Quando tutto questo sarà finito

CON GIOELE DIX CONTRO I PREGIUDIZI

Certe cose non le scegliamo noi,

ma siamo quello che abbiamo fatto.

(Derek Walcott, Concludendo)

Le lettere aperte a Gioele Dix di Martina, Sofia e Federico


Caro Gioele Dix,

mi presento: sono Martina Pesenti, una ragazza di quindici anni che le scrive, quasi un po' intimidita, per confrontarmi con lei in merito al suo libro “Quando tutto questo sarà finito”.

Frequento l’istituto tecnico Mario Rigoni Stern di Bergamo e mi auguro di poterla conoscere di persona.

“E che senza volerlo diventa una lezione di storia e di vita”: è questa la prima frase che la mia mente ha scovato tra le righe del riepilogo sulla copertina finale e mai mi sarei aspettata di trovare queste parole così profondamente sincere; la lettura di questa storia, con la S maiuscola, non solo, mi ha portato una lezione di storia e di vita, bensì mi ha catapultata con cuore e anima in un mondo che, nel tempo, è molto vicino, ma molto lontano dalla mia quotidianità.

Come si può spiegare a un bambino di dieci anni che il motivo per il quale non può andare a lezione con i suoi compagni, da un giorno all’altro, è che ha origini ebraiche, quasi come fosse una malattia? Allo stesso bambino che ha sempre riso, giocato, pianto con le stesse persone dalle quali ora deve allontanarsi?

Suo padre è stato quel bambino che ha dovuto darsi una spiegazione e che, crescendo, si è tenuto dentro l’orrore, l’umiliazione, la sconfitta della dignità umana, ma che, davanti agli occhi di suo figlio, è riuscito a esternare, con tutto l’amore che esiste, la vicenda di una famiglia che ha vissuto uno dei periodi più disumani della storia dell’umanità.

Negli anni io ho sempre studiato tra i libri di storia il nazismo, senza mai capirne, probabilmente, davvero la rilevanza storica; mi sono sempre limitata, soprattutto alle scuole medie, a cogliere gli eventi con un punto di vista distaccato, quasi “estraneo” al nostro mondo.

Oggi mi chiedo come sia possibile tanta violenza gratuita, tanto odio per il semplice gusto di odiare, tanta indifferenza.

Leggere questo libro mi ha sicuramente portata a riflettere molto sul passato ma, allo stesso tempo, sul presente; su quanto sia importante saper pesare le scelte, le parole, i gesti che, poco a poco, nel tempo, costituiscono un comportamento il quale, spesso, porta e ha portato in passato a commettere errori e a uccidere il nostro stesso fratello.

Fa ribrezzo pensare che pregiudizi infondati sono sfociati in una persecuzione raziale che ha tolto la dignità, e purtroppo la vita, a più di cinque milioni di persone tra cui donne, uomini, bambini, mamme, papà e nonni.

Quando non si conosce qualcosa o qualcuno, si ha sempre una curiosità che ci porta, da un lato, ad essere per natura (esseri) spiacevoli e dall’altro ci trasmette paura.

Il timore, in questo caso, non è sano, ci porta a mettere un’etichetta sulle persone, come se fossimo in un negozio di abbigliamento e, spesso, ci porta a costruire corazze di pregiudizi che diventano muri invalicabili.

Emarginare qualcuno per il suo aspetto, per la sua storia, per il colore della sua pelle, per un difetto fisico… Potrei continuare per molto altro tempo e trovare tutto ciò che oggi, nella nostra società, è visto come “diverso” e, quindi, quasi potenzialmente pericoloso.

Sconfiggere i pregiudizi ritengo sia un compito che la mia generazione più di tutte deve portare avanti, battendosi per liberare le nostre menti da preconcetti ormai radicati e assimilati sin da piccoli.

Cosa se non il passato è il tempo dal quale possiamo imparare di più?

Dobbiamo avere la sua forza, Gioele, che ha dimostrato nel ripercorrere, sicuramente non a cuor leggero, la storia di una famiglia, di una popolazione, la storia che, in fondo, è quella di tutti quanti noi.

 

                                                            Martina

Caro Gioele Dix

Mi chiamo Sofia, sono una studentessa del Mario Rigoni Stern.

In questo periodo ho letto il suo libro, e devo dire che mi è piaciuto molto.

Nel leggerlo solo un’emozione è prevalsa dentro di me: la tristezza.

La tristezza nel sentire una storia del genere, perché nessuno merita un trattamento simile e mi dispiace che tutto ciò sia successo alla sua famiglia e a tante altre persone.

A pensarci bene, se fossi stata al posto di suo padre, non so se sarei riuscita ad affrontare la situazione come ha fatto lei.

