisi in vista della temuta hardBrexit. C'è poco da ridere anche Oltremanica, ora che la città-simbolo della Brexit, quella Sunderland che per prima -tre anni fa- anticipò il risultato finale del referendum, ha fatto i conti ieri con le conseguenze: Nissan, di fatto l'unica grande azienda rimasta in quel lembo di nord-est mai ripresosi dalla deindustrializzazione, ha annunciato che non produrrà in Gran Bretagna il suo suv X-Trail. L'annuncio è arrivato per bocca del presidente di Nissan Europe, l'italiano Gianluca De Ficchy. "L'incertezza sulle relazioni future tra Londra e l'Europa non aiutano aziende come la nostra a pianificare il futuro", ha tagliato corto. Questo significa Brexit, al di là delle suggestive indiscrezioni sui piani per mettere in sicurezza la Regina, qualora la Brexit sfuggisse di mano e Londra si tramutasse in un campo di battaglia tra opposte fazioni. La premier May non scopre le sue carte, e promette di dare battaglia a Bruxelles per convincere l'Europa a modificare la clausola paracadute sul confine nordirlandese. Sottotraccia, si mormora persino di possibili elezioni anticipate a giugno.
4/2/2019
La risposta del presidente francese Macron ai gilet gialli potrebbe essere sorprendente: un referendum nazionale di iniziativa presidenziale il prossimo 26 maggio, in contemporanea con le elezioni europee, per affrontare di petto alcune delle questioni messe sul piatto dai manifestanti che ogni sabato -da tre mesi a questa parte- invadono le strade del Paese.
L'idea è semplice: chiudere a metà marzo il percorso del "Gran Debat National", lanciato a gennaio da Macron per contrastare in modo istituzionale l'onda dei gilet, e convogliare alcuni dei temi più caldi all'interno del referendum, facendoli propri: tra le ipotesi circolate, figurano la riduzione del numero dei parlamentari, il divieto di cumulo delle cariche politiche, il riconoscimento del voto bianco, la maggiore partecipazione della societa' civile alle politiche pubbliche e l'iscrizione nella Costituzione del principio della partecipazione dei cittadini. Tutto è aperto, mentre l'Eliseo non conferma nè smentisce l'indiscrezione. Un referendum con molteplici punti aperti permetterebbe anche a Macron di evitare la sfida secca su un unico tema, potenzialmente molto pericolosa in termini politici. Secondo quanto riportato dai media transalpini, i progetti per le schede e le buste sarebbero gia' prenotati, le tipografie allertate, e il Ministero dell'Interno al lavoro. La sfida a distanza tra il presidente francese e il movimento dei gilet gialli prosegue, sdoppiandosi -potenzialmente- in vista del 26 maggio: non si giocherà dunque più solo sul terreno delle elezioni europee, ma anche su quello referendario.
3/2/2019
Nel più paradossale dei contraccolpi, è proprio Sunderland, la prima città britannica a votare tre anni fa per l'uscita dall'Unione Europa, a subire oggi l'ultima stangata legata alla Brexit.
A dare l'annuncio è stato l'italiano Gianluca De Ficchy, presidente di Nissan Europe: la casa automobilistica giapponese, il cui contributo è cruciale per il fragile tessuto economico della città del nord-est, non produrrà piu' in Gran Bretagna il suo suv X-Trail. Nissan aveva annunciato l'avvio della produzione del suv quattro mesi dopo il referendum sulla Brexit, mossa che era stata vista con speranza Oltremanica. Ora la retrmoarcia, a neppure due mesi dal D-Day dell'uscita britannica: "l'incertezza sulle relazioni future tra Londra e l'Europa non aiutano aziende come la nostra a pianificare il futuro", ha tagliato corto il manager italiano. Questo mentre la premier May, in un intervento sul Sunday Telegraph, ha invocato il sostegno del leader laburista Corbyn per spingere Bruxelles ad aprire a concessioni sulla modifica dell'intesa bocciata a metà gennaio a Westminster. Ipotesi fin qui preclusa. La May non arretra sulla data di uscita, fissata per il 29 marzo, anche se indiscrezioni di fantapolitica indicano un piano segreto per andare al voto a giugno. Sempre in tema di scenari estremi, il Sunday Times riporta l'esistenza di un piano segreto che prevede l'evacuazione da Londra della regina e di altri membri della famiglia reale, nell'eventualita' di disordini e scontri scatenati da una Brexit senza accordo.
3/2/2019
Il dodicesimo sabato di manifestazioni dei gilet gialli si chiude con il solito rumore ma un tasso di partecipazione in costante discesa, segno forse di una graduale stanchezza del movimento, al suo terzo mese di protesta.
A segnare la giornata, che ha visto in piazza 59mila persone in tutta la Francia, diecimila in meno rispetto a fine gennaio e concentrate per un quarto nella capitale Parigi, sono state le polemiche contro l'ultima decisione del Consiglio di Stato. Che ha optato per consentire alle forze dell'ordine di continuare ad usare i temuti LBD, fucili che sparano proiettili di gomma, nel corso delle manifestazioni. Così, soprattutto nella capitale, numerosi manifestanti hanno sfilato con cerotti e bende sanitarie, per solidarietà con i gilet gialli rimasti feriti nel corso degli scontri con i gendarmi nell'arco degli ultimi tre mesi. Una quarantina proprio a causa delle cosiddette flash-balls. "La marcia dei feriti" è stata definita dagli organizzatori la manifestazione di ieri. E anche ieri, come in tutti i sabati precedenti, non sono mancate le consuete scene di devastazioni e saccheggi in diverse città da parte di gruppuscoli di teppisti infiltrati, fenomeno che non giova certo alla popolarità dei gilet gialli, nè è mancato qualche momento di tensione a Parigi, in Place de La Republique, con tiri incrociati di sassi e gas lacrimogeni tra manifestanti e forze dell'ordine. Una quarantina le persone fermate, tra Parigi e la città di Valence, nel sud del Paese.
2/2/2019
Un altro sabato di manifestazioni e scontri in Francia, nel 12esimo atto dei Gilet Gialli: la "marcia dei feriti", in omaggio ai manifestanti rimasti contusi nelle cariche della polizia a partire dalla metà di novembre, avrebbe visto calare la partecipazione, che -secondo i dati ufficiali del Ministero dell'Interno- avrebbe superato di poco quota 17mila manifestanti nel primo pomeriggio.
Cifre però contestate: un monitoraggio indipendente avrebbe accertato la presenza di 14mila persone nella sola Parigi. Anche in questo sabato non sono mancati gli scontri: momenti di tensione si sono verificati nella capitale, a Place de la Republique, con lanci di pietre da una parte e risposte con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua dall'altra. Manifestazioni sono state organizzate un po' ovunque nel Paese, come in tutti gli ultimi tre mesi: le piazze principali sono state Bordeaux, Tolosa, Nantes, Strasburgo, Valence. Molti i gilet gialli che hanno sfilato mostrando cerotti e bende, in omaggio ai colleghi rimasti feriti nelle scorse settimane, e in aperta contestazione rispetto alla recente decisione del Consiglio di Stato, che ha autorizzato l'uso delle flash-ball da parte della polizia nel corso delle manifestazioni. 22 persone sono state fermate a Parigi, altre 18 a Valence.
2/2/2019
E' lo schieramento da battere, nell'emiciclo di Strasburgo. Con 218 deputati, il Partito Popolare Europeo è stato anche nell'ultima legislatura il gruppo politico più numeroso all'Europarlamento - attualmente esprime il presidente dell'assemblea, l'italiano Antonio Tajani.
Con 42 eurodeputati è la Germania a fare la parte del leone, rappresentata da Cdu e Csu, mentre il nucleo duro italiano è costituito dai 19 eurodeputati di Forza Italia. Il vero problema del PPE -secondo alcuni il suo cavallo di Troia- è rappresentato dalla presenza al suo interno del partito ungherese Fidesz, del premier Viktor Orban: i suoi 13 eurodeputati sono un drappello importante, tuttavia le politiche di estrema destra, in aperta sfida allo stato di diritto, sono state mal digerite all'interno del gruppo. Fino ad ora, nessuno ha trovato il coraggio di mettere Fidesz alla porta. Lo Spitzenkandidat dei Popolari Europei sarà Manfred Weber. Non è a dir la verità neppure certo che sarà lui il prossimo presidente della Commissione, qualora il PPE si riconfermasse primo gruppo, come era invece avvenuto nel 2014 con Jean-Claude Juncker. Le voci di una sua possibile sostituzione con Michel Barnier, ex-Commissario Europeo ed ex-Ministro francese, nonché star dei negoziati sulla Brexit nel suo ruolo di caponegoziatore comunitario, se non addirittura con la cancelliera Merkel, qualora il suo crepuscolo politico a Berlino accelerasse, sono abbondantemente circolate negli ultimi mesi. Weber è stato eletto lo scorso dicembre quale capolista del gruppo dei Popolari in vista delle elezioni europee, con lo slogan "Per un'Europa migliore". Al suo fianco sul palco c'era proprio la Merkel. Una scelta davvero insolita, quella di Weber, il cui profilo politico è -su scala continentale- abbastanza basso: in estrema sintesi, è passato dal consiglio municipale di Kelheim al Parlamento bavarese, prima di fare il salto -nel 2004- a Strasburgo, come membro dell'Europarlamento. Dieci anni di gavetta, poi l'elezione a capogruppo PPE nell'ultima legislatura. E' considerato un moderato ed europeista all'interno del partito bavarese della CSU, da sempre su posizioni più a destra rispetto alla Cdu di Angela Merkel. Weber è stato proclamato Spitzenkandidat dei Popolari con un manifesto in cinque punti: più posti di lavoro, maggiore sicurezza, innovazione digitale, identità e valori europei, maggiori fondi per i giovani, e più democrazia e trasparenza. La scommessa per lui sarà quella di tradurre in un consenso paneuropeo le proposte di questa piattaforma, al di là dello scontato bacino elettorale dei singoli partiti nazionali che -negli anni- ha rappresentato il vero punto di forza del PPE. Ma dovrà anche resistere alle sirene che spingono per un'alleanza tra Popolari Europei e la destra euroscettica, magari infiocchettata e rebrandizzata con qualche europeismo di circostanza. E' quello che Orban vorrebbe. Ma è quello di cui l'Europa ha davvero bisogno?
30/1/2019
Il giorno dopo il voto del Parlamento britannico, che nei fatti ha rimandato la premier May a Bruxelles per rinegoziare la parte dell'intesa relativa al backstopnordirlandese, si gioca oggi su due tavoli: Londra e Bruxelles.
Fronte londinese, in una Gran Bretagna semiparalizzata dalla neve, la premier May incontrerà questo pomeriggio il leader laburista Corbyn, che -dopo la sconfitta parlamentare- ha deciso di fare il primo passo e accettare l'incontro a Downing Street. Il meeting è previsto in questi minuti, e ci si aspetta un incontro abbastanza infuocato. Successivamente, l'attenzione della May si sposterà sul convincere i partner europei a riaprire il negoziato: attesa una chiamata telefonica con il presidente europeo Tusk. Al momento la posizione comunitaria resta inamovibile: in sintesi, la clausola paracadute sul confine nordirlandese è parte dell'intesa firmata a novembre, e l'intesa non è rinegoziabile. Fronte Bruxelles: a metà pomeriggio la questione Brexit sarà al centro della plenaria dell'Europarlamento: interverrà il presidente della Commissione Europea Juncker. "Va benissimo dialogare, ma come si fa a cambiare il testo di un accordo", così oggi il presidente dell'Europarlamento Tajani, che ha ribadito la linea del caponegoziatore europeo Barnier. Barnier ha incontrato oggi un gruppo di eurodeputati. Al termine dell'incontro ha dichiarato: "le istituzioni europee restano unite, sosteniamo l'accordo che abbiamo negoziato assieme al Regno Unito, mai contro il Regno Unito". Tranchant l'Irlanda: secondo il Ministro degli Esteri Coveney, non esiste una sola alternativa possibile alla soluzione di backstop per il confine nordirlandese.
26/1/2019
La Germania replica alle critiche del premier Conte sull'intenzione franco-tedesca di promuovere un seggio permanente ONU destinato a Berlino, anzichè all''Unione Europea.
Il portavoce della cancelleria, Steffen Seibert, cita il testo dell'intesa franco-tedesca, siglata a inizio settimana ad Acquisgrana: "l'atteggiamento di Berlino non e' una sorpresa per nessuno", taglia corto, aggiungendo che "da tempo il seggio Onu e' un obiettivo tedesco". E precisa: "se si legge attentamente il testo noi collaboreremo per portare avanti all'interno dell'Onu le posizioni dell'Unione Europea relative alle sfide e alle minacce globali. E faremo di tutto per portare posizioni unitarie dell'Unione, come scritto nell'articolo 8". Il concetto che Berlino fa filtrare di fronte alle critiche italiane è abbastanza semplice: l'articolo 8.1 rappresenta la garanzia che Germania e Francia si coordineranno in sede Onu con l'obiettivo più generale di rappresentare posizioni e interessi europei. E' pur vero però che il punto 8.2 dichiara apertamente che l'inserimento della Germania quale membro permanente del Consiglio di Sicurezza è una priorità della diplomazia franco-tedesca. Berlino ha tenuto infine a ribadire che il contratto diAcquisgrana non è contro nessuno, nè modifica i rapporti con gli altri partner. La partnership franco-tedesca, insomma, deve fungere da battistrada: sta agli altri seguire per rendere queste politiche bilaterali delle vere e proprie politiche europee.
25/1/2019
Le critiche del premier Conte sull'intenzione franco-tedesca di promuovere un seggio permanente ONU destinato alla Germania, anzichè all''Unione Europea, approdano fino a Berlino, incontrando la replica del portavoce della cancelleria, Steffen Seibert.
Seibert cita il testo dell'intesa franco-tedesca, siglata a inizio settimana ad Acquisgrana: "l'atteggiamento di Berlino non e' una sorpresa per nessuno", taglia corto, aggiungendo che "da tempo il seggio Onu e' un obiettivo tedesco". E precisa: "se si legge attentamente il testo noi collaboreremo per portare avanti all'interno dell'Onu le posizioni dell'Unione Europea relative alle sfide e alle minacce globali. E faremo di tutto per portare posizioni unitarie dell'Unione, come scritto nell'articolo 8". Il concetto che Berlino fa filtrare di fronte alle critiche italiane è abbastanza semplice: l'articolo 8.1 rappresenta la garanzia che Germania e Francia si coordineranno in sede Onu con l'obiettivo più generale di rappresentare posizioni e interessi europei. E' pur vero però che il punto 8.2 dichiara apertamente che l'inserimento della Germania quale membro permanente del Consiglio di Sicurezza è una priorità della diplomazia franco-tedesca. Berlino ha tenuto infine a ribadire che il contratto di Acquisgrana non è contro nessuno, nè modifica i rapporti con gli altri partner. La partnership franco-tedesca, insomma, deve fungere da battistrada: sta agli altri seguire per rendere queste politiche bilaterali delle vere e proprie politiche europee.
25/1/2019
Il caso Venezuela spacca la diplomazia internazionale, riaprendo la faglia tra Stati Uniti e Russia. Mosca ha reagito duramente all'iniziativa trumpiana di sostenere il presidente autoproclamato Juan Guaidò, definendolo un tentativo di usurpazione di potere.
Una mossa che rappresenta il percorso diretto verso il bagno di sangue, fa sapere il Cremlino. E per chiarire meglio il concetto, il presidente Putin ha telefonato a Nicolas Maduro, definendo le interferenze straniere una sfacciata violazione delle norme del diritto internazionale. Il braccio di ferro con Washington prosegue: gli Stati Uniti sono pronti ad offrire "oltre 20 milioni in aiuti umanitari per il popolo del Venezuela", ha detto il segretario di Stato Pompeo, mentre il falco Bolton delinea le prossime mosse. Tagliare i rubinetti di approvvigionamento a Maduro. Cauta la Cina, che invita gli Stati Uniti a non interferire con la situazione. Washington ha portato sulle sue posizioni sette Paesi sudamericani, oltre a Canada e Gran Bretagna. L'Europa, presa alla sprovvista, si è distinta per la solita indecisione. Fa fede la dichiarazione dell'Alto Rappresentante Mogherini, che chiede un percorso che porti ad elezioni democratiche, e appoggia l'assemblea parlamentare capeggiata da Guaidò. Non si tratta di un chiaro riconoscimento, ma indica una posizione favorevole al cambio di guardia. Con Guaidò il francese Macron, mentre lo spagnolo Sanchez evita un appoggio diretto e cerca una posizione comune a Bruxelles. Cauta pure l'Italia, con nuove divisioni nel Governo: Salvini contro Maduro, 5 Stelle prudenti e ostili all'attivismo di Macron.
24/1/2019
Procedura di infrazione contro l'Italia e altri 14 paesi sugli appalti pubblici e sulle concessioni: Bruxelles ha inviato lettere di messa in mora a Roma e ad altre capitali, tra cui Berlino, Londra e Varsavia, per non essersi conformati alle normative comunitarie in materia.
Gli Stati erano tenuti a recepire la nuova normativa nel diritto nazionale entro il 18 aprile di tre anni fa. Le lettere di messa in mora sono il risultato di un controllo di conformita' effettuato dalla Commissione Europea. Gli Stati hanno ora due mesi di tempo per rispondere alle argomentazioni, in caso contrario si passerà alla fase successiva della procedura, quella del parere motivato. Arriva intanto all'ultima tappa la procedura d'infrazione aperta contro l'Italia per le agevolazioni fiscali, concesse ai connazionali residenti all'estero sull'acquisto della prima casa non di lusso. Nel mirino sono finite anche le esenzioni Imu e gli altri sconti sulle tasse sugli immobili per i pensionati residenti oltreconfine. Da Bruxelles a Strasburgo, dove la Corte Europea dei Diritti Umani ha riconosciuto che l'Italia ha violato il diritto alla difesa di Amanda Knox durante l'interrogatorio del 6 novembre 2007, ma non ha ricevuto prove che confermino i maltrattamenti da parte della polizia durante lo stesso interrogatorio. La Corte ha condannato il nostro Paese a pagare 10mila400 euro per danni morali. La Knox, all'epoca la principale sospettata per l'omicidio di Meredith Kercher dal quale è stata poi assolta, ha contestato di essere stata interrogata per 53 ore in 5 giorni, senza un avvocato, in un linguaggio che non capiva.
23/1/2019
Nel giorno della firma con Emmanuel Macron del Trattato di Acquisgrana, la Germania lancia un segnale politico a chi -in Europa- ha deciso di schierarsi nel campo sovranista, in vista della complessa partita delle elezioni europee: Berlino è pronta a sfilarsi dalla missione europea Sophia, nata con l'obiettivo di smantellare le reti di trafficanti di essere umani nel Mediterraneo.
Una missione finita già al centro delle polemiche politiche nelle scorse settimane, quando il vicepremier Salvini contestò il fatto che solo i porti italiani siano considerati come sicuri per lo sbarco. La missione fu poi prorogata di soli tre mesi, fino a marzo, per guadagnare tempo ed aggiornarla con nuove regole, come -per esempio- la rotazione tra i porti di sbarco. "L'invio della nave Berlin nel Mediterraneo e' solo temporaneamente sospeso. Il mandato della missione sara'prolungato dall'Unione Europea a marzo, riteniamo che debba essere chiarito meglio quali sono i compiti della missione", ha confermato in serata un portavoce del Ministero della Difesa, aggiungendo che i rappresentanti tedeschi resteranno "nel quartier generale di Sophia". Secondo fonti del Governo Merkel la decisione sarebbe in realtà la naturale reazione di fronte alla linea dura mostrata dal Governo italiano nell'accoglienza dei migranti. In serata è giunta anche la replica di Salvini alle voci di un possibile ritiro della Germania - il vicepremier della missione Sophia non è mai stato un grande fan: "se qualcuno si fa da parte, per noi non è certo un problema".
22/1/2019
Alla fine sono state chiamate anche le Spice Girls a dare manforte alle sempre più contorte trattative sulla Brexit.
Prendendo spunto dalla hit Wannabe della GirlBand britannica, il portavoce della Commissione Schinas ha chiesto alla premier May di far sapere a Bruxelles cosa Londra voglia - o meglio, cosa davvero voglia. Questo, dopo che la Commissione ha ribadito l'ovvio, riaccendendo tensioni e timori. E cioè che senza intesa tornerebbero le barriere fisiche sul confine nordirlandese. Schinas ha confermato che l'Europa ha intensificato i preparativi per un divorzio senza intesa. Al di là della Manica Theresa May prosegue le sue consultazioni allargate su un piano B per la Brexit: prima ha riunito il Governo, poi ha convocato i dirigenti sindacali, e ha organizzato una teleconferenza con la Confindustria britannica. Il segretario per la Brexit Barclay ha avvertito i parlamentari di Westminster che puntano a ritardare la Brexit: una richiesta di rinvio potrebbe non venire automaticamente accettata da Bruxelles, che potrebbe chiedere prima chiarezza sui passi successivi. E' partita così la guerra degli emendamenti, in vista del voto di martedì: l'opposizione laburista ha sfidato la May, presentandone una serie che -qualora approvati- aprirebbero scenari alternativi, da una soft Brexit, fino ad un nuovo referendum, ipotesi sulla quale si starebbe finalmente orientando anche il leader Corbyn. Questo mentre la May siede su una polveriera: indiscrezioni di stampa parlano di una quarantina tra Ministri e sottosegretari pronti a dimettersi, qualora la premier non riuscisse ad evitare uno scenario di Brexit senza accordo.
21/1/2019
Un piano B ancora molto simile al piano A: la premier britannica Theresa May prende tempo, dopo l'umiliante bocciatura dell'intesa su Brexit - una settimana fa a Westminster.
"L'approccio del Governo doveva cambiare. Ed è cambiato", così ha esordito la May, senza però portare elementi che diradassero la nebbia intorno al dossier: sul principale punto di contesa, quello del confine nordirlandese, la premier non ha offerto novità, se non l'intenzione di aprire il più possibile i colloqui all'interno e all'esterno delle forze politiche, per trovare un'intesa che goda di un sufficiente appoggio parlamentare, e tornare a Bruxelles per negoziarla. Rassicurazioni anche sul coinvolgimento del Parlamento nella futura intesa post-Brexit. L'unica novità sostanziale, nella confusione imperante, è la cancellazione dell'odiata tassa di 65 sterline per i cittadini europei che faranno richiesta di un permesso di residenza permanente Oltremanica. Per il resto, un chiaro e reiterato "no" ad un secondo referendum su Brexit ed un ulteriore no, anche se meno granitico, ad un rinvio dell'uscita della Gran Bretagna. Se i ribelli Tory capeggiati da Boris Johnson e gli unionisti nordirlandesi del DUP sono sembrati cauti ma possibilisti sulla nuova strategia governativa, che sarà aperta a tutti gli emendamenti parlamentari prima del voto di martedì, l'opposizione è stata tagliente. Per il leader laburista Corbyn le aperture della May sono "una finzione", la premier Tory continua a "negare la realta'".
21/1/2019
E' un piano B che assomiglia molto al piano A, quello esposto nel pomeriggio dalla premier britannica Theresa May in Parlamento, dopo la clamorosa bocciatura dell'intesa su Brexit sei giorni fa.
Nella sostanza, la May ha chiuso ancora una volta ad un secondo referendum e ha rifiutato per ora l'ipotesi di un rinvio dell'uscita il 29 marzo. Ciò che avverrà a questo punto è che martedì prossimo Theresa May metterà sul tavolo una mozione neutrale su Brexit, alla quale i deputati britannici potranno aggiungere una serie di emendamenti. Questo dal punto di vista procedurale. Dal punto di vista dei contenuti, la May non ha offerto risposte concrete, ma è piuttosto sembrata prendere tempo: sulla questione del confine nordirlandese, non ha offerto soluzioni, ma ha garantito che continuerà le discussioni con i parlamentari, per ottenere il più ampio sostegno possibile a Westminster, e tornare poi a Bruxelles per riferire e negoziare. La May ha aggiunto che l'accordo di pace del Venerdì Santo non è in discussione. Ha poi garantito un maggiore coinvolgimento del Parlamento nella futura intesa di cooperazione tra Londra e l'Unione Europea. L'unica vera novità è così stata l'annuncio che l'odiata tassa da 65 sterline, che i cittadini europei avrebbero dovuto pagare per registrarsi come residenti permanenti nel periodo post-Brexit, verrà cancellata. Il leader laburista Corbyn è stato tagliente: le aperture della May sono "una finzione", la premier Tory continua a "negare la realta'". Drastica la reazione della CBI, la Confindustria britannica: "un altro giorno lugubre per il business", dice la direttrice Carolyn Fairbairn. Attendisti i Tory ribelli di Boris Johnson e gli unionisti nordirlandesi, cauti dopo il discorso della May.
