Word Noise, fototessera digitalizzata ed elaborata, 35x50 (3x5) 2010. HIDDEN DISLPAY, 1975-2020. Progetti non realizzati a Bologna, ideato da MoRE. a Museum of Refused and Unrealised Art Projects e a cura di Elisabetta Modena e Valentina Rossi, MAMBO, Museo d’arte Moderna Bologna. 2021.

Word Noises è il progetto di un’installazione multimediale composta da fotografie, testi, suoni e video. Il lavoro affonda le sue radici in un’opera del 2006, Image Not Available, che diede il nome alla mostra presentata al Sesto Senso di Bologna nel 2008 a cura di Claudio Musso, basata sul significato dello statuto dell’immagine in rete. Se dall’opera del 2006 emergeva un flusso dissennato d’immagini che portavano al loro paradossale auto-annullamento, Word Noises è invece una sorta di processo alchemico all’interno del quale, le immagini, attraverso un percorso informatico, sono convertite in testi editati dal computer in maniera casuale. L’artista per diversi anni ha lavorato sulle sequenze numeriche delle immagini digitali: in particolare raccogliendo alcune fototessere abbandonate vicino a una cabina automatica nei dintorni di via Mazzini a Bologna, digitalizzandole attraverso una scansione e aprendole tramite un editor di testi comunemente usato dai diversi sistemi operativi. Le stringhe testuali ricavate dal processo di digitalizzazione venivano successivamente interpretate da una voce elettronica attraverso un comando di editor testuale, al termine l’elaborato letterale veniva captato da un microfono associato a un programma chiamato I listen. Infine, una stringa estrapolata dal documento elettronico era posizionata sul volto del soggetto raffigurato alterandone così sia le fattezze, sia la riproducibilità del documento testuale. Questo processo voleva evidenziare il limite dell’intelligenza artificiale, ormai alla base della nostra quotidianità, alterandone il metodo di funzionamento. L’idea principale di Word Noises era quella di creare un display immersivo dove poter accostare, in maniera installativa, dei poster in sequenza che descrivessero questo processo. Inoltre, posizionato al centro di una stanza e collegato al computer nel medesimo spazio prescelto, era prevista un’installazione multimediale composta da un microfono in grado di poter restituire, attraverso una videoproiezione in diretta, il flusso di parole generato dal vociare dei visitatori. Il materiale raccolto, sarebbe stato poi revisionato ed editato per la creazione di un testo finale da presentare a fine mostra. Nel tempo, il progetto, ha preso delle forme diverse e non sono mancate collaborazioni con altri artisti, tra cui il musicista Enrico Russo e con l’artista Giuseppe De Mattia con il quale, nel 2013, Coclite ha applicato senza esito per il festival bolognese “Robot”.

Testo edito per HIDDEN DISLPAY, 1975-2020. Progetti non realizzati a Bologna, ideato da MoRE. a Museum of Refused and Unrealised Art Projects e a cura/curated by di Elisabetta Modena e Valentina Rossi, MAMBO, museo d’arte Moderna Bologna.

Word Noise, fototessera digitalizzata ed elaborata, 35x50 (3x5) 2010.


Word Noise, fototessera digitalizzata ed elaborazione testuale, immagini del processo, 2010.


Word Noise, immagini del processo, 2010.


Bio, elaborazione digitale e foto trovate, 2010.


Gogooglend, videoDV, 2006.

VIAGGIO AL TERMINE DELLA RETE

intervista a Luca Coclite a cura di Claudio Musso. (Intervista tratta dalla mostra online “Viaggio al termine della rete” all’interno del progetto “The word is yours”, 2009).


CM: Una volta solo architetti e urbanisti, oggi invece anche antropologi, geografi e semiologi dello spazio si interrogano sui delicati limiti semantici della parola mappa. Cosa si prova ad arrivare alla fine del mondo virtuale?

