Cartoline 

Il risultato dei laboratori trasformativi "DataChildMap"

Ricerca intervento nel territorio della Provincia di Rovigo


All’interno del nostro progetto DataChildMap, abbiamo svolto una serie di laboratori con educatrici e coordinatrici pedagogiche, con lo scopo di riflettere sulle problematiche del postdigitale nel contesto della prima infanzia (0-3).  Ci siamo chieste (e abbiamo condiviso questa domanda con tre nidi, visitati durante i mesi di Febbraio-Aprile 2024): come viene messa in gioco la professionalità educativa e come si qualifica in relazione alla gestione della documentazione pedagogica mediata da tecnologie datificate oppure da piattaforme, nel contesto del nido? 

Si ritiene, infatti, che si tratti di un'area cruciale per affrontare in modo efficace le sfide tecnologico-digitali in costante evoluzione e per contribuire alla costruzione proattiva di un ambiente di crescita professionale, di dialogo con le famiglie e la comunità territoriale, senza perdere mai di vista la centralità del bambino e la bambina. 

L’intervento oggetto di ricerca si è basato sulla metodologia “Change Labs” sviluppata dall’Università di Helsinki ed ampiamente attuata nel contesto di ricerca delle professioni socio-sanitarie ed educative (Sannino & Engestrom, 2017; Morselli, 2019). Questa metodologia promuove un confronto critico, riflessivo e orientato a cambiamenti reali e migliorativi, attraverso sessioni di attività in cui gli esperti accompagnano e fanno “rispecchiamento”, offrendo situazioni informative e supporto alla discussione di soluzioni/cambiamenti trasformativi generati a partire dal laboratorio. 

Sono stati proposti 3 laboratori (due in presenza e uno a distanza) in tre nidi della provincia di Rovigo diversi per ente gestore (nido comunale, nido FISM, nido di cooperativa). 

Nei laboratori trasformativi, oltre alla riflessione ed il coinvolgimento, ci si aspetta la generazione di artefatti o la rivisitazione di situazioni, eventi, narrative, portando a ripensare la propria pratica professionale. 


Nel nostro caso, abbiamo creato una serie di cartoline, che riportano, a partire dall'uso di metafore e dell'arte, i pensieri e le proposte emerse nel contesto dei laboratori trasformativi.

Le cartoline sono un risultato che può rimanere come documento alle istituzioni partecipanti.  Ma vuole anche essere un prodotto che aiuti altre istituzioni 0-6, e altre educatrici ed educatori, a pensar(si) nel contesto della postdigitalità, operando tra lo spazio dell'istituzione educativa e la famiglia.

Come si può osservare, il contenuto rivolto alle famiglie/adulti, è poi ripreso da un punto di vista di pratica professionale educativa. In questo modo, si assicura l'approccio media education (supporto alle famiglie nello sviluppo di una consapevole competenza digitale), ma anche l'approccio di sviluppo professionale (di consapevoli competenze digitali per agire in contesti educativi ed educanti 0-3)

Note Metodologiche

L'elaborazione delle cartoline si è basata sulla raccolta di discorsi e riflessioni emerse lungo tre incontri con ciascuna struttura educativa. Di seguito, riportiamo i link alle sintesi condivise nel terzo incontro (come metodo di mirroring o specchiamento in un percorso riflessivo pregresso proprio dei laboratori trasformativi). 

Sulla base di questi materiali, il team UNIPD (Juliana Raffaghelli & Emilia Restiglian) hanno elaborato i testi; e poi fatto una validazione successiva (Monica Gottardo & Paola Zoroaster) delle metafore adottate come titoli, nonché dei testi.  Il materiale è in fase di validazione da parte dalle istituzioni partecipanti. 

Infine, è stato coinvolgo un'artista (@CasaLumaca) che ha illustrato le cartoline. Le illustrazioni non sono avvenute per mera "consegna" ma hanno implicato un percorso di ricerca artistica sulla base di varie prove condivise e discusse con il team UNIPD. 

