5H - Liceo G. Carducci

Parisina


Opera di P. Mascagni

Libretto di G. d'Annunzio 

Prima rappresentazione:  Milano, Teatro alla Scala, 15 dicembre 1913. 

Personaggi: Nicolò d'Este; Ugo d'Este ; Parisina Malatesta; Stella dell'assassino; Aldobrandino dei Rangoni; la figlia di Nicolò di Oppizi, detta la Verde; compagni, suonatrici, fanti, garzoni, cacciatori, canottieri, uomini d'arme, incappati, corsali, monaci.

La Parisina è una tragedia lirica divisa in quattro atti, la cui musica è composta da Pietro Mascagni e il libretto da Gabriele D'Annunzio.

Nel 1909 giunse sulle pagine dei principali giornali italiani la notizia che D'Annunzio, come librettista, e Mascagni, come musicista, avrebbero tentato di dar vita ad un'opera lirica. In molti manifestarono stupore, incredulità e scetticismo. Un mese dopo la realizzazione del testo definitivo, Mascagni aveva già iniziato a comporre l'opera, che finì all'inizio del Febbraio 1913.  La composizione dell’opera occupò complessivamente 134 intensi giorni.

Parisina risponde all'esigenza di Mascagni di un'interpretazione più spiritualistica della vita. Il teatro di D'Annunzio apparve, al musicista, psicologicamente più complesso e con personaggi più vari e meno astratti. Mascagni affermò di aver voluto realizzare un'intesa totale con il testo poetico, «penetrando lo spirito», ma non «imponendo ai cantanti un eterno recitativo». Riallacciandosi alla lezione del Wagner, il musicista conferì al canto «una linea musicale e assai melodica, conservando alle parole del testo il loro carattere, la loro più alta potenza espressiva». In questo modo Mascagni si spinse fino a rinunciare alle tradizionali romanze, mantenendo alta la tensione del canto attraverso le continue modulazioni ed evitando la risoluzione o gli accordi dissonanti. Tuttavia queste soluzioni non coinvolgono in genere la linea melodica, che resta elegante e cantabile. L'orchestrazione è eccellente, originale per la varietà e l'impiego del coro. Inconsueto e di grande suggestione è poi l'impiego di idiomi e stilemi musicali dalle origini più varie, come nella scena d'amore tra i protagonisti presso il santuario, avvolta in una cornice di canto gregoriano e di musica strumentale.  

I limiti principali della Parisina derivano soprattutto dall'atteggiamento passivo di Mascagni nei confronti del testo di D'Annunzio, e dalla sua incapacità di cogliere le concessioni fattegli dal poeta. Accettando passivamente il libretto, il musicista fu inizialmente portato a un'eccessiva uniformità di stile e ad un'innegabile ampiezza della partitura, che cercò in un secondo momento di limitare, operando tagli, ma con il solo risultato di snaturare e privare di efficacia il dramma. Infatti il libretto di Parisina,  offre poco dal punto di vista delle formule melodrammatiche tradizionali, è al contrario «un dramma di situazioni risolte e pertanto travolte e sublimate in un moto ondoso di musicalità che già si avverte alla lettura del testo letterario» (Baldacci). La presenza di numerose pagine sinfoniche era quindi necessaria e venne accolta di buon grado da D'Annunzio. Eliminando il postludio del secondo atto e il preludio del terzo per ragioni di brevità, Mascagni mostrò più considerazione per il poeta che per se stesso, e finì per compromettere il risultato finale. La fortuna dell'opera fu modesta: dopo le rappresentazioni a Buenos Aires e a San Paolo del Brasile, e quella di due anni dopo al Politeama di Genova, Parisina fu temporaneamente ignorata a causa della guerra. In seguito D'Annunzio fece recitare la tragedia al Teatro Argentina; ciò fu la causa di un temporaneo dissidio tra i due artisti, che ebbe come conseguenza un ulteriore differimento di una nuova rappresentazione. Solo nel 1938, alcuni mesi dopo la morte del poeta, l'Eiar incaricò Mascagni di dirigere una versione in quattro atti, ma con tagli e modifiche.  La ripresa più rilevante nel secondo dopoguerra , si deve a Gianandrea Gavazzeni, che diresse l'opera a Livorno nel 1952.

 

LE MODIFICHE INTRODOTTE DA D'ANNUNZIO

E' importante ricordare che la Parisina fu concepita da D’Annunzio come la seconda tragedia del trittico dedicato alla famiglia Malatesta. La modifica più significativa del dramma, musicato da Mascagni, viene introdotta da D’Annunzio, che rende la madre di Ugo, Stella de' Tolomei, protagonista del dramma. La sua figura è invece del tutto assente sia nel dramma di Byron sia negli altri drammi musicati da Donizetti e da Keurvels. La scelta dannunziana non è realistica dal punto di vista storico in quanto la madre di Ugo fu subito allontanata da corte dopo che Nicolò III sposò Parisina.

Del tutto originale e drammaturgicamente efficace diventa però la sua presenza, la quale, assume il ruolo di  vera protagonista dando luogo ad un dramma a quattro (Ugo, Parisina, Nicolò III e la stessa Stella) che evita così la banalità del triangolo marito-moglie e amante.

Stella de’ Tolomei risulta, per la fantasia di D’Annunzio, vittima del suo stesso gioco in quanto Ugo, con l'obiettivo di odiare Parisina, che tanto male aveva fatto alla propria madre, se ne innamora venendo, però, condannato a morte nel quarto atto del libretto. Qui D’Annunzio ci descrive Stella de’ Tolomei che tenta invano di riabbracciare il figlio nella prigione dopo un drammatico colloquio con, la un tempo odiata rivale, Parisina che le concede il proprio perdono.