21/1/2019
Grande attesa per la presentazione -oggi a Westminster- del cosiddetto "piano B" della premier britannica May sulla Brexit.
L'appuntamento è fissato per le 16.30 ora italiana. Theresa May presenterà una mozione che dovrebbe raccogliere alcuni emendamenti presentati dai parlamentari nei giorni scorsi: l'impressione, stando alle anticipazioni di stampa, è che il piano B sarà molto simile al piano A, bocciato sei giorni fa proprio dai Comuni. Il punto fondamentale sarebbe la richiesta di Londra all'Unione Europa di rimuovere l'ipotesi del backstop, o paracadute, nordirlandese, dall'intesa sulla Brexit. Come lo farà è tutto da vedere, considerato che sul punto Bruxelles è irremovibile e l'Irlanda non è aperta a trattative bilaterali. Mentre -senza questa vittoria- la May non riuscirebbe a riportare a bordo il partito degli unionisti nordirlandesi e buona parte dei 118 franchi tiratori interni al suo partito, i Tories, che martedì scorso l'hanno impietosamente impallinata. L'idea di poter teoricamente restare per sempre legati all'unione doganale con l'Europa non entusiasma ovviamente i Brexiteers più convinti. I laburisti controbatteranno con emendamenti che puntano a rinviare l'uscita dall'Unione e a dare una via prioritaria allo stesso Parlamento nei negoziati con Bruxelles, rimpiazzando di fatto il Governo. Così la settimana che si apre oggi e si chiuderà col voto del 29 gennaio sul piano B potrebbe essere un'altra settimana persa: uno dei più convinti sostenitori della Brexit, il conservatore Jacob Rees-Mogg, nemico della May, comincia a pregustare l'idea di un'uscita senza accordo il prossimo 29 marzo.
19/1/2019
Fa breccia a Berlino il messaggio europeista del presidente della Repubblica Mattarella, che ha rilanciato dalla capitale tedesca l'idea di Europa.
E' un messaggio in controtendenza, rispetto ai venti sovranisti e populisti che soffiano nel Continente, quello che lancia Mattarella, che incontra l'omologo tedesco Steinmeiere la cancelliera Merkel. "L'amicizia tra Italia e Germania e' molto grande", ha detto, prima di entrare nel cuore dei problemi continentali: le recenti parole del presidente della Commissione Juncker sull'uso eccessivo dell'austerity durante la crisi "hanno stimolato alcune riflessioni che e' giusto fare", ha osservato Mattarella, per poi toccare lo spinoso tema Brexit, e lanciare un appello a Londra, affinchè faccia chiarezza su come intende procedere. La visita presidenziale è giunta in un momento molto particolare, subito dopo l'approvazione del reddito di cittadinanza e quota 100: anche per questo la Merkel ha chiesto delucidazioni in proposito. Mattarella ha rassicurato la cancelliera sui saldi di bilancio, già vagliati da Bruxelles. La Merkel ha risposto con un atteggiamento dialogante: con l'Italia lavoriamo "in un clima di fiducia, apprezzo lo stile di Giuseppe Conte, molto pacato. Mi concentro su di lui, piuttosto che su quello che dicono i singoli ministri", avrebbe chiosato la cancelliera, con un riferimento indiretto ma evidente ai due vicepremier gialloverdi. Ultimo appuntamento berlinese con il presidente del Bundestag Schaeuble, che ha chiesto un impegno italiano nella futura difesa europea.
18/1/2019
E' un messaggio in controtendenza, rispetto ai venti sovranisti e populisti che soffiano nel Continente, quello che lancia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita a Berlino, dove incontra l'omologo tedesco Steinmeier e la cancelliera Merkel.
"L'amicizia tra Italia e Germania e' molto grande", ha detto Mattarella, prima di entrare nel cuore dei problemi europei: le recenti parole del presidente della Commissione Juncker, sull'uso eccessivo dell'austerity durante la crisi "hanno stimolato alcune riflessioni che e' giusto fare", ha osservato Mattarella, per poi toccare lo spinoso tema Brexit, e lanciare un appello a Londra. Da Steinmeier un messaggio di amicizia: "abbiamo bisogno dell'Italia, di un'Italia che dia un contributo all'Unione perche' sia pronta alle sfide, per affrontare il futuro. Sono fiero di avere al mio fianco un europeista italiano". La Merkel ha avuto un approccio più pragmatico, informandosi con lo stesso Mattarella sulle recenti riforme approvate dal Governo italiano - su tutte reddito di cittadinanza e quota 100. Mattarella ha rassicurato la cancelliera sui saldi di bilancio, mentre la Merkel mostrava un atteggiamento dialogante: con l'Italia lavoriamo "in un clima di fiducia, apprezzo lo stile di Giuseppe Conte, molto pacato. Mi concentro su di lui, piuttosto che su quello che dicono i singoli ministri", avrebbe chiosato la cancelliera, con un riferimento indiretto ma evidente ai due vicepremier gialloverdi.
18/1/2019
Downing Street prova a mettere a punto un complicato piano B sulla Brexit, mentre l'Europa si prepara al peggio: è su questi due binari paralleli che si è snodato il Day After della fiducia a Theresa May, con la premier impegnata a ricomporre il puzzle dell'intesa per il divorzio dall'Europa.
La May ha trascorso la giornata incontrando un ampio spettro di partiti, con l'esclusione del leader laburista Corbyn, al quale ha scritto per mandare due messaggi: è semplicemente impossibile escludere l'ipotesi di un divorzio senza accordo tra Londra e l'Europa, ma la porta resta aperta per parlarne. Downing Street intanto non indietreggia sulla data di uscita del 29 marzo, e provoca polemiche quando fa circolare un prospetto nel quale riporta che organizzare un secondo referendum popolare richiederebbe 15 mesi. Tanto tempo. Così restano solo due certezze: il piano B targato May dovrebbe approdare in Parlamento lunedì, per poi venire votato il 29 gennaio. Corbyn ha definito morta l'intesa raggiunta a novembre a Bruxelles, e ha chiesto alla May di abbandonare le sue linee rosse. Il boicottaggio laburista complica maledettamente gli sforzi della premier di costruire una maggioranza trasversale sul nuovo piano. In Europa si comincia così seriamente a fare i conti con la possibilità di una hard Brexit: il premier francese Philippe ha presentato un piano di emergenza. Previsti 50 milioni per porti e aeroporti. Anche la Germania si prepara, mentre Bruxelles vede aumentare le probabilità di un divorzio senza accordo.
17/1/2019
Il giorno dopo la fiducia, Theresa May si mette al lavoro con due date segnate in rosso sul calendario: quella di lunedì prossimo, quando presenterà l'atteso "piano B" sulla Brexit in Parlamento, e martedì 29 gennaio, quando Westminster dovrebbe votarlo.
Downing Street mantiene il punto, smentendo che la Gran Bretagna punti ad un rinvio dell'uscita dall'Unione - fissata per il 29 marzo, anche qualora fosse Bruxelles ad offrirla. In questo clima proseguono i colloqui della premier May con le forze politiche, iniziati subito dopo la fiducia e proseguiti per tutta la giornata: la May ha incontrato quasi l'intero spettro politico parlamentare, tranne il leader laburista Corbyn, tuttora inamovibile sulla precondizione che ha posto per vederla. Togliere l'opzione del no deal, del mancato accordo, dal tavolo. Corbyn ha definito morta l'intesa raggiunta a novembre a Bruxelles, e ha chiesto alla May di abbandonare le sue linee rosse. Il Governo britannico sta pure affossando l'idea di un secondo referendum sulla Brexit, facendo circolare informazioni sulla tempistica necessaria: ci vorrebbe un anno. In tutto questo uno dei nodi da sciogliere in vista del piano B appare l'unione doganale con l'Europa: la May appare stretta a sandwich tra chi la vuole mantenere e chi la vuole eliminare. Proprio in Europa si comincia seriamente a fare i conti con la possibilità di una hard Brexit: il premier francese Philippe ha presentato un piano di emergenza. Previsti 50 milioni di euro per porti e aeroporti. Anche la Germania si prepara, mentre Bruxelles vede aumentare le probabilità di un divorzio senza accordo.
16/1/2019
Un'altra giornata campale per la Brexit, quella odierna, dopo l'affossamento ieri sera dell'intesa a Westminster. I riflettori si sono accesi in mattinata su Strasburgo, dove ilcaponegoziatore europeo Michel Barnier ha parlato alla plenaria dell'Europarlamento.
Barnier ha detto no a una rinegoziazione dell'accordo di divorzio sancito a novembre. Su questo c'è sintonia con il vicepresidente della Commissione Timmermans. "A dieci settimane" dal 29 marzo, "non e' mai stato cosi' elevato il rischio di un'uscita senza accordo, ha avvertito Barnier, secondo cui nessuno scenario puo' essere escluso. Di qui la richiesta a Londra di chiarire cosa intende fare adesso. Sia Barnier sia il leader liberale Verhofstadt hanno aperto ad un rinvio della Brexit, per guadagnare tempo, a condizione però che il nuovo termine non superi la metà di maggio, cioè prima delle elezioni europee. A livello di capitali, da segnalare la prima reazione della cancelliera tedesca Merkel: "abbiamo ancora tempo per trattare, ma adesso la premier britannica deve fare una proposta". Londra mantiene le bocce ferme, in attesa del voto di fiducia stasera sul Governo May: la Ministra Andrea Leadsom ha dichiarato che l'esecutivo non ha per ora in programma di chiedere un rinvio dei termini della Brexit. E se il leader laburista Corbyn punta tutto sulla sfiducia e su nuove elezioni, monta la fronda interna al partito per forzare la mano su un secondo referendum: oltre 70 deputati laburisti hanno firmato una petizione in questo senso. Alle 20 italiane di stasera il voto di fiducia: al momento le chances della May di rimanere premier appaiono considerevoli, ma non è detto che lo resterà nei prossimi mesi. Da domani si tornerà a negoziare tra Londra e Bruxelles.
16/1/2019
L'atteso risultato del voto di Westminster getta l'intero processo della Brexit nel caos, a poco più di 70 giorni dalla data fissata per l'uscita di Londra dall'Unione Europea.
Il primo test sarà stasera, per capire se Theresa May continuerà ad essere l'interlocutore di Bruxelles a Downing Street. Non è una questione da poco. Qualora cadesse il Governo May e i Tories riuscissero a formare un altro esecutivo non è da un escludere un premier meno incline al compromesso. Qualora invece si andasse a nuove elezioni, il processo della Brexit dovrebbe inevitabilmente venire congelato, in attesa di un Governo pienamente operativo. Che magari potrebbe, se più europeista, indire un nuovo referendum, come chiede una parte dell'opinione pubblica britannica. Nel caso la May restasse al timone il quadro si manterrebbe fumoso: le reazioni a caldo di Bruxelles ieri sera, in particolare quelle del presidente della Commissione Juncker e del caponegoziatore Barnier, rilanciavano la palla nel campo britannico. "Londra chiarisca la sua posizione, ora", questo il messaggio comune. Ragionamento logico: se la Gran Bretagna straccia l'intesa sottoscritta, sta a lei proporre cosa fare ora. La prova dei fatti potrebbe rivelarsi più complessa, però: l'unica opzione rimasta alla premier britannica, che entro lunedì deve presentare un piano B in Parlamento, è riaprire i contenuti dell'intesa e fornire rassicurazioni concrete sui punti più controversi, in particolare quello nordirlandese. Un asso nella manica ce l'ha: la minaccia di un'uscita di Londra senza accordo a fine marzo. Muoia Sansone con tutti i filistei. Una manciata di scenari possibili, dalla no Brexit alla hard Brexit, passando per rinvio dell'uscita, elezioni e nuovo referendum, che insieme significano una sola cosa: massima incertezza.
16/1/2019
La sconfitta più pesante per un esecutivo britannico arriva quando in Italia non sono ancora le 21, con una buona mezz'ora di anticipo sul previsto.
432 deputati votano contro l'intesa sottoscritta dalla premier May a Bruxelles a novembre, facendo deragliare l'intero processo di uscita della Gran Bretagna dall'Unione. Solo 202 i voti favorevoli, in quella che si rivela essere la più catastrofica sconfitta di un esecutivo britannico nella storia parlamentare degli ultimi 100 anni. Theresa May, contraddicendo i pronostici che la davano dimissionaria in caso di debacle, lancia il guanto di sfida all'opposizione laburista, che stamattina presenterà la mozione di sfiducia contro il Governo. Mozione sulla quale si voterà stasera: per paradosso, ma neppure troppo, la May potrebbe farcela - gli unionisti nordirlandesi, da cui dipende l'esecutivo, hanno annunciato che la sosterranno. Qualora la premier superasse il voto parlamentare, tornerà a Bruxelles per cercare una nuova intesa e ottenere ulteriori concessioni, rilanciando la palla nella metà campo europea e minacciando un'uscita disordinata di Londra. Tutte le opzioni restano però aperte, incluse nuove elezioni, il rinvio della Brexit e un secondo referendum. Da Bruxelles arrivano reazioni preoccupate: "con rammarico prendo nota del risultato del voto, da parte europea il processo di ratifica dell'accordo di recesso prosegue", scrive il presidente della Commissione Juncker, secondo cui "il rischio di un'uscita disordinata e' aumentato". "Una brutta notizia", così definisce il voto londinese il presidente dell'Europarlamento Tajani, mentre il presidente europeo Tusk lascia filtrare il suo desiderio, senza dirlo apertamente. Il ritiro della Brexit.
15/1/2019
Ore di forte tensione a Westminster, dove tra qualche minuto la premier britannica Theresa May lancerà il suo ultimo appello ai deputati, per vincere una sfida che appare -al momento- impossibile. Ottenere il via libera all'intesa siglata con l'Unione Europea sulla Brexit.
Le previsioni sono terribili, per lei: nonostante isolati ripensamenti delle ultime ore a suo favore, le stime indicano solo 200 deputati a sostegno dell'intesa e 424 contrari, con una quindicina di indecisi. Se così fosse, la premier britannica andrebbe incontro alla più clamorosa disfatta di un Governo nella storia parlamentare, superiore a quella del premier laburista Ramsay MacDonald, che nel 1924 perse con 166 voti di scarto. Il Governo ha provato a giocare le sue ultime carte: secondo l'attorney general Geoffrey Cox, il piano B sulla Brexit non potra' essere altro che una nuova versione del piano A. Downing Street promette intanto una risposta rapida a Westminster. Tra un'ora inizieranno le operazioni di voto: prima su quattro emendamenti, uno dei quali a firma del leader laburista Corbyn, poi -tra le 21 e le 22 italiane- sull'intesa vera e propria. Per misurare il termometro delle possibili conseguenze occorre osservare i movimenti a Bruxelles: il presidente della Commissione Juncker è rientrato da Strasburgo nella capitale belga per seguire le evoluzioni ed essere pronto ad incontrare -eventualmente- la premier britannica. Si parla anche di una riunione stasera a Strasburgo tra il caponegoziatore europeo Barnier e gli eurodeputati del comitato Brexit.
15/1/2019
Un voto, molteplici esiti possibili: quando -a tarda sera- i deputati britannici si saranno espressi sull'intesa relativa alla Brexit, uno solo dei due risultati porterà ad un sentiero certo.
L'altro, scoperchierà il vaso di Pandora delle mille soluzioni possibili. Andiamo per gradi: qualora Londra votasse sì all'accordo, la Gran Bretagna uscirà nella notte tra il 29 e il 30 marzo dall'Unione, sulla base delle procedure concordate, con un periodo di transizione di 21 mesi. Full stop. Qualora invece Westminster, come tutto lascia prevedere, votasse contro l'accordo, tutto diventerà possibile. In primis, occorrerà valutare la portata della sconfitta di Theresa May: se limitata a 50 o 100 voti, rappresenterebbe sì una batosta, ma potrebbe consentirle di andare a Bruxelles e chiedere cambiamenti sostanziali all'intesa, per presentare un piano B in Parlamento -in teoria dovrebbe farlo entro venerdì- e portare a casa il risultato con una seconda votazione, magari a febbraio. Una disfatta con 200 voti di scarto, invece, porterebbe verosimilmente alla caduta dell'esecutivo. Forse anche a nuove elezioni, qualora i Tories non riuscissero a trovare un nuovo leader e una nuova intesa con la loro attuale stampella parlamentare, gli unionisti nordirlandesi. Il paradosso, in tutto questo, è che senza una correzione di rotta nel caos prodotto dall'eventuale caduta dell'esecutivo, si andrebbe dritti verso lo scenario più catastrofico per tutti. L'uscita di Londra senza accordo. Sullo sfondo, restano altre opzioni: un rinvio della Brexit a dopo il 29 marzo, sempre che l'Europa accetti e che avvenga prima di maggio, per evitare un corto circuito con le elezioni europee. Oppure un secondo referendum. Senza escludere il finale a sorpresa, il più improbabile - ma non per questo impossibile. Lo stop alla Brexit.
15/1/2019
318 deputati: è la soglia magica di cui ha bisogno la premier britannica May per vincere stasera la battaglia sulla Brexit.
Missione impossibile, stando alle previsioni catastrofiche della vigilia: stime dei media parlano di soli 195 deputati favorevoli all'intesa raggiunta con l'Europa, con oltre 420 contrari e una ventina di indecisi. Un deputato conservatore su tre tradirebbe la May, votando con l'opposizione, esattamente come i dieci parlamentari unionisti nordirlandesi. A meno di miracoli, il destino della premier appare segnato. A quel punto occorrerà solo mettersi a contare i voti di scarto: con previsioni del genere, potrebbe pure finire la sua era a Downing Street. Theresa May ieri ha avvertito: fermare la Brexit significherebbe sovvertire la democrazia. Ma il suo discorso a Westminster, prima di incontrare a porte chiuse i suoi deputati, non ha offerto novità sostanziali. L'asso non è stato calato: solo la fumosa garanzia che le rassicurazioni europee sulla temporaneità dell'intesa paracadute sul confine nordirlandese hanno valore legale. Poco prima da Bruxelles era arrivata la lettera che metteva nero su bianco come il contestato meccanismo di backstop entrera' in vigore "solo se strettamente necessario". Il leader laburista Corbyn ha replicato duramente: "lo scambio di lettere con Bruxelles non cambia nulla, e non ha un vero valore legale", ha detto, auspicando "la bocciatura della ratifica, nuove elezioni e un nuovo Governo".
14/1/2019
Fermare la Brexit significherebbe un sovvertimento della democrazia. La premier britannica Theresa May torna a giocare d'attacco, alla vigilia del cruciale voto in programma domani a Westminster sull'intesa con Bruxelles.
"Date una seconda occhiata all'intesa, non è perfetta ed è un compromesso", ha arringato la May i deputati, ricevendo però reazioni soprattutto di contestazione. Il suo discorso non ha portato sostanziali novità. Lei stessa in mattinata aveva provato a spaventare i sostenitori dell'uscita britannica dall'Unione: "nessuna Brexit è più probabile di un'uscita senza accordo". Nel discorso in Parlamento, la May ha garantito che le rassicurazioni europee relative alla temporaneità dell'intesa paracadute sull'Irlanda hanno valore legale. Ma ha ammesso che Londra non potrà uscire in modo unilaterale dall'intesa. Oggi il presidente europeo Tusk e quello della Commissione Juncker hanno inviato una lettera a Downing Street, garantendo che il contestato meccanismo di backstop entrera' in vigore "solo se strettamente necessario". Il leader laburista Corbyn ha replicato a muso duro alla premier: "lo scambio di lettere con Bruxelles "non cambia nulla", e non ha un vero valore legale", ha detto, auspicando la bocciatura della ratifica, nuove elezioni e "un nuovo Governo". Intanto tira una brutta aria per la May: il vicecapogruppo Tory alla Camera, Johnson, ha annunciato le sue dimissioni per poter votare contro l'intesa su Brexit. Le previsioni sul voto di domani non sono ottimistiche per la premier.
12/1/2019
Tensione elevata, a Parigi e nel resto della Francia, per il nono atto delle manifestazioni di protesta dei gilet gialli. Il timore è che -dopo le violenze di una settimana fa- il livello di partecipazione e mobilitazione possa ritornare al periodo prenatalizio, quando furono quasi 70mila i manifestanti a scendere in piazza nel Paese.
Il Ministro dell'Interno Castaner ha avvertito: "chi intende manifestare nelle città dove si produrranno violenze sappia che ne sarà complice". 80mila gli agenti che veglieranno sulla sicurezza oggi, cinquemila dei quali nella sola Parigi. Non trattandosi di manifestazioni autorizzate, è impossibile sapere con precisione dove avranno luogo le proteste. Tutto sembra indicare che la capitale Parigi tornerà ad essere presa di mira - circolano voci su una concentrazione nel quartiere de La Defense, ma la novità potrebbe essere rappresentata da una grande manifestazione nel centro geografico della Francia, a Bourges. La prefettura locale ha vietato ogni manifestazione nel centro storico, ma gli abitanti sono preoccupati da un'invasione violenta e hanno deciso di bloccare le attività odierne. Il presidente Macron prova intanto il contropiede, avviando un grande dibattito nazionale: dopodomani pubblicherà una lettera ai francesi, e dal 15 gennaio al 15 marzo il Paese vedrà un fiorire di forum a livello locale sul modello dei townhalls americani, per affrontare le questioni alla base delle proteste dei gilet gialli.
12/1/2019
Quattro priorità sotto il motto "Coesione, un valore comune europeo". La presidenza rumena, già controversa ancor prima di iniziare, dopo gli attacchi dello stesso presidente della Commissione Juncker a cavallo di Capodanno, punta su quattro obiettivi.
Il primo, la convergenza: Bucharest intende fare progressi sui negoziati relativi al prossimo bilancio settennale dell'Unione, rafforzare il pilastro dei diritti sociali, approfondire l'unione economico-monetaria - settore in cui si procede al rallentatore, e promuovere ricerca e sviluppo. Secondo obiettivo: la sicurezza, tra lotta al terrorismo e protezione dai cyberattacchi - non dimentichiamoci che proprio sotto presidenza rumena si terranno le elezioni europee, e il timore di interferenze esterne è decisamente alto. Anche il dossier migranti ricade in questa casella: qui però Bucharest evita obiettivi ambiziosi, limitandosi a disegnare una politica migratoria sostenibile ed efficace. Terzo obiettivo l'Europa come attore globale: qui ricade il rafforzamento della difesa comune in cooperazione con la Nato, insieme al potenziamento dell'allargamento, con Albania e Macedonia pronte ad avviare i negoziati, e l'importante agenda commerciale, resa complicata dall'atteggiamento americano sui dazi. Infine, quarto obiettivo: i valori comuni. Lotta a fake news, razzismo, populismo e intolleranza, insieme alla difesa della parità di genere. Quattro obiettivi per un libro dei sogni che -difficilmente- si trasformerà interamente in realtà. Alla Romania l'onere di smentire le profezie più negative circolate fin qui sulla sua presidenza.
9/1/2019
Occhi puntati su Bruxelles, per il possibile epilogo della crisi migratoria delle navi Sea Eye e Sea Watch, in mare da due settimane e mezzo con 49 richiedenti asilo a bordo.
