Reportage:  l'omicidio di Giacomo Matteotti

Quest’anno ricorre il centenario della morte di Giacomo Matteotti, deputato e segretario del Partito Socialista Unitario, scomparso nel 1924; dagli esordi giovanili all’affermazione nazionale, si era impegnato per la promozione dei principi democratici, opponendosi al fascismo, di cui aveva compreso da subito la natura totalitaria, elevandosi a suo tenace e incorruttibile avversario.  Nella forza delle sue idee e nell’altissimo senso civico dimostrati,anche di fronte alla consapevolezza della sua morte, Matteotti  è ancora oggi  un esempio per tutti noi, baluardo intellettuale, monito civile, imperativo morale.

Ricordare Giacomo Matteotti non è solo un dovere morale, ma anche un dovere civile di tutti i cittadini che hanno assimilato i principi fondamentali della Repubblica e della Costituzione.

Matteotti fu rapito e assassinato il 10 giugno 1924 dal nascente regime fascista; la sua morte è l’evento che segna l’inizio della definitiva ascesa del fascismo alla guida dello Stato. Il partito di  Benito Mussolini, infatti,  avanzerà senza ostacoli verso la conquista assoluta del potere fino ad allora condiviso dal governo insieme ai liberali, ai cattolici del partito popolare e ai nazionalisti.

Giacomo Matteotti  era stato eletto in Parlamento nelle fila del partito socialista, per la prima volta nel 1919, rieletto nel 1921 e nel 1924. Veniva soprannominato "Tempesta" dai suoi compagni di partito per il suo carattere battagliero e intransigente, ma era anche molto meticoloso e con un abitudine allo studio che lo portava a passare molte ore nella Biblioteca della Camera a sfogliare libri, relazioni, statistiche, da cui attingeva i dati che gli occorrevano nella sua lotta antifascista, con frequenti denunce delle violenze che venivano messe in atto.

Nel 1921 pubblicò una famosa Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, in cui si denunciano le violenze perpetrate dallo squadrismo fascista ai danni di militanti e istituzioni, nel periodo compreso tra i primi mesi del 1919 e il giugno del 1921.

Nel 1924 viene dato alle stampe il suo volume: Un anno di dominazione fascista. Nello stesso anno, nonostante il ritiro del passaporto, si era recato a Londra dove si commentava la triste situazione italiana e la minaccia del totalitarismo fascista.

Ecco cosa diceva in Parlamento, già nel gennaio del 1921, tre anni prima di essere ucciso:

Oggi in Italia esiste una organizzazione pubblicamente riconosciuta e nota nei suoi aderenti, nei suoi capi, nella sua composizione, nelle sue sedi, di bande armate, le quali dichiarano apertamente (hanno questo coraggio, che io volentieri riconosco) che si prefiggono atti di violenza, atti di rappresaglia, minacce, violenze, incendi, e li eseguono non appena avvenga, o si pretesti che avvenga, alcun fatto commesso dai lavoratori a danno dei padroni o della classe borghese. È una perfetta organizzazione della giustizia privata” (Giacomo Matteotti, discorso alla Camera del 31 gennaio 1921),e poi nel 1924 il famoso discorso che ne decreta la morte:“Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni” e ancora.

Per vostra stessa conferma dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà… […] Non dovevate voi essere i rinnovatori del costume italiano?, non dovevate voi essere coloro che avrebbero portato un nuovo costume morale nelle elezioni? “Coloro che ebbero la ventura di raggiungere le cabine, ebbero dentro le cabine,la visita di coloro che erano incaricati di controllare i loro voti. Se la Giunta delle elezioni volesse aprire i plichi e verificare i cumuli di schede che sono state votate, potrebbe trovare che molti voti di preferenza sono stati scritti sulle schede tutti dalla stessa mano […]”.(Giacomo Matteotti, conclusione del discorso alla Camera del 30 maggio 1924).

Matteotti denuncia anche le bastonature ai candidati avversari, i seggi elettorali composti di soli fascisti, i rappresentanti di lista impediti di entrare nei seggi stessi.  Ma la causa  dell’omicidio non è da rintracciare solo negli avvenimenti politici; qualcuno la riconduce nell’interesse di Matteotti sulla convenzione  tra governo italiano e la Sinclair Oil, società petrolifera americana, implicata in  pratiche di corruzione a favore di alcuni alti funzionari fascisti. Prova ne è l’attenzione per i documenti – mai più ritrovati – che Matteotti portava con sé al momento dell’aggressione, e il successivo intervento sul bilancio dello stato che il deputato avrebbe dovuto pronunciare in aula alla fine dello stesso giugno. Dopo aver contestato pubblicamente la validità del voto, disse ai colleghi in maniera profetica: "Io il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me". E fu profetico!

Benito Mussolini ne ordina la morte per metterlo a tacere. Undici giorni dopo, mentre si stava dirigendo a Montecitorio, Matteotti viene aggredito nei pressi del Lungotevere e fatto salire a forza su una Lancia Lambda dove viene accoltellato fino a morire dissanguato dopo ore di agonia. Il cadavere del deputato socialista venne seppellito in un bosco fuori Roma e ritrovato circa due mesi dopo l'omicidio, il 16 agosto 1924.

Dal punto di vista giuridico,l’istruttoria per il rapimento e l’assassinio  viene affidata a Mauro Del Giudice e Guglielmo Tancredi, che con molta celerità, grazie anche ad un serie di testimonianze precise,  arrivano all’individuazione degli assassini.

