Le prime testimonianze finora individuate della presenza umana ad Acqui risalgono al Neolitico (5500-3500 a.C.): un insediamento si trovava vicino al fiume Bormida in regione Fontanelle. Già nell'età del bronzo fu abitata da popolazioni Liguri, in particolare dalla tribù degli Statielli. Tra il II ed il I secolo a.C. si formò il centro urbano denominato Aquae Statiellae o Aquae Statiellensium, ad indicare che l'antico popolo, ormai romanizzato, non venne disperso. L'importanza della città crebbe con la costruzione nel 109 a.C. della via Aemilia Scauri, che univa Dertona a Vada Sabatia (le odierne Tortona e Vado Ligure), passando per Acqui. In età imperiale questa via fu ridenominata via Julia Augusta: essa era tra i maggiori collegamenti terrestri e congiungeva la pianura padana, attraverso la Riviera di Ponente, con la Gallia Narbonense e la Spagna.
Nel tardo impero, forse già nel IV secolo, ad Acqui si sviluppò una comunità cristiana e la città fu sede vescovile, di cui San Maggiorino fu il primo vescovo. La presenza delle terme e di una cattedra episcopale garantirono la sopravvivenza della città anche durante il periodo altomedievale (a differenza di numerosi altri centri del Piemonte meridionale che vennero abbandonati proprio in questo periodo).
Fin dall'epoca longobarda vi operavano i monaci della potente abbazia di San Colombano di Bobbio, attivissimo centro di evangelizzazione e di rinascita agricola sotto la protezione del Papa. Essi diedero impulso all'agricoltura con il recupero di aree incolte o abbandonate, bonifiche e migliorie agronomiche. I monaci diedero, inoltre, un notevole apporto alimentare grazie agli allevamenti ed alla conservazione degli alimenti; inoltre si adoperarono per la riapertura delle vie commerciali e delle vie del sale.
In età ottoniana il potere pubblico è esercitato dal Vescovo, che fece avviare i lavori di costruzione dell'ampia cattedrale, dedicata all'Assunta, per iniziativa del vescovo Primo, e la costruzione della prima cinta muraria. Nel secolo seguente Vescovo san Guido (patrono della città e della diocesi) ultima i lavori di costruzione della cattedrale, che consacra nel 1067, e fonda in città due monasteri uno femminile e uno maschile. Già nei primi decenni del XII secolo si sviluppa il Comune (la prima attestazione è del 1135), che cercò di affermare la propria autonomia nei confronti del Vescovo e su un contado di modesta estensione. Lo sviluppo di Acqui subì un arresto con la fondazione nel 1168 della città di Alessandria, promossa da Genova e dai Comuni della Lega Lombarda ostile all'imperatore Federico Barbarossa: la città, cercò di strappare la sede vescovile, con gravi conseguenze politico-economiche per Acqui, con l'appoggio del papa allora regnante Alessandro III (da cui Alessandria prendeva il nome). Molte volte, gli Alessandrini si scontrarono con Acqui, volendo assumere il controllo del territorio attorno ad essa. Per questo Acqui non aderì alla Lega Lombarda ma fu quasi alleata alla parte imperiale (come rivela l'aquila nel suo stemma). Una volta cessate queste guerre nel 1234 grazie a Federico II di Svevia, iniziarono le lotte intestine tra le famiglie dei Blesi e dei Bellingeri.
Nel 1278, non riuscendo più a sostenere le minacce di Alessandria e di altre potenze ostili, dilaniata dalle lotte interne, Acqui preferì consegnarsi al marchese Guglielmo VII del Monferrato. Da allora Acqui rimase stabilmente parte del Monferrato anche quando, nel 1306, la dinastia aleramica si estinse e il marchesato passò a un ramo cadetto della famiglia imperiale bizantina, i Paleologi. Nel 1533 anche la casa paleologa si estinse e tutto il Monferrato passò ai duchi di Mantova. Nel 1566 fu sede del senato locale, danneggiata dalle guerre tra spagnoli e francesi e dalla successiva peste del 1630. L'annessione del Monferrato (e di Acqui) al Piemonte sabaudo si verificò nel 1708.
cattedrale dedicata all'Assunta
famiglia imperiale dei paleologi
Chiesa di San Francesco. Poco distante dalla Bollente sorge la chiesa di San Francesco, anticamente collegata ad un convento francescano di cui sopravvivono, ad essa adiacenti, due chiostri quattrocenteschi. La chiesa fu quasi integralmente ricostruita (tranne l'abside e il campanile gotici) in stile neoclassico a metà del XIX secolo. Oltre ad un portone ligneo dello scultore Giulio Monteverde, presenta una monumentale facciata con grande timpano e l'interno con volta a botte, affrescata da Pietro Ivaldi da Ponzone detto "Il Muto". Vi si conserva una tela di Guglielmo Caccia Moncalvo.
