Leggere e discutere per pensare

DARIO FO: UN GIULLARE NEL TEMPO MODERNO


E’ conosciuto come uomo di teatro , drammaturgo, scrittore, pittore e attivista politico.

La sua fama raggiunge il culmine quando nel 1997 vince il Premio Nobel per la letteratura,

riconoscimento per i moltissimi libri scritti e testi di teatro , grazie al riconoscimento della forma letteraria dei giullari medioevali,  che con satira deridevano il potere per restituire dignità ai poveri , famoso  il suo monologo ‘’MISTERO BUFFO’’ scritto mescolando i vari dialetti della Pianura Padana.


Nasce a Sangiano nel Varesotto in Lombardia il 24 Marzo del 1926 e muore a Milano il 13 ottobre del 2016, un uomo che vedeva in ogni forma d’espressione la possibilità di divulgare cultura ed ogni tipo d’arte a tutti per tutti.

Un uomo tenace, instancabile che si appassionava a tutto ciò che faceva, amava la drammaturgia, grande scrittore di commedie, attore brillante di teatro e di tv.

Per divertire incuriosire chi lo ascoltava facendo satira, utilizzava  il ‘’GRAMMELOT ‘’

per i suoi monologhi dove le parole erano suoni che non avevano un significato ma avevano musicalità e il concetto veniva da lui introdotto prima di iniziare, questo stile veniva usato dai teatrali viandanti nei secoli passati, Fo lo esalta utilizzandolo con un accento inglese.

Si laureo’  all’accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, appassionato di pittura si divertiva a dipingere utilizzando colori sgargianti e sagome in movimento con forti contrasti.

L'altro grande amore della sua vita è stata l’attrice Franca Rame sposata nel 1954 a Milano che restera’ sempre con Lui, fu sua collega di lavoro e insieme dopo le numerose censure

ricevute per i testi di satira presentati nei programmi televisivi passarono al teatro.

Secondo Dario Fo ognuno di Noi può avvicinarsi ad ogni tipo d’arte a prescindere dallo status. Grande attivista politico di sinistra, Fo usava la sua arte teatrale e il GRAMMELOT per divulgare il suo pensiero, le sue idee, ma soprattutto cultura .

Dario Fo era ateo, le sue caratteristiche più note erano l’anticonformismo e l’anticlericalismo

oltre ad un atteggiamento critico verso le istituzioni politiche, sociali ed ecclesiastiche. Sempre attraverso la satira esprimeva ciò che pensava,era un’artista SCOMODO nelle sue interpretazioni o nei suoi libri perché spesso denunciava ingiustizie, perbenismo politico e atti di convenienza.

Questo artista è stato un uomo dal grande carisma  con una fortissima capacità mimica e gestuale, un uomo del nostro tempo che è riuscito a comunicare concetti su problematiche sociali passate e moderne utilizzando un‘arte antica  che si è tramandata e che da Lui è stata utilizzata con allegria e comicità.

Mi ha colpito come in ogni sua giullarata, monologo arricchito, utilizzava termini e parole difficili, poco usati che poi ben spiegava ed ho capito che, così facendo, spingeva le persone, come me, ad imparare  eventi ed interpretazioni della storia e nuovi concetti. 

Andava sempre controcorrente .

Consiglio di vedere i video su YouTube delle sue interpretazioni per rimanere stupiti dalla capacità di coinvolgere e divertire le persone con la sua personalità, con il suo tono di voce, con i suoi gesti e la simpatia dell’inchino finale… Proprio come facevano i giullari al termine di uno spettacolo

Dario Fo ha avuto conoscenze importanti nell’arco della sua vita , da politici ad attori,  a comici a scrittori e con i quali ha vissuto momenti più o meno storici,  da Silvio Berlusconi a Roberto Benigni - per citarne alcuni - a Beppe Grillo .