Questo mentre la questione riaccende le tensioni all'interno del Governo gialloverde. Il punto stampa del Commissario Europeo titolare del dossier, il greco Avramopoulos, potrebbe tradursi oggi nell'annuncio della soluzione alla crisi. I progressi decisivi sono emersi ieri sera, quando sia la Francia con l'Eliseo, sia la Germania con il Ministro dell'Interno Seehofer, hanno fatto trapelare la disponibilità ad accogliere 50 profughi a testa. A loro si aggiungerebbe il Portogallo con altri 10, più Lussemburgo ed Olanda, sei a testa. Pure Irlanda e Romania sarebbero della partita. Sommando le disponibilità si resta comunque lontani dai quasi 300 migranti complessivi che Malta intende ricollocare - 249 sbarcati sull'isola a dicembre. Per questo Bruxelles starebbe puntando a redistribuire tra i Paesi membri solo le persone in possesso di requisiti certi per l'asilo - per gli altri si profilerebbe il rimpatrio. L'Europa per ora non si sbilancia sul ruolo dell'Italia: proprio a Roma è riesplosa la polemica a distanza tra il premier Conte e il vice Salvini. Il premier esprime delusione verso l'Europa e chiede una svolta forte sul dossier migranti, che passi per un meccanismo di gestione comunitario. "Non cambio e non cambiero' mai idea: nessuno "arrivera' mai con il consenso mio e della Lega", ribatte Salvini, che promette: "nessuno strappo alle regole, in caso contrario altri si assumeranno la responsabilità".
8/1/2019
Si profila una possibile soluzione, dopo due giorni di trattative serrate, per i 49 migranti a bordo delle navi Sea Eye e Sea Watch, in mare da quasi tre settimane.
Secondo fonti diplomatiche comunitarie, sia la Francia sia la Germania si sarebbero dette disponibili ad accogliere 50 richiedenti asilo a testa, che si andrebbero ad aggiungere ai 10 che potrebbero prendere la strada del Portogallo, e ai 6 per i quali si sono dati disponibili Lussemburgo ed Olanda. A conti fatti, però, siamo ancora lontani dalla richiesta maltese, che somma ai 49 in mare gli altri 249 arrivati sull'isola a dicembre, per un totale di quasi 300: per questo, per sbloccare una situazione ormai insostenibile anche a livello mediatico, a causa della pioggia di critiche che stanno piovendo sull'Europa, Bruxelles starebbe pensando di trasferire solo chi -tra i migranti in mare o quelli già accolti a Malta - ha effettive possibilità di vedersi accolta la richiesta di asilo. Gli altri dovrebbero essere rimpatriati. Resta -in tutto questo- il rebus Italia: di fronte ai dissidi interni al Governo Bruxelles preferisce non pronunciarsi su quanti migranti Roma potrebbe eventualmente accogliere, mentre dalla Germania è arrivata la rassicurazione diretta del Ministro dell'Interno Seehofer, in merito al numero di 50 migranti che Berlino sarebe pronta ad accogliere - "trovo che questa sia una sana valutazione tra la gestione della migrazione e l'atto umanitario", ha detto Seehofer. L'ipotesi più probabile al momento è che si continui a trattare con un asse diretto tra Bruxelles e le capitali fino a domani mattina: a ora di pranzo il Commissario all'Immigrazione Avramopoulos potrebbe annunciare la soluzione dell'ennesima crisi.
8/1/2019
Il braccio di ferro sui migranti procede senza offrire soluzioni di sorta sulla possibile redistribuzione dei 49 profughi ancora a bordo delle navi Sea Eye e Sea Watch, in mare al largo di Malta da oltre due settimane.
Si tratta della più grave crisi umanitaria dopo quello della Nave Diciotti. In quel caso fu però risolta in una decina di giorni. Ora no: nonostante le disponibilità fin qui dimostrate, con un'Italia divisa e titubante, e Germania, Francia, Olanda e Portogallo che offrono la loro disponibilità, Bruxelles continua a mediare, per sbloccare la situazione. Ma si percepisce -chiaramente- la stanchezza di una continua ricerca di soluzioni ad hoc, per l'incapacità di renderle strutturali. Sulla sorte dei migranti a bordo della Sea Watch e della Sea Eye "proseguiamo i contatti intensi con gli Stati membri", ieri nella riunione degli ambasciatori dei 28 ci sono state "discussioni costruttive", la posizione della Commissione resta che "gli Stati devono ora mostrare solidarieta' concreta e le persone a bordo devono essere sbarcate in sicurezza e senza ulteriore ritardo": cosi' il portavoce Schinas, che aggiunge. "Alcuni Stati hanno espresso la volonta' di contribuire a questo sforzo comune e ora continuano i contatti". Stallo totale, insomma, che provoca la reazione indignata di Gorden Isler, dirigente di Sea Eye: "è indegno, vergognoso che si tratti sulle singole persone. Si ha l'impressione di un tavolo di poker sui destini della gente. Leggo che nove Stati avrebbero dato la disponibilita' ad accogliere, ma non basta", ha sferzato Isler.
8/1/2019
Mentre il Governo francese cerca di riportare ordine nelle proteste dei gilet gialli, dopo il riacutizzarsi -sabato- delle violenze, rimbalza Oltralpe la notizia del sostegno dei due vicepremier gialloverdi alla protesta. "Gilet gialli, non mollate!", ha scritto il vicepremier pentastellato Di Maio, che ha offerto supporto logistico al movimento di protesta transalpino, con la piattaforma Rousseau.
"Sostegno ai cittadini perbene che protestano contro un presidente che governa contro il suo popolo, ma ferma condanna di ogni episodio di violenza", gli ha fatto eco l'altro vicepremier Salvini. Messaggio simile, ma obiettivi diversi: se la Lega lancia la sfida al nemico designato Macron in vista del match decisivo delle elezioni europee, i 5 Stelle puntano ad estendere fino in Francia il loro esperimento politico, garantendosi potenziali alleati all'interno del prossimo Europarlamento. Proprio ieri Jacline Mouraud, ex-portavoce dei Gilet Gialli, nonché rappresentante dell'ala moderata del movimento, ha annunciato di lavorare alla creazione di un proprio partito. Si chiamerebbe "Gli 'Emergenti'. Ho reagito male", ha intanto dichiarato in un video postato online l'ex-campione di pugilato Cristophe Dettinger - video girato prima di costituirsi. Mischiando una improbabile difesa di classe con attacchi contro l'elite di Governo, Dettinger ha sostanzialmente confessato di aver aggredito gli agenti come reazione all'uso di lacrimogeni. E ha invitato i compagni di lotta a non mollare.
7/1/2019
Rimbalza fino in Francia la notizia dell'inatteso sostegno dei due vicepremier gialloverdi ai gilet gialli, nel giorno in cui Cristophe Dettinger, il pugile accusato di aver picchiato due poliziotti sabato a Parigi, si è costituito ed è stato posto in stato di fermo.
"Gilet gialli, non mollate!", ha scritto il vicepremier pentastellato Di Maio, che ha offerto supporto logistico al movimento di protesta transalpino, con la piattaforma Rousseau. "Sostegno ai cittadini perbene che protestano contro un presidente che governa contro il suo popolo, ma assoluta, ferma e totale condanna di ogni episodio di violenza", ha fatto eco poco dopo l'altro vicepremier Salvini. Stesso messaggio, obiettivi diversi: se la Lega lancia la sfida al nemico designato Macron in vista del match decisivo delle elezioni europee, i 5 Stelle puntano ad estendere alla Francia il loro esperimento politico basato sul web, garantendosi potenziali alleati all'interno del prossimo Europarlamento. Non è forse un caso che nelle ultime ore Jacline Mouraud, ex-portavoce dei Gilet Gialli, rappresentante dell'ala moderata del movimento, annuncia di lavorare alla creazione di un proprio partito. Si chiamerebbe "Gli 'Emergenti'. "Ho reagito male", ha intanto dichiarato in un video postato online il pugile Dettinger, girato prima di costituirsi. Mischiando una improbabile difesa di classe con attacchi contro l'elite al Governo, Dettinger ha sostanzialmente confessato di aver aggredito gli agenti come reazione all'uso di lacrimogeni. E ha invitato i compagni di lotta a non mollare.
7/1/2019
Otto giorni per salvare l'accordo: martedì 15 gennaio si profila come il D-Day del voto parlamentare di Westminster, quando i parlamentari britannici dovranno approvare o respingere il testo dell'intesa siglata a fine novembre tra Londra e il resto dell'Europa, per un'uscita concordata dall'Unione il prossimo 29 marzo.
Al momento le previsioni suggeriscono un "no" parlamentare alla Brexit, che getterebbe l'intero processo nel caos, ma -sottotraccia- procedono le trattative riservate da parte della premier May, che ieri ha lanciato un appello dalla BBC, per salvare il salvabile e convincere i deputati a seguirla. Oltre 200 parlamentari hanno firmato una petizione per chiedere proprio alla May di togliere dal tavolo l'opzione di un "no deal", un non accordo, che provocherebbe un'uscita disordinata del Regno Unito dall'Unione. I primi preparativi per affrontare questa eventualità sono partiti oggi, con una esercitazione che ha visto coinvolti 100 tir nel Kent, per testare un ipotetico caos trasporti a fine marzo. E secondo un recente rapporto, le aziende di servizi finanziari avrebbero spostato negli ultimi due anni e mezzo quasi 800 miliardi di sterline in assets da Londra verso l'Europa, proprio a causa dell'incertezza sollevata dalla Brexit. Lato Bruxelles, la Commissione Europea ha ribadito per l'ennesima volta che l'intesa sottoscritta nel vertice europeo straordinario non è rinegoziabile. Dopodomani riprende l'iter parlamentare a Westminster per votare l'accordo sulla Brexit. Si annuncia una settimana di fuoco.
7/1/2019
Il countdown verso il cruciale voto parlamentare sulla Brexit, previsto tra otto giorni, obbliga la premier britannica May a lanciare un appello dagli schermi BBC: un voto negativo a Westminster porterebbe la Gran Bretagna in acque inesplorate, ha dichiarato la May, prima di aggiungere: "non lasciate che la ricerca della Brexit perfetta porti ad una non Brexit".
La premier ha aggiunto che a breve annuncerà cambiamenti sull'accordo già siglato con l'Europa: riguarderanno l'Irlanda del Nord, il ruolo del Parlamento nei negoziati per la partnership futura con l'Europa, e la clausola paracadute relativa all'Ulster. Difficile prevedere quali, considerato che fin qui il messaggio giunto da Bruxelles è stato di chiusura a cambi significativi sull'intesa sottoscritta a fine novembre. Nè le vacanze di Natale sembrano aver fatto cambiare idea ai parlamentari di Sua Maestà: il rischio concreto resta che il voto di Westminster -rinviato a metà dicembre per evitare una sicura sconfitta- si confermi una Caporetto governativa a metà gennaio. Anche per questo la May non esclude di chiedere una ripetizione del voto parlamentare, escludendo a priori che si possa votare per un secondo referendum prima del 29 marzo, giorno della Brexit. Un referendum che ha chiesto a gran voce Peter Mandelson, uno dei personaggi più influenti del laburismo blairiano. Dietro le quinte proprio i laburisti, insieme ad un gruppo eterogeneo di deputati, preparano uno shutdown in salsa britannica, puntando a far passare due emendamenti alla legge di bilancio che di fatto legherebbero le mani al Tesoro, impedendogli spese straordinarie nel caso di un'uscita senza accordo.
2/1/2019
L'anno delle incertezze. Il 2019 europeo si apre con un calendario ricco di sfide, al netto dei naturali imprevisti che si presenteranno nel corso dei prossimi dodici mesi.
La prima incertezza è paradossalmente rappresentata dalla presidenza di turno comunitaria, appaltata alla Romania: con impeccabile tempismo, il sistema rotatorio previsto a Bruxelles ha messo al timone dell'Europa il Paese al momento peggio governato dell'intera Unione, con un Governo discreditato da ombre di corruzione, nonchè in rotta con le istituzioni comunitarie. E -dulcis in fundo- precipitato nel ridicolo per il drammatico ritardo nei preparativi della presidenza semestrale europea. Una presidenza più controversa non poteva esserci, in un semestre così cruciale per le sorti future dell'Unione. Semestre che vedrà il climax in primavera, con due appuntamenti: Il primo è laBrexit: sull'uscita della Gran Bretagna dall'Unione permane un gigantesco punto di domanda, frutto di una scriteriata gestione del dossier da parte della premier britannica May, che sul finire del 2018 è riuscita a scontentare praticamente tutti, sia in casa propria sia a Bruxelles - l'animata discussione con il presidente della Commissione Junckerall'ultimo Consiglio Europeo ne costituisce la plastica rappresentazione. Anche qui, come in Romania, sembra ripetersi il caso del leader sbagliato al momento sbagliato. A maggio l'altro grande appuntamento dell'anno: le elezioni europee. La macchina è partita: la sfida, annunciata, sarà tra europeisti da una parte e sovranisti-populisti dall'altra. All'interno di questi due schieramenti, le variabili delle alleanze: riuscirà il centrosinistra europeista a preparare un fronte comune? O si frantumerà? Con chi si alleerà il francese Macron? E dall'altra parte, quella della destra populista: quanto partiti portatori di istanze così diverse e spesso in conflitto tra loro, saranno in grado di offrire un fronte unito non solo nella prevedibile apparenza, ma nella ben più complicata sostanza? Una cosa è quasi certa, al netto della prevedibile drammatizzazione elettorale: il prossimo Europarlamento continuerà ad avere una maggioranza filoeuropeista. Infine, tenete d'occhio le elezioni in Grecia e Polonia. Non si mai.
29/12/2018
Crisi immigrazione in Gran Bretagna, dove -nonostante le basse temperature- sempre più profughi tentano la traversata via mare. E se la nave di Open Arms è riuscita ad attraccare in Spagna, prosegue l'odissea nel Mediterraneo della Sea Watch.
Allarme immigrazione in Gran Bretagna, dove gli ultimi due mesi hanno fatto registrare un forte incremento nel numero di migranti che attraversano lo Stretto della Manica a bordo di piccole imbarcazioni. Oltre 200 quelli che si stima abbiano tentato la traversata: l'ultima dozzina è stata fermata nei pressi di Dover ieri mattina. Il Ministro dell'Interno britannico Sajid Javid ha dichiarato la crisi come "incidente maggiore", mettendo in moto una procedura che lo vedrà alla testa di una strategia per gestire l'emergenza e preparare una risposta. Lo sguardo di Londra si è così rivolto alla Francia, da cui partono queste imbarcazioni di migranti: molti di loro sono iraniani. Approfitterebbero di un recente schema di ingresso senza visti in Serbia per poi prendere la rotta di Londra. E molti di loro presentano chiari segni di ipotermia, considerate le basse temperature, al punto che le autorità britanniche temono che prima o poi ci saranno le prime vittime. Anche nello Stretto, esattamente come nel Mediterraneo, il traffico è in mano alla criminalità organizzata: per questo il Ministro dell'Interno britannico avrà un colloquio urgente con l'omologo francese. Intanto si è conclusa, dopo sette giorni di navigazione, la traversata dei 311 migranti soccorsi al largo della Libia dalla nave dell'ong spagnola Proactiva Open Arms. Raccolti da tre carrette del mare il 21 dicembre, sono sbarcati adAlgeciras, in Spagna, dopo che Italia, Malta, Francia e Tunisia hanno chiuso i loro porti.
28/12/2018
A Fiesole, a maggio, il presidente della Repubblica Mattarella lanciò così il proprio avvertimento all'Europa, da un'Italia che -solo due mesi prima- aveva maggioritariamentevotato due partiti considerati -a Bruxelles- appartenenti alla famiglia nazionalpopulista.
Proprio l'Italia ha rappresentato, nel 2018, il caso politico continentale - il successivo Governo gialloverde avrebbe avviato -tra giugno e fine anno- un confronto serrato con l'Europa, tanto sulla manovra quanto su altri fronti, quali l'immigrazione. Un confronto che in alcuni frangenti si è trasformato in conflitto aperto. Fino a quando, a fine anno, la Realpolitik si è fatta strada anche a Roma, innescando la marcia indietro del Governo. Italia a parte, il 2018 è stato l'anno della contrapposizione tra europeisti e sovranisti: questi ultimi si sono aggiudicati le elezioni ungheresi ad aprile. Il premier Orban, simbolo del nazionalsovranismo dell'Est Europa, ha vinto senza troppi patemi, confermandosi padre-padrone della fragile democrazia magiara. Caso diverso la Germania, dove l'europeismo e il sovranismo si sono apertamente confrontati nelle elezioni dei Laender di Bavera ed Assia. In realtà, in questo caso, a far scalpore è stato il successo dei Verdi, partito che -unendo ecologia ed europeismo- è riuscito a ottenere risultati straordinari, piazzandosi alle spalle della Cdu e relegando l'estrema destra anti-europeista dell'Afd a ruolo di attore comprimario tra i partiti-rivelazione. La strada tedesca insegna insomma all'Europa che -seppure il populismo e ilsovranismo restino minacce reali per l'integrazione- una forte dose di europeismo nei programmi elettorali, non di maniera ma di sostanza, può portare a successi insperati. Il 2018 si è chiuso con il caso Spagna. Un'altra elezione regionale, questa volta in Andalusia, ha portato per la prima volta in un Parlamento locale l'estrema destra di VOX di Santiago Abascal, che state ascoltando. Madrid, fino ad allora immune dal virus nazionalpopulista di destra, tradizionalmente incanalato nella destra istituzionale del PP, rivive brividi dimenticati, di un passato che porta un nome e un cognome precisi: Francisco Franco. La sua ombra pesa ancora sulla giovane democrazia iberica.
21/12/2018
Giornata ad altissima tensione a Barcellona, dove l'arrivo del Governo spagnolo ha risvegliato le mai sopite tensioni indipendentiste catalane..
L'esecutivo Sanchez ha deciso di tenere la riunione prenatalizia nel centro della capitale catalana, nei pressi della Barceloneta: l'area è stata completamente blindata dalla polizia, ma le proteste dei CDR, i Comitati per la Difesa della Repubblica Catalana, hanno infiammato la città e le principali autostrade della comunità. Scontri e cariche si sono verificati sulla Rambla, nella centrale Via Laietana e nelle zone di Parallel e Drassanes. Dodici persone sono state fermate, 51 i feriti. Le proteste sono state successivamente sospese, in vista della grande manifestazione indipendentista organizzata per la serata. Ad un anno esatto dalle drammatiche elezioni catalane, seguite al commissariamento della Generalitat dopo la dichiarazione di indipendenza dell'ottobre 2017, la questione indipendentista è ancora lontana da una soluzione, con politici e attivisti catalani tuttora detenuti in prigione preventiva e in attesa di giudizio. Il premier Sanchez e il presidente catalano Torra si sono impegnati ad avviare un dialogo effettivo, per risolvere la crisi - Madrid ha lanciato segnali, riabilitando e onorando due storici presidenti catalani come Tarradellas, che darà il nome all'aeroporto, e Companys. Troppo poco, per il Govern catalano, che esige di poter svolgere un referendum concordato sull'autodeterminazione.
14/12/2018
La manovra è stata quasi certamente al centro del bilaterale tra il premier Conte e la cancelliera tedesca Merkel questa mattina - Conte si è limitato a dire che il meeting è andato bene.
Per il resto, il vertice che si avvia alla conclusione a Bruxelles riserva poche sorprese: nel menù del mattino la crisi immigrazione, dove non si attendono decisioni significative. A tenere banco anche oggi la questione Brexit: l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea appare a questo punto nel caos, dopo che i 27 ieri sera non hanno fornito garanzie legalmente vincolanti sul cosiddetto paracadute irlandese - Londra spinge per mettere nero su bianco che non durerà in eterno. Per la premier britannica May una mezza Caporetto diplomatica, ben rappresentata dalle immagini odierne, che l'hanno ritratta in uno scambio molto animato di battute con il presidente della Commissione Juncker. Le immagini riprendono la May mentre arriva in sala, per andare da Juncker, con cui ha discusso in modo agitato. La May, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, non avrebbe apprezzato le parole del presidente della Commissione ieri sera, con cui ha accusato i britannici di non sapere cosa vogliono. Le stesse fonti parlano di una "discussione vivace" anche tra la May e i 27 leader ieri sulla Brexit. Stupore a Bruxelles per la mancanza di "richieste o proposte chiare" ai partner. I lavori si chiudono oggi con l'Eurosummit, previsto nei prossimi minuti: è molto probabile che la questione della manovra italiana tornerà di attualità. Ed è probabile un fuoco di fila di domande a Conte da parte dei colleghi dell'Eurozona, preoccupati dai nostri conti pubblici.
8/12/2018
Un finale thriller, con la conta fino all'ultimo voto, consegna ancora una volta ad una donna la guida del primo partito tedesco. La Cdu passa -dopo 18 anni- da Angela Merkelad Annegret Kramp-Karrenbauer, per soli 35 voti di differenza.
"La spinta emersa da questa contesa per la leadership deve proseguire, e deve essere legata al nostro obiettivo comune: mantenere la Cdu un grande partito popolare del centro, è questo ciò che i nostri sostenitori si aspettano", ha dichiarato AKK, come viene familiarmente chiamata in Germania, subito dopo l'elezione. Il suo primo compito sarà ricompattare un partito spaccatosi tra un'ala più sociale e conservatrice da un lato e quella più liberista dall'altro. Il secondo, come ha colto lei stessa nel discorso di investitura, sarà mantenere la Cdu -assopitasi nei lunghi anni di monarchia assoluta Merkel- viva e capace di produrre dibattito interno. Il terzo sarà proseguire sulla strada tracciata dalla Merkel, anche se in molti -a Berlino- non condividono la vulgata che vuole la Kramp-Karrenbauer come una specie di replicea della cancelliera. Rispetto alla Merkel è considerata meno fredda, ma -soprattutto- possiede una maggiore capacità decisionale: non ama lasciar correre troppo i problemi, cercando continue mediazioni. Conservatrice, attenta alle politiche sociali, AKK è attesa ora alla prova. Poche ore prima della sua elezione la Merkel si era congedata dalla guida della Cdu elencando le sfide che attendono il partito, e invitando tutti a difendere i valori della società liberale.
7/12/2018
Ancora una donna alla guida della Cdu, il primo partito tedesco: dopo i 18 anni di regno di Angela Merkel, la leadership passa nelle mani dell'attuale segretaria generaleAnnegret Kramp-Karrenbauer, la candidata più vicina alla cancelliera - che può dunque tirare un sospiro di sollievo: la coabitazione futura tra Governo e partito non sarà complicata.
"La spinta emersa da questa contesa per la leadership deve proseguire, e deve essere legata al nostro obiettivo comune: mantenere la Cdu come il grande partito popolare del centro, è questo ciò che i nostri sostenitori si aspettano, e chiedo anche a Friedrich Merz e Jens Spahn di contribuire", ha dichiarato AKK, come viene familiarmente chiamata in Germania, subito dopo l'elezione, non riuscendo a trattenere lacrime di gioia. La sua vittoria è stata in realtà un thriller, che dimostra quanto la Cdu sia arrivata spaccata al Congresso, divisa tra l'anima merkeliana e quella liberista pura di Merz. La Kramp-Karrenbauer si è imposta per soli 35 voti di differenza, 517 a 482, su Merz, appoggiato da un peso massimo del partito quale Wolfgang Schaeuble. Quest'ultimo si è affrettato ad allontanare la macchia della sconfitta personale. Merz, ripescato nell'arena politica dopo un decennio, ne esce definitivamente: ha rinunciato a candidarsi al Presidium del partito. In mattinata invece protagonista la Merkel, che si è congedata dalla guida della Cdu elencando le sfide che attendono il partito, e invitando tutti a difendere i valori della società liberale. Per lei 10 minuti di standing ovation.
7/12/2018
Si apre oggi l'ultimo giorno di Angela Merkel al timone della CDU, dopo ben 18 anni di presidenza. Quando i 1001 delegati stasera eleggeranno la nuova guida del primo partito tedesco, calerà il sipario su una delle ere politiche più longeve nella politica a Berlino.