Citazione

UNIPD DataChildMap team (2024) Infanzia Postdigitale: Riconnessioni col mondo e le relazioni. Serie di Cartoline Digitali. Progetto DataChildMap. Accessibile Online: https://sites.google.com/fisppa.it/datachildmapita/risultati/cartoline 

Licenza CC-BY-NC


La serie: "Infanzia Postdigitale"

Riconnessioni col mondo e le relazioni

Per le famiglie

Disconettiamo il cellulare, riconnettiamo le relazioni

In un'epoca dominata dalla tecnologia, è facile lasciarsi assorbire dalle schermate luminose dei nostri dispositivi, distogliendo l'attenzione da momenti preziosi con i nostri bambini. I nostri incontri trasformativi ci hanno portate a riflettere su messaggi provenienti dalla ricerca che vogliamo condividere con te: 


1- La ricerca in psicologia dello sviluppo sottolinea l'importanza dell'interazione faccia a faccia per il sano sviluppo emotivo e cognitivo dei bambini. 

2- Gli Studi sull’interazione tra tecnologie e persone indicano che  la presenza di dispositivi elettronici possa ridurre il tempo di qualità trascorso tra genitori e figli, limitando le opportunità di interazione verbale e non verbale, essenziali per l'apprendimento del linguaggio e lo sviluppo socio-affettivo.

3- La ricerca educativa lo dice già da quasi un secolo: i nostri piccolissimi imparano meglio attraverso il gioco, la conversazione e l'esplorazione del mondo circostante, attività che richiedono l'attenzione e la partecipazione attiva dei genitori. 


Pertanto, disconnettersi dai cellulari permette di ridare priorità a queste interazioni fondamentali, promuovendo uno sviluppo armonioso e rafforzando il legame affettivo tra genitore e figlio. La presenza attenta e coinvolta del genitore trasmette al bambino un senso di sicurezza e appartenenza, pietre miliari per una crescita equilibrata. 

"Disconnettiamo il cellulare, riconnettitiamo le relazioni" vuol dire investire nel futuro emotivo e intellettuale delle nostre bambini e dei nostri bambini. 

Oltre lo schermo

Questo è un invito a riflettere sull'impatto dell'esposizione precoce e prolungata agli schermi sullo sviluppo neurocognitivo e motorio dei bambini. La letteratura scientifica è chiara: nelle prime fasi della vita, il cervello del bambino cresce a un ritmo vertiginoso, formando nuove connessioni neurali a partire dalle esperienze sensoriali e motorie. L'esposizione eccessiva agli schermi, tuttavia, può limitare questa ricchezza di stimolazione, offrendo un'esperienza sensoriale passiva che non favorisce l'attività motoria o la scoperta attiva dell'ambiente.

Studi hanno evidenziato come il tempo trascorso davanti agli schermi possa interferire con attività cruciali per lo sviluppo, come il gioco fisico e l'interazione diretta con oggetti e persone, riducendo le opportunità per i bambini di esplorare il mondo con il proprio corpo e di sviluppare abilità motorie fondamentali. Inoltre, l'overdose di stimoli visivi e auditivi provenienti dagli schermi può sovraccaricare il sistema nervoso in via di sviluppo, influenzando negativamente l'attenzione, la concentrazione e persino il sonno, aspetti cruciali per l'apprendimento e la crescita sana.

L'eccessiva esposizione agli schermi in età precoce è stata anche associata a ritardi nel linguaggio, difficoltà nella regolazione delle emozioni e nei comportamenti sociali, poiché riduce il tempo dedicato alle conversazioni faccia a faccia e alle interazioni sociali ricche e complesse. "Oltre lo schermo" ci esorta quindi a privilegiare attività che promuovano lo sviluppo cognitivo, linguistico e motorio dei bambini, come leggere storie, giocare all'aperto, disegnare e costruire, attività che stimolano la creatività, l'immaginazione e le competenze sociali, fondamenta per un futuro di successo.


Va ricordato: Essere adulti accoglienti implica essere adulti presenti (non distratti, anche noi stessi, con i cellulari). Ne veniamo ampiamente ripagati dalla soddisfazione dell’interazione, dei sorrisi, dall’affettuosità e la complicità che si crea in questi scambi profondi. 

La vita nella casa di cristallo

Questa metafora evoca l'immagine di una vita esposta in una dimora trasparente, dove ogni momento è visibile e soggetto al giudizio pubblico. Il titolo suggerisce una riflessione critica sulla perdita di privacy e le implicazioni a lungo termine di una tale esposizione per i bambini.