Scappare in un altro Paese, per poi essere rifiutati, però poi riuscire ad entrare e essere divisi: neanche con il mio carattere forte sarei riuscita ad affrontare un’esperienza simile.

La cosa più brutta è che tante - e fin troppe - persone hanno vissuto questa situazione, e non lo trovo giusto.

Perché nessuno merita questo: però purtroppo, è successo e adesso l’unica cosa che possiamo fare, che dobbiamo fare, è migliorare e far sì che non succeda più.

Sono consapevole che del fatto che tutto ciò che le ho appena detto lo avrà sentito svariate volte, ma penso che sia giusto dirlo.

In parte so cosa vuol dire ritrovarsi totalmente soli con il proprio “mondo” stravolto, se non quasi distrutto.

Anch’io non ho passato un buon periodo con la malattia di mio fratello.

Di certo non voglio paragonare il mio caso al suo, perché sono due situazioni diverse, ma hanno qualcosa in comune.

Questo fatto della mia vita non è per niente paragonabile al suo, però volevo dirle che anch’io, come suo padre, ho affrontato l’esperienza di vedere il proprio fratello stare male.

E so per certo che questa fatto ha segnato la mia vita, come quella di suo papà.

Come, del resto, penso che l’abbia segnato la persecuzione degli Ebrei.

Ammiro molto lei e suo padre: ammiro il vostro coraggio nell’affrontare tutto, ammiro il fatto che lei abbia deciso di  scrivere questo libro, perché le situazioni brutte e difficili non sono mai facili da raccontare.

Ma forse è meglio tirarle fuori, rispetto a tenerle dentro, perché possono diventare un’arma contro se stessi e, in parte, so cosa vuol dire.

Io vorrei aiutare le persone che hanno vissuto tutto questo, ma non so veramente cosa fare, perché non l’ho vissuto e quindi so che direi la cosa più sbagliata, però una cosa la so.

Non bisogna far sì che le vicende brutte della vita, avvenute per mano di altri o della vita stessa, portino via il sorriso.

Questa cosa me la ripeto tutte le volte, non sempre l’ascolto, devo ammetterlo, ma è così.

Però, magari, può aiutare molte altre persone.

L’ultima cosa che vorrei riaffermare è che l’ammiro molto.

Adesso la lascio andare, credo di averla “riempita” abbastanza con le mie parole.

Un cordiale saluto      

                                                                                                                        Sofia  

Caro Gioele Dix,

sono un ragazzo di quindici anni e frequento la seconda superiore all’istituto agrario Mario Rigoni Stern di Bergamo. Recentemente ho letto il suo libro "Quando tutto questo sarà finito. Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi razziali" ed ho avuto la fortuna di incontrarla. 

Il suo testo mi è piaciuto moltissimo: l’ho trovato molto profondo e interessante. 

Sono rimasto colpito soprattutto dal fatto che anche la vita in Svizzera, per i rifugiati di origine ebraica, non era per nulla semplice; infatti credevo che, una volta oltrepassato il confine, le persone fossero libere ma, come ho capito dalla storia della sua famiglia, la vita in Svizzera era molto difficile. 

Sono rimasto molto toccato anche dalla frase “Quando tutto questo sarà finito”, sono solo cinque parole ma ricche di significato e molto profonde; queste parole mi hanno fatto capire lo stato di confusione e disperazione in cui si trovava suo nonno in quel periodo, che all’inizio della vicenda mi era sembrato molto sicuro e ottimista. 

Un’altra parte del libro che mi ha fatto molto riflettere è quella decina di righe che si trovano sia all’inizio che alla fine. In quelle poche righe sono riuscito a comprendere fino in fondo quanto sia importante un figlio per una madre e quanto potere hanno le parole di un figlio per una mamma. 

Ad avermi colpito molto sono state anche queste parole di sua nonna: “E’ stata la lunga mano dei nazisti”. Questa frase mi fa capire quanti problemi, distruzione, paura, terrore, angoscia e soprattutto morte abbiano portato i nazifascisti all’interno delle nazioni, delle città, delle case, delle famiglie e delle persone. 

Sono rimasto molto coinvolto anche dall’incontro che ha fatto con noi studenti: grazie a quanto ci ha raccontato, sono riuscito a capire bene molti aspetti della religione ebraica, come l’alimentazione e altre regole, che non mi erano ancora chiari. 

Durante l’incontro lei ci ha parlato anche del bene e del male, portandoci l’esempio della bilancia a bracci, questo esempio l’ho trovato molto toccante e mi ha fatto riflettere moltissimo, infatti spesso non mi rendo conto di come le mie scelte potrebbero, involontariamente o volontariamente, far spostare la bilancia dalla parte del male. 