Al centro dell’azione omicida ai danni di Giacomo Matteotti appare un gruppo di ex-arditi cui capo è Amerigo Dumini, promotore dei Fasci a Firenze che nella sua attività di squadristica si annoverano diversi omicidi come quello del socialista Renato Lazzeri e sua madre, spedizioni intimidatorie e perfino il sequestro di un parlamentare, il repubblicano Ulderico Mazzolani, costretto a ingurgitare l’olio di ricino. Oltre a Dumini, ci sono Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo e Otto Thierschald. Questi uomini costituiscono la cosiddetta Ceka, ispirata alla polizia politica sovietica, un corpo speciale agli ordini del vertice fascista: il capo ufficio stampa della Presidenza del consiglio Cesare Rossi, il segretario amministrativo del partito nazionale fascista Giovanni Marinelli e capo della polizia Emilio De Bono, il quale fornisce documenti falsi, garantendo coperture e impunità. Mussolini, per allentare la crescente pressione, data da cortei e dimostrazioni di protesta e le ripetute edizioni straordinarie dei giornali, imporrà a Rossi, Marinelli, De Bono di dimettersi dalle cariche ricoperte.

Ma con la presa del potere del regime la situazione cambia:  i due giudici vengono destituiti e rimpiazzati da Nicodemo Del Vasto, cognato del segretario politico del partito fascista Roberto Farinacci, anche avvocato difensore di Dumini, gesto questo che rappresenta come il fascismo si  fosse candidato direttamente a difesa degli assassini.

La corte considera il delitto Matteotti come preterintenzionale, ammettendo persino la concausa della debole costituzione fisica della vittima. Dumini, Poveromo e Volpi vengono condannati a 5 anni. Con l’applicazione dell’amnistia, entrata in vigore il 31 luglio 1925, Malacria e Viola sono liberi, gli altri rimangono in carcere ancora due mesi.

Nel periodo della detenzione, della latitanza e soprattutto negli anni successivi Mussolini fa versare consistenti somme, agli assassini di Matteotti. In una lettera scritta di Dumini  al suo avvocato si legge: «un delitto da noi commesso – certamente – ma che ci fu imposto e che noi eseguimmo – come tanti altri prima di quello – con cieca disciplina e dopo che ci fu garantita in modo assoluto qualsiasi immunità penale».

Il 27 luglio 1944, con la caduta del regime, la Corte di Cassazione, libera del fardello fascista, dichiara l’inesistenza giuridica della sentenza di condanna essendo il processo chiaramente pilotato, e riapre il processo Matteotti : Dumini, Volpi e Poveromo vengono condannati all’ergastolo, poi commutato in 30 anni. Nel 1953 l’unico ancora vivo Dumini, beneficiò prima dell’amnistia e poi della grazia e morì da uomo libero a 73 anni nel 1967. 

Le implicazioni politiche del delitto Matteotti furono devastanti per il nostro paese.

Al delitto Matteotti seguiranno mesi di braccio di ferro, con secessione dell’Aventino:  Il 27 giugno 1924 circa 130 deputati d'opposizione decisero di abbandonare i lavori parlamentari finché il governo non avesse chiarito la propria posizione a proposito della scomparsa di Giacomo Matteotti.

Le motivazioni dell'abbandono erano state spiegate dal deputato liberaldemocratico Giovanni Amendola su Il Mondo (giugno 1924): Quando il Parlamento ha fuori di sé la milizia e l'illegalismo, esso è soltanto una burla». 

Gli "aventiniani" pensavano che, di fronte alle responsabilità del fascismo nella sparizione e morte di Matteotti, il re si decidesse a deporre Mussolini e a sciogliere la Camera per indire nuove elezioni, ma tutto ciò non avvenne.

Il 3 gennaio 1925, con un famoso discorso alla Camera, Mussolini assume in prima persona la responsabilità politica della morte di Matteotti affermando: “ Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto[...] Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!

È questa la data dell’inizio della dittatura: in soli tre giorni saranno chiusi 95 circoli e ritrovi ‘sospetti’,150 esercizi pubblici e 25 organizzazioni ‘sovversive’. Saranno messi sotto controllo 611 reti telefoniche e 4.433 posti pubblici, effettuate 655 perquisizioni domiciliari e 111 ‘sovversivi’ saranno arrestati,alla logica della ragione si preferì quella della violenza e della sopraffazione. La dittatura nascente, aveva spinto a compiere l’omicidio del giovane deputato socialista perchè considerato nemico e ostacolo alla sua affermazione. Per questa via, che è estranea allo spirito di ogni democrazia ma che è prassi istitutiva di tutte le dittature di ogni tempo, è avvenuta la morte di uno degli uomini più puri e integri della politica italiana. Il significato del suo martirio va ben  oltre l’ambito strettamente ideologico del socialismo. 

A noi giovani oggi spetta il dovere di intendere appieno il significato politico della sua figura: quella di combattente per la democrazia che attraverso il suo pensiero e le sue azioni politiche ha diffuso lo spirito etico della politica.

Ricordare Matteotti è un dovere per chi crede nella democrazia, specialmente quando i principi democratici sono sottoposti ad attacchi critici e si insinua il dubbio che la  violenza  possa ancora prevalere  per i troppi colpi inflitti dalle ideologie e dal relativismo politico. 

E’ un dovere ricordare Matteotti come monito, orizzonte della piena attuazione della Costituzione che deve essere il baricentro dei valori e degli interessi delle persone, al fine di avere come unica e potente arma, solo la democrazia.


-Alessandro Baffoni 2A Astrofisica