Il piemontese è una lingua romanza che possiede caratteristiche lessicali, fonetiche e morfo-sintattiche peculiari, che lo distinguono con una certa intensità all'interno del continuum, e lo differenziano nettamente dall'italiano e dal francese, lingue a cui è sovente associato per via della storia linguistica e della posizione geo-storica del Piemonte. È anche lingua di raccordo tra il lombardo e l'occitano. Nella regione Piemonte sono state utilizzate ben otto lingue, di cui quella che prende il nome di "piemontese" è l'unica ad essere centrata e racchiusa quasi interamente nel territorio della suddivisione amministrativa. La lingua piemontese è inoltre parte della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina e dal punto di vista genealogico, il piemontese deriva dalla lingua latina innestata sugli idiomi celtici e celto-liguri dopo l'occupazione romana del Piemonte, con successivi contatti e apporti dalle lingue prossime e da quelle adottate come ufficiali.
Come lingua scritta il piemontese si usa fin dal XII secolo (Sermoni subalpini), ma una vera koinè (antico dialetto greco; conosciuto anche come greco alessandrino o greco ellenistico) per uso letterario si è sviluppata solo nel Settecento.
Il piemontese, secondo alcuni linguisti, deve ritenersi una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, che all'articolo 1 afferma che per «lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue [...] che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato». È riconosciuto fra le lingue minoritarie europee dal 1981 ed è censito dall'UNESCO, nell'Atlante delle lingue del mondo in pericolo, tra le lingue meritevoli di tutela. Va tuttavia segnalato che il riconoscimento dello status di minoranza linguistica non spetta né al Consiglio d'Europa, né al Parlamento Europeo, essendo questo riconoscimento di esclusiva spettanza degli Stati firmatari dei singoli trattati europei. Lo stesso dicasi per l'UNESCO, che con il suo atlante delle lingue in pericolo non conferisce alcun riconoscimento di minoranza linguistica, ma si limita a segnalare gli idiomi che ritiene in pericolo di scomparsa.
Il 15 dicembre 1999 il Consiglio regionale del Piemonte, nell'ordine del giorno contenente la richiesta al presidente della Repubblica di rinviare alle Camere la legge statale di tutela delle minoranze linguistiche storiche, ha ufficialmente riconosciuto il piemontese quale lingua regionale del Piemonte. Nel 2015 il Consiglio regionale del Piemonte ha inoltre attivato la versione in piemontese del proprio sito ufficiale.
Pur non essendo regolato ufficialmente da nessuna istituzione, il piemontese è materia di ricerca del Centro Studi Piemontesi - Ca dë Studi Piemontèis, fondato a Torino da Renzo Gandolfo nel 1969, che conduce ricerche sulla lingua, la letteratura e le sue varietà, e organizza i Rëscontr antërnassionaj per attirare allo studio della lingua altri accademici occidentali.
Il singolare e il plurale dei nomi maschili sono identici: ël cit / ij cit; ël prèive / ij prèive, è l'articolo a stabilire il numero del sostantivo.
Nella proposizione comparativa, per esprimere il secondo termine di paragone si usa "che" e non "di": cost lìber a l'é pì bel che 'l tò.
Gli aggettivi numerali ordinali si fermano a sest o setim, oltre si usa la forma col che a fa eut, col ch'a fa neuv, col ch'a conta des, col ch'a conta óndes, oppure il numero semplice Luis XIV > Luis quatòrdes
La frase piemontese affermativa usa obbligatoriamente il pronome personale soggetto atono (con o senza presenza del pronome personale soggetto tonico), il che dà origine ad una struttura grammaticale aliena tanto all'italiano quanto al francese (Mi) i son.
Nelle forme interrogative può essere utilizzata una particella interrogativa enclitica (e in questo caso in genere scompare il pronome verbale) Veus-to deje deuit a sossì?.
Per esprimere i casi locativo e dativo si aggiungono spesso particelle dative e locative ai pronomi verbali I-i son ansima; I-j diso; sebbene la pronunzia spesso vari in modo appena percettibile, la differenza tra locativo ie dativo j viene espressa nella forma scritta.
Spesso il pronome personale oggetto viene raddoppiato. Es: "mi ha detto" = a m'ha dime.
I complementi clitici nei tempi composti si pospongono al verbo: i l'hai faje; a l'ha dijlo
Persiste in piemontese occidentale la desinenza sigmatica latina della seconda persona singolare verbale, che invece cade in italiano:
nella desinenza della seconda persona singolare del presente indicativo negli ausiliari e nei verbi irregolari: it ses; it vas; it l'has; it sas.
nella desinenza della seconda persona singolare del futuro di tutti i verbi: it cantras; it sernras...
nella desinenza della seconda persona singolare di ogni modo e tempo nella costruzione della forma interrogativa con il relativo pronome: càntës-to?; fas-to?; parlàvës-to?...
La negazione si pone dopo il verbo o l'ausiliare: i mangio nen; i l'hai nen mangià.
Si preferisce porre il modo finito del verbo (forma esplicita) in luogo dell'infinito: so di scrivere male = i sai ch'i scrivo mal.
Esiste un imperativo negativo (assente in italiano, ove si usa la forma infinita) Fa nen lolì!
Si adoperano spesso gli infiniti sostantivati in luogo del sostantivo italianizzato: es: il battito del cuore = ël bate dël cheur; una bella parlata = un bel parlé; un'andatura sostenuta = un bel andé'.
Le forme italiane "sono io, sei tu..." si possono trasformare in a l'é mi, a l'é ti. Es: sono io che l'ho comprato = a l'é mi ch'i l'hai catalo. In tutti i casi, non è meno corretto dire i son mi ch'i l'hai catàlo, it ses ti ch'it l'has catàlo.
In luogo del participio presente (che è molto desueto) e del gerundio, per evidenziare la continuità dell'azione, si suole adoperare l'espressione esse 'n camin che.... es.: Dove stai andando? = Anté ch'it ses an camin ch'it vas? Il sole morente sul fiume = ël sol an camin ch'a meuir an sël fium. In piemontese è molto scorretto dire sto andando = i ston/stagh andanda, che è un calco dell'italiano comparso nel secondo Novecento (la dizione corretta è i so'n camin ch'i vado).
Quando il futuro è già evidenziato da un complemento di tempo il verbo resta al presente: doman i rivo = domani arriverò.
In piemontese il tempo verbale che in italiano corrisponde al passato remoto è scomparso dall'uso dal Settecento. Viene usato al suo posto il passato prossimo: Una settimana fa andai, si traduce na sman-a fa i son andàit. Al limite se si tratta di tempi molto remoti si utilizza il trapassato prossimo: Ci andai dieci anni fa diventa I j'era andaie ch'a l'é des agn. Questa caratteristica è così profonda che anche nel parlare in Italiano i piemontesi utilizzano molto raramente il passato remoto.
Lunedì = Lùn-es
Martedì = Màrtes
Mercoledì = Mèrcol
Giovedì = Giòbia
Venerdì = Vënner
Sabato = Saba
Domenica = Dumìnica
gennaio = Gené
febbraio = Fërvé o Fervé
marzo = Mars
aprile = Avril
maggio = Magg (o Maj)
giugno = Giugn
luglio = Luj
agosto = Aost (o Agost)
settembre = Stèmber (o Stèmbre)
ottobre = Otober (o Otobre)
novembre = Novèmber (o Novèmbre)
dicembre = Dzèmber (o Dezèmbre)