Biodiversità, perchè dobbiamo preservarla

In questi ultimi anni sentiamo, sempre più spesso, parlare di questo tema. Se vogliamo preservarla è importante che il nostro rapporto con la natura cambi.


La biodiversità è il frutto di un lunghissimo percorso evolutivo che ha portato alla creazione di ecosistemi equilibrati in cui ogni essere vivente ha il suo posto e ruolo preciso.

Questa diversità è proprio il frutto della lunga convivenza tra gli individui, fondata su una rete di complessi legami. Un’ ape non potrebbe sopravvivere senza il nettare dei fiori che, a loro volta, necessitano delle api, i loro principali impollinatori.

Ogni ecosistema è formato da legami di questo tipo. Ogni essere vivente, dal grande mammifero fino al più piccolo fungo o batterio, è importante ed essenziale. Bisogna capire che la natura, o un determinato ecosistema, è un unico grande organismo, che ha bisogno di tutte le sue parti per funzionare correttamente.

La biodiversità è quindi alla base di un ecosistema sano.

L’essere umano, data la sua capacità di modificare l’ambiente che lo circonda, si crede superiore a ogni organismo che lo circonda.

C’è un esempio storico che calza a pennello. Alla fine degli anni 50, in Cina, si intraprese la campagna dei 4 flagelli: un piano per eliminare in pochi anni topi, zanzare mosche e passeri. I primi tre perché portatori di malattie.

Gli uccelli perchè si era stimato che, impedendogli di mangiare i semi dai campi, sarebbero aumentati considerevolmente i raccolti. In pochi anni si riuscì nell'intento, ma il risultato fu una delle più grandi carestie della storia cinese, si stima che morirono circa 30.000 persone.

Questo perchè i volatili si nutrivano anche di cavallette che, non avendo più i loro principali predatori, iniziarono a prosperare e ad aggregarsi in enormi sciami, stile piaga d'Egitto, portando all’effetto opposto di quello voluto.

Questo era solo un esempio, ma il concetto è chiaro, l’uomo non è al di sopra della natura e, soprattutto, ne deve rispettare gli equilibri. È quindi importante che l’ambiente in cui viviamo sia sano e con una ricca biodiversità.


Piante e l’aria che respiriamo

La piante usano il carbonio per formare i loro tessuti, rimuovendolo dall’atmosfera. Disboscare una foresta è, quindi, un’azione dannosissima: oltre a non avere più “assorbitori di carbonio”, verrà anche disperso in atmosfera quello assorbito dalla pianta (senza contare l’enorme perdita di biodiversità).

In più, ricordiamoci che le foreste pluviali (spesso le uniche citate in questa lotta) non sono le sole a produrre ossigeno, tutte le altre zone boschive del globo sono molto importanti e non vanno trascurate, specialmente quelle nei pressi delle città, come nel caso di Bologna.

Anche alghe e fitoplancton hanno un ruolo fondamentale, si stima infatti che circa la metà della produzione di ossigeno sia merito loro, produzione che è messa particolarmente a rischio dall’alta quantità di microplastiche disperse nel mare.

Quindi, anche proteggere la biodiversità di queste zone è un nostro diretto interesse.

L'opposto della biodiversità: gli allevamenti intensivi.

Un problema serio è quello degli allevamenti intensivi. In pochi metri quadrati vengono raggruppati tantissimi animali della stessa specie, creando un terreno fertile per la diffusione di virus e malattie.

In natura un virus ha meno probabilità di prosperare perché si trova davanti a specie diverse.

In un allevamento intensivo, caratterizzato da animali che hanno le stesse caratteristiche fisiche e genetiche, un virus si diffonde molto più velocemente, moltiplicandosi in modo esponenziale e aumentando il rischio di mutazioni, tra cui quella che permette di fare il salto di specie (spillover) e di passare da animale a uomo.



Cambio di paradigma

La situazione critica in cui ci troviamo può essere considerata come il risultato della superbia e dell’ignoranza che l’uomo ha avuto per troppi anni nei confronti della natura. Mosso da un'economia capitalistica e di consumo, si è spinto oltre limiti dai quali sarà difficile tornare indietro, soprattutto mantenendo una mentalità di questo tipo.

Tratta di quest’argomento l’economista Kate Raworth con la sua "Doughnut Economics”, in cui si distacca da questo modello economico e ne propone uno che unisce i diritti umani indispensabili ai limiti tangibili del nostro pianeta.

In seguito alla pandemia in atto dallo scorso anno, Amsterdam ha scelto proprio questo come modello economico per rialzarsi dalla crisi, con un piano pratico di strategie e obiettivi, che uniscano il sociale e la sostenibilità.