Mi sono ritrovato a leggere un suo libro e da quel momento ha avuto inizio, il mio avvicinarmi alla lettura,  la curiosità verso lo scrittore autore di quel libro e poi, a seguire, tutte le altre scoperte… Il romanzo storico ‘’RAZZA DI ZINGARO ‘è un testo che mi ha coinvolto, interessato colpito per lo stile e i vocaboli usati: è la storia vera di un giovane pugile di etnia sinti che viene catturato e deportato nei campi di concentramento tedeschi, subisce discriminazione e continue ingiustizie supportato solo dai suoi amici deportati come lui,  e che con coraggio cerca di superare i brutti momenti e i torti subiti fino alla fine, sarà inevitabile. Questa storia è un esempio della dura realtà della vita di molte persone di quel periodo storico ingiustamente perseguitate perché ritenute diverse e inferiori dai Nazzisti.

Contento di aver letto questo libro, ho voluto iniziare un’altra opera scritta da Dario Fo ed ho scelto ‘’C’E’ UN RE PAZZO IN DANIMARCA ‘’ un romanzo storico dove la realtà e la finzione si alternano:  nella narrazione i personaggi e gli avvenimenti si intrecciano

in modo divertente, sembra quasi che recitino, a volte in modo tragico, troppo tragico da diventare divertente.

Cristiano VII, il protagonista, è il nuovo Re di Danimarca e Norvegia, giovanissimo con una malattia mentale e con una moglie graziosa che, alternando momenti di lucidità e pazzia, 

governa il suo paese in un secolo, il Settecento, colpito dal vaiolo e dalla peste, dalle lotte per i confini di stato alle scoperte marittime … Diventa anche padre e cercherà in ogni modo di difendere suo figlio nella confusione degli eventi, nel peggiorare della sua malattia, nel tradimento della moglie e sono sicuro, dato che sono solo a metà lettura, che succederà altro che continuerà a farmi amare questo strambo, folle ma simpatico Re.

Per ora mi piace non solo per come gli avvenimenti vengono raccontati e descritti ma anche perché tre  personaggi raccontano la storia accaduta scrivendo un diario, ed  ognuno ha le sue vedute ,i suoi dolori e i suoi pensieri … 


di Filippo


   



COMBATTERE L'INDIFFERENZA


Durante questo anno scolastico, io e alcuni miei compagni abbiamo potuto partecipare ad un incontro con Don Aniello Manganiello, parroco di Scampia, quartiere di Napoli tristemente famoso per la presenza forte e radicata della Camorra. 

Durante l’incontro Don Aniello, autore anche del libro “Gesù è più forte della Camorra”, ha parlato dei suoi anni in questo quartiere, della presenza della mafia, delle case abusive, delle bollette dell’oratorio (con cifre esorbitanti nei primi mesi perché ne usufruivano numerose case abusive), delle interviste che ha fatto (come quella per il programma “Le Iene”), le minacce che ha ricevuto, l’associazione  “Ultimi contro le mafie e per la legalità” che ha fondato nel 2012, le squadre di calcio dell’oratorio in cui giocano numerosi ragazzi di famiglia mafiosa…Infatti è proprio sul calcio che Don Aniello si concentra per cercare di unire i ragazzi, accoglierli e cambiarli, perché molti di quei ragazzi provengono da famiglie camorriste. 

Sono rimasto molto colpito da una frase che il "parroco anticamorra" ha pronunciato durante l’intervista: “L’indifferenza è una forma di illegalità”. Queste poche parole hanno un significato molto profondo, infatti, come spiegava il prete, l’indifferenza e l’omertà sono il problema maggiore, sono proprio queste due cose che rendono la mafia, e non solo, così potente. 

L’indifferenza, detta anche “far finta di niente” oppure “tanto non c’entro nulla” o “tanto ci pensano gli altri, perchè proprio io”, è l’arma di coloro che non hanno coraggio e di coloro in cui regnano l’egoismo e l’individualismo. Stare zitti e tacere spesso è peggio che sbagliare oppure lamentarsi: stare zitti, nella storia, ha causato moltissimi morti, basta pensare al periodo fascista, in cui molte persone sono state zitte e hanno fatto finta di nulla di fronte al massacro degli ebrei o ai bambini e alle  famiglie che venivano strappati dalle loro case. Oppure possiamo pensare al periodo  delle stragi di mafia, in cui moltissimi stavano zitti di fronte al pizzo che gli toccava pagare o alle persone che venivano fatte esplodere nelle loro auto; e si può andare avanti a lungo a parlare di come l’indifferenza abbia intaccato nel peggior modo possibile il nostro paese. 