LC: Nel corso degli anni, col perfezionamento degli strumenti proporzionaleal notevole incremento tecnologico, i sistemi di mappatura topografica e terrestre hanno subito radicali trasformazioni passando da un era di “generalizzazione” ad una nuova era di “raffinatezza”. Il passaggio graduale da rappresentativo a “conformativo” hanno reso questi potenti mezzi, preziosissimi e utili strumenti alla portata di tutti. Se la pianta di un edificio, notoriamente, è generatrice di esso, allo stesso modo la mappa è generatrice dei nostri viaggi immaginari e reali. A rincarare la dose di “mappatura conforme” è stato il superbo motore di ricerca “Google” che conferisce ad essa nuovi poteri , rivestendola di un nuovo aspetto multi_dimensionale. Sono le nuove applicazioni di googlemaps come street view, google latitude (nuova tecnologia di geolocalizzazione volta a stimolare nuovi modi di relazioni interattive) a catalizzare l’interesse di antropologi o semiologi e non solo. In un certo senso, l’aver reso vacillante l’aspetto iconico della mappa ,con la possibilità di muoversi a 360° in essa, non è solo un passo in più verso la fine del “mondo virtuale” ma soprattutto un passo verso l’incoronamento del sogno/paradosso di Borges e della sua mappa in scala 1:1...utilizzare una mappa perfetta significa percorrerla al posto del territorio corrispondente...

CM: Perché l’attenzione dell’artista si è posata sui sistemi di mappatura satellitare? Non si tratta ancora una volta dell’intramontabile fascino indiscreto per gli “errori di sistema”?

LC: La sfera emozionale degli artisti è un contenitore incolmabile. Non vi è dubbio che con l’avvento dei sistemi satellitari , l’uso sfrenato dei g.p.s. o addirittura servizi di geolocalizzazione degli UTENTI (con le diverse chiavi di lettura) abbiano stimolato l’interesse dell’artista che intravede in queste nuove realtà (laddove l’errore è sempre in agguato), oltre al valore estetico, un’occasione per comunicare e apprendere. Credo si tratti dell’intramontabile fascino indiscreto di creare strutture all’interno di altre strutture.

CM: I livelli di realtà, con particolare riferimento a quelle cosiddette simulate, proliferano e si moltiplicano esponenzialmente. A un tale incremento quantitativo corrisponde un eguale calo qualitativo?

LC: Si certamente, soprattutto se col termine qualitativo si fa riferimento, oltre che all’estetica, anche ai contenuti. Credo che le nuove realtà simulate così come l’imporsi del web 2.0, abbiano modificato la posizione dell’individuo/utente non più visto in una posizione di margine o di isolamento ma bensì come persona proiettata in una rete di contatti e relazioni. In ogni caso ,siamo coscienti che la realtà è ben altra cosa, il gap che intercorre tra simulato e reale è insito nel fatto che per il momento nessuno di noi potrebbe vivere totalmente all’interno di un software ma, allo stesso tempo, di quest’ultimo non possiamo farne a meno.

CM: Con quali linguaggi si confronta Googl ”e” nd?

LC: In genere, nel mio lavoro si combinano linguaggi differenti che il più delle volte ostruiscono la crescita di un’idea stabile. Sacrifico diversi “linguaggi nobili” decostruendo e ricostruendo a favore di un linguaggio personale, intriso di aspetti ludici,

provocatori o addirittura insignificanti. GOGOOGL(E)ND è un gioco di parole “l’andare verso la fine”, nellanarrazione etimologica di GOGOOGL(E)ND prende posto anche la particella “lend” inteso come “prendere in prestito”. Il “già fatto” delle avanguardie storiche compie un evoluzione che detta col linguaggio della rete si trasforma nel “copia/incolla”.

Infine GOGOOGL(E)ND è: l’ennesima analisi dello statuto dell’immagine (in rete) e l’autofagia degli aspetti contenutistici dell’immagine destinati a scomparire.

Image not available, invito delle mostra al Sesto Senso di Bologna a cura di Claudio Musso, 2008.


This video is no longer available, video DV realizzato con una videocamera malfunzionante, 2006.


Image not available, acrilico su tela, 35x20cm 2006.