Le leggi razziali

L'emanazione delle Leggi razziali in Italia


Il 5 settembre di ottant’anni fa, nel 1938, venne pubblicato il Regio Decreto Legge 1340, la prima delle leggi razziali italiane firmata da re Vittorio Emanuele III e voluta da Benito Mussolini: ordinava l’esclusione delle persone ebree dalle scuole. Nei mesi successivi seguirono altri decreti con cui a una parte dei cittadini e delle cittadine italiane vennero negati prima i diritti politici e poi quelli civili.

La prima delle leggi razziali voleva «la difesa della razza nella scuola fascista», e per questo escludeva dalle scuole, praticamente con effetto immediato, gli alunni e gli insegnanti definiti «di razza ebraica»; definendo all’articolo 6 di razza ebraica «colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica». Quello stesso giorno vennero firmati altri due decreti: il primo per la trasformazione dell’Ufficio centrale demografico in Direzione generale per la demografia e la razza, il secondo per l’istituzione, presso il ministero dell’Interno, di un Consiglio superiore per la demografia e la razza. Vennero firmati alle dieci del mattino, dopo che il re aveva finito di passeggiare nella sua tenuta di San Rossore a Pisa.



Le leggi razziali furono anticipate e preparate dalla pubblicazione sul Giornale d’Italia – il 15 luglio del 1938 – del cosiddetto “manifesto della razza” o “manifesto degli scienziati razzisti”. L’articolo, pubblicato in prima pagina e non firmato, era intitolato “Il Fascismo e i problemi della razza”. Era diviso in dieci punti e introdotto da un breve sommario in cui si spiegava che un gruppo di scienziati, professori e intellettuali fascisti, insieme al ministero per la Cultura popolare (il “Minculpop”), aveva redatto quel testo per chiarire la posizione del fascismo nei confronti della questione razziale. Il primo dei dieci punti affermava che “le razze umane esistono”. Si diceva poi che “la popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana”. In seguito si prendeva posizione contro i matrimoni misti e, al punto 7, si diceva: “È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti”. Il punto 9 affermava invece che “Gli ebrei non appartengono alla razza italiana”.


Le leggi razziali furono abrogate solo dopo l’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, l’8 settembre del 1943. La prima spinta giunse da una prescrizione degli Alleati contenuta in una clausola dell’armistizio stesso: «Tutte le leggi italiane che implicano discriminazioni di razza, colore, fede od opinione politica saranno, se questo non sia già stato fatto, abrogate, e le persone detenute per tali ragioni saranno, secondo gli ordini delle Nazioni Unite, liberate e sciolte da qualsiasi impedimento legale a cui siano state sottomesse». Il governo italiano procedette però con lentezza. La cancellazione della legislazione razzista e antisemita avvenne solo tra il 1944 e il 1947. Il primo provvedimento venne adottato dal governo Badoglio il 20 gennaio del 1944, era il numero 25 e si intitolava “Disposizioni per la reintegrazione nei diritti civili e politici dei cittadini italiani e stranieri già dichiarati di razza ebraica o considerati di razza ebraica”.

Leggi razziali, Liliana Segre: “Espulsa da scuola perché ebrea. Così scoprii di essere ‘diversa’

“Era un giorno di fine estate del 1938. Io ero a tavola con il mio papà e i miei nonni paterni, che poi finirono tutti ad Auschwitz”, racconta Liliana Segre. “Ricordo le loro facce. Serie. Tirate. Preoccupate. Mai visti così. ‘Liliana, ti dobbiamo dire una cosa’, mi disse papà. Eravamo a Premeno, alto Lago Maggiore, sopra Verbania. Io avevo 8 anni. Avevo avuto un’estate normale. Mio papà, molto attento alla nostra salute, ci portava ogni anno al mare, a Celle Ligure; poi in montagna, e ogni anno gli piaceva cambiare posto: Macugnaga, San Martino di Castrozza, Bormio… A fine estate, concludevamo le vacanze al lago, a Premeno, luogo per me noiosissimo, in attesa che iniziasse la scuola, che allora apriva il 12 ottobre, giorno della scoperta dell’America da parte – ci insegnava la maestra – dell’italiano Cristoforo Colombo. Era stata per me – bambina che non veniva informata di quello che succedeva nella politica, degli annunci e delle tensioni che agitavano da mesi l’Italia – un’estate normale di una normale famiglia italiana, borghese e agiata. Ma quel giorno le facce di mio padre e dei miei nonni non erano normali, erano diverse dal solito. ‘Ti dobbiamo dire una cosa’, ripetè papà. ‘Non potrai tornare a scuola, a ottobre. Sei stata espulsa’”.