La letteratura scientifica in ambito psicologico e digitale mette in luce i rischi associati allo sharenting, ovvero la condivisione parentale di immagini associate a momenti della vita del bambino o bambina (dall’inglese parenting + sharenting). Il genitore in questa mossa si “appropria” di un pezzetto di vita perché nel raccontare sé stessa (mamma) o sé stesso (papà) includendo “mio/mia figlio/a”, in realtà mostra una parte della vita di questa nuova persona, che ha diritto a un'identità digitale propria. Condividere ampiamente dettagli personali e momenti di vita può creare un archivio digitale che il bambino potrebbe non apprezzare in futuro, limitando la sua capacità di autodeterminarsi online. Inoltre, l'esposizione precoce e intensiva ai social media può insegnare ai bambini che il valore personale è intrinsecamente legato all'approvazione esterna e al numero di "mi piace", influenzando negativamente l'autostima e la percezione di sé.

Dal punto di vista della sicurezza, la condivisione di informazioni personali aumenta i rischi di furto d'identità e di attenzioni indesiderate. Gli esperti di sicurezza digitale avvertono che dettagli apparentemente innocui, come la data di nascita, il luogo di frequentazione scolastica o gli hobby, possono essere sfruttati per scopi fraudolenti o per localizzare fisicamente un individuo.

"La vita nella casa di cristallo" invita noi adulti a ponderare gli effetti della nostra presenza online e a proteggere la privacy dei nostri bambini/bambine, promuovendo una cultura del rispetto e della consapevolezza digitale. 


Noi educatori vogliamo accompagnare un’educazione al consumo mediale che vada nella direzione di un uso consapevole dei media digitali. Al nido, incoraggiamo  pratiche di condivisione sicure che rispettino l'autonomia e il futuro dei più piccoli.

L'educazione lumaca

Questa metafora propone un approccio riflessivo e graduale all'introduzione della tecnologia nella vita dei bambini e le bambine, enfatizzando l'importanza di un'esplorazione basata sul contatto diretto con il mondo fisico prima di passare agli schermi. Vogliamo sottolineare la necessità di rallentare in un'era caratterizzata da un rapido progresso tecnologico, ricordandoci che lo sviluppo e l'apprendimento dei bambini seguono ritmi naturali che dovrebbero essere rispettati e non forzati.

Crediamo che sia importante adottare un’ educazione che si muove lenta come una lumaca (facendo leva sulla metafora di Gianfranco Zavalloni), in cui la tecnologia entra in punta di piedi. L’abbiamo detto: la pedagogia moderna e gli studi sullo sviluppo infantile evidenziano che le prime esperienze di apprendimento dovrebbero essere ancorate al gioco sensoriale e alla manipolazione fisica degli oggetti. Attraverso l'interazione con materiali concreti,  bambini e bambine apprendono le regole fondamentali della fisica, sviluppano la motricità fine e acquisiscono una comprensione intuitiva dei concetti matematici di base. Queste attività promuovono non solo l'intelligenza spaziale e la creatività, ma anche abilità di problem-solving che sono essenziali nell'era digitale.

Inoltre, l'educazione "lumaca" invita a considerare come la curiosità innata dei bambini  e delle bambine nei confronti della natura e il loro interesse per come funzionano le cose nel mondo reale possano essere il fondamento per una comprensione più profonda e consapevole della tecnologia. Invece di introdurre precocemente i bambini agli schermi, che offrono simulazioni astratte della realtà, è importante fornire loro le basi per capire la meccanica e le scienze fisiche attraverso l'esplorazione attiva e ludica.

Questo approccio consapevole e misurato non solo prepara bambini e bambine a interagire con la tecnologia in modo più informato e critico in futuro, ma li aiuta anche a sviluppare un senso di meraviglia e apprezzamento per il mondo naturale e per le interazioni umane, che sono fondamentali per il loro benessere emotivo e sociale. 


"L'educazione lumaca" è quindi un invito a riconoscere il valore dell'apprendimento esperienziale, nella natura, e delle relazioni e a non avere fretta di sostituire queste esperienze vitali con la sovraesposizione informativa e l’allenamento cognitivo che spesso promuovono le app.

