Per autonomia differenziata si intende un concetto politico e amministrativo che si riferisce alla possibilità, per le regioni italiane, di ottenere un livello di autonomia legislativa maggiore rispetto a quello previsto dallo statuto ordinario. L’autonomia può riguardare varie competenze legislative, amministrative e finanziarie e consente alle regioni di gestire in maniera autonoma molte materie che, fino ad ora sono state di competenza statale. Le materie legislative su cui le regioni possono decidere in maniera autonoma sono 23; tra le più importanti ricordiamo: i rapporti internazionali e con l'Unione europea, il commercio con l'estero, la tutela e sicurezza del lavoro, l'istruzione, la ricerca scientifica e tecnologica, la tutela della salute, la protezione civile, il governo del territorio, i porti e gli aeroporti civili, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la comunicazione, l'energia. Insieme alle competenze, le regioni possono trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive. Dopo un acceso dibattito alimentato da interrogativi sulle potenziali conseguenze e sulle differenze regionali nonché sulle possibili implicazioni sociali dovute all’attuazione della legge, il Parlamento, in data 19 giugno 2024, ha approvato in via definitiva la riforma sull’autonomia differenziata realizzando di fatto quello che era il sogno dell’indipendentismo di gran parte delle regioni del nord. L'idea dell'autonomia, infatti, ha radici politiche profonde che risalgono agli anni ’90 quando, nel panorama politico italiano, irrompe il nuovo partito della Lega Nord (1989) fondato da Umberto Bossi, sotto la spinta delle rivendicazioni di autonomismo del Veneto e della Lombardia, le regioni più ricche d’Italia. Il Carroccio, termine che indicò il partito, aveva una politica dichiaratamente secessionista, tant’è che il 15 settembre 1996 a Venezia, nel corso di una manifestazione, Umberto Bossi proclamò la Dichiarazione di Indipendenza della Padania e nel 1997 si organizzò il Referendum per l'Indipendenza della Padania e la nascita di un Governo Provvisorio della Repubblica Federale della Padania. Negli anni successivi, in vista delle elezioni del 2001 e con l’alleanza con i partiti Forza Italia guidata da Silvio Berlusconi e Alleanza Nazionale da cui nascerà il partito di Fratelli D’Italia di Giorgia Meloni, il Carroccio depose l’ascia della secessione, anche come conseguenza della revisione del titolo V della Costituzione italiana. Questa revisione diede maggiore autonomia alle regioni e agli enti locali in riferimento al potere legislativo in materia di pianificazione del territorio, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione dei servizi. Competenze non sufficienti per le spinte indipendentiste che si rivolgono prima a favore di un progetto della devolution (trasferimento di una parte significativa delle competenze legislative e amministrative dallo stato centrale alle regioni andato in fumo con la bocciatura del referendum costituzionale del 2006); poi in favore al federalismo fiscale: una riforma, anche questa, come quella approvata, a firma del leghista Roberto Calderoli: non più una riforma costituzionale, ma una legge per trattenere il gettito fiscale sul territorio. La proposta politica è dunque emersa diverse volte nella storia italiana, e paradossalmente, solo con un governo dichiaratamente nazionalista e sovranista come Fratelli d’Italia sembra concretizzarsi. La legge è stata fortemente dibattuta: le esperienze delle regioni autonome suggeriscono una migliore efficienza nella gestione delle risorse locali e l’autonomia potrebbe promuovere lo sviluppo locale e la partecipazione democratica. L’idea è quella di aumentare la responsabilità delle amministrazioni locali, trasferendo loro poteri che tradizionalmente sono gestiti a livello centrale. Ma ci sono forti preoccupazioni sulle disparità regionali che potrebbero crearsi. Ecco perché l’Autonomia differenziata è stata fortemente criticata sia dall’opposizione politica, da intellettuali ma anche da economisti e sociologi. Gli studiosi ne contestano sia gli aspetti tecnici, sia i possibili effetti sociali estremamente negativi e in grado di aumentare le disuguaglianze a livello inter-regionale e spaccare in due il paese. Uno dei punti più contestati è quello relativo al finanziamento dei livelli essenziali di prestazione, i LEP che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, in quanto, in base alla Costituzione, tutelano i “diritti civili e sociali” degli italiani al fine di scongiurarne disparità solo perchè abitanti di una regione più povera. Ma la legge approvata, dà al governo un anno di tempo per decidere i Lepdistribuendo di fatto i finanziamenti in base alla spesa storica della regione. Come si può vedere, questa soluzione assicurerebbe maggiori finanziamenti alle regioni del Nord con spesa storica più alta, e meno a quelle del Sud, dove ci sono meno risorse e quindi una spesa storica più bassa e così si accentuerebbero ancora una volta e di più le disuguaglianze tra i due poli del paese. Ecco perché si è parlato di secessione dei ricchi ( Il Fatto Quotidiano, 4 agosto 2023.) Come conseguenza dell’approvazione della legge spacca-Italia, le regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale che lo ha accolto sollevando molte perplessità su sette articoli su 11, sollecitando il parlamento a modificare il provvedimento ritenuto, in molte parti in contrasto con la Costituzione. La corte ha palesato problemi di incostituzionalità in riferimento, in primis all’idea di popolo e nazioni come soggetti unitari e non frammentabili ( Art 5), poi riguardo al principio di regionalismo cooperativo e al principio di sussidiarietà (Art 118) che considera le ripartizioni delle funzioni legislative e amministrative a tutela dell'intero popolo italiano; secondo la corte, la legge non tiene conto dell’equità della loro distribuzione. Altro punto sollevato, riguarda i lep che non devono essere definiti attraverso un decreto del presidente del consiglio (non siamo ancora in un premierato) ma devono essere discussi in Parlamento. Il rigetto della legge da parte della Corte Costituzionale costituisce un rallentamento all’attuazione della legge rimandando il definitivo depauperamento delle regioni del Sud a data da destinarsi.
Alessandro Baffoni 3A Astro