Tutta la legislazione sulla razza fu accompagnata da una forte campagna propagandistica che si basava sulla definizione di “ebreo”, a sua volta fondata sulla presunta appartenenza biologica al popolo e alla nazione italiana. Dopo il primo decreto sulla scuola, i professori universitari di ruolo identificati come ebrei e allontanati furono 96. In realtà il numero degli epurati fu molto più alto, tenendo conto dei ricercatori e degli studiosi che esercitavano la libera docenza: in totale si parla di più di trecento persone e tra loro vi furono importanti intellettuali italiani.


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Leggi il testo integrale delle leggi antiebraiche


Le leggi razziali e la scuola

Le testimonianze


FINZI C. M. 2009, IL GIORNO CHE HA CAMBIATO LA MIA VITA, MILANO: TOPIPITTORI

  • Alla fine dell’anno scolastico, sostengo l’esame di terza elementare, vengo promosso brillantemente e ottengo dai miei la promessa che il prossimo anno farò la quarta elementare alla scuola pubblica Umberto I. E’ la scuola che frequentano i miei amici dei giardini pubblici e io desidero stare con loro anche a scuola. (pag. 25)

  • E poi arriva il giorno che cambierà per sempre la mia vita. (pag. 25)

Questo breve inciso è molto interessante, perché spiega il titolo del libro, ma restituisce anche la gravità dell’entrata in vigore dei provvedimenti razziali nella vita del protagonista. Sebbene Finzi non dedichi spazio al dopoguerra, sebbene resti con tutta la sua famiglia e abbia modo di frequentare ancor degli amici, il peso di questi anni anche dopo molto tempo ci viene tutto restituito.

  • E’ il 3 settembre 1938 e io, un bimbetto felice di 8 anni, cammino verso il centro di Folgaria con 30 centesimi in tasca. La sera prima è arrivato il babbo e oggi ho l’incarico di andare a comprare il “Corriere Padano”, giornale di Ferrara. Non lo trovo, perché nei paesi di villeggiatura, passato agosto, non arrivano più le testate delle singole città, ma solo quotidiani nazionali, così compro il “Corriere della Sera” e mi accingo a tornare a casa. Strada facendo, apro il giornale e noto un grande titolo che occupa tutta la pagina. Ormai sono grande e, purtroppo, so leggere:
    INSEGNANTI e STUDENTI EBREI
    ESCLUSI DALLE SCUOLE GOVERNATIVE E PAREGGIATE
    Capisco subito che la cosa riguarda anche me: a ottobre dovrei frequentare la quarta elementare presso la scuola pubblica Umberto I di Ferrara. Cosa significano queste parole? Non potrò più andare a scuola? Perché? Certo, sono ebreo, ma che differenza c’è tra me e gli altri bambini? E se anche ci fosse una differenza, perché non dovrei più andare a scuola? (pagg. 26-27)

  • A dire il vero, non sono mai stato uno scolaro brillante né ho avuto un amore particolare per la suola, ma davvero non mi sarà più permesso di andarci? Mi si velano gli occhi. Piango? No, forse no, ma quando raggiungo i miei a casa, mi precipito tra le braccia della mamma. I grandi mi si fanno intorno sbigottiti, frastornati, offesi. Perfino increduli. Leggono e rileggono i titoli, perfino tutti gli articoli. […] In quei momenti ancora non lo sappiamo, ma ciò che stiamo leggendo è solo l’inizio di tutte le limitazioni vessazioni che ci saranno imposte e che dovremo subire nei giorni, nei mesi, negli anni successivi. (pag. 27)