Viaggio (insieme) nell'isola che non c'è

Vi invitiamo a contemplare l'unicità e la brevità del periodo dell'infanzia: essa potrebbe essere considerata un'isola di tempo lento e intenso. Ma se applichiamo la rapidità del mondo digitale e il costante bisogno di approvazione attraverso la condivisione sui social media, allora quell'isola non c'è. E tale rapidità, nella quale gli adulti sono sommersi, distoglie gli adulti dall'importanza di vivere pienamente questi anni fondamentali. Siamo, in quanto adulti, immersi nell’ "onlife" (prendiamo in prestito questo termine dal filosofo italiano Luciano Floridi), che descrive una realtà in cui le esperienze online e offline si fondono, influenzando profondamente il nostro modo di percepire il tempo e le relazioni. Pur essendo in questo contesto, l'infanzia, quest'isola di tempo lento in un mare di rapidità digitale, è pur sempre un periodo in cui la crescita e l'apprendimento dovrebbero essere nutriti con attenzione e cura. Ma non solo. 

Nell'epoca dell'immediatezza digitale, rallentare e dedicarsi con presenza e consapevolezza ai bambini può essere un'opportunità di apprendimento e di ripensamento del sé nel mondo per l'adulto. L'infanzia è un tempo prezioso e irripetibile durante il quale si gettano le basi dell'identità, dei valori e delle competenze future della persona. Tale processo implica momenti di intensa relazione, carichi di senso e di affettività. La presenza adulta (essere presenti=prestare attenzione riflessivamente) in ogni momento trascorso insieme, ogni gioco, conversazione o attività condivisa è un'opportunità per insegnare, apprendere e crescere insieme.

La relazione tra adulto e bambino descritta come un'esperienza di reciprocità rivela una verità profonda: mentre i bambini richiedono tempo, attenzione e cura, gli adulti, a loro volta, ricevono l'opportunità unica di riflettere sulla propria vita, sul significato di essere educatori e sulla bellezza intrinseca nel contribuire allo sviluppo di un'altra persona. Questo scambio non è solo benefico per il bambino, ma è anche un'esperienza arricchente e trasformativa per l'adulto, offrendo nuove prospettive sulla vita e sulle proprie priorità.


"Viaggio insieme nell'isola che non c'è" ci ricorda che, nonostante la pressione di un mondo sempre più veloce e orientato all'immagine, dobbiamo fare spazio per coltivare le relazioni significative con i bambini, in quanto viaggio lento, alla ricerca di avventure. È un invito a disconnettersi periodicamente dal flusso incessante di informazioni e interazioni digitali per riconnettersi con le esperienze umane autentiche, celebrando e proteggendo il tempo prezioso e fugace dell'infanzia.

Per le educatrici e gli educatori

(Art) Work in progress...

Stiamo lavorando sulle illustrazioni, ma i testi sono pronti!

Servizio Educativo Tech o No-Tech?


Noi, educatori professionisti, non scegliamo semplicemente tra l'adozione o il rifiuto della tecnologia, ma piuttosto su come, quando e perché integrare gli strumenti digitali nel curriculum educativo in modo che siano al servizio dello sviluppo olistico del bambino.

La corrente "tech" sostiene l'utilizzo delle tecnologie come strumenti potenti per arricchire l'esperienza educativa, offrendo opportunità uniche per l'apprendimento interattivo, l'accesso a risorse diverse e la personalizzazione dell'educazione in base alle esigenze individuali dei bambini. Attraverso applicazioni educative, giochi interattivi e piattaforme digitali, i bambini possono esplorare concetti, sviluppare competenze digitali essenziali per il futuro e imparare in modi che vanno oltre i metodi tradizionali.

Tuttavia, la corrente "no-tech" mette in luce le potenziali insidie di un'integrazione non critica della tecnologia, evidenziando come l'esposizione eccessiva agli schermi possa interferire con lo sviluppo neurologico, limitare le interazioni sociali e ridurre il tempo dedicato al gioco fisico e all'esplorazione diretta dell'ambiente. Questa prospettiva enfatizza l'importanza delle esperienze sensoriali e motorie, del gioco libero e della creatività non mediata dalla tecnologia come fondamenta dello sviluppo infantile.