La cosa più perfida e sconcertante di questo comportamento, però, è che le persone spesso non si rendono conto che a far finta di nulla commettono del male, infatti si pensa spesso “tanto io non ho fatto nulla”, ma è proprio il non far nulla che sposta l’ago della bilancia verso il male. 

Voglio concludere ringraziando don Aniello Manganiello per il suo coraggio e la sua determinazione nel combattere la camorra senza mai arrendersi e esitare, mettendoci la faccia e parlandone alle persone; infatti, come ha detto lui stesso durante l’incontro, la parola è l’arma più grande per sconfiggere la criminalità organizzata. 

Ho trovato in Don Aniello una persona molto socievole, disposta a parlare e confrontarsi coi ragazzi, sempre con il sorriso e la voglia di combattere per i suoi obiettivi e i suoi ideali. Questi sono tipi di persone importanti per la nostra società e che vanno prese come esempio e guida nella vita; perchè l’indifferenza è una forma di illegalità.


di Federico

INSIEME A MONTE SOLE PER NON DIMENTICARE


Nella giornata di sabato 11 marzo alcuni ragazzi del nostro Istituto si sono recati nel piccolo paese di Monte Sole, luogo devastato dalla Seconda Guerra Mondiale.

Qui vi fu la strage di Marzabotto, o più correttamente l’eccidio di Monte Sole; fu una strage compiuta, durante la Seconda Guerra Mondiale, nella settimana tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944, dalla sedicesima divisione delle SS.

Una volta arrivati alla Scuola di Pace di Monte Sole, la signora Elena ci ha accolto e ci ha spiegato brevemente le attività della giornata, dopodiché ci siamo incamminati verso la prima tappa. 

Dopo aver camminato per alcuni minuti, ci siamo fermati in un prato (1^ tappa), dove ci siamo seduti in cerchio e la signora Elena ci ha iniziato a raccontare la storia di Monte Sole.

Ci ha spiegato che quella strage fu un vero e proprio crimine contro l’umanità, uno dei più gravi crimini di guerra contro la popolazione civile; nessuno fu risparmiato: donne, bambini, anziani, disabili vennero uccisi senza pietà.

Lo scopo di quel massacro fu fare “pulizia del territorio” (rastrellamento) dalle comunità partigiane che, dal 1943, venivano definite “ribelli”; questi gruppi avevano la funzione di sabotaggio e guerriglia.

Anche nel paese di Monte Sole vi era un gruppo di “rivoltosi” a cui venne attribuito il nome di “Brigata Stella Rossa”.

Dopo tre giorni di massacri, il 2 di ottobre le SS presero un giorno di “pausa” in cui stilarono il rapporto delle giornate precedenti. In questi giorni vennero uccisi numerose donne e bambini (il più piccolo aveva solo 14 giorni)

La seconda tappa fu a Caprara di Sopra, un piccolo paese vicino a Monte Sole, il quale, ai tempi, era considerato il paese più importante dell’area. La posizione strategica di questo paese fu vantaggiosa, perché gli abitanti videro le truppe armate che saccheggiavano i paesi limitrofi. Per questo motivo iniziarono ad avere timore e cercarono di riunirsi per poter sfuggire alle SS. Gli unici che scapparono furono gli uomini, perché erano convinti che a donne, anziani e bambini non sarebbe successo nulla. Non fu così, perché, una volta arrivate, le SS riunirono tutte le persone rimaste nella cucina dell’osteria. Una volta riuniti, dalla finestra lanciarono 4 bombe a mano e 1 granata. 

La terza tappa fu alla Chiesa di Casaglia; qui la popolazione si rifugiò, raccogliendosi in preghiera. Anche qui irruppero le SS, il sacerdote della Chiesa Don Ubaldo Marchioni venne ucciso a colpi di mitragliatrice sull’altare della Chiesa. I fedeli vennero condotti al cimitero, fra loro c'era la famiglia di Cornelia. 