Penso che moltissime persone che hanno aiutato la sua famiglia e di cui lei ha parlato nel libro, come il Tenente Emilio, la cartolaia Witwe Linde, il signor Zuliwsky, suor Juliane e i signori Oriani, abbiano, nel loro piccolo, spostato la bilancia dalla parte del bene, permettendo alla sua famiglia di salvarsi. Al giorno d’oggi sono moltissime le persone che, con le loro scelte e le loro opere, provano tentano e riescono a spostare la bilancia dalla parte del bene; ma sono anche numerose le persone che appesantiscono il piatto del male, come i mafiosi, i trafficanti di esseri umani, i ladri, gli spacciatori,....

Per concludere, volevo farle i miei più sinceri complimenti per il suo libro, per il coraggio, la determinazione e la bravura con cui ha deciso di raccontare la storia di suo padre e volevo ringraziarla per l’incontro e per la sua gradita presenza.

Grazie!                                                                                                                                Federico


Il nostro articolo per Il Corriere della Serra: Può una "bilancia" cambiare il mondo?

PUO’ UNA “BILANCIA” CAMBIARE IL MONDO?

L’ABBIAMO CHIESTO A GIOELE DIX

 

 Lunedì 13 febbraio 2023, noi ragazzi della 2E e delle classi 2C, 3AG e 5C dell’Istituto Mario Rigoni Stern abbiamo avuto la possibilità di incontrare e intervistare l’artista Gioele Dix.

Tutto ha avuto inizio quando la nostra professoressa di italiano ci ha proposto la lettura del libro “Quando tutto questo sarà finito. Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi razziali” di Gioele Dix.

Questo libro narra la storia della famiglia ebrea del padre di Gioele Dix, Vittorio, che con molte difficoltà, durante la seconda guerra mondiale e l’occupazione nazi-fascista in Italia, riesce a rifugiarsi in Svizzera, dove dovrà affrontare altrettante vicissitudini, tra cui la separazione dai suoi genitori e dal fratellino. 

La vicenda ha colpito molto tutti noi, suscitandoci grande interesse; così abbiamo approfondito questo argomento in classe, confrontandoci tra di noi, e abbiamo espresso le nostre personali riflessioni su quanto letto e appreso.

Successivamente l’insegnante ci ha comunicato la bella notizia che Gioele Dix avrebbe fatto visita alla nostra scuola, in occasione delle attività organizzate per la Giornata della Memoria.

L’incontro si è tenuto in aula Fenaroli, dove abbiamo accolto lo scrittore.

Dopo i saluti e i ringraziamenti da parte delle professoresse Simonelli e Gabanelli e la presentazione dell’ospite, lo scrittore ci ha spiegato il suo rapporto con la Storia e come è iniziata la stesura del suo libro nel 2014. Ci ha confidato che, purtroppo, suo padre, protagonista del suo testo, è morto qualche anno fa.

Il dialogo è proseguito approfondendo il rapporto tra gli Ebrei e la cultura italiana.

Gioele Dix ci ha parlato della storia degli Ebrei, da Mosè, passando per le sue tappe più importanti e descrivendo le caratteristiche di questo popolo, che spesso, nel corso dei secoli, ha dovuto sostenere il ruolo di capro espiatorio, subendo condizioni di forte emarginazione…

Gli Ebrei italiani del 1600 ebbero la possibilità di “italianizzarsi” sempre di più, l’unico tipo di esclusione che subirono, inizialmente, fu quello dei ghetti, in particolare a Venezia: si trattava di quartieri nei quali erano costretti a risiedere da leggi che li emarginavano.

Si è passati poi a parlare, nello specifico, delle privazioni che ha subito, nella sua adolescenza, il signor Vittorio, a partire dal 1938, l’anno in cui furono emanate le Leggi Razziali, e, in modo particolare, di quanto abbia pesato nella sua vita di adolescente il divieto di frequentare la scuola.

L’incontro è proseguito con un altro interessante approfondimento, riguardante il tenente Emilio, un personaggio fondamentale per la risoluzione della vicenda di questa famiglia, perché l’ha aiutata e guidata, senza chiedere nulla in cambio, nel passare il confine per rifugiarsi in Svizzera.

Quella di Emilio, tenente della Guardia di Finanza, è una figura molto amata da noi giovani lettori, che proviamo nei suoi confronti ammirazione, stima e rispetto.

Gioele Dix, parlando di quest’uomo, che ha rischiato la vita per salvare altri esseri umani, ci ha spiegato la sua visione del bene e del male, immaginandoli disposti su una bilancia, in equilibrio tra loro: perché la bilancia vada a favore del bene, è fondamentale che le persone valutino attentamente le loro azioni, cercando di operare per il meglio.

