«Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine, o con i discorsi, con gli scritti, con i versi: la lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze, nelle suture più delicate dei sentimenti.»
P.P.Pasolini
Nella citazione che abbiamo riportato tratta da “Le vie nuove” Pasolini ci spiega come sia fondamentale attuare una resistenza consapevole nelle nostre coscienze per poter contrastare quella più malvagia e allettante forma di repressione: l’indifferenza.
Ognuno di noi si trova di fronte a una scelta da prendere: agire e affrontare o fuggire e ignorare. Quest’ultima purtroppo è la via più semplice, quella che tutti sceglieremmo in un momento di debolezza.
Non è in nostro potere giudicare chi nel corso della storia ha fatto questa scelta perché motivato dalle più disparate ragioni ma invece è un nostro dovere ricordare chi si è messo in prima linea e ha avuto il coraggio di lottare.
A proposito di questa scelta possiamo individuare due personaggi emblematici vissuti durante il regime fascista: il rettore dell’Università di Padova Concetto Marchesi e il docente di letteratura greca dell’Università di Padova Manara Valgimigli. Il primo ha scelto di attuare una resistenza silenziosa, nascosta da un’apparente adesione agli ideali fascisti ma continuando a mantenere rapporti con il Partito Comunista, diventato ormai clandestino. Durante il discorso di inaugurazione del nuovo anno accademico il 9 Novembre 1943 Concetto Marchesi pronuncia le seguenti parole, cosciente di incitare alla resistenza chi dei presenti era pronto a cogliere il significato delle sue parole.
Il Concetto Marchesi per l'inaugurazione del 722° anno accademico
“Signori, in queste ore di angoscia, tra le rovine di una guerra implacata, si riapre l'anno accademico della nostra Università. In nessuno di noi manchi, o giovani, lo spirito della salvazione, quando questo ci sia, tutto risorgerà quello che fu malamente distrutto, tutto si compirà quello che fu giustamente sperato. […] Giovani, confidate nell'Italia. Confidate nella sua fortuna se sarà sorretta dalla vostra disciplina e dal vostro coraggio: confidate nell'Italia che deve vivere per la gioia e il decoro del mondo, nell'Italia che non può cadere in servitù senza che si oscuri la civiltà delle genti.”
Dopo avere mandato una lettera di dimissioni al ministro dell’educazione, cosciente delle conseguenze che aveva portato il suo discorso, diffuse un appello all'insurrezione in modo clandestino tra gli studenti. A differenza sua, Manara Valgimigli decise di non iscriversi al partito fascista e quindi firmare il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce. Questa decisione lo portò a scontare gli anni del regime fasciata al confino dimostrando così il suo coraggio nell’esporsi ma anche una mancanza di partecipazione attiva nella guerra di liberazione.
A seguito degli esempi proposti possiamo affermare che la linea tra il parlare e il tacere è molto sottile, quasi invisibile e a volte non é nemmeno percepibile. Come dice Pasolini, la ribellione inizia nell’intimo della coscienza, un luogo oscuro in cui ognuno di noi si trova a dover fare i conti con se stesso, a soppesare ciò che valuta maggiormente, a barattare vita e morte. Nessuno ha condannato quei civili fascisti che, caduto il regime, si sono tolti la camicia nera e hanno continuato a vivere indisturbati.
Ma noi condanniamo chi oggi non parla, chi oggi non si ribella, chi oggi non si indigna di fronte alle ingiustizie, alle violenze e alle censure. Noi condanniamo chi oggi fa finta di niente: perché il peso di questa scelta porta a fondo anche noi.
Dusha Kjara e Tognolo Elsa