  • Con l’inizio del nuovo anno scolastico, a ottobre, riprendo a frequentare la vecchia scuola israelitica di via Vigna Tagliata che ora è diventata insufficiente ad accogliere tutti i bambini a cui è stata vietata la scuola pubblica. La mia maestra è la signora Gina Schonheit che mi ha sempre fatto un’enorme paura, grande e grossa com’è, con quel vocione. La mia è una pluriclasse che raccoglie bambini di quarta e di quinta. L’aula è la più grande della scuola. Nuovi, almeno per me, sono parecchi dei compagni, ma tutta la disposizione della classe è cambiata. ( pag. 30)

  • Alcuni bambini non frequentano più la scuola. Per esempio Luciana Polacco, mia compagna di banco fino alla terza, è stata battezzata e ora, da cristiana, frequenta regolarmente la scuola pubblica. In compenso vicino a me c’è Donata Ravenna, figlia dell’ex podestà di Ferrara, che fino a giugno ha frequentato la scuola pubblica Poledrelli e che nei primi tempi è ancora più frastornata di me. La scuola ora per me diventa un incubo: se fino all’anno scorso non ho avuto molti problemi, ora a causa del terrore che mi incute la signora Gina, mi impappino sempre, anche quando saprei cosa rispondere. Mi chiedo a cosa serva studiare. (pag. 30-31)

Qui e anche oltre viene data la possibilità di spiegar le caratteristiche biologiche del razzismo italiano attraverso il tema delle conversioni al cristianesimo.

  • Il governo si è posto prima di tutto il problema di definire tutto ciò che sia di “razza ebraica”… facendo gran confusione. A scuola mi hanno insegnato che esistono diverse razze di animali…fra queste esiste anche la razza umana nell’ambito della quale si possono distinguere varie etnie. Ora parrebbe che alcuni “grandi” scienziati italiani abbiano fatto una scoperta rivoluzionaria: esistono molte razze umane, alcune pure e altre impure. Il concetto di purezza della razza varia però da nazione a nazione e così per i tedeschi la razza superiore è quella ariana a cui appartengono i popoli di lingua tedesca, mentre per gli italiani è razza superiore quella latina, cui naturalmente appartiene il popolo italiano, ma non gli ebrei, che di qualunque origine siano, appartengono alla impura razza ebraica che essendo appunto impura è anche inferiore. (pag. 32)

  • Secondo la nuova legge è ebreo chi nasce da due genitori ebrei anche se ormai da anni è convertito ad altra religione. E chi nasce da un matrimonio misto? Per noi ebrei è ebreo chi nasce da madre ebrea, ma la nuova legge non distingue una differenza tra i sessi. […] Io ci capisco pochissimo in tutta questa faccenda. Per esempio, i miei cugini Rimini di Mantova […] ora sono diventati cristiani […] Loro quindi possono andare alla scuola pubblica, mentre noi e gli altri cugini Rimini di Milano e i Carpi d Bolzano siamo rimasti ebrei e quindi cacciati dalle scuole pubbliche (pagg. 32-33)

  • Io e Nello stiamo vicini, ma presto capiamo che non faremo l’esame insieme, i nostri cognomi iniziano per F e R e ci prende lo sconforto. L’appello prosegue. Nella confusione generale, la voce del preside è coperta dal chiacchiericcio dei ragazzi e si sente a fatica. Ad un certo punto, si arriva alla lettera F, ma io non sento chiamare il mio nome; chiedo a Nello se lo ha sentito, ma la sua risposta è negativa. L’appello continua e alla fine della lettera R Nello Rietti non viene chiamato. Quindi, la lettura si conclude. Solo noi due non siamo stati chiamati. Siamo rimasti soli davanti al preside.
    «Perché non avete risposto quando è stato il vostro turno?», ci chiede.
    «Non ci ha chiamato, signor Preside», rispondiamo.
    «Perché non siete stati attenti…come vi chiamate?»
    «Finzi Cesare»
    «Rietti Nello»
    Il preside guarda nell’elenco e si accorge che, in effetti, i nostri nomi non ci sono. «Qui non ci siete. Cosa siete venuti a fare?».
    Con un filo di voce, azzardo un’ipotesi: «Forse non ci siamo perché siamo ebrei?».
    «Silenzio!» mi intima il Preside. Poi riguarda le carte e infine, sul retro dell’ultima pagina, in piccolo, trova i nostri nomi. (pagg. 76-77)

Non sapendo cosa fare, il Preside porta i ragazzi in un’aula, fa spostare tutti gli altri e mette loro due in fondo da soli. Quando arriva la professoressa per dettare il tema pensa che Nello e Cesare si siano messi lì in fondo per aiutarsi a vicenda. Quando anche a lei Cesare spiega che è così perché sono ebrei, nell’aula scoppia il finimondo.