"Sarà un congresso speciale. Il partito si e' preparato bene a questa votazione", ha detto ieri la cancelliera, che ha ringraziato la CDU per averla scelta come sua guida per un periodo così lungo. La Merkel ha ribadito di essere felice di continuare a svolgere il suo ruolo di leader tedesca, anche se -a Bruxelles- si fanno insistenti le voci di un suo possibile trasloco alla presidenza dell'Unione Europea tra un anno. Dietro le quinte, intanto, si affilano le armi per uno scontro che vede due favoriti alla guida del partito: da un lato l'attuale segretaria generale -nonché delfina della Merkel- Kramp-Karrenbauer, dall'altro il nemico storico della cancelliera, Friedrich Merz. Più defilato il terzo incomodo, il Ministro della Salute Jens Spahn. AKK, come viene definita la segretaria generale, è data nei sondaggi interni come leggermente favorita, ma la mossa del presidente del Bundestag Schaeuble, che si è apertamente schierato a favore di Merz, ha creato una pesante frattura nel partito: il Ministro dell'Economia Altmaier lo ha accusato di aver rotto gli argini e di aver inquinato una campagna fino ad allora corretta. La Merkel non si è ufficialmente schierata, anche se è chiaro a tutti che spera nell'elezione della delfina: l'unico modo per evitare una difficile coabitazione tra cancelleria e partito.
6/12/2018
Il conflitto russo-ucraino sbarca al Consiglio Ministeriale Osce, in corso a Milano, alla presenza di dei Ministri degli Esteri di 57 Paesi.
"Questa e' la quinta ministeriale dell'Osce dominata dal comportamento destabilizzante della Russia, che in Ucraina non ha fatto marcia indietro ma anzi ha intensificato l'aggressione nel Mar di Azov", ha denunciato il Ministro degli Esteri ucraino Klimkin. "La Russia" -ha accusato Klimkin- "ha trasformato la Crimea in una base militare. E' urgente dare una risposte immediata e forte a questa aggressione crescente, che porta per l'Osce instabilita' e insicurezza". Da Kiev il rinnovo dell'appello a Mosca, affinchè rilasci i 24 marinai ancora detenuti. "La Russia ha gettato l'Europa nella piu' grave crisi umanitaria di questa generazione", ha rincarato il rappresentante statunitense all'Osce Mitchell, precisando che "gli Stati Uniti continueranno ad imporre sanzioni alla Russia finche' non rispettera' gli accordi di Minsk e non restituira' la Crimea all'Ucraina". Al di là delle dichiarazioni, è proseguito sottotraccia il lavoro diplomatico: a margine dei lavori si è tenuto un trilaterale fra il il Ministro degli esteri tedesco Maas e gli omologhi russo e ucraino, Lavrov e Klimkin. L'Alto Rappresentante europeo Mogherini, che ha visto questi ultimi, ha parlato di "buoni colloqui" tra i due Paesi rivali.
5/12/2018
La missione europea nel Mediterraneo Eunavformed Sophia, in scadenza il 31 dicembre, finirà, qualora non venissero varate nuove regole, secondo il Ministro dell'Interno Salvini, che aggiunge: "manteniamo ferma l'indisponibilita' a procedure di sbarco che prevedono l'approdo solo in porti italiani.
Al momento non ci sono progressi significativi nel negoziato, nonostante le nostre richieste di cambiare le regole d'ingaggio. Senza una convergenza sulle nostre posizioni non riteniamo opportuno continuare la missione". A fine novembre anche l'Alto Rappresentante Europeo Mogherini aveva ventilato l'ipotesi dello stop a Sophia, di fronte alla paralisi decisionale europea sui porti di sbarco per i migranti salvati in mare. "O si trova una soluzione ad interim, o dovremo chiudere la missione", aveva detto la Mogherini, insistendo sulla necessità di raggiungere un compromesso, per evitare che l'Europa abbandoni il proprio presidio marittimo sulle rotte dell'immigrazione, e abbandoni pure l'azione di contrasto contro i trafficanti di esseri umani. "Grazie a Sophia il flusso di migranti sulle coste italiane si è ridotto dell'85% rispetto allo scorso anno", aveva puntualizzato la Mogherini.
4/12/2018
Entra nel vivo il dialogo tra Italia e Commissione Europea sulla manovra, a due settimane dall'attesa proposta di Bruxelles per l'avvio formale della procedura di infrazione contro Roma.
"Il dialogo con l'Italia e' in corso, diventa piu' intenso, vediamo un tono diverso, un diverso modo di cooperare e vediamo l'Italia disponibile ad ascoltare il nostro punto di vista e risolvere i problemi. E' un passo che accogliamo con favore". Così il Commissario agli Affari Economici Moscovici, che parla di un dialogo "cominciato davvero su metodo e sostanza". Bruxelles constata dunque lo smantellamento progressivo delle barricate erette da Roma a fine settembre sulla finanziaria 2019. Due mesi dopo, l'atmosfera è ben diversa, e i toni gialloverdi si sono fatti più soft: "cominciamo a vedere da parte italiana delle prime misure che sono annunciate e permettono di ridurre il deficit pubblico, dunque si va nella buona direzione, tuttavia bisogna essere coscienti di cio' che la Commissione puo' fare e ciò che non puo' fare. Quello che puo' fare e' essere flessibile nel quadro delle regole. Cio' che non puo' fare e' ignorare queste regole", chiosa Moscovici, che chiede uno sforzo ulteriore. Intanto, dopo un lungo negoziato notturno, i Ministri delle Finanze dell'Eurozona hanno trovato l'accordo per riformare il Meccanismo Europeo di Stabilità, il quale diventerà il paracadute del Fondo europeo di risoluzione già nel 2020, purché vi siano state in precedenza sufficienti riduzioni dei rischi nei bilanci bancari.
1/12/2018
"Una procedura d'infrazione non e' auspicabile, perche' ci metterebbe in difficolta' e puo' creare fibrillazione sui mercati". Il premier Conte -da Buenos Aires- riassume così una giornata in cui -pur nella trasferta argentina- gli occhi dell'Europa hanno continuato ad essere puntati sui conti pubblici italiani, in attesa che Roma presenti numeri diversi - anche alla luce di un Pil che va a passo di gambero.
"Stiamo lavorando per evitare la procedura, fermo restando che crediamo di essere nel giusto", aggiunge Conte. "Sono assolutamente fiducioso in un accordo" - ha concluso il premier, insistendo sulla necessità di rafforzare il piano per gli investimenti. "Il clima e' proficuo, operativo, costruttivo", chiosa Conte, in sintonia con l'apertura di credito manifestata poche ore prima dal presidente della Commissione Juncker. "Ho avuto un meeting costruttivo con il premier italiano lo scorso sabato. Non siamo in guerra con l'Italia, l'atmosfera e' buona. Stiamo facendo progressi. Siamo con l'Italia -ha concluso Juncker- se l'Italia e' con noi". Bruxelles attende insomma di capire quali gesti concreti arriveranno da Roma, al di là delle parole. "Con l'Italia porta aperta al dialogo", conferma il Commissario agli Affari Economici Moscovici, che però ribadisce i termini del problema: "serve una riduzione di deficit e debito. La palla e' nel campo di Roma, abbiamo bisogno di vedere una riduzione del deficit concepita in modo credibile", dice.
30/11/2018
Le trattative tra Italia e Unione Europea incombono sulle prime ore del G20 a Buenos Aires, con il presidente della Commissione Europea Juncker che conferma l'apertura di credito manifestata negli ultimi giorni verso Roma: "ho avuto un meeting costruttivo con il premier Conte lo scorso sabato. Non siamo in guerra con l'Italia, l'atmosfera e' buona. Stiamo facendo progressi. Siamo con l'Italia -ha concluso Juncker- se l'Italia e' con noi".
Bruxelles attende insomma di capire quali gesti di buona volontà possono arrivare da Roma, dopo che il Governo gialloverde è sembrato non più così granitico nei suoi proclami sulla manovra. "Con l'Italia porta aperta al dialogo", conferma il Commissario agli Affari Economici Moscovici, che però ribadiscei termini del problema: "serve una riduzione di deficit e debito. La palla e' nel campo dell'Italia, abbiamo bisogno di vedere una riduzione del deficit concepita in modo credibile". Insomma, Bruxelles vuole i fatti. Il premier Conte gioca di sponda, in questo clima dialogante: "sono sempre ottimista, altrimenti non mi sarei neppure seduto al tavolo e non sarei andato a Bruxelles", dice. E confida di poter evitare la procedura di infrazione comunitaria. Conte si dice pure fiducioso sul fatto che le trattative non dureranno settimane. Qui però, stando così le cose, quello del premier appare un ottimismo di maniera.
26/11/2018
Bruxelles e Londra approvano la Brexit, in una summit storico, il primo a ratificare un’intesa di divorzio da un membro dell’Unione Europea, includendo fin d’ora una dichiarazione politica sulle relazioni future.
La partita più difficile comincia adesso, giocata tutta su una scommessa: mettere con le spalle al muro i numerosi detrattori della Brexit a Westminster, evitando il più clamoroso degli esiti: la bocciatura dell’intesa a dicembre, con conseguente caos politico sullo Stretto. I possibili esiti: caduta del Governo May e nuove elezioni, richiesta di un secondo referendum popolare, o tentativo di riapertura dell’intesa siglata ieri, introducendo modifiche per soddisfare i deputati ribelli. Fino al più catastrofico: uscita di Londra senza intesa. Tutto si giocherà in una manciata di settimane: a fine marzo la Gran Bretagna diverrà Paese terzo. Anche per questo ieri il messaggio, sia da Bruxelles, sia da Londra, è stato chiaro. Il presidente della Commissione Juncker: "se qualcuno al Parlamento britannico ritenesse "di rigettare questo accordo", pensando di poter ottenere un'intesa migliore, resterebbe deluso un attimo dopo la bocciatura, questo e' l'unico accordo possibile". La premier britannica May, dopo aver confermato che il voto sarà a dicembre e che non ci sarà un secondo referendum, ha giocato di sponda con la controparte europea, per mettere nell’angolo gli oppositori interni: "se qualcuno pensa che sia possibile un altro accordo, si sbaglia. Questo e' l'unico sul tavolo ". La partita sulla Brexit resta aperta. E potrebbe riservare altre sorprese.
25/11/2018
L’unica intesa possibile sulla Brexit ottiene il via libera del Consiglio Europeo senza imprevisti dell’ultim’ora: i 27 leader comunitari hanno sottoscritto il voluminoso accordo di divorzio, insieme alla dichiarazione politica sulle relazioni future.
Per farlo sono bastate meno di due ore, con un’Europa proiettata già su un messaggio comune, riassunto così dal presidente della Commissione Europea Juncker: "se qualcuno pensasse al Parlamento britannico "di rigettare questo accordo", ritenendo di poter ottenere un'intesa migliore, resterebbe deluso un attimo dopo la bocciatura, perche' questo e' l'unico accordo possibile", ed "e' la migliore intesa possibile". Così Juncker, mentre diversi leader europei, tra cui l’italiano Conte, hanno sottolineato come il summit non abbia rappresentato un momento di celebrazione, ma di tristezza, per un Paese che lascia l’Unione. La premier britannica May, dopo aver confermato che il voto a Westminster si terrà prima di Natale, ha giocato di sponda con la controparte europea: "se qualcuno pensa che sia possibile un altro accordo, si sbaglia, Questo e' l'accordo sul tavolo, ed e' l'unico possibile". La May non ha voluto mettere sul piatto la possibilità di sue dimissioni, qualora l’intesa venisse affossata in Parlamento. E guarda ora alla dura campagna interna per ribaltare i numeri in Parlamento. La cruda realtà infatti è che -ad oggi- i numeri a Westminster per approvare la Brexit non sembrano proprio esserci.
25/11/2018
La Brexit è ufficialmente realtà, dopo oltre 18 mesi di negoziati: i 27 leader europei hanno dato l’OK formale sia all’accordo di divorzio, sia alla dichiarazione politica sulle relazioni future. Non c’erano peraltro altri nodi da superare, dopo il via libera spagnolo -ieri- su Gibilterra.
I 27 hanno dato mandato alle istituzioni europee di fare i passi necessari per garantire che l'accordo possa entrare in vigore il 30 marzo 2019, assicurando “un recesso ordinato" del Regno Unito. Il messaggio giunto da tutti i principali leader comunitari oggi è stato univoco: il testo deve essere approvato da Londra, da parte europea non c’è alcuna disponibilità a riaprire i negoziati su un accordo di divorzio, da quasi 600 pagine, che viene ritenuto definitivo. “Questo è il miglior accordo possibile per la Gran Bretagna e per l’Europa. Ed è l’unico accordo possibile”, ha detto il presidente della Commissione Europea Juncker poco fa in conferenza stampa. Il presidente europeo Tusk ha sentito il momento storico: “rimarremo amici”, ha detto. Soddisfatto anche il premier italiano Conte, che ha rassicurato gli oltre 600mila connazionali residenti Oltremanica sul loro status futuro. Tra poco parlerà anche la premier britannica May, che -con ogni probabilità- ripeterà l’appello ai sudditi di Sua Maestà, affinchè sostengano questa intesa. Il rischio concreto è che Westminster la bocci tra due settimane, facendo piombare l’intera Brexit in un caos dalle conseguenze al momento imprevedibili.
25/11/2018
La Brexit diventa ufficialmente realtà, dopo oltre 18 mesi di negoziati: i 27 leader europei hanno dato l’OK formale sia all’accordo di divorzio, sia alla dichiarazione politica sulle relazioni future. Non c’erano peraltro altri nodi da superare, dopo il via libera spagnolo -ieri- su Gibilterra.
I 27 hanno dato mandato alle istituzioni europee di fare i passi necessari per garantire che l'accordo possa entrare in vigore il 30 marzo 2019, assicurando “un recesso ordinato" del Regno Unito. Nessuna sorpresa, dunque, anche se il messaggio giunto da tutti i principali leader comunitari oggi è stato univoco: il testo deve essere approvato ora da Londra, da parte europea non c’è alcuna disponibilità a riaprire i negoziati su un accordo di divorzio, da quasi 600 pagine, che viene ritenuto definitivo. A Bruxelles è arrivata a metà mattinata anche la premier britannica May, che sta incontrando gli ormai quasi ex-colleghi del Consiglio. E nella capitale belga resta in primo piano anche la nostra manovra.
25/11/2018
“Un incontro che ha ribadito l'apertura di un dialogo, in un clima di rispetto reciproco. Dobbiamo continuare a dialogare”: il premier Conte riassume così la cena di ieri sera a Bruxelles con il presidente della Commissione Juncker, il Ministro dell’Economia Tria e i Commissari economici Dombrovskis e Moscovici.
Un meeting interlocutorio e non risolutivo, come ammette lo stesso Conte, che definisce “fuori luogo parlare di un rischio Grecia per l’Italia”, e smentisce di aver sacrificato i capisaldi della manovra. “Non si è discusso di saldi finali”, si limita a dire il premier, che punta a proseguire il dialogo con Bruxelles senza fare rinunce. E parla anzi di “tempi distesi”, per il rischio sanzioni che si palesa all’orizzonte. La Commissione si sintonizza sulla linea del dialogo: "il lavoro proseguira' nei prossimi giorni, per avvicinare i punti di vista". Oggi i riflettori si spostano sulla Brexit: dopo l’intesa di ieri su Gibilterra, con Madrid che ha ottenuto l’ultima parola sulle future intese relative alla Rocca, la Spagna ha tolto il veto. E Gran Bretagna e Unione Europea potranno celebrare -in un summit straordinario- il divorzio.
25/11/2018
Un incontro interlocutorio e non risolutivo, quello di ieri sera in Commissione, tra il premier Conte, il Ministro dell’Economia Tria, il presidente della Commissione Juncker e i Commissari Economici Dombrovskis e Moscovici.
Ad ammetterlo lo stesso Conte, che definisce “fuori luogo parlare di un rischio Grecia per l’Italia, e smentisce di aver sacrificato i capisaldi della manovra. “Non si è discusso di saldi finali”, si limita a dire il premier, che punta a proseguire il dialogo con Bruxelles. E parla anzi di “tempi distesi”, per il rischio sanzioni che si palesa all’orizzonte, di fronte ad una manovra respinta sia da Bruxelles sia dagli altri Paesi europei. Una realtà, quest’ultima, che Conte nega. La Commissione si sintonizza sulla linea del dialogo: "il lavoro proseguira' nei prossimi giorni, per avvicinare i rispettivi punti di vista e cercare una soluzione di prospettiva". Oggi i negoziati sulla manovra dovrebbero proseguire informalmente con gli altri leader europei.
24/11/2018
Primo appuntamento alle 18, il secondo alle 19.30: sarà una serata intensa, quella che si prepara in Commissione Europea, per il presidente Juncker. Poco dopo l'ora del tè arriverà a Berlaymont la premier britannica May, per discutere gli ultimi dettagli del divorzio e della futura partnership angloeuropea.
Ieri è arrivata la notizia che un terzo documento dovrebbe affiancare i due già pubblicati, con indicazioni relative alle priorità dei 27 per gli anni della transizione. Sul vertice di domani continua a pendere la spada di Damocle di Gibilterra, con Madrid che fa la voce grossa e il premier iberico Sanchez che minaccia un veto generale sulla Brexit, facendo fallire il vertice di domani, qualora non venga esplicitato che gli accordi futuri sullo status della Rocca dovranno essere approvati da Spagna e Gran Bretagna. La visita della May inquieta Bruxelles, che teme richieste last minute di modifica delle intese già siglate. Quasi ad ora di cena sarà il premier italiano Conte a fare il suo ingresso in Commissione, accompagnato dal Ministro dell'Economia Tria: "diro' che il Governo vuole garantire l'obiettivo della stabilita' finanziaria", ha detto Conte annunciando la visita al trio Juncker-Dombrovskis-Moscovici. Non sarà un incontro semplice. Tuttavia gli ultimi giorni hanno riaperto spiragli di dialogo, per evitare che l'Ecofin a gennaio faccia scattare la tagliola sui nostri conti. E' il tempo delle trattative: a Bruxelles però occorrerà portare qualcosa di più che vaghe promesse e spiegazioni già ascoltate.
23/11/2018
A neppure 48 ore dal vertice straordinario sulla Brexit, ferve l'attività politica in una Bruxelles che rimarrà aperta nel weekend, per sciogliere i due nodi più spinosi sul tavolo dell'Europa. Italia e Brexit.
Per l'Italia si tratterà di un incontro interlocutorio, per dar seguito alle aperture lanciate da Roma e Bruxelles nelle ultime ore. L'obiettivo è tenere aperto un canale di dialogo, che sfrutti lo spazio dei due mesi che ci separano dall'Ecofin di gennaio. Sulla Brexit l'Europa cerca invece risultati. Nella capitale belga si guarda con sospetto alla visita della premier May nella serata di sabato: il timore è che la May provi a riaprire dei testi già considerati chiusi e solamente da approvare domenica, in una cerimonia simbolica di divorzio. Sulla questione di Gibilterra permane il grande punto di domanda: da L'Havana il premier spagnolo Sanchez ha reiterato la minaccia di veto, qualora non venga esplicitamente menzionato -in almeno uno dei due testi di divorzio- che i negoziati sul futuro della Rocca dovranno essere condotti e vidimati da Madrid e Londra. Bruxelles ha offerto la soluzione di una dichiarazione politica allegata ai testi: la diplomazia spagnola la sta vagliando. Intanto Theresa May trascorre le giornate a vendere all'opinione pubblica britannica l'intesa sulla Brexit. Alla BBC ha detto che -qualora Westminster dovesse bocciare l'accordo- non ci sarebbe un'alternativa migliore, e ha svicolato sull'ipotesi dimissioni, qualora i parlamentari affondassero tutto.
22/11/2018
36 pagine, per definire i rapporti futuri tra Gran Bretagna e Unione Europea, dopo le oltre 500 pagine già siglate per dirsi addio.
Nel dettaglio, l'intesa raggiunta dagli sherpa dopo una maratona negoziale notturna, fornisce risposte per lo più generali ai problemi concreti che si apriranno il giorno dell'addio definitivo, al termine del periodo di transizione: il nodo del confine nordirlandese viene aggirato, con la promessa di sostituire la clausola paracadute -che manterrebbe Irlanda del Nord e Gran Bretagna nell'unione doganale- con soluzioni alternative che evitino la ricostruzione di un confine permanente tra le due Irlande. A questo proposito, viene menzionata la possibilità di una soluzione basata sulle nuove tecnologie. Sul commercio, si parla della volontà di arrivare ad un'area di libero scambio tra Londra e l'Europa, instaurando una concorrenza aperta e leale. Qualcosa di molto vicino all'attuale mercato interno, senza però che sia una replica esatta del mercato comune. Anche la futura unione doganale prenderà le mosse dal territorio doganale comune, che sarà attivo nel periodo di transizione. Sulla libertà di circolazione, Gran Bretagna ed Europa mirano a concordare uno schema basato sulla non discriminazione tra i cittadini dei vari Paesi comunitari, e sulla piena reciprocità, con assenza di visti per soggiorni di breve periodo. Dovrebbero essere facilitati studenti, ricercatori e scambi giovanili. Mentre per chi dovesse trasferirsi per lunghi periodi Oltremanica scatterà l'obbligo di visto. Qualche vago accenno alla cooperazione sulla pesca, nessuna menzione del nodo di Gibilterra.
21/11/2018
Theresa May si prepara a volare stasera a Bruxelles, per incontrare il presidente della Commissione Juncker.
La premier è già proiettata sull'imminente intesa politica per la relazione futura tra Gran Bretagna e Unione Europea. E rispolvera il tono battagliero con l'Europa, anche per mettere nell'angolo i critici: "non andiamo a Bruxelles per stringerci la mano, ma per negoziare", fa sapere Downing Street. La May è relativamente tranquilla per l'immediato: l'atteso golpe dei falchi Tories per sfiduciarla si sta lentamente smaterializzando - semplicemente, non si vedono i numeri per attuarlo, in seno al partito. Questa settimana dovrebbe passare tranquilla. Il pericolo però che a dicembre Westminster affossi l'accordo di divorzio che la May si prepara a firmare domenica a Bruxelles è ancora reale: gli unionisti nordirlandesi, dai cui voti dipende l'esecutivo, non solo hanno appena votato con l'opposizione laburista un emendamento alla manovra, ma si sentono traditi e giurano che faranno di tutto per modificare radicalmente l'intesa di divorzio. I numeri per approvarla in Parlamento al momento non sembrano esserci. A questo va aggiunto l'inatteso irrigidimento della Spagna sulla questione Gibilterra: il premier iberico Sanchez minaccia di porre il veto sulla Brexit, qualora non arrivi la rassicurazione esplicita che il dossier della Rocca resterà separato dagli accordi generali sulla partnership futura. Intanto, l'ambasciatrice britannica Jill Morris, in audizione ieri alla Camera, ha rassicurato sulla mobilità post-Brexit tra Europa e Gran Bretagna.
20/11/2018
Un'irruzione seguita da violenze: è quanto accaduto sulla nave Nivin, ancorata con 79 migranti a bordo al largo di Misurata, secondo quanto ha riferito l'Ong Mediterranea, che ha denunciato come -a compiere queste violenze- siano state le forze libiche.
Secondo la Mediterranea parte dei 79 migranti sarebbe stata ricoverata in ospedale, la maggioranza invece ricondotta a forza nei centri di immigrazione. Eventualità, quest'ultima, confermata da altre fonti locali. L'irruzione sul cargo sarebbe stata autorizzata dalla magistratura e condotta dalla guardia costiera, per sbloccare una situazione sempre più complicata, coi migranti barricati da quasi due settimane all'interno della nave, e decisi a non rimettere piede in Libia. I migranti della Nivin sono "accusati di pirateria", ha intanto dichiarato il direttore della sicurezza nel porto libico di Misurata. Il responsabile ha confermato che nell'irruzione "sono stati sparati proiettili di gomma e lacrimogeni". Questo mentre l'Alto Rappresentante Europeo Federica Mogherini minacciava -da Bruxelles- di smantellare l'operazione Sophia, di fronte alla paralisi decisionale europea sui porti di sbarco per i migranti salvati in mare. "O si trova una soluzione ad interim, o dovremo chiudere la missione", ha detto la Mogherini, insistendo sulla necessità di raggiungere un compromesso, per evitare che l'Europa abbandoni il proprio presidio marittimo sulle rotte dell'immigrazione, e abbandoni pure l'azione di contrasto contro i trafficanti di esseri umani. "Grazie a Sophia il flusso di migranti sulle coste italiane si è ridotto dell'85% rispetto allo scorso anno", ha puntualizzato la Mogherini, al termine del vertice dei Ministri della Difesa comunitari.
