Hamilton alla Ferrari: una nuova era

Il 2 febbraio 2024 è una data storica per la Ferrari e per la Formula Uno. La scuderia di Maranello ha annunciato ufficialmente che dalla stagione 2025 il pilota britannico Lewis Hamilton sarà alla guida della nuova Ferrari SF-24 nel mondiale di F1. È stata una trattativa lampo, una mossa a sorpresa ma un vero colpo di mercato, una reale esplosione che suggestiona positivamente tutti gli appassionati del Circus. Come dice l’ingegner Mazzola, per 20 anni nel team Ferrari, “andare in Ferrari per un pilota è sempre un plus”, perché guidare un cavallino rampante è il desiderio di tutti. La Ferrari, dal canto suo acquista un vincente, un pilota campione del mondo, nonostante l’età che forse è addirittura un vantaggio. E infatti per Hamilton poter guidare la Ferrari è una nuova sfida ma soprattutto è un vecchio sogno, come lui stesso ha recentemente ammesso, un “sogno d’infanzia” che nei video giochi, da bambino, lo spingeva a scegliere sempre Michael Schumacher come ruolo, e che è proseguito poi nel desiderio di ripercorrere le gesta di altri grandi piloti del passato come Ayrton Senna. Diciamolo, indubbiamente “la Rossa” è dotata di grande fascino e anche il calore degli innumerevoli tifosi rossi della Ferrari esercita attrazione. Nonostante Lewis avesse firmato in agosto un rinnovo con la Mercedes per altri due anni, alla fine dell’anno ha cambiato idea, ha deciso di cogliere questa nuova opportunità che gli si è presentata e di aprire un nuovo capitolo della sua vita. Sicuramente la decisione di lasciare la Mercedes non deve essere stata facile, una scuderia che lo ha supportato per 26 anni, con cui ha raggiunto obbiettivi eccezionali. Ma proprio quando si raggiungono traguardi così elevati ci si può abbandonare ai sogni di ragazzo e vestire la tuta della Rossa e ritrovare vecchi amici come il team principal della Ferrari, il francese Frederic Vasseur, a sua volta in Ferrari dallo scorso anno, con cui Hamilton aveva già lavorato nelle categorie propedeutiche come la F3 o la GP2 (dove con la ART GP di Vasseur aveva vinto il campionato) e con il quale era sempre rimasto in contato. Una convergenza in Ferrari a dir poco strepitosa che molti vedono come un buon auspicio. Il quasi quarantenne Sir Lewis Hamilton, prima cavaliere di sua maestà per volontà della defunta Regina Elisabetta poi insignito del titolo di baronetto per i “servizi eccezionali resi al Regno Unito”, è considerato uno dei più bravi piloti della storia della Formula 1 e ha vinto, al pari del solo Michael Schumacher, il maggior numero di titoli iridati, 7, alla guida della Mc Laren prima, della Mercedes poi. Nasce a Steverage, nel Regno Unito, nel 1985. Dall’età di 10 anni, quando il padre si accorge del suo talento e lo iscrive a vari campionati di Kart, Lewis puntualmente vince e diventa campione europeo kart. Poi a 12 anni viene messo sotto contratto dalla Mc Laren ed entra nel programma giovanile del team grazie al manager Ron Dennis che lo segue e lo promuove nelle serie minori. Formula Renault 2.0, F3 Euro Series, GP2, Art Grand Prix, è una rapida scalata fino all’ingaggio come pilota ufficiale Mc Laren nel 2007 quando debutta in Formula 1 nel GP d’Australia, primo pilota di colore a partecipare a un GP, con contratti milionari. Da questo punto in poi è una lunga serie di podi ogni anno nei vari Gran Premi fino al passaggio alla Mercedes nel 2013, la cui superiorità tecnica nei motori V6 turbo-ibridi è schiacciante. Lewis è perfetto, veloce, abilissimo su pista bagnata e a gestire il cambio gomme, mentalmente solido e efficace, guidato da una determinazione feroce. Eppure da bambino è vittima di bullismo, di insulti razzisti per le origini della famiglia paterna, provenienti dallo stato di Grenada, nel mar dei Caraibi, e quindi per il colore della pelle. Addirittura appena giunto in Mc Laren riceve insulti razzisti dai fan del suo ex compagno di scuderia Alonso, cui segue un’inchiesta della FIA e una campagna antirazzista. Per questi motivi il campione ha molto a cuore la sensibilizzazione sulle dinamiche razziali, approfitta della sua notorietà per essere in prima linea anche nei grandi temi dell’eguaglianza sociale, lottando contro le disparità nei diritti civili e contro ogni forma di discriminazione, e ha aderito dal 2020 al movimento Black Lives Matter, dopo l’uccisione di un uomo di colore, George Floyd, ad opera di un agente di polizia.  Ha fondato l’associazione Mission44 per rendere più semplice alle minoranze entrare nel mondo della Formula 1 e del Motorsport, un ambiente quasi esclusivamente frequentato da bianchi benestanti, in cui egli stesso ha faticato ad inserirsi. Si è opposto duramente inoltre al cambio del regolamento del 2023 in cui la federazione FIA impone ai piloti di non esprimersi su temi politici e sociali salvo approvazione della FIA stessa. Hamilton in Ferrari prenderà il posto di Sainz e affiancherà Charles Leclerc, più giovane di 12 anni, che ha appena rinnovato il contratto col cavallino e che sta tentando di conquistare il titolo mondiale che manca alla Ferrari dal 2007. Ci sarà certo una grande competizione in squadra ma, come dice Montezemolo “accenderà i riflettori sulla scuderia di Maranello e soprattutto ci sarà da divertirsi”. Sicuramente Hamilton vorrà chiudere in bellezza la sua carriera continuando a vincere. I tifosi Ferrari esultano. Certo non quelli della Mercedes: il rapporto di Hamilton con la casa automobilistica era diventato il più vincente che lo sport avesse mai visto. E questo rapporto continuerà ancora per un anno, per i mondiali della stagione 2024, anche se nel primo round, il GP del Bahrein, dopo aver ottenuto in prova il giro più veloce, la prestazione di Hamilton risulta funestata da problemi alla batteria della macchina, alle gomme e da una strana rottura al sedile. Hamilton non è un campione banale, è attento a gestire se stesso, disciplinatissimo, un vero stratega e probabilmente, intelligente e di carattere com’è, ha imparato l’importanza di convogliare la sua forza sui propri obbiettivi per lasciarsi alle spalle i problemi di una famiglia d’origine divisa e senza mezzi, di appartenere ad un ceto sociale che lo escludeva anche dai livelli più bassi delle corse automobilistiche giovanili perché in questi circuiti servono soldi da investire, e anche le persecuzioni subite dai coetanei a causa della pelle scura. Ma con l’aiuto del padre, che faceva 4 lavori per consentirgli di correre e che sognava per lui la Formula1, ce l’ha fatta. Spesso ci chiediamo cosa fa di un uomo un grande campione. Difficile rispondere. Sicuramente il talento, poi la costanza di seguire i propri sogni, sfruttando appieno appunto il proprio talento, coltivandolo. La disciplina, anche un certo rigore nelle scelte e nei propri comportamenti, accompagnato però dall’entusiasmo e da una passione senza fine che spinge a mettersi in gioco sempre, senza accontentarsi o pensare di aver già dato o fatto tutto, per ricominciare e aprire nuovi capitoli nella propria vita.

Aurelio Zicarelli 2A Astr