Chiesa di San Pietro. Nota anche come "chiesa dell'Addolorata", ha origini paleocristiane. Venne quasi integralmente ricostruita tra il X e l' XI secolo in stile romanico quando vi si stabilì un'abbazia benedettina. Profondamente trasformata nel XVIII secolo, fu restaurata (e parzialmente ricostruita in stile neo-romanico) negli anni trenta del XX secolo. Restano originali la navata centrale e parte delle navate laterali, le absidi e il campanile a pianta ottagonale. Ha la dignità di basilica minore.
Chiesa di Sant'Antonio Abate. E' una chiesa di rito Cattolico Romano in stile barocco, situata nella Piazzetta don Galliano. La chiesa fu commissionata nel 1608 dall'ordine Barnabita, dedicata a San paolo, e associata al convento locale con lo stesso nome. Fu ricostruita nel 1701. Nel 1812 la custodia della chiesa fu conferita alla Confraternita di San't Antonio. Gli scranni del coro e il pulpito sono in stile Rococo, la sagrestia è invece Barocca. La chiesa ospita quattro dipinti del XVIII secolo che raffigurano i Santi Ambrogio, Agata, Teresa e Giovanni Nepomuceno, che sembrano essere appartenuti all'oratorio. La statua in legno della Vergine risale al XVIII secolo. L'organo fu costruito nel 1837 dal pistoiese Giosuè Agati.
La cattedrale di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Acqui Terme, chiesa madre della diocesi di Acqui. La cattedrale, iniziata dal vescovo Primo a partire dall'XI secolo e consacrata l'11 novembre 1067 dal vescovo Guido, venerato come santo patrono della città e della diocesi, fu costruita da maestranze lombarde in forma di edificio romanico con pianta a croce latina. Originariamente a tre navate, divennero cinque nel XVIII secolo, con cappelle laterali. La facciata è stata arricchita dall'apertura di un portale maggiore scolpito, opera di Giovanni Antonio Pilacorte: in esso sono raffigurati diversi personaggi, tra cui la Vergine Assunta, alcuni padri della Chiesa, angeli e figure tratte dal mondo animale e vegetale; sugli stipiti sono scolpiti il primo vescovo di Acqui, Maggiorino, ed il vescovo Guido, che consacrò la cattedrale. Furono poi aggiunti alla fine del Quattrocento il chiostro (1495) ed il campanile gotico (1479); risalgono agli inizi del Cinquecento il rosone della facciata ed il tiburio, mentre il pronao fu eseguito all'inizio del XVII secolo.
La cattedrale di Santa Maria Assunta sorge in Piazza Duomo, nel centro storico di Acqui Terme. La facciata è preceduta dal pronao neoclassico a colonne costruito all'inizio del XVII secolo. Esso si apre sulla piazza con tre archi a tutto sesto sorretti da colonne marmoree tuscaniche. Alla destra della facciata, addossato a questa, vi è il campanile gotico del XV secolo, con cinque ordini separati e cuspide con base ottagonale. Nella parte posteriore della chiesa, vi sono le cinque absidi romaniche, di cui le tre centrali della chiesa originaria, caratterizzate da monofore con decorazione ad archetti. La medesima decorazione orna le pareti esterne delle navate e del transetto. Sulla crociera, si eleva il tiburio ottagonale che ha sostituito nel Cinquecento un tiburio precedente più elevato.
L'interno della chiesa, in stile barocco è a croce latina. La struttura è suddivisa in tre navate coperte con volte a crociera che hanno sostituito l'originaria copertura a capriate lignee, riccamente decorate con stucchi dorati ed affreschi tra cui spicca quello della volta centrale opera di Pietro Maria Ivaldi (1863).