20/11/2018
Theresa May apre la settimana cruciale sulla Brexit parlando al mondo del business, dove incassa applausi convinti da una platea che -solo un anno fa- l'aveva accolta gelidamente.
"L'ultima tappa e' la piu' dura, ma non abbiate dubbi: sono determinata ad implementare l'intesa di divorzio raggiunta a Bruxelles". Cosi' la May, davanti alla Confindustria britannica. La premier è tornata su uno dei temi-cardine della Brexit, l'immigrazione: "questo accordo eviterà che gli immigrati europei saltino la coda. Il futuro sistema di immigrazione sarà basato sulle abilità reali, gli europei non avranno la priorità sugli ingegneri di Sydney o sui programmatori software di Nuova Dehli", ha sottolineato. Poche ore più tardi il leader laburista Corbyn ha parlato alla stessa platea, per attaccare l'intesa raggiunta la scorsa settimana e annunciare che l'intenzione deiLabour è chiedere elezioni politiche, o -in subordine- un nuovo referendum. Sottotraccia proseguono le manovre dell'opposizione interna conservatrice per sfiduciare la premier: la tensione resta alta a Downing Street, mentre a Bruxelles il caponegoziatore europeo Barnier ha incassato l'OK dei Ministri comunitari sull'intesa raggiunta con Londra. "Siamo in un momento decisivo", ha dettoBarnier, che ha precisato che il periodo di transizione potrà avere -se necessario- una sola estensione. Solo la Spagna ha posto come condizione che i negoziati sulle relazioni future tra Gran Bretagna e Unione Europea non si applichino a Gibilterra. Future relazioni su cui si sta già trattando, per arrivare a una dichiarazione politica oggi.
19/11/2018
Theresa May si prende la scena, mentre gli avversari interni appaiono ancora esitare sulla strategia da intraprendere.
"L'ultima tappa e' sempre la piu' dura, ma non abbiate dubbi: sono determinata ad implementare l'intesa di divorzio raggiunta a Bruxelles". Cosi' la May, parlando alla Confindustria britannica. La premier ha menzionato uno dei temi che hanno segnato la campagna referendaria, quello dell'immigrazione: "questo accordo eviterà che gli immigrati europei saltino la coda. Il futuro sistema di immigrazione sarà basato sulle abilità reali, gli europei non avranno la priorità sugli ingegneri di Sydney o sui programmatori software di Nuova Dehli", ha sottolineato, in un chiaro inasprimento dei toni per soddisfare i Brexiteers più accaniti. La May appare per ora salda in sella al Governo: nessuna notizia dalla raccolta di lettere dei Tories per chiederne la sfiducia, mentre anche i cinque Ministri determinati a modificare l'intesa sulla Brexit sono alla ricerca di una linea comune. Tuttavia, nessuno esclude sorprese clamorose a breve. Intanto a Bruxelles il caponegoziatore europeo Barnier otteneva l'OK dei Ministri comunitari sull'intesa raggiunta con Londra. "Siamo in un momento decisivo", ha dettoBarnier, che ha precisato che il periodo di transizione potrà avere -se necessario- una sola estensione. Solo la Spagna ha posto come condizione che i negoziati sulle relazioni future tra Gran Bretagna e Unione Europea non si applichino a Gibilterra. Anche Downing Street frena: sulla partnership futura c'è molto lavoro da fare, fanno sapere.
19/11/2018
Si apre oggi la settimana decisiva per il divorzio tra Gran Bretagna e Unione Europea. Da qui a domenica si giocherà buona parte del destino della Brexit.
Nelle prossime ore i Ministri dei 27 daranno il via libera formale all'intesa raggiunta mercoledì con Londra: il lavoro è stato chiuso ieri dagli ambasciatori, che hanno lasciato solo un punto di domanda sull'eventuale proroga del periodo di transizione. La Brexit procede su due binari. Il primo: Bruxelles e Londra stanno già trattando sul testo di una dichiarazione politica sulla futura partnership, che dovrebbe essere pronto domani. E che la premier britannica May potrebbe vidimare con un blitz in Belgio già in settimana. Il secondo binario è il più incerto: riuscirà la May a respingere i tentativi di sfiduciarla? "Un nuovo leader del partito conservatore non renderebbe più semplici i negoziati con l'Europa, sfiduciarmi non aiuterà la Brexit", ha detto lei ieri, minacciando tra le righe: "o accettate il mio accordo o salta la Brexit". Sir Graham Brady, presidente del Comitato 122, deputato a raccogliere le richieste di mozione di sfiducia, ha lasciato intravedere che la soglia di 48 firme per richiederla non è ancora stata raggiunta. Non sono però da escludere sorprese nelle prossime ore, considerato che ben cinque Ministri, tra cui l'influente Gove, hanno chiarito che lavoreranno per modificare l'intesa - un'eventualità che sia la May sia l'Europa hanno smentito categoricamente. Il laburista Corbyn intanto allontana l'ipotesi di un secondo referendum, nell'immediato. La strada verso il summit europeo straordinario di domenica resta lastricata di incertezze.
18/11/2018
"Sfiduciarmi non aiuterà la Brexit". Theresa May anticipa così la settimana di fuoco che l'attende a Downing Street, minacciata da un lato dalla possibile mozione di sfiducia interna ai Tories e dall'altra dalla gang dei cinque - Ministri che, pur appoggiandola, intendono obbligarla a rinegoziare l'intesa raggiunta con Bruxelles.
"Un nuovo leader del partito conservatore non renderebbe più semplici i negoziati con l'Unione Europea", ha detto la May a Sky News, aggiungendo: "un cambio di leadrshipprodurrebbe solo un ritardo nei negoziati, portando a un rinvio della Brexit, o frustrandone gli esiti". La May ha rassicurato i più scettici: "non intendiamo usare la clausola paracadute, ed in ogni caso potremo lasciare in futuro l'unione doganale". Sir Graham Brady, presidente del Comitato 122, deputato a raccogliere le richieste di mozione di sfiducia, ha intanto lasciato intravedere che la soglia magica di 48 firme per richiederla non è ancora stata raggiunta - il futuro della May non è nell'immediato a rischio. Da parte sua il leader laburista Corbyn ha nuovamente bocciato l'intesa raggiunta mercoledì, ma ha allontanato l'ipotesi di un nuovo referendum sulla Brexit: "è un'opzione per il futuro, non è un'opzione per l'oggi", ha detto. A Bruxelles intanto i 27 ambasciatori hanno dato 'ampio sostegno' al testo dell'intesa, che e' pronto per ricevere l'ok formale dei Ministri Europei. Unico punto ancora aperto l'eventuale estensione del periodo di transizione, mentre a ore sarà diffusa la dichiarazione politica sulle relazioni future angloeuropee.
18/11/2018
Pronti ad ogni scenario. Londra e Bruxelles si preparano ad una settimana tutta da vivere pericolosamente.
Gli occhi sono ancora puntati sulla guerra civile interna aiTories, che condizionerà inevitabilmente il futuro della Brexit. Il campo conservatore ieri ha visto emergere un terzo schieramento, la cosiddetta "gang dei 5". Alla cui guida c'è Andrea Leadsom, responsabile per i rapporti con il Parlamento dell'esecutivo May. "Sono assolutamente determinata nell'appoggiare la premier nell'ottenere l'intesa migliore. C'è ancora molto lavoro da fare, e c'è ancora tempo prima del 25 novembre", ha detto la Leadsom, forte dell'appoggio di altri pezzi da 90 del Governo - su tutti l'inossidabile Michael Gove. I cinque cercheranno in ogni modo di forzare la May a introdurre modifiche all'intesa su Brexit - in caso contrario potrebbero abbandonarla, favorendo una mozione di sfiducia. Proprio la May parlerà oggi in televisione per perorare la sua causa. Ma lo farà anche il laburista Corbyn - per provare a spingere l'esecutivo qualche centimetro verso il burrone. A Bruxelles si aspetta: oggi riunione dei rappresentanti permanenti dei 27, domani toccherà ai Ministri. La linea è chiara: il testo su Brexit non si modifica di una virgola. L'Europa sta già lavorando al nuovo accordo di partenariato post-2020. E se Londra sprofondasse nel caos politico, vanificando l'intesa raggiunta, Bruxelles si dice già pronta a misurarsi con lo scenario peggiore.
17/11/2018
Weekend di negoziati per il futuro dell'intesa sulla Brexit e per il destino della stessa premier britannica Theresa May.
Dopo lo stallo che ha momentaneamente paralizzato la rivolta dei Brexiteers più convinti, che sembravano ad un passo dalla convocazione di una mozione di sfiducia contro la premier, e dopo il minirimpasto di Governo, che ha portato nell'esecutivo due fedelissimi della stessa May, si va profilando un terzo gruppo di esponenti Tories. Cinque ministri, che se da un lato intendono evitare la caduta dell'esecutivo, dall'altro però sono determinati a modificare l'intesa annunciata in settimana.A guidare questo gruppo è Andrea Leadsom, responsabile per i Rapporti con il Parlamento. Insieme a lei pezzi da 90 dell'esecutivo, quali Michael Gove, Liam Fox e Penny Mordaunt. "Sono assolutamente determinata nell'appoggiare la premier nell'ottenere l'intesa migliore. C'è ancora molto lavoro da fare, e c'è ancora tempo prima del 25 novembre, data del Consiglio Europeo straordinario", ha detto laLeadsom, che ha portato allo scoperto questa "terza via" sulla Brexit. Theresa May, da parte sua, ha però già chiarito che l'intesa è chiusa: sulla stessa linea anche l'Unione Europea, che non sembra intenzionata a modificare una sola virgola. La May, come il leader laburista Corbyn, approfitterà della domenica per spiegare le proprie ragioni in televisione. Sottotraccia, la guerra civile interna ai Tories prosegue, con esiti imprevedibili: una mozione di sfiducia continua a pendere sulla testa della May. E potrebbe venire rafforzata dalla "gang dei cinque", come viene già definito il gruppo ministeriale capeggiato dalla Leadsom, qualora tutti i tentativi di modificare l'accordo venissero respinti.
16/11/2018
Un annuncio a sorpresa e un nuovo monito all'Italia: in un convegno a Francoforte il presidente della Bce Mario Draghi rimette in discussione l'addio al Quantitative Easing, programmato il prossimo mese.
L'inflazione di base dell'Eurozona "continua ad oscillare intorno all'1% e deve ancora mostrare una tendenza al rialzo convincente", ha detto Draghi, secondo cui cio' potrebbe avere ripercussioni sulla fine dell'allentamento quantitativo, in calendario a fine anno. "Il prossimo mese, con le nuove previsioni, saremo in grado di fare una piena valutazione", ha annunciato Draghi. Il presidente Bce è tornato ad avvertire Roma sui rischi collegati ad un'uscita dal sentiero delle regole dell'Eurozona: "i Paesi ad alto debito non devono aumentarlo ulteriormente, tutti i Paesi devono rispettare le regole dell'Unione", ha detto, precisando: "la mancanza di un consolidamento fiscale nei Paesi con alto debito pubblico aumenta la loro vulnerabilità agli choc - sia che questi vengano autoprodotti, sia che siano importati attraverso un effetto contagio". Draghi ha aggiunto, non senza una sfumatura polemica: "finora, l'aumento degli spread e' stato in gran parte limitato al primo caso, e pure il contagio e' stato limitato". Il presidente Bce ha infine raffreddato i timori su un possibile rallentamento della crescita: "è normale", ha detto. L'Austria intanto torna ad attaccare il Governo gialloverde sulla manovra: "da Roma non abbiamo riscontrato alcun movimento, ci aspettiamo una chiara reazione da parte della Commissione": cosi'il ministro delle Finanze Hartwig Loeger.
14/11/2018
L'Europa si prepara ad aprire una procedura di infrazione contro l'Italia, dopo il rifiuto di Roma di andare incontro alle richieste di Bruxelles. E, si badi bene, non è la Commissione Europea a forzare la mano in questo senso, ma gli stessi Paesi membri, che temono che lo strappo italiano possa generare instabilità finanziaria.
Se Bruxelles per ora si limita ad un no comment, con l'eccezione del vicepresidente della Commissione Ansip, che ribadisce come "quando si e' nella famiglia dell'Eurozona, bisogna rispettare regole che noi stessi ci siamo dati", i più critici sono stati ancora una volta i Governi di Austria e Olanda. Vienna, presidente di turno dell'Unione, accusa il Governo italiano di tenere in ostaggio il suo stesso popolo con messaggi populisti - a dirlo il Ministro delle Finanze Hartwig Loeger, avvertendo che l'Austria insistera' per rafforzare il rispetto della disciplina fiscale, ed è pronta a sostenere la procedura di deficit contro Roma. Sulla stessa linea l'Olanda: "poco sorprendente ma molto deludente che l'Italia non abbia rivisto il proprio piano di bilancio. Questo budget e' una violazione del Patto di stabilita' e crescita", ha puntato l'indice il titolare delle Finanze Wopke Hoekstra. Grande attesa a Bruxelles anche su un altro fronte caldissimo, quello della Brexit: nel pomeriggio si riuniranno i rappresentanti permanenti a Bruxelles, con all'ordine del giorno la bozza di accordo tecnico tra Europa e Gran Bretagna. Gli occhi sono tutti puntati su Londra. Se Theresa May perdesse la battaglia all'interno del proprio esecutivo, e se -soprattutto- cadesse il Governo britannico, si aprirebbe un territorio completamente inesplorato, quando mancano poco più di quattro mesi alla data del divorzio.
13/11/2018
Gli occhi dell'Europa sono puntati in queste ore sull'Italia, convitato di pietra a Strasburgo, dove ha parlato la cancelliera tedesca Angela Merkel.
La Merkel, nella replica all'Europarlamento, e di fronte alle sollecitazioni degli eurodeputati, ha ricordato a Roma gli impegni presi in sede comunitaria sulle regole di bilancio, poi ha passato la palla a Bruxelles: sulla questione della legge di bilancio italiana "e' importante giungere a una soluzione ed e' importante che lo si faccia in dialogo con la Commissione Europea". In precedenza la cancelliera aveva lanciato un richiamo indiretto alla Penisola, affermando che in Europa "le singole decisioni nazionali e individuali hanno effetti su tutti", e "la stabilita' finanziaria che sta alla base della valuta unica puo' funzionare solo quando ogni Paese membro rispetta le proprie responsabilità. Più soft l'approccio del Ministro delle Finanze tedesco, il socialdemocratico Scholz, che da Berlino ha aperto ai tentativi del Governo gialloverde di introdurre il reddito di cittadinanza. Scholz lascia anche intravedere una critica verso un esecutivo -quello italiano- che vuole fare troppo e tutto assieme, ma stigmatizza gli attacchi preventivi. Infine l'Fmi, al termine della missione in Italia, lancia l'allarme pensioni: i cambiamenti previsti dal Governo in materia, ovvero la quota 100, "aumenterebbero ulteriormente la spesa pensionistica, imporrebbero pesi ancora maggiori sulle generazioni piu' giovani, lascerebbero meno spazio per politiche per la crescita e porterebbero a minori tassi di occupazione tra i lavoratori piu' anziani".
12/11/2018
Il tempo corre veloce, sulle lancette dell'orologio che scandisce l'ultimatum europeo ad un'Italia sempre più isolata, nel suo tentativo di forzare la mano sui conti pubblici.
Entro domani Roma dovrà inviare a Bruxelles la manovra rivista e corretta, dopo la prima sonora bocciatura rimediata a fine ottobre. Le ultime indiscrezioni lasciano intravedere ritocchi marginali: una possibile limatura al ribasso del Pil, di fronte al deterioramento della crescita, e forse pure la promessa di una clausola di taglio della spesa, in caso di sforamento del target del deficit. Concessioni minime, destinate a non trovare aperture a Bruxelles, anche perchè ammettere un calo della crescita non fa che far aumentare esponenzialmente i dubbi sull'impronta eccessivamente espansiva di questa manovra. Il vicepremier Di Maio intanto dice "no" ad un massacro degli italiani. La tensione è palpabile, come dimostra lo scontro a distanza tra il presidente della Commissione Juncker e il vicepremier Salvini. "Le regole esistono per essere rispettate, soprattutto dall'Italia che -negli ultimi anni- ha beneficiato di tutti gli elementi di flessibilita' che abbiamo aggiunto alla griglia di lettura economica del patto di stabilita'", ha detto Juncker a France 24. Questaflessibilita' "ha consentito all'Italia di spendere 30 miliardi in piu'" rispetto a quanto avrebbe dovuto, ha aggiunto. "Non andiamo là cocciuti, ma l'Europa ci lasci lavorare", replica Salvini, che difende i fondamentali della manovra e minaccia anzi di bloccare bilanci e attivita' comunitarie fino a che -dice- l'Europa e qualche Paese continueranno a prendere in giro gli italiani". Ma per Roma quella della manovra resta una battaglia solitaria, a Bruxelles.
11/11/2018
L'ombra dell'esercito comune europeo torna a fare capolino, nel giorno in cui il presidente francese Emmanuel Macron sferra un durissimo attacco contro i nazionalismi.
"Il patriottismo e' l'esatto contrario del nazionalismo e dell'egoismo, il nazionalismo è il tradimento del patriottismo", ha sferzato Macron nel discorso pronunciato davanti a 72 capi di Stato e di Governo, invitati a Parigi per il centenario dell'Armistizio della Prima Guerra Mondiale. "L'11 novembre, 100 anni fa, a Parigi, come ovunque in Francia, fu armistizio. Era la fine di quattro lunghi e terribili anni. Per quattro anni, l'Europa rischio'di suicidarsi", ha detto un Macron visibilmente emozionato. Parole pronunciate non a caso, in un'Europa dove il risorgere dei nazionalismi -tanto ad Est quanto ad Ovest- fa riemergere ombre funeste, che si sperava archiviate dalla storia. E che -invece- potrebbero esplodere già nel maggio dell'anno prossimo, in un'elezione europea che si annuncia come uno spartiacque. Con queste parole Macron ha voluto anche sottolineare il suo ruolo di leader e portabandiera dell'idea di un'Europa unita ed integrata, considerato il progressivo tramonto dell'altra leader continentale, AngelaMerkel. Intanto il presidente russo Putin ha colto l'occasione per riaprire le brucianti ferite transatlantiche, dopo le feroci polemiche fra lo stesso Macron e Donald Trump sull'esercito europeo: l'idea francese su un'armata europea "e' sensata" e si inserisce in "un processo positivo", ha detto Putin, in un'esplicita presa di distanze da Trump.
10/11/2018
Il giorno dopo le polemiche, Emmanuel Macron e Donald Trump indossano i panni dei pompieri su controverso tema della difesa europea.
L'idea della creazione di un esercito comune, lanciata da Macron e subito bollata dal presidente americano come un insulto, ha condizionato pesantemente l'atmosfera del bilaterale, anche se i due leader hanno cercato di smorzare i toni della polemica, concordando sulla necessità di spartire equamente i costi militari. Macron ha parlato della necessità -per l'Europa- di condividere il fardello di finanziamento della difesa. Trump, da parte sua, ha ribadito: "gli Stati Uniti possono finanziare, contribuire, ma pure gli altri devono mettere mano al portafogli". E mentre i due leader si incontravano nel bilaterale, l'Eliseo ha completato l'opera di spegnimento dell'incendio diplomatico, definendo la reazione americana come frutto di "un'incomprensione". Macron, quando ha dichiarato che gli europei devono proteggersi da Cina, Russia e Stati Uniti", intendeva riferirsi al cyberspazio". Parigi intanto sostiene ufficialmente l'Italia su un altro fronte caldo, quello della Libia, in vista della conferenza che si apre a Palermo lunedì sera. La Francia invierà in Sicilia il Ministro degli Esteri Le Drian, per spingere l'acceleratore su un posticipo in primavera delle elezioni a Tripoli, dopo il flop della data del 10 dicembre. La Francia è stata infine al centro delle commemorazioni per il centenario dalla fine della Prima Guerra Mondiale: a Rethondes, dove fu firmato l'armistizio, Macron e la cancelliera tedesca Merkel hanno reso omaggio ai caduti francesi e tedeschi nel conflitto.
8/11/2018
Hanno rappresentato nei fatti una nuova bocciatura della manovra economica italiana le previsioni economiche autunnali, rese note dalla Commissione Europea: Bruxelles ha tagliato il Pil 2018 all'1,1%, ritoccando all'1,2% quello per il prossimo anno.
La Penisola è ultima per tasso di crescita in tutto il Continente. E le misure messe in campo dal Governo gialloverde non aiuteranno, il prossimo anno. Secondo il Commissario agli Affari Economici Moscovici, "bisogna rispettare le regole, la Commissione deve applicarle. Spero in una soluzione comune, voglio un dialogo con l'Italia. Tornando alle previsioni, il testo rende chiaro che il debito resterà fermo al 131% fino al 2020. Anche sul deficit la Commissione non fa sconti, rivedendo al rialzo le stime per l'Italia: quest'anno salirà all'1,9%. E -soprattutto- schizzerà al 2,9% il prossimo anno, ben cinque decimali al di sopra delle previsioni del Governo - questo a causa di misure programmate che "aumenteranno significativamente la spesa". Al netto di correzioni, il deficit italiano sfonderà la soglia del 3% nel 2020. Moscoviciprecisa che le stime potrebbero cambiare, se la manovra sarà modificata. Infine, Bruxelles avverte che "in alcuni Paesi dell'Eurozona altamente indebitati, soprattutto in Italia, il circolo vizioso tra banche e debito sovrano potrebbe riemergere, in caso di dubbi sulla qualita' e sulla sostenibilita' dei conti pubblici, sollevando preoccupazioni di stabilita' finanziaria e pesando sull'attivita' economica".
8/11/2018
Sono nei fatti -e come atteso- una seconda bocciatura della manovra economica italiana le previsioni economiche autunnali, rese note dalla Commissione Europea: Bruxelles ha tagliato il Pil 2018 all'1,1%, ritoccando all'1,2% quello per il prossimo anno.
La Penisola è ultima per tasso di crescita in tutto il Continente. E le misure messe in campo dal Governo gialloverde non aiuteranno, il prossimo anno. Il Commissario agli Affari Economici Moscovici: "bisogna rispettare le regole, la Commissione deve applicarle e non puo' fare altrimenti che agire nel quadro delle regole. Spero in una soluzione comune, voglio un dialogo con l'Italia. Sono stato sempre per la flessibilita', ma esistono regole e dobbiamo farle rispettare", ha detto. Tornando alle previsioni, il testo rende chiaro che "dopo una crescita solida nel 2017 l'economia italiana ha rallentato nella prima meta' di quest'anno per l'indebolimento dell'export e della produzione industriale. Una ripresa dell'export e una maggiore spesa pubblica sosterranno la crescita moderatamente - tuttavia l'associato rischio nel deficit, assieme ad interessi piu' alti e considerevoli rischi al ribasso, mette in pericolo la riduzione dell'alto debito", si legge nel testo. Debito, quello della Penisola, che secondo Bruxelles resterà fermo al 131% fino al 2020. Anche sul deficit la Commissione Europea non fa sconti, rivedendo al rialzo le stime per l'Italia: quest'anno salirà all'1,9%. E -soprattutto- schizzerà al 2,9% il prossimo anno, ben cinque decimali al di sopra delle previsioni del Governo - questo a causa di misure programmate" quali reddito di cittadinanza, riforma Fornero e investimenti pubblici, che "aumenteranno significativamente la spesa". Al netto di correzioni, il deficit italiano sfonderà la soglia del 3% nel 2020. Moscovici fa anche una precisazione importante: "L'Italia non è stata oggetto di un metodo di trattamento particolare, abbiamo assunto una metodologia indipendente e imparziale". E aggiunge che le stime potrebbero cambiare, se la manovra sarà modificata.
3/11/2018
Il Merkelsdaemmerung, il crepuscolo di Angela Merkel non riguarda solo la Germania. Ma anche l'Europa. La mediatrice per eccellenza, la donna più potente d'Europa, rischia di trovarsi a vivere i prossimi tre anni sul palcoscenico continentale come un'anatra zoppa - sempre che arrivi fino in fondo, alla legislatura tedesca.