  • «D’altra parte, che cosa ci si può aspettare da ragazzi quotidianamente sottoposti alla propaganda fascista, da anni abituati a leggere e a vedere vignette in cui gli ebrei, in quanto razza inferiore, sono rappresentati come bestie o, peggio, diavoli?» A fatica, la professoressa riesce a far tornare un po’ di silenzio; poi, dopo aver meditato un po’, forse presa da pietà, dice «Spostatevi, mettetevi qui…[…]tanto non ci attaccherete la malattia».
    Allora io, sciocco e ingenuo, chiedo «scusi, che malattia?»
    E lei: «Come? Voi ebrei non avete la coda?»
    Con Nello ci siamo poi domandati come fosse possibile che una persona laureata, e perfino tanto graziosa, potesse credere a certe frottole e arrivare a pensare davvero che avessimo le corna nascoste nei capelli e la coda nei pantaloncini… (pag. 78).

  • Così papà, che nel 1915 è scappato di casa per arruolarsi nell’esercito italiano e combattere per l’unità d’Italia, non sarebbe più un italiano degno di tale nome solo perché appartiene a una religione diversa? Cosa c’entra la religione con la cittadinanza? (pag. 27)

  • Dato che papà ha fatto la Grande Guerra come volontario ed è anche stato ferito, ha ricevuto la qualifica di “discriminato” sebbene si tratti sempre di un italiano di razza inferiore. Grazie a questo riconoscimento possiamo fruire di alcuni vantaggi come: possedere una radio, agli altri ebrei confiscata; tenere una domestica cristiana a servizio; frequentare alberghi benché di categoria inferiore. (pag. 33)

  • Un pomeriggio, vado al parco Massari con Manlio e con la mamma. Appena arrivato vedo i miei amici che giocano nel prato. Mentre la mamma si siede su una panchina una signora, amica di mia mamma che alcune volte è stata a casa nostra e nella cui bella abitazione siamo andati spesso, improvvisamente s’alza da una panchina vicina, chiama suo figlio e si allontana senza neppure salutare mia madre. Seguono il suo esempio altre signore che, chiamati i figli, se ne vanno. Io rimango solo. Allora anche la mamma, facendo finta di niente, si alza, mi chiama, poi si alza dalla panchina e ci porta a fare un lungo giro per i viali. Non capisco subito il significato di questo episodio perché i miei genitori fanno di tutto per non farmi vivere il dramma della discriminazione. Tuttavia, in pochi giorni lo collego con i rapidi cambiamenti che stanno interessando a nostra vita. Per molto temo, il parco Massari non sarà più meta delle nostre passeggiate. (pag. 28)

  • E poi è venuto il settembre 1943
    Degli amici dicono allo zio di Cesare che sono riusciti ad avere nuovi documenti, senza la scritta razza ebraica, con nuovi nomi e identità e che devono quindi lasciare il posto dove vivono, perché tutti li conoscono. Lo zio capisce immediatamente l’importanza di questa notizia. Anche le nostre famiglie devono riuscire a ottenere nuovi documenti. (pag. 106)

  • Ma non si tratta solo di preparare tredici carte di identità e tredici carte annonarie con nomi di fantasia. I nuovi cognomi devono essere abbastanza simili ai nostri perché per noi sia semplice impararli e scriverli, quando firmiamo. In più, è necessario modificare anche il luogo di provenienza, se figurassimo come provenienti dalle zone già liberate dagli anglo americani sarebbe praticamente impossibile da parte delle autorità fare un controllo. Ma nessuno di noi ha un accento dell’Italia meridionale, per questo bisogna trovare una zona di provenienza dalla Lombardia. […] A giorni, io non sarò più Cesare Finzi, ma Cesare Franzi, non abiterò più a Ferrara, ma a Milano, in viale degli Abruzzi 55 (la casa è andata distrutta dai bombardamenti e li sotto risultano essere rimasti anche tutti i nostri documenti), (pag. 107)

