Viviamo in un mondo globalizzato. Le informazioni viaggiano velocemente in rete e le merci raggiungono ogni angolo della terra senza problemi. Così ci ritroviamo a bere Coca cola o a mangiare un hamburger del McDonald in Italia, in Australia, in Africa, ovunque. Ma la domanda che mi pongo è: ma la globalizzazione è semplicemente un’americanizzazione? Il dubbio nasce dal fatto che tantissime sono le multinazionali americane che distribuiscono i loro prodotti in ogni Paese, per esempio Nike, Coca Cola, Mc Donald, Apple, Microsoft; insomma quasi tutto ciò che usiamo è di origine americana.
Io penso che sia proprio così, poiché si sta dando troppo spazio alla grande potenza economica americana, che sovrasta tutte le altre, imponendo involontariamente anche degli stili di vita che non ci appartengono. Ritengo che si debba dare la possibilità a ciascuno Stato di promuovere e sponsorizzare i propri prodotti altrimenti il rischio di omologazione è forte.
Certamente per tante cose gli Usa sono un esempio per tutti. Inoltre gli Stati Uniti hanno moltissime risorse che hanno saputo sfruttare per affermarsi come potenza economica. Bisogna pure ammettere che gli Stati Uniti hanno avuto e hanno tuttora le più geniali idee al mondo e qui hanno trovato ospitalità scienziati e inventori. Proprio perché sono una grande nazione, gli Usa dovrebbero dimostrare di essere grandi anche nel rispetto delle economie più deboli e farsi promotori non tanto della globalizzazione economica, ma della globalizzazione dei diritti umani.
Vittoria (classe terza)
La globalizzazione sta diventando la protagonista di molti scenari internazionali, ma questa rivoluzione tecnologica ed economica non porta un cambiamento equo e solidale in tutti i Paesi del mondo. Spesso, alle grandi ricchezze e all’enorme potere delle multinazionali, fa eco l’ipocrisia e l’indifferenza degli uomini d’affari che orbitano intorno a queste società. Questi demagoghi del profitto decidono di solito di costruire le filiali delle loro grandi aziende nei paesi del Sud del mondo o in quelli dell’Europa orientale in modo da approfittare di materie prime a basso costo, delle facilitazioni che i deboli governi delle nazioni arretrate concedono e sfruttare la manodopera locale con salari minimi. Inoltre, insieme ai salari si riducono anche le norme di sicurezza delle fabbriche nella sfrenata rincorsa all’aumento della produzione industriale. Le grandi aziende finiscono per aumentare il degrado complessivo del Terzo Mondo spegnendo flebili sogni e ambiziose speranze di una vita migliore. La popolazione viene brutalmente zittita e calpestata da interessi capitalistici di banche e gruppi finanziari. La globalizzazione finisce così per reggersi sull’unica legge che si conosce, quella del più forte, anche se i meccanismi di distruzione delle società deboli, da parte delle multinazionali, sono quasi sempre sottaciuti. Il divario diventa incolmabile se si considera che la stessa tecnologia delle fabbriche resta solo un’aspettativa illusoria per i lavoratori indigeni nel momento in cui le multinazionali decidono di spostare la propria produzione in un altro luogo più conveniente. E a questo gioco al massacro non ci si può ribellare. Tra l’altro i Paesi davvero poveri non sanno neppure che cosa sia la globalizzazione: si limitano solo a subirla. I paladini della globalizzazione sono convinti che aver creato posti di lavoro nei Paesi sottosviluppati possa decolpevolizzarli. In realtà, hanno solo aumentato il degrado del nostro mondo.
Gaia (classe terza)
Questo è un appello a tutti gli adolescenti
che sono ormai diventati clienti
di questo grande negozio
che ospita tante persone,
che non sanno che cerchiamo solo un po’ di compassione.
Dietro queste mascherine nascondiamo sorrisi,
nonostante siamo tutti feriti:
di un’altra possibilità abbiam bisogno
per vivere come noi vorremmo.
Stiamo ridendo
…oppure no?
Oramai nessuno più lo sa!
Se rido, piango, sorrido o mi arrabbio non sanno,
ma quando vedo degli occhi ridenti io ricambio.
Voglio la mia adolescenza indietro
ma ormai il mio cuore è composto da vetro.
Rispettando i distanziamenti tutto finirà,
ne sono sicura:
prima o poi accadrà!
Adriana (classe terza)