Per noi educatrici ed educatori, la sfida è dunque quella di adottare un approccio equilibrato, che riconosca il valore aggiunto delle tecnologie nell'arricchire l'apprendimento, pur mantenendo al centro l'importanza delle relazioni umane, dell'interazione diretta e delle esperienze pratiche. Questo richiede una riflessione critica sull'impiego della tecnologia nei servizi educativi, considerando fattori come l'età dei bambini, gli obiettivi pedagogici e il contesto sociale e culturale in cui il nostro servizio opera.

Così siamo chiamati a diventare mediatori attivi nell'uso della tecnologia, scegliendo strumenti e contenuti che supportino gli obiettivi educativi, promuovano l'inclusività e rispettino i ritmi di sviluppo dei bambini. Siamo sicure/sicuri che sia essenziale promuovere momenti di riflessione e discussione sull'uso della tecnologia, coinvolgendo bambini, famiglie e comunità educative in un dialogo costruttivo. 


Pare necessario, più che mai smontare “l’ansia” tecnologica. Scoprire le nostre proprie vie alla tecnologia, all’interno del nostro servizio e della nostra comunità richiede tempo, e continue sperimentazioni. Per esempio, dobbiamo decidere insieme se e come usare la nuvola con dei podcast o video, oppure se i supporti materiali come hard-disk esterni e chiavette sono più sicuri. Dobbiamo capire se quella piattaforma che si offre con tanto “glitter” non vada a tracciare i dati che poi saranno usati con interessi commerciali. 

Le nostre scelte tecnologiche saranno pesate, misurate, riflessive. Cara famiglia, quando arriverai, ci sarà un perché a tutte le nostre scelte “tech” e “non-tech”. 

Tecnologia: Non è gratis, non è facile 

La tecnologia, stando alle nostre esplorazioni in quanto servizi per la prima infanzia, non è né gratis, né facile.  Da un lato la tecnologia ci offre strumenti che rendono in apparenza tutto molto più agevole e veloce, ma dall’altro canto impone lo sviluppo di competenza, lo studio dell’organizzazione del lavoro, l’analisi dei risultati. Vogliamo rendere evidente il costo, non solo economico ma anche pedagogico, dell'integrazione tecnologica, e la complessità intrinseca nell'adottare approcci educativi che rispondano efficacemente alle sfide poste dalla società digitale.

Per quanto apps e servizi di piattaforma come i social oppure suite d’ufficio online come Google Drive o OneDrive di Microsoft si offrono a noi in modo gratuito, la nostra riorganizzazione della collaborazione a partire da scartare o mantenere di strumenti che adottiamo con immediatezza (come il diario di bordo degli educatori); ed il nostro tempo per sperimentare e per mettere a punto l’uso corretto di strumenti (come app) richiede tempo ed impegno: le nostre ore hanno un costo!

Inoltre, le modalità di business di molte piattaforme gratuite implicano che i dati nostri e dei nostri bambini sono la moneta di scambio. Se non vogliamo “intromissioni” (come l’uso di metadati di Whatsapp), forse l’approccio più appropriato è quello di… acquistare le licenze/servizi dei software che adotteremo.

Vogliamo poi rendere noto che con le tecnologie non tutto è più facile. Noi, educatrici ed educatori, dobbiamo acquisire competenze digitali svariate, da editare un contenuto digitale come video o creare playlist, a sviluppare una comprensione profonda di come la tecnologia influisce sullo sviluppo infantile, a comprendere i termini e condizioni d’uso delle numerose app e piattaforme che vengono proposte nell’educazione. Dobbiamo “testare” questi strumenti e riflettere insieme su quanto le tecnologie ci aiutino a migliorare l’apprendimento, a condividere con le famiglie i risultati del percorso educativo, a valutare quanto facciamo in un’ottica di qualità.  


"Non è gratis, non è facile" vuol dire, per noi educatori, che l'integrazione tecnologica non è un fine ma uno strumento al servizio dell'educazione. Che dobbiamo adottare (e informare/coinvolgere le famiglie in queste scelte) un approccio olistico che valorizzi la riflessione critica e l'innovazione responsabile.