  • Credete sia facile inventarsi una nuova identità e una nuova vita? Provate un po’ voi! Non si tratta di un gioco, c’è di mezzo la vita di tutti. Come spiegarlo ai più piccoli, si chiedono gli adulti, specie Silvana e Graziana che da poco hanno imparato a dire i loro nomi e indirizzi veri? Ecco allora che in casa è tutto un susseguirsi di presentazioni e di risposte, di firme e controfirme…Un caos! (pag. 107)

  • Ora che siamo in possesso dei documenti dobbiamo scappare da Gabicce dove tutti ci conoscono con i nostri veri nomi. Si pone il problema di dove andare. Spostarsi in treno è sempre più difficile e pericoloso a causa dei bombardamenti. (pag. 109)

Inoltre spiega Cesare trovare una sistemazione per 13 persone nei dintorni, dove tutti si rifugiano proprio per sfuggire alle bombe, è difficile. Il libro prosegue con il racconto delle fughe, della ricerca di rifugi. Si arriva fino al 1945.

  • E, finalmente, il 15 ottobre riaprono le scuole. Per la prima volta, posso presentarmi all’appello come tutti gli altri studenti. Con il batticuore, salgo le scale del Liceo Scientifico “A. Roiti”. «Cosa sarà di me?» mi chiedo. «Come mi accoglieranno i nuovi compagni?». Sono ragazzi e ragazze che per anni, fino a pochi mesi fa, sono stati indotti dalla propaganda del regime a considerare gli ebrei esseri inferiori, nemici da denunciare, quando non da eliminare…Come potranno accettare di vivere e condividere tante ore di studio con me? Come potrò dire loro che sono ebreo? Qualcuno mi accetterà per quello che sono? Nell’atrio del Liceo il preside ci saluta e comincia a fare l’appello, e alora vengo assalito dal ricordo di un altro appello: quello, interminabile, avvenuto due anni prima. Penso al mio grande amico Nello Rietti che ora non è con me, perché è stato ammazzato da quei maledetti…Uno dopo l’altro, il preside legge i nomi dei ragazzi. Mi coglie il terrore che non chiami il mio. Invece, quando arriva alla terza A, legge: «Esposito, Felletti, Finzi…»
    Ci sono. (pag. 189)
    .



"Non fu casuale che l’insieme dei provvedimenti razzisti avesse come momento iniziale la scuola: erano gli spazi e i soggetti naturali a partire dai quali costruire l’uomo nuovo fascista".





"Le storie dei bambini perseguitati sono anche storie genitoriali: di padri e di madri che cercarono di garantire una normalità possibile, seppure costantemente dimezzata".




COSA SONO LE LEGGI DI NORIMBERGA?


Sono dette Leggi di Norimberga (in tedesco: Nürnberger Gesetze) l'insieme di tre leggi promulgate il 15 settembre 1935 dal Reichstag dal Partito Nazionalsocialista, convocato a Norimberga in occasione del 7º Raduno.

Le leggi comprendevano:

  • la "legge per la protezione del sangue e dell'onore tedesco" (RGBl. I S. 1146);

  • la "legge sulla cittadinanza del Reich" (RGBl. I S. 1146);

  • la "legge sulla bandiera del Reich", promulgata anch'essa in quella data e inclusa nella definizione delle "leggi di Norimberga", anche se orientamenti dell'epoca tendevano a non comprenderla.

Tutte e tre le leggi vennero pubblicate sul Reichsgesetzblatt Parte I Nr. 100 il 16 settembre del 1935 con la postilla "in occasione del raduno della libertà" (am Reichsparteitag der Freiheit); furono annullate il 20 settembre 1945 dalla Legge n. 1 della Commissione alleata di controllo.


Frontespizio del Reichsgesetzblatt parte I Nr. 100, sul quale vennero pubblicate il 16 settembre 1935 le tre leggi