PARIDE MORI CAPITANO DEI BERSAGLIERI
Autore: Alberto Zanettini
Donati Editore
Parma 2013
Pagine 328
L’ultima difesa della Venezia Giulia, con particolare riguardo a quelle di Gorizia e della Valle dell’Isonzo, da parte dei gloriosi Bersaglieri del Battaglione “M” costituito a Verona in chiave assolutamente ed esclusivamente volontaria all’indomani dell’otto settembre, e prima ancora che la Repubblica Sociale Italiana avesse visto la luce, è una realtà storica d’eccezione, tanto da potersi assimilare a quella delle Termopili.
E’ quanto viene in mente dopo avere letto questo splendido libro, nello stesso tempo emozionante ed originale.
Molti di quei Bersaglieri caddero da autentici Eroi di fronte ad un nemico sfuggente, bene armato dagli Alleati, agevolato dalla conformazione dei luoghi e dalla forza del numero, ma il loro sacrificio, per riconoscimenti ormai generali, fu decisivo nell’evitare che i partigiani di Tito dilagassero nel Friuli e sommergessero l’italianissima Gorizia, la cui prima salvezza, sia pure a prezzo dei terribili “quaranta giorni” di primavera del 1945, si deve al valore, all’entusiasmo e - diciamolo pure - all’ethos di quegli Uomini.
Il volume di Zanettini, giunto alla laurea, all’impegno storiografico ed alla milizia politica in età matura, cosa che nobilita a più forte ragione l’ecceità della sua opera, è una vera e propria enciclopedia di quegli atti di valore, delle motivazioni che suffragarono i loro riconoscimenti, e delle centinaia di Nomi che si immolarono nell’impari battaglia, diventando, in qualche misura, una sorta di “Albo d’Oro” a perenne e grata memoria di chi fece dono della vita per un atto di fede nell’Italia vera ed autentica, che vale la pena di additare come esempio, soprattutto ai giovani.
Il Capitano Paride Mori, cittadino di Traversetolo (Parma) al pari dell’Autore, fu uno di quei Bersaglieri, che cadde a Santa Lucia d’Isonzo nel febbraio 1944 a seguito di un vile agguato, e che aveva già dato ammirevoli dimostrazioni di quale tempra fosse fatto, nel comando consapevole ed oculato dei suoi Uomini, nelle azioni sul campo, ma anche nelle toccanti lettere che scriveva dal fronte alla moglie Rosa ed al piccolo Renato, e che Zanettini ha giustamente riproposto all’attenzione dei lettori.
A due terzi di secolo dalla scomparsa, Mori è stato protagonista di una vicenda surreale, e nello stesso tempo squallida, tanto da doversi convenire con l’Autore quando afferma che il Capitano, in qualche modo, è stato ucciso un’altra volta. Motivo di più per suffragare l’idea di questo libro, arricchito da un’ampia ed originale documentazione fotografica; e con essa, l’impegno per ritrovare il luogo di sepoltura di Mori e consentire ai figli di portarvi un fiore in onore di Paride. Si tratta del Sacrario d’Oltremare di Bari, dove le spoglie di questa gloriosa Medaglia d’Argento furono traslate nel 1964, dal Cimitero Militare di Tolmino: tra i meriti di Zanettini c’è, non ultimo, quello di essere riuscito a ricostruire l’iter della vicenda ed a localizzare la degna sepoltura definitiva del Capitano.
Ora, a dimostrazione del fatto che in Italia certe madri sono sempre incinte, perpetuando la triste prevalenza della discriminazione e della fazione, si deve fare riferimento alla storia locale del 2002, quando il Comune di Traversetolo, dovendo allargare la propria toponomastica a 15 nuovi luoghi pubblici, ebbe la buona idea di coinvolgere nelle proposte anche la minoranza, nella persona del suo Capo Gruppo Alberto Zanettini. Non vennero significativamente accettate le ipotesi di intitolazione ai Caduti di Alamein ed ai Martiri delle Foibe (anche se questi sono stati onorati con analoga determinazione da oltre 500 Amministrazioni), mentre venne accolta senza problemi quella in memoria di Paride Mori.
Parve un segnale di “conciliazione”, confermato alcuni anni più tardi, quando giunse il momento di procedere concretamente alla scopertura delle targhe ed il Sindaco dell’epoca si compiacque dell’iniziativa, anche se, come lui stesso ebbe a dire, il Capitano Mori aveva combattuto dalla “parte sbagliata”. Non lo avesse mai fatto! Quando le insegne dello “stradello” (un breve tratto a carattere infrastrutturale e privo di numeri civici relativi ad abitazioni o negozi) vennero inaugurate, l’iniziativa fu contestata dall’ Istituto Storico della Resistenza di Parma, dalle Associazioni partigiane e dalle forze politiche di estrema Sinistra, che si levarono all’unisono contro la decisione del Comune, a suo tempo decorato con la Medaglia di Bronzo al Valore partigiano! La canea fu tanta e tale che l’Amministrazione dovette revocare in fretta e furia la vecchia delibera e disporre per l’immediata rimozione delle targhe appena collocate in ricordo del Capitano Mori.
Un buon terzo del volume è dedicato a questa vicenda, che nell’estate del 2010 coinvolse per diversi mesi la stampa locale, e poi anche quella nazionale, con diversi interventi favorevoli alla revoca, di chiara ispirazione politica, ma nel contempo, con forti e motivati dissensi. Non è questa la sede per seguirne dettagliatamente il percorso: lo ha già fatto l’Autore, che ad ogni modo ha buon giuoco nel dimostrare che il Consiglio Comunale non era stato “ingannato”, essendo di tutta evidenza che in quel lontano 1944 la Valle dell’Isonzo non poteva essere difesa dalle cosiddette forze regolari del Regio Esercito che arrancavano nel Mezzogiorno a rimorchio degli Alleati; ma soltanto dai combattenti della RSI.
La lettura di un volume come questo si chiude con l’amaro in bocca, perché Uomini quali il Capitano Mori ed i suoi commilitoni non avrebbero meritato un simile trattamento, peraltro conforme a quello dell’Italia ufficiale che continua a negarne il sacrificio rifiutandone l’equiparazione anche ai soli fini combattentistici, diversamente da quanto accade in altri Stati. Tuttavia, l’amaro sarebbe ancora maggiore se non venisse almeno parzialmente addolcito dall’esempio lasciato da tutti questi Eroi, e dalla loro lezione di autentico patriottismo, agli antipodi di quello dei loro nemici, responsabili di agghiaccianti ed inconcepibili efferatezze già documentate da un’ampia storiografia ma opportunamente riproposte in questo volume, assieme ad una pur sintetica carrellata sulla vicenda storica della Venezia Giulia.
L’episodio di Traversetolo costituisce una vicenda di storia minore, ma non per questo meno significativa. E’ davvero surreale che, a 70 anni dai fatti ed a dieci anni dalla pur tardiva legge istitutiva del “Ricordo”, esistano ancora i trinariciuti di turno che confermano l’attualità del buon Guareschi ostinandosi a celebrare valori a senso unico nella totale incomprensione programmata di quelli altrui, ed alla resa dei conti, nella negazione, non tanto di conclamate ma utopiche conciliazioni o di un’improbabile e velleitaria cooperazione, quanto della pura verità.
carlo cesare montani
carlomontani@alice.it .