Un ufficiale tedesco scardinò il cancello e tutti i fedeli furono messi al muro. Le SS, però, fecero scoppiare una bomba a mano che provocò alcuni morti. Tra i sopravvissuti vi fu la famiglia di Cornelia (sopravvisse perché si trovava vicino al muro) tranne i suoi due fratelli; la mamma fu colpita alle gambe e, preoccupata per la figlia Cornelia, la chiamava per capire se era ancora viva. La ragazzina, con fatica, si liberò dai corpi che la sovrastavano, si avvicinò alla madre per aiutarla e aspettò il momento giusto per fuggire e cercare aiuto. Cercò aiuto nella sua città natale Cerpiano, ma anche qui le SS avevano già compiuto violenze.

Passando davanti alla casa a cui avevano affidato il loro agnello, vide che anche quella famiglia era stata sterminata. Davanti alla sua vecchia casa comprese il vero pericolo della Guerra. Una volta lì si disperò perché capì che nessuno l’avrebbe più aspettata. 

La storia di Cornelia mi ha commosso: mi ha colpito molto il fatto che una ragazza si debba rendere conto che anche la sua famiglia è stata distrutta a causa della Guerra. Immagino il dolore nel dover affrontare e superare i momenti difficili che la Guerra porta con sé. 

di Beatrice



UNITI IN LOTTA CONTRO LE MAFIE


Il 21 marzo, primo giorno di primavera, è la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie.

Ogni anno Libera, una rete di associazioni impegnate, non solo contro le mafie, ma soprattutto per la tutela dei diritti, celebra le vittime innocenti leggendo tutti i loro nomi, per farli vivere ancora e non farli morire mai.

Quest’anno il nostro Istituto ha offerto la possibilità di partecipare a questa ricorrenza con lo scopo di sensibilizzare gli alunni riguardo a questo tema.

Ci siamo ritrovati presso la stazione di Bergamo e abbiamo preso il treno, arrivati a Milano Centrale ci siamo diretti verso la partenza del corteo in Corso Venezia, senza perdere l'occasione di farci riconoscere suonando dei campanacci e sventolando lo striscione della nostra scuola per le vie centrali di Milano.  

Abbiamo raggiunto il Duomo insieme a settantamila persone, tra cui studenti di scuole provenienti da tutta Italia, diversi sindacati, diverse associazioni e movimenti ecclesiali.

Poco dopo il nostro arrivo il sindaco Giuseppe Sala ha iniziato la lettura dei nomi di tutte le 1.069 vittime innocenti delle mafie, a cui abbiamo rivolto il nostro affetto e la nostra riconoscenza.

Terminato il lungo elenco delle vittime Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, ha tenuto il discorso conclusivo della manifestazione.

Nel suo intervento, Don Ciotti ha salutato e ringraziato per la loro presenza i quasi 500 parenti delle vittime della mafia. Ha poi attaccato con forza la cultura mafiosa, il suo radicamento nella società, nell’economia e in parte della mentalità corrente.

Personalmente crediamo che mantenere vivo il ricordo delle vittime innocenti di mafia e parlare apertamente di questi fenomeni sia fondamentale e rappresenta un piccolo passo verso la sconfitta di questo grande male.

Dopo aver pranzato in piazza Duomo e aver gustato un gelato rigenerante, abbiamo iniziato un giro tra le vie di Milano, accompagnati dai professori, che ci hanno dato la possibilità di scoprire posti nuovi.

Abbiamo fatto una visita alla chiesa di Santa Maria presso San Satiro che custodisce la celebre architettura illusionistica di Bramante. L'edificio, intorno alla fine del Quattrocento venne ristrutturato e a causa della mancanza di spazio, in corrispondenza del presbiterio, Bramante ideò una finta architettura illusionistica in stucco che dà l’impressione ottica di profondità pur misurando poco meno di un metro.

Successivamente ci siamo recati verso la Banca Nazionale dell'Agricoltura dove, nel 1969, è avvenuta la strage di piazza Fontana, ovvero un attentato terroristico nel corso del quale esplose una bomba nell’edificio, provocando 16 morti e 98 feriti. Questa strage fu il primo di una lunga serie di attacchi terroristici che hanno insanguinato l’Italia negli anni Settanta.

Infine ci siamo avviati verso la  Camera del Lavoro di Milano per assistere a uno dei seminari di approfondimento proposti da Libera per il pomeriggio. Abbiamo partecipato al seminario scelto dal professor Forlani sull’ecomafia e gli ambiti in cui essa opera: dai traffici illegali di rifiuti alla corruzione degli appalti pubblici.

