"Quanto dovrebbero essere esposti i bambini piccoli alle tecnologie digitali?"



Una riflessione critica sui risultati del Rapporto OECD attraverso il dialogo con 

Carlos González-Sancho

Questo affondo riflessivo prende avvio da un episodio di Top Class particolarmente rilevante per approfondire gli obiettivi del progetto DataChildMap: sullo sfondo dei contesti educativi di cura dei bambini della fascia 0-6 (nidi, scuole materne, giardini d’infanzia), l'analista delle politiche dell'OECD, Carlos González-Sancho, discute con l'editore dell'OECD, Duncan Crawford, alcuni dei maggiori risultati del Rapporto OECD "Empowering Young Children in the Digital Age", ponendo l'accento sulla necessità di una roadmap chiara per affrontare la digitalizzazione nell'ambito ECEC. 

La domanda cruciale dinanzi all’esposizione dei piccolissimi alle tecnologie è: quanto o come?


Innanzitutto, l’interrogativo relativo a quanto i bambini dovrebbero essere esposti alle tecnologie digitali racchiude una provocazione intrinseca e trasversale.


González-Sancho sostiene infatti l’emergenza di un passaggio fondamentale dal quanto al come, schiudendo una riflessione innovativa centrata sulla qualità. In tale orizzonte di senso, è necessario considerare e, concretamente, affrontare tre nodi chiave, fortemente impattanti nell’attuale società digitale: il primo riguarda il fattore protezione, per cui i bambini “devono essere protetti meglio nell’ambiente digitale”, un obiettivo che comporta la promozione di un utilizzo della tecnologia sicuro, controllato e responsabile. Si tratta di una sfida ardua e complessa che, ponendosi nel dibattito aperto tra i sostenitori dell’uso della tecnologia e posizioni avverse, pone in rilievo il problema emergente dell’incompletezza e della conflittualità intrinseca nelle linee guida per i professionisti ECEC. Il secondo punto cruciale si riferisce invece al digital divide, declinato in una doppia linea di criticità: da un lato, il fenomeno si manifesta come divario di accesso alle tecnologie digitali, creando disparità nell'opportunità di connettersi e fruire delle risorse online; dall'altro, si traduce in una separazione nella competenza nell'utilizzo di tali strumenti, accentuando le differenze socioeconomiche. Affrontare tale bidimensionalità risulta dunque essenziale per promuovere un’accessibilità equa e inclusiva alle risorse digitali. Infine, la terza centratura riguarda specificamente i professionisti dell’educazione, i quali detengono un ruolo imprescindibile nel settore di cura della fascia 0-6 e, in generale, nell’attuale contesto digitalizzato, in termini di policy making e di mediazione. In particolare, è necessaria una formazione delle figure professionali focalizzata sulle buone pratiche di utilizzo della tecnologia, al fine di garantire la qualità dei servizi, facilitare il coinvolgimento delle famiglie, implementare le potenzialità degli strumenti digitali, alfabetizzare ad una consapevolezza e ad una responsabilità in grado di guidare educativamente (e non di evadere!)  il rapporto bambini-tecnologia.

Dinanzi alla complessità dell’attuale società digitale, dunque, la domanda fondamentale da porsi non è tanto se i bambini devono essere esposti o meno alla tecnologia, poiché tale esposizione è inevitabile. 


Il focus educativo è chiamato a spostare il baricentro teleologico, mirando a preparare i bambini e indirizzare la tecnologia in virtù di una governance etico-pedagogica per cui gli strumenti digitali si profilano come mezzo potenziante e migliorativo. In continuità concettuale, González-Sancho propone un’eloquente analogia con la sfera della salute fisica per far meglio comprendere come affrontare i rischi tecnologici: 


per evitare ferite ed incidenti la soluzione migliore è forse quella di negare ai bambini di uscire o di sperimentare attività outdoor?


La medesima prospettiva si delinea sul versante del rapporto con i dispositivi digitali: 


per evitare i pericoli insiti nella tecnologia è forse risolutivo evitare il problema piuttosto che educare una preparazione agentiva in grado di affrontare in modo sempre più consapevole la complessità dell’era digitale? 


Si evince come la qualità educativa diventi il fulcro del rapporto con la tecnologia: da un lato in termini di qualità di contenuti, i quali devono rispondere a criteri di appropriatezza, di interattività, di tempi di esposizione equilibrati, di autentico valore educativo per lo sviluppo e l’apprendimento del bambino; dall’altro, la qualità si declina (deve declinarsi!) nella discussione etica, ponendo al centro diritti fondamentali come la privacy, la sicurezza, l’autonomia, la possibilità di crescita e sviluppo di esplorare l’ambiente. Diritti che, per essere rispettati, richiamano in modo inaggirabile la guida responsabile e consapevole delle figure adulte, genitoriali e professionali. 


Nella prospettiva di buone pratiche di utilizzo dei digital devices, è quindi necessaria una conoscenza approfondita dei vantaggi e dei rischi insiti nelle tecnologie. 


Per quanto concerne i primi, González-Sancho sottolinea come l’integrazione della tecnologia nei settori di cura della prima infanzia sia ancora priva di importanti evidenze, ma come alcuni Paesi abbiano messo in atto alcune esperienze positive a vari livelli dell’educazione: ad esempio, l’utilizzo di strumenti tecnologici per valutare lo sviluppo del bambino, implementare l’apprendimento attraverso un maggiore coinvolgimento (anche ludico), facilitare la comunicazione scuola-famiglia. Il versante dei rischi, invece, schiude questioni etiche essenziali, che devono tenere in considerazione la vulnerabilità dei bambini e la conseguente richiesta di agentività educativa di professionisti e genitori: in primis, il grande tema della privacy, con i problemi ad essa correlati in termini di tracciamento, di profilazione, di estrazione massiva di dati. Altre preoccupazioni convergono nell’accesso dei bambini a contenuti inappropriati e il potenziale rischio distrattivo-distruttivo della tecnologia, se utilizzata senza una guida responsabile, accorta e supportiva. 

Come mitigare dunque i rischi che la tecnologia ci impone? 


La risposta contenuta nel Rapporto ed evidenziata da González-Sancho si riassume in due concetti chiave che, in coerenza con lo scopo educativo del progetto DataChildMap, richiamano il ruolo imprescindibile delle figure educative: guida e formazione


Per mantenere la centralità dell’autonomia, dei diritti, della libertà del bambino, è necessaria una svolta di welfare non procrastinabile per fornire agli educatori e alla genitorialità oculati percorsi di formazione, coltivando le competenze essenziali per diventare guide autenticamente educative capaci di rendere sicuro l’ambiente digitale. Una formazione che, strutturalmente, deve inoltre custodire uno spessore aperto e comunitario, non basandosi unicamente, in modo frammentario e parcellizzato, sulla motivazione e sugli interessi individuali entro contesti particolaristici: si tratta di una considerazione fondamentale, che rimanda all’universalità ontologia dei diritti, di tutti e di ciascuno, e che consente un ripensamento etico-qualitativo nell’attuale era digitale in cui le figure educative detengono un ruolo fondamentale e indelegabile.


Maria Valentini