In particolare, nella sua storia, il tenente Emilio è stato colui che ha influito, con le sue azioni, a spostare il “peso” di questa bilancia dalla parte del bene quando, più comodamente, avrebbe potuto mostrarsi indifferente, come gran parte della popolazione in quegli anni.

Grazie a questo incontro abbiamo scoperto una nuova visione della Storia.

Siamo rimasti molto colpiti dalla riflessione sulla bilancia bene/male, che abbiamo trovato molto toccante e concreta; infatti è un ottimo principio da applicare nella vita reale di tutti i giorni, che ci fa riflettere molto anche su come prendere le nostre scelte, dalle più piccole alle più grandi.

Abbiamo compreso che le nostre decisioni influiscono, nel bene o nel male, sulla comunità: scegliendo di agire per il bene, possiamo fare la differenza e contribuire, col nostro impegno quotidiano, a cambiare il mondo in meglio.

Cerchiamo, dunque, tutti insieme, di spostare la bilancia dalla parte del bene e sforziamoci di essere un po' più altruisti verso la società e le altre persone.

Nell’ultima mezz’ora il nostro ospite si è reso disponibile a rispondere alle nostre domande e curiosità. L’incontro è poi terminato con i ringraziamenti da parte di tutto l’Istituto allo scrittore e con il dono simbolico, da parte degli studenti, del libro “Contro la Guerra. Il Coraggio di costruire la Pace” di Papa Francesco: un invito al dialogo per costruire una società più giusta.

 

Per concludere, vogliamo ringraziare di cuore l’artista Gioele Dix che, pur essendo molto impegnato, ha trovato il tempo per confrontarsi con noi, dandoci la preziosa opportunità di avvicinarci alla cultura della Comunità Ebraica Italiana.

Ringraziamo, inoltre, le professoresse Ornella Simonelli e Clementina Gabanelli per il loro impegno nell’organizzazione dell’incontro.



                               Martina e Marco

 


La lettera aperta a Gioele Dix di Fabio

Caro Gioele Dix ,

io sono Fabio, un ragazzo di 15 anni, e sono lombardo, di un paese in provincia di Bergamo, frequento la scuola superiore IIS Mario Rigoni Stern, un istituto tecnico agrario.

Le scrivo questa lettera dopo aver letto il suo romanzo "Quando tutto questo sarà finito" che, a mio parere, è un testo fantastico perché a me piacciono molto i libri che raccontano storie vere, soprattutto come quella della sua famiglia: una vicenda molto dura e impressionante.

La testimonianza della sua famiglia mi ha colpito perché è diversa da tutte le altre che ho letto sul fascismo, infatti i suoi cari sono stati sfortunati per tutto quello che hanno vissuto, ma allo stesso tempo anche molto fortunati, per certi aspetti, perché sono riusciti a rifugiarsi in Svizzera e a salvarsi, rispetto a milioni di persone che sono state deportate nei campi  di campi di sterminio e poi uccise.

Sotto questo aspetto uno dei miei personaggi preferiti è stato Emilio, perché testimonia il fatto che, anche in quel periodo, c’erano persone che, non essendo in pericolo e non essendo emarginate, comunque si preoccupavano e aiutavano le persone in difficoltà. 

Un gesto che mi è piaciuto molto da parte sua e il fatto di aver trovato il coraggio di raccontare tutto questo, perché senza di lei, probabilmente, non si sarebbe mai saputo niente di questa vicenda.

Io credo anche che questo sia un libro per ringraziare e per ricordare cosa ha fatto la sua famiglia: il coraggio e la determinazione che ha avuto; io, nei loro panni, non so se avrei avuto il loro coraggio. Ovviamente non so cosa avrei fatto in quel periodo, visto che non l’ho mai vissuto realmente, ma credo che mi sarei nascosto in casa e avrei vissuto nella speranza di non farmi trovare. 

Io penso che i pregiudizi diffusi fra gli esseri umani siano delle cose assurde, soprattutto nel 2023.

Ad esempio se una persona ha la pelle bianca non è diversa da una con la pelle nera, un ebreo non è diverso da un cristiano né da un musulmano ma, sfortunatamente, tuttora molte persone pensano che ci siano differenze: a mio parere è una cosa molto triste perché evidenza l’ignoranza di questa gente.

Superare tutti i pregiudizi presenti nel mondo nel mondo sarà molto difficile, ma spero che, prima o poi, spariranno, anche se, allo stesso tempo, come ci insegna la storia, forse se ne creeranno altri  e ci saranno sempre delle disuguaglianze sociali.

Fabio


"Nascosto dove c'è più luce" di Gioele Dix spettacolo completo