Catturare il tempo dell’infanzia, una sfida professionale 

L’osservazione e la documentazione pedagogica, per dirla in parole semplici, sono una sorta di registro che noi educatrici ed educatori portiamo avanti in modo sostenuto, rigoroso. Si tratta di un’attività che ha una lunga storia nella cultura dei servizi per la prima infanzia.

L’osservazione è un nostro strumento fondamentale per valutare la partecipazione, maturazione, apprendimento 0-3: i nostri “studenti” non compilano prove scritte! Per esempio, per noi non è facile registrare digitalmente i risultati dell’apprendimento, benché i video e le foto siano diventate più facili da generare e da condividere all’interno del nostro gruppo professionale.

Rimane però il problema (quasi un dramma!) di organizzare, selezionare ed utilizzare questi abbondanti materiali. E a questo punto, si rende necessaria una scelta organizzativa (chi lo fa? come si fa? che cosa si seleziona e che cosa si scarta? come si condivide con i genitori? come si “salva” e ancor più complicato, come si “preserva” questo tesoro?

Alcune decisioni riguardano l’organizzazione del gruppo di lavoro. Non tutte troviamo agevole prendere appunti o fare annotazioni sull’osservazione dei nostri bimbi e bimbe tramite un padlet. Non tutte vorremmo adottare diverse ore del nostro lavoro creativo per organizzare schede di valutazione tramite videoscrittura oppure con l’uso di formulari elettronici, anziché per creare materiali o giochi che adotteremo poi con le nostre sezioni. 

Non tutte vorremmo editare contenuto digitale (come foto o video) da restituire alle famiglie.


Catturare il tempo dell’infanzia è naturalmente impossibile. Ma con la nostra decisione in quanto team di lavoro, costruita insieme alle famiglie, dovremmo giungere a forme di osservazione e documentazione mediate dalle tecnologie che siano fattibile, socialmente ecologiche, e che promuovano una cultura di consumo digitale e mediale consapevole: i nostri approcci per la presentazione delle informazioni sui nostri bimbi e bimbe, e come le sintetizziamo allo scopo di fornire dati sulla qualità del nostro servizio, sono imperniati su ciascuna nostra scelta di trasformazione digitale.

Io (educatore, educatrice) ho scelta

"Io (educatore, educatrice) ho scelta" è un'affermazione potente che rivendica l'autonomia e la libertà degli educatori nel navigare il panorama delle tecnologie educative. Questa metafora esprime la nostra resistenza alla pressione di conformarsi a tendenze o aspettative esterne nell'adozione di strumenti digitali, che vengano dalle famiglie o dalla pressione di un crescente mercato delle tecnologie educative. Si sottolinea qui, ancora una volta, l’importanza della riflessione critica e della decisione consapevole su ciò che effettivamente arricchisce l'ambiente di apprendimento.

Nell'era dell'innovazione costante, noi, educatrici ed educatori, ci troviamo spesso di fronte alla vastità di opzioni tecnologiche, con una pressione quasi onnipresente di incorporare l'ultima app o piattaforma "di moda" per rimanere "aggiornati". Non assecondiamo la fame di immagine e di visibilità dei social media, né tanto meno l’idea che l’allenamento cognitivo o motorio con app formi “super-bambini/bambine”. Infine, non crediamo che introdurre schede, formulari, grafiche e l’uso continuo del tablet nelle ore trascorse a svolgere il nostro lavoro lo rendano più “smart”. Con "Io ho scelta" vogliamo ricordare che l'essenza dell'educazione risiede nella capacità di discernere quali strumenti servono veramente al benessere e allo sviluppo dei bambini. Non ogni tecnologia è adatta a ogni contesto educativo, e la scelta di adottarla o meno dovrebbe essere guidata da considerazioni pedagogiche, piuttosto che da una corsa ad adottare novità per paura di restare indietro.