Martedì la cancelliera, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha messo in chiaro che non vede affatto appannata la propria leadership sul piano internazionale - "la mia posizione sul piano globale non e' cambiata, ora avro' piu' tempo per concentrarmi sul mio ruolo", ha detto. Gli scenari che si aprono sono imperscrutabili, per cui si possono solo immaginare alcune delle potenziali conseguenze dell'addio programmato della cancelliera alla vita politica nazionale e internazionale. Sicuramente, in un contesto di progressiva polarizzazione politica, con forze dichiaratamente europeiste da una parte e schieramenti apertamente euroscettici e populisti dall'altra, verrà a mancare una figura-chiave di mediazione, quale Angela Merkel è sempre stata, in questi 13 anni al potere. Dall'altro lato, questa sua continua ricerca del compromesso è stata paradossalmente anche una delle cause che ha rallentato il processo di integrazione comunitaria - la sempre annunciata riforma dell'Eurozona, mai davvero portata a termine anche per i freni tedeschi, ne è un chiaro esempio. L'uscita di scena della Merkel potrebbe così addirittura portare nuova linfa al progetto europeo - sempre che arrivino sulla scena leader carismatici. Un fattore sicuramente negativo è che verrà a mancare una figura, nel bene e nel male, di riferimento, in Europa: in molti a Bruxelles sono infatti pronti a scommettere che il peso politico di Frau Merkel sulla scena continentale andrà gradualmente scemando, soprattutto qualora alla guida della Cdu arrivasse un suo avversario. Nè si vedono all'orizzonte leader con la stessa caratura: l'unico si chiama Emmanuel Macron. Ha un marcato atteggiamento europeista, ha idee interessanti per rifondare l'Europa, e guida un grande Paese fondatore, spesso in sintonia con la Germania sulle politiche continentali. Al tempo stesso però Macron è in crisi di consensi a casa propria, non ha ottenuto alcun risultato reale sulle sue proposte europeiste, e -soprattutto- la Francia non è la Germania, in quanto a peso politico. Insomma, del domannon c'è certezza, in Europa. Ancora di più con questo lungo addio a tappe di Angela Merkel. Tutti guardano alle prossime elezioni europee, per capire che aria tirerà.
31/10/2018
L'Europa non molla il pressing sull'Italia, andando a fondo nei dettagli della manovra tricolore: in una nuova missiva, la Commissione Europea ha chiesto al Ministero dell'Economia perchè Roma non si attenga agli impegni presi in sede comunitaria.
Quali sono i fattori rilevanti che giustificano un rapporto debito/pil che non si riduce ai ritmi richiesti? Questa la domanda cruciale, contenuta nella lettera firmata dall'italiano al massimo livello nella gerarchia Ecofin della Commissione: il direttore generale Marco Buti. Buti non usa giri di parole, nel ricordare che il nostro elevato debito pubblico resta "una vulnerabilità cruciale". E che l'ampia espansione di bilancio prevista il prossimo anno risulta in netto contrasto con l'aggiustamento raccomandato dal Consiglio Europeo, vale a dire dal consesso dei Paesi membri. Per questo un debito pubblico così elevato è fonte di preoccupazione per l'area euro nel suo complesso. Insomma, Bruxelles lancia due messaggi chiari a Roma: sulla manovra non si scherza e si andrà fino in fondo. E questo processo avverrà in tempi rapidi: per questo viene ricordato che il 13 novembre rappresenta il termine ultimo entro cui rispondere. L'Italia -da parte sua- prova a giocare partite bilaterali, per uscire dal cul de sac europeo: il Ministro delle Finanze Tria è volato a Berlino, per spiegare la manovra al suo omologo tedesco Scholz. Difficilmente avrà trovato orecchie comprensive: già la scorsa settimana la cancelliera Merkel aveva fatto filtrare il suo appoggio alla posizione di Bruxelles.
30/10/2018
Il provocatore, l'outsider sottovalutata - e ora, anche il grande nemico. Si è composto, nei soprannomi prontamente affibbiati loro dal popolare quotidiano Bild Zeitung, il terzetto di candidati alla presidenza della CDU, nonchè potenziali successori di Angela Merkel alla guida di un futuro Governo tedesco.
Dopo l'attuale segretaria Cdu Kramp-Karrembauer e il Ministro della Salute Spahn, è toccato all'ex-capogruppo dell'Unione al Bundestag Friedrich Merz lanciare il guanto della sfida, in vista del congresso cristiano-democratico di dicembre ad Amburgo. Merz, giurista 62enne, fu insieme alla Merkel la grande promessa dei cristiano-democratici nei primi anni 2000, quando lo scandalo dei fondi neri azzerò la prima linea del partito. La sconfitta elettorale del 2002 fece pendere la bilancia del potere dalla parte dell'attuale cancelliera: sette anni dopo Merz si ritirò dalla politica. Ora il suo ritorno, a quasi un decennio di distanza: "abbiamo bisogno di un nuovo inizio e di un rinnovamento, con personalita' di leadership sia esperte sia giovani. Sono pronto ad assumermi la responsabilita' di rafforzare la tenuta interna e la capacita' di gestione del futuro della Cdu", ha scritto in una nota. La Merkel intanto rende chiaro di non vedere la propria leadership appannata a livello internazionale, dopo l'annuncio della sua uscita di scena a tappe: "la mia posizione sul piano globale non e' cambiata, ora avro' piu' tempo per concentrarmi sul mio ruolo di cancelliera", ha detto.
27/10/2018
Il conflitto alla fine è deflagrato apertamente, dopo settimane di tensioni crescenti: il caso Italia è ormai il tema a livello europeo.
Il Governo gialloverde si è convertito nella mina vagante di un'Eurozona ancora incompleta e mai finalmente unificata nel nome non solo di un maggior rigore, ma anche di una reale solidarietà tra Paesi membri. I nodi ora vengono tutti al pettine, con l'esecutivo di uno dei maggiori Paesi membri, nonchè fondatore dell'Europa, che decide di deviare scientemente e dichiaratamente da obiettivi che lui stesso ha sottoscritto tre mesi fa a Bruxelles. Come non ha mancato di far notare, martedì, la stessa Commissione Europea: "il Governo italiano va apertamente contro gli impegni presi in sede comunitaria", ha detto martedì il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, aprendo ufficialmente un confronto che potrebbe durare mesi. "Può rappresentare una tentazione curare il debito con debito, ma alla fine il debito pesa, e non c'è più alcuno spazio di manovra", ha sintetizzato Dombrovskis, mentre il collega agli Affari Economici Moscovici apriva al dialogo costruttivo con Roma, lanciando un salvagente al Ministro dell'Economia Tria. La preoccupazione è alta, per il deterioramento di un parametro considerato fondamentale a Bruxelles, qual è il deficit strutturale. Senza dimenticare previsioni di crescita governative considerate troppo ottimistiche, e i passi indietro su pensioni, condoni e agevolazioni fiscali alle imprese che investono. Il confronto tra Roma e Bruxelles potrebbe risolversi avvicinando le posizioni, o potrebbe trasformarsi, di qui alla primavera 2019 -in piena campagna elettorale per le europee- in uno scontro totale, che potrebbe costare all'Italia sanzioni milionarie. La preoccupazione è reale: di fronte alla prospettiva di perdere il prezioso ossigeno fornito dal Quantitative Easing della Bce, il Governo italiano lancia ipotetici assi con la Russia,offrendo i nostri titoli di Stato a Mosca. Idea legittima, se non rischiasse di aprire una pericolosa crepa nell'Eurozona, spaccando ulteriormente l'Europa - a tutto vantaggio della Russia e degli Stati Uniti di Trump, solo per fare due esempi. Ha senso puntare a vantaggi di breve periodo, minando i punti di forza del progetto europeo? In questo senso va letta la discesa in campo della Bce, che giovedì, con l'italiano Draghi, ha deciso di seguire la linea della tolleranza zero verso i ribelli alle regole comuni. "Finanziare i deficit non e' nel nostro mandato", taglia corto Draghi, che considera l'OMT, il piano anti-spread che implica un commissariamento europeo dei conti pubblici, l'unica arma possibile per tamponare eventuali crisi del debitonazionali. Lo stesso Draghi, divenuto poche ore dopo bersaglio delle critiche del Governo gialloverde, ha risposto nell'unico modo possibile: "l'indipendenza di una banca centrale "e' essenziale" perche' la sua azione sia credibile, e dunque la politica monetaria sia efficace", ha detto in un discorso. L'autunno e l'inverno si annunciano molto caldi, per l'Italia. E per l'Europa.
26/10/2018
Italia sul banco degli imputati anche a Francoforte: l'ostinazione del Governo gialloverde nell'ignorare le regole comuni dell'Eurozona irrita pure la Bce.
La manovra tricolore, al pari della Brexit e delle guerre commerciali, e' da considerarsi fra le incertezze per lo scenario dell'Eurozona, afferma il presidente Bce Draghi, senza nascondere le inquietudini per lo scontro che contrappone Roma e Bruxelles. Draghi si dice fiducioso sul fatto che un accordo sulla bozza di bilancio tricolore si troverà, purché si applichi buon senso. E non lesina segnali in direzione di Roma: il primo è una constatazione - l'elevato spread danneggia il capitale delle banche italiane. Draghi propone una ricetta semplice: prima di spendere soldi pubblici per costose ricapitalizzazioni, fa intendere, il Governo Conte abbassi i toni ed eviti di mettere in dubbio la cornice istituzionale che sorregge l'euro. Anche perché gli effetti dello spread non riguardano solo le banche: i tassi sono in salita pure per famiglie e imprese. Infine l'affondo: Francoforte non si piegherà alle esigenze italiane sul deficit. "Finanziare i deficit non e' nel nostro mandato", dice Draghi. In caso di problemi, resta l'unico salvagente dell'OMT, quel piano anti-spread che implica un commissariamento europeo dei conti pubblici, per tamponare eventuali crisi del debito. L'unica ricetta possibile, per Draghi, è "rispettare le regole del Patto di Stabilità, accelerando le riforme strutturali". Sul caso-Italia intanto telefonata Merkel-Juncker: il segnale da Berlino è chiaro. La Germaniaè allineata alla Commissione Europea.
25/10/2018
Anche a Francoforte si apre un "caso Italia". La nostra manovra, al pari della Brexit e delle guerre commerciali, e' da considerarsi fra le incertezze per lo scenario dell'Eurozona, afferma il presidente Bce Draghi, senza nascondere le inquietudini per lo scontro che contrappone Roma e Bruxelles.
Draghi si dice fiducioso sul fatto che un accordo sulla bozza di bilancio tricolore si troverà, purché si applichi buon senso. E non lesina segnali in direzione di Roma: il primo è una constatazione - l'elevato spread danneggia il capitale delle banche italiane. Il paradosso, letto in filigrana, è che si tratta di quelle stesse banche che la Lega si dice pronta a ricapitalizzare, in caso di guai. Draghi ha una risposta semplice: prima di spendere soldi pubblici, il Governo Conte abbassi i toni ed eviti di mettere in dubbio la cornice istituzionale che sorregge l'euro. Anche perché gli effetti dello spread non riguardano solo le banche: i tassi sono in salita anche per famiglie e imprese. Infine l'affondo: Francoforte non si piegherà alle esigenze italiane sul deficit. "Finanziare i deficit non e' nel nostro mandato", dice Draghi. In caso di problemi, resta l'unico salvagente dell'OMT, quel piano anti-spread che implica un commissariamento europeo dei conti pubblici, per tamponare eventuali crisi del debito. L'unica ricetta possibile, per Draghi, è "rispettare le regole del Patto di Stabilità, accelerando le riforme strutturali". Il caso Italia continua ad essere monitorato anche a Bruxelles: ieri telefonata Juncker-Merkel per parlarne.
25/10/2018
Il "caso Italia" approda a Francoforte: anche la nostra manovra, come la Brexit e le guerre commerciali, e' da considerarsi fra le incertezze per lo scenario economico dell'Eurozona.
Il presidente Bce Draghi non nasconde le inquietudini per lo scontro che contrappone Roma e la Commissione, anche se si dice fiducioso che si troverà l'accordo sulla bozza di bilancio tricolore, purché si applichi buon senso nei negoziati. Nonostante la Bce non intenda entrare nei dettagli della contesa, Draghi qualche segnale chiaro a casa lo lancia: il primo è una constatazione, relativa al fatto che il rialzo dello spread finisce per danneggiare il capitale delle banche italiane. Il paradosso, letto in filigrana, è che si tratta di quelle stesse banche che la Lega è pronta a ricapitalizzare, in caso di guai. Draghi ha una risposta semplice: prima di spendere soldi pubblici, il Governo italiano eviti di mettere in dubbio la cornice istituzionale che sorregge l'euro. Poi l'affondo, a chi ancora non l'avesse capito: Francoforte non si piegherà alle esigenze italiane sul deficit. "Finanziare i deficit non e' nel nostro mandato", dice. Quindi, in caso di problemi, resta l'unico salvagente dell'OMT, quel piano anti-spread che di fatto implica un commissariamento europeo dei conti pubblici, in caso di crisi del debito di un Paese. L'unica ricetta possibile, per Draghi, è "rispettare le regole del Patto di Stabilita' e Crescita europeo, accelerando le riforme strutturali". E il caso Italia continua ad essere monitorato anche a Bruxelles: ieri telefonata Juncker-Merkel per parlarne.
24/10/2018
Rispedita al mittente. Il Governo gialloverde non ottiene sconti da Bruxelles sulla manovra: la Commissione Europea boccia senza riserve il documento programmatico di bilancio 2019.
L'esecutivo comunitario denuncia deviazioni e inosservanze gravi, rispetto ad obiettivi sottoscritti dallo stesso esecutivo Conte solo tre mesi fa. Su tutti l'aggiustamento strutturale, che doveva essere dello 0,6% rispetto al Pil e si è trasformato in un deterioramento dello 0,8%. Senza dimenticare previsioni di crescita considerate decisamente ottimistiche, che non porteranno l'enorme debito italiano a scendere. Fino a includere le dichiarate retromarce gialloverdi su pensioni, condoni e agevolazioni fiscali alle imprese che investono. "Il Governo italiano va apertamente e coscientemente contro gli impegni presi in sede europea", dice il vicepresidente della Commissione Dombrovskis. "Può rappresentare una tentazione curare il debito con debito, ma alla fine il debito pesa, e non c'è più alcuno spazio di manovra", sintetizza. Più possibilista il collega Moscovici: "lasciamo una chance al dialogo, questa decisione non significa che le nostre porte si chiudano, al contrario e' un invito al "dialogo costruttivo", dice Moscovici, che continua a considerare il Ministro Tria -nonostante tutto- un interlocutore credibile. Finisce dunque ufficialmente l'era della flessibilità europea verso l'Italia: Roma dovrà rispondere entro tre settimane, e si espone al rischio di una procedura per debito eccessivo, che può portare -in ultima analisi- a sanzioni milionarie.
23/10/2018
Bocciato. Il Governo gialloverde non ottiene sconti da Bruxelles, con la Commissione Europea che respinge al mittente il documento programmatico di bilancio 2019.
L'esecutivo comunitario denuncia deviazioni e inosservanze gravi, rispetto ad obiettivi sottoscritti dall'esecutivo Conte solo tre mesi fa, si fa notare - sulle quali Bruxelles non può soprassedere: su tutti l'aggiustamento strutturale, che doveva essere dello 0,6% rispetto al Pil e si è trasformato in un deterioramento dello 0,8%. Il tutto accompagnato da previsioni di crescita ottimistiche, che non porteranno il debito -37mila euro pro-capite- a calare. Senza contare le dichiarate retromarce gialloverdi su pensioni, condoni e agevolazioni fiscali alle imprese che investono. "Il Governo italiano va apertamente e coscientemente contro gli impegni presi in sede europea", dice il vicepresidente della Commissione Dombrovskis. "Può rappresentare una tentazione curare il debito con debito, ma alla fine il debito pesa, e non c'è più alcuno spazio di manovra", sintetizza. Più possibilista il collega Moscovici, "lasciamo una chance al dialogo, questa decisione non significa che le nostre porte si chiudano, al contrario e' un invito al "dialogo costruttivo, su cui accolgo con favore l'impegno del Ministro Tria", ha detto Moscovici, che continua a considerare Tria -nonostante tutto- un interlocutore credibile. Finisce dunque ufficialmente l'era della flessibilità europea verso l'Italia: Roma dovrà rispondere entro tre settimane, e si espone al rischio di una procedura per debito eccessivo, che può portare -in ultima analisi e tra sei mesi- a sanzioni milionarie.
23/10/2018
Manovra italiana rispedita al mittente dalla Commissione Europea: nessuna sorpresa oggi da Strasburgo, dove la riunione settimanale dell'esecutivo comunitario ha bocciato per la prima volta nella storia delle nuove regole del patto di stabilità un documento programmatico di bilancio.
Proprio quello inviato da Roma. La Commissione ritiene che il documento tricolore per il 2019 presenti una deviazione particolarmente grave rispetto alle raccomandazione del Consiglio del luglio 2018. Di qui la richiesta: presentare entro tre settimane una revisione. "L'Europa e' costruita sulla cooperazione, l'Eurozona e' costruita su stretti legami di fiducia" con "regole che sono le stesse per tutti, se la fiducia viene erosa, tutti gli Stati membri vengono danneggiati" - questo il monito del vicepresidente della Commissione Dombrovskis, che ha dovuto constatare la mancanza di alternative, se non lo scontro. Per Dombrovskis, "il Governo italiano va apertamente e coscientemente contro gli impegni presi in sede europea. "Può rappresentare una tentazione curare il debito con debito, ma alla fine il debito pesa, e non c'è più alcuno spazio di manovra. Più conciliante il tono del Commissario agli Affari Economici Moscovici, "lasciamo una chance al dialogo, questa decisione non significa che le nostre porte si chiudano, al contrario e' un invito al "dialogo costruttivo" su cui accolgo con favore l'impegno del ministro Tria in questo senso", ha detto Moscovici, che continua a considerare Tria un interlocutore credibile. Finisce dunque ufficialmente con oggi l'era della flessibilità europea verso l'Italia: Roma rischia seriamente una procedura per debito eccessivo, che può portare -in ultima analisi- a sanzioni pari allo 0,2% del Pil.
23/10/2018
E' stata dunque bocciata, come previsto, la manovra italiana. Nessuna sorpresa, dunque, nella riunione odierna della Commissione Europea a Strasburgo.
Bruxelles respinge dunque il Documento programmatico di bilancio e ne chiede uno nuovo e rivisto, che dovra' essere inviato entro tre settimane a Bruxelles. La lettera e' firmata dal vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis, e dal Commissario Europeo agli Affari economici Moscovici. Fin qui il primo fatto storico: non era mai accaduto che con le nuove regole del patto di stabilità la manovra di un Paese membro venisse clamorosamente bocciata. "Il Governo italiano va apertamente e coscientemente contro gli impegni presi in sede europea", dice Dombrovskis in conferenza stampa. "Può rappresentare una tentazione curare il debito con debito, ma alla fine il debito pesa, e non c'è più alcuna libertà di manovra". Da parte sua il Commissario Moscovici ha invece sottolineato che il dialogo con Roma va avanti, e che l'Italia ha fin qui beneficiato di molta flessibilità in Europa. Cosa accade ora? Roma avrà tre settimane per rispondere, correggendo il documento. Quando la risposta italiana approderà a Bruxelles, la Commissione avrà altre tre settimane per analizzarla. Nel frattempo si terrà un Eurogruppo, che aumenterà le pressioni intorno al Ministro dell'Economia Tria, e la Commissione renderà note le nuove previsioni economiche, che dovrebbero rivedere al ribasso le stime di crescita presentate dal Governo gialloverde. Qualora lo scontro si prolungasse, potrebbero arrivare le sanzioni europee: per vararle serviranno verosimilmente sei mesi. la multa da pagare dovrebbe essere pari allo 0,2% del Pil.
20/10/2018
Torna alta la temperatura politica sulla frontiera italofrancese, dopo l'annuncio del vicepremier Salvini di aver inviato agenti a presidiare il confine.
Ancora una volta oggetto del contendere sono gli immigrati lasciati dalla Gendarmerie su suolo tricolore - l'ultimo episodio venerdì mattina: "i francesi ci hanno scritto solo dopo aver lasciato gli immigrati nel nostro Paese", dice Salvini, che attacca Parigi, sostenendo che non esistono accordi ufficiali che permettono questo tipo di operazioni. Parigi dal canto suo si difende, sostenendo che si tratta di una prassi concordata: "una procedura di non ammissione alla frontiera del tutto conforme alla prassi tra la polizia francese e la polizia italiana, nonche' al diritto europeo". Così un comunicato della prefettura della regione delle Hautes-Alpes. Che precisa: i tre migranti lasciati "sulla linea esatta di demarcazione della frontiera sulla Rn 94 erano stati controllati al punto di attraversamento autorizzato di Monginevro, 500 metri piu' lontano. Provenienti dall'Italia e sprovvisti di documenti di viaggio, si sono visti notificare il rifiuto di ingresso su territorio francese. Conformemente alla procedura, il commissariato di Bardonecchia e' stato immediatamente informato". In effetti lo sconfinamento degli agenti francesi è stato solo di pochi metri, ed è avvenuto in uno slargo, normalmente utilizzato per permettere alle auto di fare manovra. In questo senso i francesi parlano di prassi. Ma la guerra politica Salvini-Macron ormai non ammette sconti e contagia qualsiasi settore.
20/10/2018
L'isolamento di Giuseppe Conte in Europa sulla manovra si misura plasticamente sia con gli attacchi dei Paesi rigoristi, anche quelli che ammiccano alla Lega come l'Austria, sia con il gelo dei partner tradizionali, quali Germania e Francia.
In serata, davanti ai giornalisti, il premier italiano -scuro in volto- nega il muro contro muro con l'Europa e minimizza le critiche incassate. "Non ho registrato particolari rilievi durante l'Eurosummit", dice. Le dichiarazioni degli altri leader raccontano un'altra storia: il premier olandese Rutte afferma di aver espresso le proprie preoccupazioni sui piani di bilancio italiani. "La manovra gialloverde non e' un bene ne' per l'Italia, ne' per l'Europa e l'Eurozona. Le proposte presentate da Roma vanno contro il patto di stabilita' e aumenteranno il deficit", dice. Altrettanto duro il cancelliere austriaco Kurz: "non abbiamo alcuna comprensione" per le politiche finanziarie "dell'Italia, "ci aspettiamo che il Governo rispetti le regole, Vienna non pagherà per il debito di altri", afferma. "Esamineremo il documento italiano senza alcun pregiudizio negativo, con la stessa flessibilita' e rigore come per tutti gli altri. Ci sono 5-6 Paesi a cui chiederemo ulteriori chiarimenti", annuncia il presidente della Commissione Juncker, mentre la cancelliera tedesca Merkel è gelida: "ho sottolineato con Conte che l'Italia deve avere un dialogo con la Commissione". Da Bruxelles filtra infine l'ammonimento estremo del presidente Bce Draghi: "sfidare le regole europee non porta una maggiore prosperita', ma comportera' un prezzo elevato per tutti, danneggiando la crescita". Il vertice europeo non è ha avuto al centro solo temi economici: a tenere banco nella serata di mercoledì la Brexit. I leader comunitari hanno messo in stand-by l'atteso summit decisivo di novembre, in attesa di progressi significativi nel negoziato, che al momento non appaiono all'orizzonte. La premier britannica May e il presidente della Commissione Juncker giovedì sera sono sembrati convergere su una possibile estensione del periodo di transizione oltre dicembre 2020. Anche se la premier britannica, sotto attacco sia sul fronte europeo sia su quello interno, parla di un periodo extra di transizione limitato a qualche mese. La verità è che per Theresa May si prepara una battaglia politica per la sopravvivenza a Downing Street: a fine ottobre il voto sulla manovra potrebbe rappresentare il delitto perfetto per quanti -in seno ai Tories- intendono far cadere il suo Governo, sostituendolo con uno più votato all'uscita netta dall'Europa. Infine, sul fronte migranti, fumata nera a Bruxelles sulla proposta austriaca di introdurre il concetto di "solidarieta' obbligatoria". Binario morto dunque per questa soluzione, in un'Europa divisa come non mai sulla questione migratoria - tra Paesi del Sud, alle prese coi movimenti primari, quelli del Nord, ostili a quelli secondari, e quelli dell'Est, che di migranti non vogliono proprio sentire parlare.