Lungo le due navate minori, si aprono varie cappelle laterali. La prima a dx., edificata di recente su progetto di Alessandro Thea, presenta all'altare un Crocifisso in avorio ricavato da un'unica zanna di elefante; la seconda a dx una pala d'altare con San Carlo Borromeo. Dopo l'ingresso al chiostro, Cappella del Santissimo Sacramento, con altare e balaustra, decorazioni pittoriche e pala. A sin., la prima è il battistero di Robilant, chiuso da una elaborata cancellata in ferro battuto poggiante su una balaustra marmorea. Al centro della cappella, il fonte battesimale sovrastato da un baldacchino in marmi policromi; In alto la statua del Battesimo di Cristo. Dopo alcune cappelle prive di pregi la quinta è la Cappella della Madonna delle Grazie, con copia della tela della Madonna di Foligno di Raffaello.
Dall'absidiola dx., cappella rococò della Madonna del Rosario con medaglioni di Giovanni Monevi che circondano la statua lignea della Madonna dello scultore Garzoni, attraverso la sacrestia dei Cappellani, si arriva alla sala del Capitolo con stalli intarsiati di Silvestro de Silvestri, lo stupendo trittico dell'Annunciazione o della Madonna di Montserrat del pittore catalano Bartolomé Bermejo (fine XV secolo), l'Annunciazione di Valerio Castello e la tavola con San Guido e i quattro Dottori della Chiesa di scuola lombarda. Dall'absidiola sin. dedicata all'Immacolata Concezione, con volte rococò coperte di stucchi, si accede alla cappella di San Guido con altare in stile barocco contenente la tela San Guido intercede per la città di Acqui presso la Madonna di David Corte.
Al disotto del presbiterio rialzato, vi è la cripta, risalente all'XI secolo, divisa in navatelle da 98 colonne in marmo. Al centro, l'altare con il tabernacolo moderno, sui lati altri quattro altari (Cristo Morto, Sant'Antonio, San Giuseppe, dei Vescovi). Sul pilone di sin. un affresco raffigura Sant'Antonio Abate.
La fontana della bollente di Acqui Terme oltre che essere, per la sua tipicità ed originalità una delle attrattive principali del luogo, è soprattutto il simbolo della città in quanto emblema della sua antica storia come stazione termale. Infatti era già nota in epoca romana e con la sua splendida piazza restaurata recentemente funziona anche come suggestivo salotto all’aperto utilizzato spesso per spettacoli ed eventi culturali di vario genere. La “Bollente” si presenta come una specie di basso tempio, a forma ottagonale, con al centro una sorgente di acqua salso-bromo- iodica che sgorga in modo naturale alla temperatura di ben 74°C con la notevole portata di 560 litri al minuto. A sinistra del monumento progettato dall’architetto Giovanni Cerruti ed inaugurato il 16 Maggio 1879 si erge la Torre Civica dell’Orologio conosciuta come “torre priva di fondamenta” per il fatto che si sostiene appoggiandosi sulle case adiacenti. Sui fianchi di via Saracco che porta alla piazza si trovano i vecchi portici sotto i quali si possono vedere i resti di un pavimento a mosaico di epoca romana ritrovati durante gli scavi della fine del XIX secolo durante i quali furono anche ritrovati sulla piazza i resti di un antica piscina , di una vecchia fontana ed altri edifici di epoca romana e di epoca successiva tra cui anche un ospedale detto di sant’Antonio Abate “in balneas”. L‘acqua della fonte è utilizzata soprattutto insieme ai fanghi negli stabilimenti di cura termali per le sue proprietà curative di malattie quali reumatismi ed artrosi e in tutte quelle legate al sistema respiratorio.