L'approccio consapevole all'uso della tecnologia implica la comprensione che la qualità dell'educazione non si misura dalla quantità o dalla modernità degli strumenti digitali utilizzati, ma dall'impatto che questi hanno sull'apprendimento e sullo sviluppo dei bambini. Ciò richiede un lavoro di squadra, in cui educatori, coordinamento pedagogico e famiglie collaborano per valutare le tecnologie basandosi su criteri ben definiti, come la rilevanza pedagogica, la facilità d'uso, la sicurezza e l'inclusività.


"Io ho scelta" sottolinea anche l'importanza della nostra formazione professionale e dello sviluppo di competenze digitali come un processo progressivo e sereno. Invece di inseguire passivamente le ultime tendenze, noi educatrici ed educatori dobbiamo partecipare attivamente in sessioni di discussione e studio, comunità di pratica e corsi puntuali.

In conclusione, vogliamo riaffermare il nostro controllo professionale e pedagogico nel contesto tecnologico, ricordando a tutti i nostri colleghe e colleghi che abbiamo  il potere e la responsabilità di scegliere strumenti che promuovano un apprendimento autentico e sostengano lo sviluppo integrale di bimbi e bimbe; che educhino le famiglie a diventare uno spazio dove crescere con il digitale senza traumi né eccessi; che rispecchino in tutto e per tutto la nostra “cultura dell’infanzia ed i suoi valori”. 

Viaggio (insieme) nell'isola che non c'è

"Io (educatore, educatrice) ho scelta" è un'affermazione potente che rivendica l'autonomia e la libertà degli educatori nel navigare il panorama delle tecnologie educative. Questa metafora esprime la nostra resistenza alla pressione di conformarsi a tendenze o aspettative esterne nell'adozione di strumenti digitali, che vengano dalle famiglie o dalla pressione di un crescente mercato delle tecnologie educative. Si sottolinea qui, ancora una volta, l’importanza della riflessione critica e della decisione consapevole su ciò che effettivamente arricchisce l'ambiente di apprendimento.

Nell'era dell'innovazione costante, noi, educatrici ed educatori, ci troviamo spesso di fronte alla vastità di opzioni tecnologiche, con una pressione quasi onnipresente di incorporare l'ultima app o piattaforma "di moda" per rimanere "aggiornati". Non assecondiamo la fame di immagine e di visibilità dei social media, né tanto meno l’idea che l’allenamento cognitivo o motorio con app formi “super-bambini/bambine”. Infine, non crediamo che introdurre schede, formulari, grafiche e l’uso continuo del tablet nelle ore trascorse a svolgere il nostro lavoro lo rendano più “smart”. Con "Io ho scelta" vogliamo ricordare che l'essenza dell'educazione risiede nella capacità di discernere quali strumenti servono veramente al benessere e allo sviluppo dei bambini. Non ogni tecnologia è adatta a ogni contesto educativo, e la scelta di adottarla o meno dovrebbe essere guidata da considerazioni pedagogiche, piuttosto che da una corsa ad adottare novità per paura di restare indietro.

L'approccio consapevole all'uso della tecnologia implica la comprensione che la qualità dell'educazione non si misura dalla quantità o dalla modernità degli strumenti digitali utilizzati, ma dall'impatto che questi hanno sull'apprendimento e sullo sviluppo dei bambini. Ciò richiede un lavoro di squadra, in cui educatori, coordinamento pedagogico e famiglie collaborano per valutare le tecnologie basandosi su criteri ben definiti, come la rilevanza pedagogica, la facilità d'uso, la sicurezza e l'inclusività.


"Io ho scelta" sottolinea anche l'importanza della nostra formazione professionale e dello sviluppo di competenze digitali come un processo progressivo e sereno. Invece di inseguire passivamente le ultime tendenze, noi educatrici ed educatori dobbiamo partecipare attivamente in sessioni di discussione e studio, comunità di pratica e corsi puntuali.

In conclusione, vogliamo riaffermare il nostro controllo professionale e pedagogico nel contesto tecnologico, ricordando a tutti i nostri colleghe e colleghi che abbiamo  il potere e la responsabilità di scegliere strumenti che promuovano un apprendimento autentico e sostengano lo sviluppo integrale di bimbi e bimbe; che educhino le famiglie a diventare uno spazio dove crescere con il digitale senza traumi né eccessi; che rispecchino in tutto e per tutto la nostra “cultura dell’infanzia ed i suoi valori”.