20/10/2018
Le prossime date dello scontro tra la Commissione Europea e l'Italia sono ben cerchiate in rosso all'inizio della prossima settimana: lunedì la scadenza dell'ultimatum a Roma, affinchè fornisca spiegazioni convincenti alla "deviazione senza precedenti" rispetto alle regole del patto di stabilità.
Martedì la riunione della Commissione Europea, che -con ogni probabilità- si troverà a dover leggere una risposta densa di spiegazioni, ma povera di correzioni. A quel punto Bruxelles accelererà, forte anche dell'isolamento italiano tra i Governi europei: l'esecutivo gialloverde sulla finanziaria è senza sponde. Ieri è stata la giornata della tregua. "Dialogare e' fondamentale, la questione e' delicata, non abbiamo interesse a creare ulteriori tensioni, la 'palla' e' ora nel campo delle autorita' italiane". Cosi' il Commissario agli Affari Economici Moscovici, chiudendo la sua visita a Roma. Moscovici ha lanciato un messaggio tranquillizzante: "non c'è un timore di rischio contagio Italia, con il dialogo costruttivo gli operatori economici saranno rassicurati". Il premier Conte invece ha lasciato Bruxelles al termine del vertice Asem, incassando l'ennesimo attacco del presidente di turno europeo, l'austriaco Kurz: "come Unione, non siamo disposti ad accettare il rischio di caricarci questo debito per l'Italia". Per Conte una tre giorni difficile, quella europea. Ma resta aperto al negoziato.
19/10/2018
Il giorno dopo l'ultimatum europeo sulla manovra, i toni si abbassano sull'asse Roma-Bruxelles, in vista della scadenza di lunedì.
"Dialogare e' fondamentale, sappiamo tutti che la questione e' delicata, non abbiamo interesse a creare ulteriori tensioni, la 'palla' e' ora nel campo delle autorita' italiane - che ci risponderanno". Cosi' il Commissario agli Affari Economici Moscovici, chiudendo la sua visita a Roma. La decisione di Bruxelles "sara' basata sull'interesse generale", ha tenuto a precisare Moscovici, il quale ha cercato lanciare un messaggio tranquillizzante: "non c'è un timore di rischio contagio Italia, con il dialogo costruttivo gli operatori economici saranno rassicurati", ha detto. Il premier Conte invece lascia Bruxelles al termine del vertice Asem, chiudendo una tre giorni nella capitale belga iniziata con la presentazione di una manovra da lui definita "bella", passata a parare i colpi delle critiche -anche dure- dei colleghi europei, e conclusasi col ritorno a Roma per rimetterci pesantemente mano, a questa finanziaria.
19/10/2018
L'isolamento di Giuseppe Conte in Europa sulla manovra si misura plasticamente sia con gli attacchi dei Paesi rigoristi, anche quelli che ammiccano alla Lega come l'Austria, sia con il gelo dei partner tradizionali, quali Germania e Francia.
In serata, davanti ai giornalisti, il premier italiano -scuro in volto- nega il muro contro muro con l'Europa e minimizza le critiche incassate. "Non ho registrato particolari rilievi durante l'Eurosummit", dice. Le dichiarazioni degli altri leader raccontano un'altra storia: il premier olandese Rutte afferma di aver espresso le proprie preoccupazioni sui piani di bilancio italiani. "La manovra gialloverde non e' un bene ne' per l'Italia, ne' per l'Europa e l'Eurozona. Le proposte presentate da Roma vanno contro il patto di stabilita' e aumenteranno il deficit", dice. Altrettanto duro il cancelliere austriaco Kurz: "non abbiamo alcuna comprensione" per le politiche finanziarie "dell'Italia, "ci aspettiamo che il Governo rispetti le regole, Vienna non pagherà per il debito di altri", afferma. "Esamineremo il documento italiano senza alcun pregiudizio negativo, con la stessa flessibilita' e rigore come per tutti gli altri. Ci sono 5-6 Paesi a cui chiederemo ulteriori chiarimenti", annuncia il presidente della Commissione Juncker, mentre la cancelliera tedesca Merkel è gelida: "ho sottolineato con Conte che l'Italia deve avere un dialogo con la Commissione". Da Bruxelles filtra infine l'ammonimento estremo del presidente Bce Draghi: "sfidare le regole europee non porta una maggiore prosperita', ma comportera' un prezzo elevato per tutti, danneggiando la crescita".
18/10/2018
Il caso Italia approda ufficialmente a Bruxelles, con un Eurosummit che finisce col mettere sotto accusa la manovra varata dal Governo gialloverde.
Il più esplicito è il premier olandese Rutte, che twitta: "ho espresso le preoccupazioni olandesi sui piani di bilancio italiani. La manovra gialloverde non e' un bene ne' per l'Italia, ne' per l'Europa e l'Eurozona. Le proposte presentate da Roma vanno contro il patto di stabilita' e aumenteranno il deficit". Altrettanto duro il cancelliere austriaco Kurz: "non abbiamo alcuna comprensione" per le politiche finanziarie "dell'Italia, "ci aspettiamo che il governo rispetti le regole", dice Kurz, precisando che mVienna non pagherà per il debito di altri. Il premier Conte finisce così isolato a Bruxelles, abbandonato non solo dai partner tradizionali, ma anche dai Governi di destra ed euroscettici, che non se la sentono di appoggiare le sue politiche fiscali. "Esamineremo il documento italiano senza "alcun pregiudizio negativo, con la stessa flessibilita' e rigore come per tutti gli altri. Ci sono 5-6 Paesi a cui chiederemo ulteriori chiarimenti", annuncia il presidente della Commissione Juncker, mentre la cancelliera tedesca Merkel vede Conte e afferma: "ho sottolineato con Conte che l'Italia deve avere un dialogo con la Commissione". Da Bruxelles un Conte scuro in volto incontra la stampa, provando a rassicurare: "negli incontri bilaterali ho trovato i partner europei molto rispettosi e attenti nell'ascoltare la mia illustrazione della manovra". Ma sono soprattutto le indiscrezioni sulle dichiarazioni del presidente Bce Draghi a Bruxelles a rappresentare l'ammonimento estremo: "sfidare le regole europee non porta una maggiore prosperita', ma comportera' un alto prezzo per tutti, danneggiando la crescita".
18/10/2018
Si accelerano dunque i tempi nel confronto che -per tutto l'autunno- opporrà Commissione Europea e Italia sulla manovra.
Fonti comunitarie hanno fatto trapelare che il Commissario agli Affari Economici Moscovici consegnera' personalmente oggi al Ministro dell'Economia Tria la lettera di richiamo della Commissione sui conti pubblici italiani. Roma dovra' rispondere entro una settimana e, sulla base della risposta, la Commissione decidera' entro il 31 ottobre se considerare il progetto di bilancio 2019 in regola con il patto di stabilita' e gli impegni assunti, oppure se chiederne delle modifiche, bocciandolo - una mossa, lo ricordiamo, che rappresenterebbe una prima assoluta sulla base delle regole approvate a livello comunitario. La questione Italia è stata con ogni probabilità tra i temi discussi informalmente all'Eurosummit, conclusosi pochi minuti fa a Bruxelles. Un fronte di Paesi rigoristi, capitanato dal premier olandese Rutte, sarebbe sul piede di guerra nei confronti di Roma, accusata di destabilizzare l'area Euro. Più in generale, nel corso di questi due giorni la posizione del premier Conte è apparsa nei fatti isolata in Europa sulla manovra, sia Est che ad Ovest. Neppure i Governi euroscettici e populisti sembrano disponibili a prestare il fianco ad un Def giudicato pericoloso per la stabilità dell'Euro. E stasera arriverà la lettera della Commissione, che rappresenterà il primo gong nel confronto tra il Governo gialloverde e Bruxelles.
17/10/2018
Grande attesa per il vertice europeo che si apre stasera a Bruxelles: al di là della manovra italiana, che terrà banco soprattutto nel corso dell'Eurosummit di domani, sarà la questione Brexit al centro della cena tra i leader comunitari.
Nelle ultime ore sono proseguiti sottotraccia i negoziati: l'Irlanda si è detta favorevole alla proposta -attribuita alcaponegoziatore europeo Barnier- di offrire al Regno Unito una proroga di un anno del periodo di transizione post-Brexit, con il mantenimento sostanziale dello status quo sino a fine 2021. L'obiettivo e' garantire piu' tempo per negoziare con Londra un accordo sulle relazioni future, in grado di scogliere il nodo del mantenimento del confine aperto fra Repubblica d'Irlanda e Irlanda del Nord. Fonti del governo di Theresa May precisano tuttavia che Downing Street non chiede un prolungamento della transizione, bensi' che il cosiddetto backstop - l meccanismo di garanzia preteso da Bruxelles, che imporrebbe all'Irlanda del Nord di restare da sola nel mercato unico- abbia comunque una durata a termine. Ieri il presidente europeo Tusk ha esplicitamente chiesto nuove proposte da Londra, per sbloccare un negoziato sostanzialmente impantanatosi proprio sul confine nordirlandese. Le attese per un accordo stasera sono minime: l'ipotesi più concreta è che venga riconvocato un vertice europeo a novembre, o per formalizzare l'uscita britannica senza intesa, o per chiudere formalmente l'intesa dopo un mese di tempi supplementari nei negoziati. Curiosamente, l'ultimo sondaggio Eurobarometro ha rilevato come solo il 34% dei britannici voglia ancora lasciare l'Europa, contro il 51% dei favorevoli a restare nell'Unione.
15/10/2018
Il tramonto politico di Jean-Claude Juncker passa anche dal Lussemburgo.
Un fortino per decenni politicamente inespugnabile, dominato dal suo partito, la Csv: anche ieri i cristiano-sociali hanno vinto le elezioni, ma sono scesi sotto quota 30%. Un risultato che lo schieramento dominatore incontrastato della politica del Granducato per quasi l'intero Dopoguerra non registrava dal '74. Remoti appaiono i consensi superiori al 40% degli anni '50, irraggiungibile persino il 38% registrato nove anni fa. Tramontati i 18 anni in cui Juncker regnava sul Lussemburgo, influenzando un ventennio di Consigli Europei. Una posizione di potere, la sua, rafforzata dalla presidenza dell'Eurogruppo.Nonchè decisamente sproporzionata, rispetto all'effettivo peso demografico del Paese. Ad affondarlo nel 2013 non furono scandali legati alle opache pratiche finanziarie lussemburghesi: fu invece uno scandalo interno ai servizi segreti del Granducato. Juncker fu accusato di averne perso il controllo, sorvolando sulla corruzione interna. Quello stesso anno il Lussemburgo passò ai Democratici di Xavier Bettel, premier di ispirazione liberale, segnando la fine di un'epoca. L'anno dopo Juncker traslocava a Bruxelles, insediandosi alla presidenza della Commissione Europea. L'onda di cambiamento che investe in questi mesi la politica continentale accompagna la sua uscita: l'anno prossimo lascerà la Commissione e sparirà dai radar. Il suo partito, convinto ieri di prendersi una storica rivincita elettorale, continua invece ad arretrare, in un quadro politico lussemburghese frammentato. In questa chiave l'addio di Juncker è molto più che simbolico: avviene infatti sullo sfondo sia della progressiva erosione di consensi dei cosiddetti "partiti tradizionali", sia dell'avanzamento di due fronti politicamente contrapposti. I partiti coraggiosamente pro-europeisti da una parte, e quelli dichiaratamente populisti ed euroscettici dall'altra. Non era probabilmente l'Europa che Juncker immaginava, solo 20 anni fa.
15/10/2018
L'ora della resa dei conti. La fragile Grosse Koalition berlinese, che in sette mesi ha già rischiato due volte di naufragare, prima sui migranti e poi sui servizi segreti, inciampa stavolta sulla Baviera.
Un problema previsto, ma che ha mostrato tutta la sua forza di impatto non appena i dati delle urne hanno restituito la cruda realtà: due dei tre partner del Governo hanno perso insieme oltre 21 punti percentuali, nel libero Stato bavarese. A Monaco i prossimi cinque anni non dovrebbero riservare scossoni clamorosi: tornerà un Governo a guida Csu, stavolta con un alleato di coalizione - probabilmente i centristi dei Freie Wahler, più vicini ideologicamente alle posizioni di destra dei cristiano-sociali, rispetto ai Verdi. Il dato politico inequivocabile resta: una stagione si è chiusa, quella in cui la Csu si identificava con il Land della Baviera. Per paradosso, gli effetti di questo sisma bavarese dovrebbero investire più profondamente l'esecutivo Merkel: la leader tedesca, che si trascina stancamente nel suo quarto mandato, dovrà trarre le conseguenze di questo pesante calo di due dei pilastri della Grosse Koalition. Neppure la sua Cdu se la passa bene nei sondaggi nazionali. Improbabile però che questa debacle produrrà effetti concreti nell'immediato: la leader Spd Nahles ha lasciato intendere che tutto si giocherà nei prossimi mesi. Prima occorre continuare a misurare la febbre di cui soffrono i partiti tradizionali: prossimo appuntamento le elezioni del Land dell'Assia, tra due settimane. I sondaggi pronosticano cali significativi per Cdu ed Spd, anche se non crolli veri e propri. Per la politica tedesca si riapre l'era dell'incertezza.
15/10/2018
L'onda sismica elettorale bavarese si propaga -come previsto- contagiando l'intera politica tedesca: mentre a Monaco è in pieno svolgimento il processo interno alla Csu, franata nei consensi poco sopra il 37%, a Berlino è già psicodramma nella Grosse Koalition.
I cristiano-sociali provano a ripartire da pochi punti fermi: fonti dalla riunione del partito confermano la reinvestitura dell'attuale Ministro-presidente Markus Soeder, affinchè conduca le trattative per il nuovo Governo - che sarà necessariamente di coalizione. Le trattative con i centristi dei Freie Waehler dovrebbero partire mercoledì, mentre i Verdi -trionfatori della tornata elettorale- potrebbero rientrare in gioco solo qualora il negoziato fallisse. Oggi ha parlato il Ministro dell'Interno Seehofer: Seehofer si è detto aperto al dibattito, ma non intende affrontare discussioni sul suo ruolo. In quanto leader della Csu, la sua testa potrebbe cadere, dopo la debacleelettorale. Il focus principale si è spostato nel frattempo a Berlino, dove i pessimi risultati di due dei tre partner della Grosse Koalition potrebbero mettere a rischio il Governo Merkel. Se la Csu non sta bene, i socialdemocratici vivono un vero e proprio psicodramma: la leader Spd Nahles conferma che il crollo del partito deve portare a delle conseguenze, ma rifiuta l'idea che il funzionamento dell'esecutivo nazionale debba dipendere dai risultati di una sola elezione locale. Determinanti negli equilibri berlinesi saranno i prossimi mesi, dice la Nahles. E molto importanti saranno i risultati delle elezioni in Assia, previste tra due settimane: i sondaggi pronosticano cali significativi per Cdu ed Spd, anche se non crolli veri e propri. Per la politica tedesca si riapre l'era dell'incertezza.
15/10/2018
Il terremoto elettorale bavarese si sta propagando con un'onda sismica che contagia l'intera politica tedesca: mentre a Monaco è in pieno svolgimento il processo interno alla Csu, franata nei consensi poco sopra al 37%, a Berlino è già psicodramma nella Grosse Koalition.
I cristiano-sociali provano a ripartire da pochi punti fermi: fonti dalla riunione del partito confermano la scontata reinvestitura dell'attuale Ministro-presidente Markus Soeder, affinchè conduca le trattative per il nuovo Governo - che sarà necessariamente di coalizione. Le trattative con i centristi dei Freie Waehler dovrebbero partire mercoledì, mentre i Verdi -veri trionfatori della tornata elettorale- potrebbero rientrare in gioco solo qualora questo negoziato fallisse. Il focus principale si è spostato nel frattempo a Berlino, dove i pessimi risultati di due dei tre partner della GrosseKoalition stanno mettendo a rischio il Governo Merkel. All'interno della Csu potrebbe saltare la testa del Ministro dell'Interno Seehofer, leader del partito e in pessimi rapporti con la Merkel - i due sono entrati più volte in rotta di collisione in sette mesi. Lui per intanto fa orecchie da mercante. Il vero psicodramma lo stanno vivendo i socialdemocratici: il segretario generale Spd Klingbeil vede nei risultati delle urne bavaresi un "chiaro segnale", che pesa fortemente sulla Grosse Koalition. Dopo il voto di ieri dovranno esserci "conseguenze", ha detto. Determinanti negli equilibri berlinesi saranno i risultati delle elezioni in Assia, tra due settimane: i sondaggi pronosticano cali significativi per Cdu ed Spd, anche se non crolli veri e propri. Per la politica tedesca si riapre l'era dell'incertezza.
15/10/2018
"Crollo Csu in Bavera", "terremoto in Baviera", "schianto Csu ed Spd, trionfano i Verdi": le prime pagine oggi dei quotidiani tedeschi riassumono gli effetti del voto bavarese, che scuote anche la politica nazionale tedesca: la Csu, dominatrice incontrastata in Baviera per quasi 60 anni, a colpi di maggioranze assolute, ottiene un risultato pessimo: 37,2%, con 85 seggi sui 205 nel Parlamento del Land.
Risultato che il candidato Ministro-Presidente CSU, Markus Soeder, commenta così, provando a vedere il bicchiere mezzo pieno: "La Csu resta non solo il partito più forte in Baviera, ma anche il partito incaricato di formare il Governo del Land". Il grande exploit lo fanno registrare i Verdi, che balzano al 17,5% e diventano la seconda forza politica. La leader Katharina Schultze: "La Baviera ha bisogno di un partito che risolva i problemi della gente, non di uno che ne crea continuamente di nuovi. Per questo il risultato elettorale ha già cambiato la Baviera". E se messaggio politico deve esserci, da queste elezioni, è che non necessariamente il crollo dei partiti tradizionali porta al trionfo delle forze di estrema destra. Tutt'altro: i Verdi, con una linea europeista ed ecologista, sono i vincitori della tornata. Crollano i socialdemocratici Spd, al 9,7%, mentre l'ultradestra Afd finisce poco sopra il 10%. Sarà dunque un Governo di coalizione, ma non ci si attende un matrimonio Csu-Verdi: più probabile un'alleanza tra la Csu e i centristi bavaresi dei Freie Waehler. Lo starnuto bavarese rischia ora di provocare una polmonite a Berlino, minando le fondamenta dell'esecutivo Merkel: diversi commentatori annunciano il de profundis per la GrosseKoalition, con la Spd in ginocchio. "Situazione irrequieta", la definisce oggi Die Welt in prima pagina, con la domanda fatidica: "che farà la Merkel dopo questo risultato?"
15/10/2018
L'annunciato terremoto in Baviera scuote la politica nazionale tedesca: i cristiano-sociali della Csu, dominatori incontrastati per quasi 60 anni del panorama bavarese a colpi di maggioranze assolute, ottengono un risultato pessimo, anche se -paradossalmente- superiore ai sondaggi: a scrutinio ultimato, incassano il 37,2%, con 85 seggi sui 205 nel Parlamento del Land.
Un risultato che il candidato Ministro-Presidente CSU, Markus Soeder, commenta così, giudicando il bicchiere mezzo pieno: "La Csu resta non solo il partito più forte in Baviera, ma anche il partito incaricato di formare il Governo del Land". Il grande exploit lo fanno registrare i Verdi, che balzano al 17,5% e diventano la seconda forza politica bavarese. La leader Katharina Schultze: "La Baviera ha bisogno di un partito che risolva i problemi della gente, non di uno che ne crea continuamente di nuovi. Per questo il risultato elettorale ha già cambiato la Baviera.". E se messaggio politico deve esserci, da queste elezioni bavaresi, è che non necessariamente il crollo dei partiti tradizionali porta all'aumento delle forze di estrema destra. I Verdi, con una linea europeista ed ecologista, sono i vincitori della tornata elettorale. Crollano i socialdemocratici della Spd, al 9,7%, mentre l'ultradestra dell'Afd finisce poco sopra il 10% al suo esordio in Baviera. Sarà dunque un Governo di coalizione, ma non ci si attende un matrimonio Csu-Verdi: più probabile un'alleanza tra la Csu e i centristi bavaresi dei Freie Waehler. Lo starnuto bavarese rischia ora di portare una polmonite a Berlino, minando le fondamenta della Grosse Koalition guidata da Angela Merkel: si annuncia infatti una caccia al colpevole per il pessimo risultato elettorale, mentre la Spd è in ginocchio. "Situazione irrequieta", la definisce oggi Die Welt in prima pagina, con la domanda fatidica: "che farà la Merkel dopo questo risultato?"
14/10/2018
Una svolta storica, quella che vive in queste ore la Baviera, il Land tedesco più conservatore. Dopo 56 anni di monopolio assoluto, tranne un breve periodo di coabitazione con i liberali, il partito-Stato bavarese, quella Csu storica alleata della Cdu di Angela Merkel a livello nazionale, rischia di perdere il controllo politico del Land. O, quantomeno, di doverlo condividere con un alleato di coalizione.
L'ultimo frammento di muro di Berlino a occidente si avvia verso lo sgretolamento, segnando la fine di un'epoca, a Monaco di Baviera. I sondaggi sono impietosi: la Csu del Ministro-presidente Soeder, dopo aver inseguito da Berlino le politiche migratorie di estrema destra dell'Afd - cortesia del Ministro dell'Interno Seehofer, lui stesso ex-leader bavarese, ha scoperto non solo di non aver affatto arrestato l'emorragia di consensi, ma di aver regalato parte del suo elettorato moderato ad altre forze. Le ultime rilevazioni danno la Csu al 34%, in crollo di 13 punti. I Verdi della biondissima Katharina Schulze si avviano a diventare la seconda forza politica, con il 19%. Lei apre già ad una possibile coalizione con i cristiano-sociali, in vista di un esecutivo neroverde. Calo pesante e crisi profonda per i socialdemocratici della Spd, al 12%, seguiti dai centristi dei Freie Waehler e dall'estrema destra dell'Alternative fuer Deutschland. Al suo esordio in Baviera, l'Afd si avvia a conquistare il 10% dei voti. Il grande interrogativo riguarda i possibili effetti del voto bavarese sulla Grosse Koalition che governa a Berlino - a livello nazionale la disfatta della Csu potrebbe generare ripercussioni imprevedibili.
13/10/2018
A poche ore dal fatidico invio della manovra italiana a Bruxelles, per un esame che si annuncia quantomeno complicato, tutte le principali istituzioni internazionali lanciano avvertimenti chiari all'Italia, riassumibili in un invito inequivocabile: fate marcia indietro, tornate sulla strada del risanamento e delle riforme strutturali.
Il primo a parlare è stato ieri il presidente della Commissione Juncker, che ha attaccato l'esecutivo gialloverde, sostenendo che "Roma non rispetta la parola data". Dall'Europa a Bali, sede del G20 finanziario: per il presidente Bce Draghi, nei Paesi in cui il debito pubblico e' elevato "la piena adesione al Patto di stabilita' e crescita e' fondamentale". Un messaggio inequivocabile rivolto a Roma. E, infine, pure l'Fmi ha lanciato l'allarme rosso, con il capo Dipartimento per l'Europa Poul Thomsen: la manovra in discussione in Italia "va nella direzione opposta rispetto ai suggerimenti del Fondo Monetario. Credo che per diverso tempo non sia stato seguito il consolidamento di bilancio, che ha portato l'Italia a crescere sotto il suo potenziale", ha detto. L'Eurosummit in programma giovedì a Bruxelles vedrà il premier Conte sulla graticola: cinque o sei leader europei sarebbero pronti a metterlo sotto accusa, prendendo la parola per ribadire a Roma la necessita' di rispettare le regole del Patto di stabilita'. Altrimenti, questo il messaggio che sarà recapitato a muso duro al premier gialloverde, a raccogliere i cocci di eventuali crisi finanziarie dovremo essere noi stessi.
13/10/2018
Più soldi per le politiche di coesione: questo l'appello lanciato dalle regioni europee nel corso dell'annuale Settimana delle Regioni, che si è svolta a Bruxelles.