Curiosità: Gli "sgaientò"
Questo termine in dialetto piemontese che tradotto in italiano letteralmente significa “scottati”, con cui amano riconoscersi i cittadini acquesi nasce da una singolare leggenda locale secondo la quale un tempo non molto lontano era usanza consolidata nella città di immergere, per pochi secondi, i bambini appena nati nella fonte della Bollente, un usanza sul modello spartano per testare e temprare la fibra dei neonati. I sopravvissuti meritavano appunto l’appellativo di “sgaientò” (scottato) e il meritorio diritto di diventare un autentico cittadino acquese. Probabilmente dietro alla leggenda potrebbe esserci stata l’idea di un “battesimo” parallelo a quello cristiano in cui i neonati venivano lavati in una bacinella d’acqua della fonte opportunamente raffreddata. Il termine ha la prerogativa di definire un lavoro ed un attività unica nel suo genere in quanto solo la presenza della fonte di acqua caldissima ne poteva permettere l’esercizio. Il nome deriva dal termine “brenta” un contenitore in lamiera zincata (a differenza di quella di legno usata nelle cantine per il vino) che poteva contenere 50 litri d’acqua ed è traducibile in italiano con “il portatore della brenta”. L’attività del “brentau” era infatti quella di portare con la “brenta” in spalla nelle case la preziosa acqua calda che sgorgava dalla fontana, un lavoro che era insieme fonte di reddito e gradito servizio al cittadino. Per garantire la consegna del giusto quantitativo d’acqua la brenta che aveva la forma un po’ di un cono rovesciato aveva sulla sua sommità la “broca” cioè un chiodo ben visibile che il livello del contenuto d’acqua doveva raggiungere per garantire gli stabiliti 50 litri d’acqua. Le brente oramai sono solo oggetti d’antiquariato ma quelle meglio conservate tornano alla loro antica funzione una volta all’anno, nel mese di settembre, in occasione del “Palio del Brentau”, singolarissima gara che vede appunto i concorrenti cimentarsi nel trasporto dell’acqua e che premia il maggior quantitativo portato in relazione al tempo impiegato. I brentau erano, all’epoca, ovviamente molto conosciuti, venivano chiamati per nome e spesso con un soprannome come l’ultimo dei “brentau” di Acqui chiamato “Caudren”, gli acquesi più anziani ricordano anche una “donna brentau” che si chiamava Luisa.
Castello dei Paleologi. Il castello dei Paleologi è citato per la prima volta 1056; venne ricostruito nel XV secolo dal marchese di Monferrato Guglielmo VIII Paleologo. Con l'utilizzo della polvere da sparo divenne inadeguato dal punto di vista difensivo e fu più volte danneggiato ed espugnato. Tra i primi anni del XIX secolo e gli anni Ottanta del XX secolo ha svolto le funzioni di carcere giudiziario. Parte del castello ospita il Museo Archeologico comunale che custodisce numerosi reperti, soprattutto di epoca romana rinvenuti nei dintorni della città. È inserito nel sistema dei "Castelli Aperti" del Basso Piemonte.
L'acquedotto romano. Visibili dal ponte Carlo Alberto sul fiume Bormida, sono i resti dell'acquedotto romano costituito da 15 pilastri e 4 archi. La struttura, uno dei simboli della città, risale a epoca imperiale; la conduttura era originariamente lunga 13 km e attingeva l'acqua dal torrente Erro, nei pressi di Cartosio attraversando anche il territorio di Melazzo. Si tratta di una delle strutture di questo genere meglio conservate dell'Italia Settentrionale. Altre importanti testimonianze del periodo romano si trovano in città, ad esempio i resti della piscina del calidarium di un impianto termale.
La storia delle sorgenti termali. Nel quartiere Bagni, sulla sponda destra della Bormida, si trovano altre sorgenti termali (Lago delle Sorgenti, formato da sette fonti a 45-55 °C; fontanino dell'Acqua Marcia, circa 20 °C). Qui, alla fine del Quattrocento, venne eretto uno stabilimento termale chiamato Antiche Terme, distrutto nel XVII secolo da una frana. L'attuale edificio fu ampliato nel XIX secolo. Nei pressi si trova lo stabilimento termale Regina e una vastissima piscina natatoria costruita nel 1927. Origine affine alle precedenti hanno le acque ipotermali scaturenti nel comune di Visone dal cosiddetto "Fontanino di Visone", nei pressi della stazione ferroviaria. Queste ultime subiscono subito però un notevole raffreddamento durante la risalita (temperatura: 21,8 °C) e una forte commistione con acque sotterranee superficiali. L'altro stabilimento termale risale agli ultimi decenni del secolo XIX ed è denominato Nuove Terme; è collocato ai margini del centro storico (sponda sinistra della Bormida), in Piazza Italia, dove dal 1º gennaio 2000 si trovano due fontane monumentali dette "delle Ninfe" . Dal 2009 la ex fontana delle ninfe, non più attrezzata come tale, pur rimanendo invariata nella geometria si presenta come un'aiuola ricca di fiori e con all'interno olivi secolari. Questo rinnovamento migliora dal punto di vista estetico e pratico l'atmosfera di Piazza Italia che ora risulta meno appesantita da gelidi marmi e più aperta all'occhio del turista. Il bassorilievo in marmo di Carrara della fontana delle Ninfe, dopo la sua trasformazione in aiuola, è stato ricollocato nel giardino del Castello dei Paleologi.