È ormai noto come l'enorme valore economico ricavato dalla gestione dei rifiuti abbia attirato l'interesse di numerosi gruppi criminali che assicurano profitti economici molto elevati a costi moderati e rischi contenuti.

Negli anni, infatti, la raccolta e lo smaltimento clandestino dei rifiuti è diventata una branca specifica della criminalità organizzata in tutto il mondo. L'infiltrazione della mafia si riscontra in ogni fase del ciclo: dalla raccolta al trasporto, allo stoccaggio e allo smaltimento in discarica abusiva.

Questa esperienza è stata molto interessante, non solo perché ci ha permesso di celebrare una giornata così importante in compagnia, ma ci ha permesso anche di apprezzare l’arte e approfondire degli avvenimenti storici avvenuti in una città e in un periodo non lontano dai nostri.

La mafia è un fenomeno brutale e criminale che deve essere sradicato, a tale scopo è importante coinvolgere e sensibilizzare i giovani.

Siamo orgogliosi della nostra scuola che ci permette di partecipare ad esperienze significative e costruttive come questa.

Di Davide P., Michele e Mara


SIAMO SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE



In questi giorni si sente spesso parlare delle varie proteste che stanno avvenendo in Iran da parte delle donne iraniane.

Da sempre le donne in Iran devono sottostare a regole rigidissime e talvolta impensabili, dettate da una società maschilista che le ritiene inferiori.
Secondo chi governa in quel Paese, la donna è incapace di vivere senza dipendere da un uomo, che le giovani sono obbligate a sposare, per poi occuparsi solo ed esclusivamente della casa e della famiglia. Spesso alle ragazze viene vietato di lavorare o proseguire gli studi.

Però oggi tutto sta cambiando, infatti, a seguito di un altro di violenza contro alcune donne, esse hanno dato vita una rivolta cercando di conquistare un posto nella società dell’Iran.

Le donne iraniane da tempo sfidano l’obbligo del velo, spingendo un po’ indietro sulla testa i foulard e indossando colori vivaci, ma l’anno scorso il loro Capo dello Stato ha chiesto una più stretta applicazione delle regole.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, è il caso di Mahsa Amini, una giovane donna curda di Saqqez che era in visita con la famiglia a Teheran.
La ragazza è stata fermata dall’unità speciale che fa rispettare il codice di abbigliamento islamico obbligatorio e la segregazione sessuale ed è stata trattenuta per essere interrogata. In seguito è stata ricoverata, dopo aver perso i sensi, ed è morta all’ospedale Kasra nel giro di pochi giorni. Le autorità continuano a negare che la morte della giovane sia la conseguenza delle violenze subite dopo l'arresto ed a sostenere che sia dovuta a patologie preesistenti, ma la famiglia nega che ne avesse.
Dal giorno dopo l’annuncio della sua morte, sono cominciate le proteste, a cui si sono uniti anche molti uomini di ogni età e classe sociale in una coraggiosa dimostrazione di rabbia comune verso la brutalità della Polizia, le leggi molto restrittive nei confronti delle donne, l’ingiusta violenza nei confronti di questa ragazza e il governo autoritario del regime islamico.

Le forme di protesta attuate sono di vario tipo: giovani donne bruciano i foulard,  alcune si tagliano i capelli in segno di lutto per Mahsa; altre sfregiano le immagini dei leader clericali; altre ancora camminano o si mettono a ballare nelle piazze (cosa vietata) provocatoriamente senza velo.

Pensiamo che sia giusto che tutte le donne appoggino questa battaglia che le iraniane stanno portando avanti con grande impegno e dedizione. 

Oggi viviamo in un mondo in cui non si è ancora raggiunta la totale parità di diritti, però, ovviamente, a confronto col passato, si sono fatti grandi passi avanti nella maggior parte dei Paesi. Anche se non possiamo pensare di vivere serenamente nel mondo se ci sono ancora queste discriminazioni tra i sessi. Le donne devono avere gli stessi diritti, perché non esiste lavoro che una donna non sia in grado di fare.

di Ilaria, Arianna e Sofia