L'Europa non puo' raggiungere i propri obiettivi senza risorse adeguate e nuovi strumenti per i territori dopo il 2020: così sostiene il parere approvato nella plenaria del Comitato europeo delle Regioni, in merito al prossimo bilancio pluriennale - le cui trattative sono nei fatti appena partite. Il testo del relatore Nikola Dobroslavic si oppone ai tagli per le politiche di coesione e per l'agricoltura, e invita Stati membri e istituzioni comunitarie a mettere a disposizione nuovi strumenti per citta' e regioni, per stimolare investimenti su lavoro, ambiente e integrazione. Il testo si esprime soprattutto contro la proposta della Commissione di trasferire i finanziamenti dai programmi realizzati in modo congiunto da Unione, Stati e territori, a programmi gestiti direttamente dall'esecutivo comunitario. Duro l'attacco del presidente del Comitato delle regioni Karl-Heinz Lambertz: "come puo'dichiarare che la politica di coesione e' vitale per l'Europa, proponendo al tempo stesso un taglio del 10%? Rifiutiamo tagli sproporzionati". Nel corso della settimana si è parlato anche di Italia: secondo fonti europee, la preoccupazione sul ritardo della Penisola nella spesa dei fondi europei si e' attenuata. La situazione resta in continua evoluzione, il clima è da corsa contro il tempo, ma non c'e' allarme, in vista della scadenza del 31 dicembre, per il raggiungimento degli obiettivi di spesa intermedi dei fondi strutturali. Le valutazioni delle nostre regioni per chiedere l'aumento del co-finanziamento europeo e scongiurare la perdita di risorse sono ancora in corso: c'e' tempo fino al 15 ottobre per farne richiesta. Nelle scorse settimane, Roma aveva chiesto a Bruxelles la possibilita' di rivedere il tasso di co-finanziamento, cosi' da diminuire la quota di spesa nazionale. Infine, a fare capolino pure il tema -caldissimo- dei nazionalismi e dei populismi: quanti vogliono la distruzione dell'Europa "mentono quando danno la colpa all'Unione per il crollo di un ponte o per lo scarso finanziamento del loro sistema sanitario". "Distruggendo" l'Unione, finirebbero per distruggere anche le loro regioni e le lorocitta'", ha attaccato il presidente del Comitato delle regioni Lambertz.
12/10/2018
Forti turbolenze europee in arrivo per il Governo gialloverde. Cinque o sei leader comunitari sarebbero pronti a prendere la parola -all'Eurosummit in programma giovedì aBruxelles- per ribadire a Roma la necessita' di rispettare le regole del Patto di stabilita', provvedendo autonomamente ad eventuali choc in caso di crisi.
Si preannuncia dunque, per il premier Conte, un vertice molto complicato. Il caso-Italia ha tenuto banco nelle ultime ore sia in Europa sia al G20 finanziario di Bali. In un'intervista a Le Monde, il presidente della Commissione Juncker ha attaccato l'esecutivo gialloverde, sostenendo che "Roma non rispetta la parola data". Juncker ha puntualizzato che -grazie alla flessibilità concessa da Bruxelles, contro il parere di diversi Stati membri- la Penisola ha potuto beneficiare di 30 miliardi aggiuntivi di spesa. Di qui l'appello: "smettetela di dipingerci come mostri". Dall'Europa a Bali: per il presidente Bce Draghi, nei Paesi in cui il debito pubblico e' elevato la piena adesione al Patto di stabilita' e crescita e' fondamentale". Il messaggio all'Italia appare inequivocabile. A chiudere, pure l'Fmi lancia l'allarme rosso, segnalando al Governo gialloverde che la finanziaria italiana rischia di schiantarsi contro un muro: la manovra in discussione "va in direzione opposta rispetto ai suggerimenti dell'Fmi. Credo che per diverso tempo non sia stato seguito il consolidamento di bilancio, che ha portato l'Italia a crescere sotto il suo potenziale". A dirlo Poul Thomsen, capo del Dipartimento europeo dell'Fmi.
12/10/2018
Turbolenze europee in arrivo per il Governo gialloverde. E' di poco fa la notizia che all'Eurosummit di giovedi' a Bruxelles cinque o sei leader comunitari sarebbero pronti a prendere la parola per ribadire all'Italia la necessita' di rispettare le regole del Patto di stabilita' e di essere in grado di provvedere autonomamente ad eventuali shock in caso di crisi. Tra loro, anche l'olandese Mark Rutte.
Si preannuncia dunque, per il premier Conte, un summit difficilissimo. Il caso-Italia ha tenuto banco anche oggi sia in Europa sia al G20 finanziario di Bali. In un'intervista a Le Monde, il presidente della Commissione Juncker ha attaccato il Governo gialloverde, sostenendo che Roma non rispetta la parola data. Juncker puntualizzato che -grazie alla flessibilità concessa da Bruxelles contro il parere di diversi Stati membri- la Penisola ha potuto beneficiare di 30 miliardi aggiuntivi di spesa. Di qui l'appello: "smettetela di dipingerci come mostri". Dall'Europa a Bali, dove è in corso il G20 finanziario: per il presidente Bce Draghi, nei Paesi in cui il debito pubblico e' elevato la piena adesione al Patto di stabilita' e crescita e' fondamentale". Il messaggio all'Italia appare inequivocabile. A chiudere, pure l'Fmi lancia l'allarme rosso, segnalando al Governo gialloverde che la finanziaria italiana rischia di schiantarsi contro un muro: la manovra in discussione "va in direzione opposta rispetto ai suggerimenti dell'Fmi. Credo che per diverso tempo non sia stato seguito il consolidamento di bilancio, che ha portato l'Italia a crescere sotto il suo potenziale". A dirlo PoulThomsen, capo del Dipartimento europeo dell'Fmi.
1/10/2018
E' il "caso italia" ad animare le discussioni del G20 dei Ministri delle Finanze, in corso a Bali.
"Stiamo aspettando la manovra tricolore per la prossima settimana, poi la valuteremo con le regole comuni: non e' interesse o volonta' della Commissione Europea un conflitto con l'Italia, e non e' nell'interesse dell'Italia una manovra nella quale manca un significativo calo del debito - perche' poi, chi paga il conto?". Così il Commissario agli Affari Economici Moscovici, tra una settimana a Roma per incontri esplorativi, ha teso il ramoscello d'ulivo al Governo gialloverde, senza risparmiare però una dura stoccata verso una finanziaria già bocciata -nella sostanza- a livello internazionale. Moscovici ha tenuto a precisare che le regole europee non sono state fatte "da burocrati o da pazzi, ma dagli stessi Governi europei, e hanno dimostrato di essere solide perche' hanno generato ripresa anche in Italia". Infine, ha detto di confidare ancora nella possibilità di far fare un passo indietro al Ministro dell'Economia Tria, dimenticando l'inversione ad U effettuata dallo stesso Tria sul deficit tra inizio e fine settembre. Prima di Moscovici aveva parlato -con toni ben più duri- la direttrice dell'Fmi Lagarde: "la nostra posizione sull' Italia e' conosciuta: sosteniamo il consolidamento fiscale che deve essere d'aiuto alla crescita del Paese. E consideriamo che i membri dell'Unione Europea rispettino le regole verso le quali si sono impegnati". Domani per Tria sarà un'altra giornata campale, questa volta su suolo indonesiano.
6/10/2018
Uno scontro lungo una settimana: da lunedì le sciabolate verbali sull'asse Roma-Bruxelles sono andate di pari passo con le tensioni sulla manovra, esplodendo e aggravandosi col passare dei giorni.
A memoria, mai i duelli verbali tra un Governo italiano e la Commissione Europea avevano raggiunto acuti simili, con veri e propri insulti personali che hanno stracciato ogni bonton diplomatico. Un piccolo campionario degli attacchi, giorno per giorno: si comincia lunedì, quando è chiaro a tutti che Roma sta andando a sbattere contro un muro grande quanto l'Europa intera, a causa di una manovra finanziaria esagerata nel superamento delle regole. "Il deficit italiano al 2,4% è una deviazione molto significativa dai parametri comunitari", dice il Commissario agli Affari Economici Moscovici, mentre il presidente della Commissione Juncker accende lo scontro: "se l'Italia vuole un trattamento particolare supplementare, questo vorrebbe dire la fine dell'euro. Bisogna essere molto rigidi". Apriti cielo: il vicepremier Salvini, che -come vedremo- si rivela rapido a sfruttare la carta dell'attacco personale, prima chiede uno stop alle minacce e agli insulti dall'Europa - "l'Italia e' un Paese sovrano", afferma, poi attacca personalmente Juncker: "parlo con persone sobrie che non fanno paragoni che non stanno ne' in cielo ne' in terra". Traduzione non diplomatica: Juncker avrebbe problemi di alcool. Non finisce qui: l'altro vicepremier Di Maio difende Salvini: "non lo rimprovero per quello che ha detto su Juncker". A questo punto è Moscovici a replicare, attaccando politicamente il Governo gialloverde e facendo trascendere lo scontro in una contesa politica, europeisti contro populisti: come gli ungheresi "anche gli italiani hanno optato per un Governo decisamente euroscettico e xenofobo che, sulle questioni migratorie e di bilancio, sta cercando di sbarazzarsi degli obblighi europei", dice. Passano poche ore ed è ancora Moscovici a sottolineare il concetto. Intervistato da Le Monde, lancia un appello a salvare l'Europa: "l'Unione e' a un bivio, se non facciamo niente, gli Orban, i Salvini, i Kaczyinski, e i Le Pen disegneranno un'Europa dove la giustizia e la stampa saranno sotto controllo, gli stranieri stigmatizzati, le minoranze minacciate. Tutti questi leader di estrema destra sono i nemici delle democrazie aperte e liberali". Replica il premier Conte, successivamente è il diretto interessato, Salvini, a rincarare la dose: "un socialista francese che viene a dare lezioni fa ridere. Se l'Europa schifa quei burocrati che hanno impoverito un intero continente ed ha fiducia in noi il problema e' di chi ha malgovernato per anni". Chiosa il presidente della Commissione Juncker da Vienna: prima afferma di volere il dialogo anche con gli euroscettici, poi invita a bloccare l'avanzata degli antieuropeisti: "la marcia dello stupido populismo e del nazionalismo deve essere fermata finche' siamo ancora in tempo".
5/10/2018
La campagna elettorale per le prossime elezioni europee si incrocia pericolosamente con le tensioni relative ai conti pubblici sull'asse Roma-Bruxelles: al termine di una settimana passata a menare fendenti come mai si era visto prima, nei rapporti tra Italia e Commissione, ieri lo scontro ha raggiunto l'apice.
Il Commissario agli Affari Economici Moscovici, parlando al quotidiano Le Monde lancia un appello per salvare il Continente: "l'Unione e' a un bivio, se non facciamo niente, gli Orban, i Salvini, i Kaczyinski, e i Le Pen disegneranno un'Europa dove la giustizia e la stampa saranno sotto controllo, gli stranieri stigmatizzati, le minoranze minacciate. Tutti questi leader di estrema destra sono i nemici delle democrazie aperte e liberali". Un affondo duro, contro la nuova destra -anche estrema- accusata di voler disintegrare 60 anni di integrazione. Il premier Conte replica per primo, successivamente Salvini rincara la dose: "un socialista francese che viene a dare lezioni fa ridere. Se l'Europa schifa quei burocrati che hanno impoverito un intero continente ed ha fiducia in noi il problema e' di chi ha malgovernato per anni". Infine il presidente della Commissione Juncker -parlando a Vienna- dà un colpo al cerchio e uno alla botte. Prima invita al confronto con gli euroscettici, poi incita a bloccare l'avanzata degli antieuropeisti: "la marcia dello stupido populismo e del nazionalismo deve essere fermata, finche' siamo ancora in tempo".
4/10/2018
Resta terreno minato e di scontro l'Europa, con accuse e repliche che si trascinano quotidianamente sull'asse Roma-Bruxelles.
Ad accendere la miccia ancora una volta il Commissario Europeo agli Affari Economici Moscovici, che in un'intervista al quotidiano Le Monde lancia un appello per salvare l'Europa: "l'Unione e' a un bivio, se non facciamo niente, gli Orban, i Salvini, i Kaczyinski, e i Le Pen disegneranno un'Europa dove la giustizia e la stampa saranno sotto controllo, gli stranieri stigmatizzati, le minoranze minacciate. Tutti questi leader di estrema destra sono i nemici delle democrazie aperte e liberali". Un affondo durissimo, contro la nuova destra che sta mettendo a rischio il progetto politico continentale, cui risponde a poche ore di distanza il premier Conte. Successivamente è il diretto interessato, Salvini, a rincarare la dose: "un socialista francese che viene a dare lezioni fa ridere. Se l'Europa schifa quei burocrati che hanno impoverito un intero continente ed ha fiducia in noi il problema e' di chi ha malgovernato per anni". Intanto il presidente della Commissione Juncker -parlando a Vienna- dà un colpo al cerchio e uno alla botte. Prima afferma di rispettare anche gli euroscettici, poi invita a fermare l'avanzata degli antieuropeisti: "la marcia dello stupido populismo e del nazionalismo deve essere fermata finche' siamo ancora in tempo".
3/10/2018
Serra i ranghi del partito la premier britannica Theresa May, chiudendo il congresso conservatore a Birmingham, nei giorni dei lunghi coltelli con l'avversario Boris Johnson.
"Il futuro è nelle nostre mani", scandisce dal palco la May, a sole due settimane da un Consiglio Europeo che si annuncia come l'ultima occasione per rimettere in pista laBrexit e chiudere l'intesa entro metà novembre, con un ultimo vertice straordinario a Bruxelles. Altrimenti il rischio di un non accordo cresce sensibilmente: la Gran Bretagna "non ha paura" di un 'no deal', "se necessario", tuona la May, avvertendo Bruxelles e le capitali europee che Londra pretende "rispetto", e "non accettera' mai" un accordo che divida l'Irlanda del Nord dal resto del Regno o che "tradisca il referendum" del 2016. La May ha anche ammonito sulle conseguenze di un divorzio senza paracadute, sia per il commercio sia per l'economia, insistendo sul suo piano per un'intesa "di libero scambio" allargata con Bruxelles. Ha infine confermato che "la liberta' di movimento dei migranti europei finira'". Guardando alle faide interne, la May ha insistito sulla necessita' che il Partito Conservatore resti "unito", per cercare di ottenere un accordo sullaBrexit rispettoso "dell'interesse nazionale". "Le nostre proposte sono una sfida per l'Unione", ha sottolineato, ma "insieme possiamo farcela". E ha avvertito i numerosi oppositori interni: se i Tories si divideranno nel pieno "della fase piu' dura dei negoziati" con Bruxelles, il rischio è quello che alla fine "non ci sarà proprio alcuna Brexit".
2/10/2018
Un anno dopo, un'altra marea umana è tornata a invadere ieri le strade di Barcellona. Non più per votare, ma per ribadire lo stesso inequivocabile messaggio: andare fino in fondo sull'indipendenza dalla Spagna.
Un anno dopo la drammatica giornata referendaria del primo ottobre 2017, che lasciò sul campo oltre 900 feriti tra i votanti alla consultazione indetta dall'allora presidente della Generalitat Puigdemont, un tripudio di bandiere catalane ha invaso le strade di Barcellona, per portare fino al Parlamento le urne referendarie - e ricordare plasticamente il mandato emerso dalla consultazione di un anno fa. Ieri il presidente della Generalitat Torra ha allargato il fossato con Madrid. Torra ha esortato gli indipendentisti a proseguire nella loro azione a favore della separazione dalla Spagna. Tra questi, anche i Comitati per la Difesa della Repubblica, organizzazioni informali protagoniste negli ultime mesi di diversi atti di sabotaggio. Ieri i rappresentanti dei Cdr hanno bloccato una linea dell'alta velocità, hanno impedito il traffico su strade e autostrade, e sono penetrati della sede del Governo catalano a Girona. Altre manifestazioni istituzionali hanno avuto luogo in tutta la comunità autonoma, per commemorare le centinaia di cittadini feriti un anno fa, e chiedere la liberazione dei politici e attivisti indipendentisti ancora detenuti in attesa di giudizio. Dal Belgio il presidente catalano deposto Puigdemont ha lanciato un appello ad andare fino in fondo, per arrivare alla Repubblica Catalana.
1/10/2018
Barcellona commemora oggi -ad un anno di distanza- il primo ottobre 2017, giorno del referendum sull'indipendenza - naufragato poi in un bagno di violenza repressiva da parte della polizia spagnola, che provocò oltre 900 feriti.
E' in corso da circa mezz'ora una grande marcia di commemorazione nel centro della capitale catalana, con migliaia di manifestanti: marcia che da Plaça Catalunya, il cuore della città, arriverà al Parlamento catalano, dove undici persone consegneranno simbolicamente il mandato indipendentista emerso un anno fa. Le parole oggi del presidente della Generalitat Torra hanno provocato mal di pancia a Madrid. Torra ha esortato gli indipendentisti a proseguire nella loro azione a favore della separazione dalla Spagna. Tra quesiti, anche i Comitati per la Difesa della Repubblica, organizzazioni informali protagoniste negli ultime mesi di diversi atti di sabotaggio. Oggi i rappresentanti dei Cdr hanno bloccato una linea dell'alta velocità, hanno impedito il traffico su strade e autostrade, e sono penetrati della sede del Governo catalano a Girona, per issare la bandiera indipendentista. Altre manifestazioni istituzionali hanno avuto luogo in tutta la comunità catalana, per commemorare le centinaia di cittadini feriti un anno fa e chiedere la liberazione dei politici e attivisti indipendentisti ancora detenuti in attesa di giudizio. Dal Belgio il presidente catalano deposto Puigdemont ha lanciato un appello ad andare fino in fondo: "non dobbiamo desistere dall'unico modo possibile per vivere in una piena democrazia: la Repubblica e il suo riconoscimento internazionale", ha scritto Puigdemont.
1/10/2018
Quando calò la sera su Barcellona, il primo ottobre di un anno fa, la Cnn riassunse le drammatiche ore precedenti con un titolo semplice ma efficace: "la vergogna d'Europa".
Oltre 900 cittadini inermi erano rimasti feriti nei collegi elettorali, presi a manganellate e colpiti da pallottole di gomma, nel corso di violente cariche da parte della polizia. Il referendum per l'indipendenza catalano, considerato illegale da Madrid, era finito in un bagno di violenza, con immagini che avevano fatto il giro del mondo. Un anno dopo, Barcellona resta determinata a proseguire nel cammino verso la separazione dalla Spagna: al Governo non c'è più Mariano Rajoy, responsabile di quella mattanza nelle strade catalane, ma un traballante premier socialista, Pedro Sanchez. L'allora presidente della Generalitat catalana Puigdemont si è autoesiliato in Belgio, vincendo diverse battaglie legali contro l'estradizione. Nelle carceri iberiche restano detenuti -in attesa di processo- ben nove politici e attivisti indipendentisti - in alcuni casi parliamo di un anno di detenzione preventiva. Madrid e Barcellona hanno ripreso un flebile dialogo, ma ieri il nuovo presidente della Generalitat Torra ha avvertito: "sarà necessario fare un altro primo ottobre, nel quale dovremo ripetere un atto di disobbedienza civile, per arrivare alla Repubblica Catalana". Oggi una grande manifestazione percorrerà alle 18.30 il centro di Barcellona, per rivendicare il compimento del mandato del referendum indipendentista di un anno fa.
1/10/2018
Non sarà un Eurogruppo semplice, quello odierno, per il Ministro dell'Economia Tria.
Il Ministro che neppure un mese fa rassicurava la Commissione Europea e i colleghi a Vienna sul rispetto di una linea condivisa, da incanalare in misure per la crescita economica, nell'ottemperanza delle regole e col miglioramento della finanza pubblica, dovrà spiegare come intende rispettare quelle stesse regole. E come migliorerà -soprattutto- i conti dello Stato, implementando una manovra il cui rapporto deficit/pil sarà di ben otto decimali superiore a quanto concordato informalmente con Bruxelles. Ieri Tria dalle colonne de Il Sole 24 Ore ha detto: "non si tratta di una sfida all'Europa, ma occorre far comprendere che è essenziale dare una prospettiva chiara a famiglie e investitori, per evitare effetti prociclici". Indorare la pillola, soprattutto se amara, potrebbe non bastare. Due i fattori da tenere in considerazione: al netto di una manovra ancora tutta da leggere nei dettagli, occorre innanzitutto comprendere se le misure previste dal Governo aiuteranno effettivamente la crescita. Sussidi come il reddito di cittadinanza, un'ambigua "pace fiscale" che sa di condono, e l'accorciamento della vita lavorativa non sembrano andare in questa direzione. Allo stesso tempo, c'è un parametro, il deficit strutturale, calcolato al netto della congiuntura, che conta molto per l'Europa. All'ultimo Ecofin è stato chiesto a Roma di ridurlo simbolicamente di almeno un decimale, stracciando richieste ben più onerose. Difficilmente questa manovra manterrà l'impegno. Per Tria oggi, sarà tutto - tranne che una passeggiata.
30/9/2018
A quasi un anno di distanza, torna in scena per le strade di Barcellona il drammatico copione del referendum sull'indipendenza.
Ieri per fortuna numeri e conseguenze si sono ripetuti su scala ridotta, rispetto allo scorso primo ottobre, quando la repressione di polizia contro centinaia di migliaia di votanti causò oltre 800 feriti. La miccia che ha riportato ad affrontarsi per le strade indipendentisti e agenti spagnoli è stata la manifestazione di un sindacato di polizia, loJusapol, che -con incosciente tempismo- ha portato tremila partecipanti nel centro di Barcellona, sia per chiedere un aumento di stipendio, sia per rendere omaggio ai poliziotti impegnati un anno fa nel sequestro delle urne indipendentiste. La provocazione ha scatenato la reazione delle frange più indipendentiste della popolazione, che hanno prima occupato la centrale piazza San Jaume, poi si sono mosse in direzione del corteo di agenti. In mezzo, la polizia autonomica dei Mossos d'Esquadra, che ha evitato a fatica il contatto tra i due gruppi, caricando e manganellando unicamente il corteo indipendentista. Un comportamento che ha scatenato polemiche e richieste di dimissioni del Ministro dell'Interno catalano Buch. L'attenzione si sposta ora su domani, la data simbolo del primo ottobre: due momenti ricorderanno i fatti di un anno fa. A mezzogiorno la Catalunya si fermerà per denunciare la repressione di Madrid, mentre -nel tardo pomeriggio- una manifestazione di piazza sfilerà per chiedere il compimento del mandato indipendentista emerso dal referendum.
29/9/2018
A un anno di distanza, riaffiorano le tensioni indipendentiste -peraltro mai sopite- nella capitale catalana Barcellona.
Un anno dopo la repressione della polizia spagnola contro i votanti al referendum secessionista del primo ottobre, che causò la cifra record di oltre 800 feriti, ad accendere la miccia è stata la manifestazione organizzata dal sindacato di polizia Jusapol. Manifestazione quantomeno inopportuna, considerato che -oltre a chiedere un aumento di salario- voleva rendere omaggio agli agenti che prestarono servizio in una delle giornate più nere della storia iberica recente. Sale sulle ferite ancora aperte in Catalunya, dove i numerosi sostenitori dell'indipendenza esigono la liberazione dei politici e attivisti tuttora detenuti in carcere. Alla manifestazione sindacale -3000 partecipanti- si è contrapposta una contromanifestazione catalanista con seimila attivisti, che dalla centrale plaça San Jaume si è mossa in direzione degli agenti in piazza. Nel mezzo, la polizia autonomica dei Mossos d'Esquadra, che ha faticato ad evitare il contatto tra i due gruppi, ricorrendo a cariche e manganellate per mantenere gli indipendentisti a distanza. A fine giornata si sono contati sei fermi e oltre 20 feriti. L'attenzione si sposta ora su lunedì, quando due momenti ricorderanno i fatti di un anno fa: a mezzogiorno la Catalunya si fermerà per denunciare la repressione, mentre nel tardo pomeriggio una manifestazione di piazza sfilerà per chiedere il compimento del mandato indipendentista emerso dal referendum.