LE PRIME DEDIZIONI DELLE CITTÀ ISTRIANE
1267 - 1283


Testi di Ruggero Piccoli

Antica mappa dell'Istria, firmata: Petro Coppo - archivioirredentista

Mappa con le città che facevano parte dello Stato da Mar - storicamente.org

Antica mappa con Istria e Dalmazia - issp.po.it

Pur essendoci stati fin dal IX secolo buoni rapporti fra Venezia e le città istriane, molto tempo prima cioè della spedizione del doge Orseolo, le prime dedizioni risalgono agli ultimi decenni del sec. XIII. Di quelle che prenderemo in considerazione in questo capitolo, la prima risale al 1267 (Parenzo), mentre le ultime due (Pirano e Rovigno) al 1283. Si trattò comunque, e lo sarà anche per le successive, di formalizzare un rapporto di subordinazione a Venezia che durava da quasi tre secoli, da quando cioè la flotta comandata dal doge Orseolo aveva liberato le coste istriane e dalmate dalla presenza dei feroci pirati narentani, che non solo danneggiavano i traffici marittimi veneziani, ma infierivano anche sulle città della costa istriana e dalmata con con continui saccheggi e ruberie.

Il secondo periodo di dedizioni avverrà per le città istriane nella prima metà del secolo XIV, e riguarderà Pola e le città vicine, mentre il terzo - cui sarà dedicato un altro capitolo apposito - si verificherà nei primi decenni del sec. XV, quando si sfalderà il Principato patriarcale di Aquileia e Venezia potrà completare il proprio dominio sull'Istria intera, ad eccezione di una fascia interna centro orientale (grossomodo a sud di Pinguente e a nord di Albona), che probabilmente non risultava molto appetibile per la città lagunare, che notoriamente privilegiava i centri costieri o quelli interni, come Montona, particolarmente ricchi di boschi e di legnami pregiati per il suo arsenale.Venezia, nonostante il ripetersi di frequenti ribellioni contro il suo dominio da parte di alcune città (specialmente Capodistria e Zara), mantenne il suo predominio sull'Istria per un altro mezzo millennio a partire dalle prime dedizioni. Questo ha fatto sì che rimanessero segni evidenti del passato veneziano nell'urbanistica e nelle architetture delle città, a tal punto da rendere i centri costieri istriani delle "piccole venezie", magari meno ricche d'arte e di storia, ma con un mare certamente più bello e adatto alla navigazione. È per questo che le rotte verso il meridione si percorrevano costeggiando l'Istria e la Dalmazia, che offrivano approdi sicuri per le navi, sia quelle isolate, sia quelle in convoglio, che componevano le mude. Questi centri costieri erano utilissimi anche per i rifornimenti di cibo e acqua e naturalmente per ripararvi in caso di mare in tempesta. Le mude erano dei convogli composti da galee da carico (più grosse e capienti) e galee da guerra (più snelle e manovrabili), che avevano il compito di proteggere dagli attacchi di pirati o anche di stati nemici, in caso di guerra, le navi mercantili coi loro preziosi carichi. Fino alla fine del XV secolo era ritenuto più conveniente attrezzare le navi mercantili per metterle in condizione di auto difendersi, almeno fino a quando i veneziani non riuscirono a costruire delle grosse "galere di mercato" capaci di viaggiare a una velocità simile a quella delle navi da guerra.

PARENZO

La prima a darsi a Venezia fu Parenzo nel 1267. Preferisco usare la parola darsi a quella di sottomettersi perché è quella che avevano scelto i veneziani del tempo, altrimenti avrebbero chiamato l'atto di dedizione in un altro modo. La differenza - a dire il vero - non doveva esser poi così grande, visto come risponderà Venezia ai molti tentativi di ribellione delle città istriane che dovrà affrontare. Però è una parola più gentile, tanto più che nel caso di Parenzo i buoni rapporti con la città lagunare risalivano addirittura al IX secolo e possiamo quindi affermare che si trattò di un matrimonio preceduto da un fidanzamento alquanto lungo, come del resto si usava anche nei matrimoni veri e propri fino a non molti decenni fa.

Parenzo ospita la magnifica Basilica di Sant'Eufrasio, la cui parte paleocristiana risale al secolo IV. Questa antichissima chiesa rappresenta uno dei capolavori assoluti dell’arte europea e per questo è stata inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità dall’UNESCO. Parenzo è una città molto antica, di fondazione romana, e conserva la struttura del castrum, con cardo e decumano che intersecano il suo godibilissimo centro storico.

Interno della Basilica di Sant'Eufrasio - IV secolo - myporec.com

Campanile della basilica e muraglia, con tracce dell'antica porta d'ingresso della città - myporec.com

Ai tempi dell'imperatore Cesare Ottaviano diventò municipio romano e fese parte della X Regio Venetia et Histria . Dopo la caduta dell'Impero romano fu occupata dagli Ostrogoti e quindi, dal 539, entrò a far parte dell'Impero bizantino. Fu in questo periodo che venne costruita la grande basilica, che prese il nome dal vescovo Eufrasio, cui si deve la sua realizzazione. Successivamente il territorio di Parenzo subì invasioni di popoli slavi, i quali però non riuscirono a espugnare la città, che fu tuttavia funestata da epidemie di peste, a causa delle quali il numero degli abitanti subì una drastica riduzione. Poi ci fu il governo dei Franchi, quello del patriarca di Aquileia e infine quello dei veneziani, che durò 500 anni, fino alla caduta della Serenissima. E infatti quella veneziana è rimasta l’impronta di gran lunga più visibile della città, nonostante le importantissime tracce lasciate dal periodo romano e bizantino. Veneziana è l’atmosfera, l’architettura dei palazzi, la forma ogivale delle finestre dei piani nobili e l’eleganza dei poggioli centrali o d’angolo, sorretti da mensole a testa di leone.

Nel XIV secolo Venezia fece scavare un fossato lungo la parte delle mura rivolta verso la terraferma, facendovi penetrare le acque del mare, dal porto fino alla Peschiera. L’accesso alla città era possibile pertanto solo da un ponte levatoio, rafforzando in tal modo le difese della città. In seguito tuttavia, per motivi di igiene, in quanto l ‘acqua si imputridiva provocando cattivi odori, fu provveduto all’interramento del fossato. La porta principale della città era rivolta verso nord, dal lato della Peschiera. Da questa parte venne anche fatto erigere nel 1471, dal podestà Francesco Bondulmier, un torrione ancora oggi visibile, ma che però versa in cattive condizioni, essendo stati usati nell’ottocento parte dei suoi mattoni per lastricare una strada.

Torre settentrionale Peschiera, fatta erigere dal podestà Francesco Bondulmier nel 1471 - myporec.com
Torre pentagonale fatta erigere dal Podestà Nicola Lion nel 1471 myporec.com
Antico dipinto (non reperiti né l'autore, né la data in cui è stato realizzato), che rappresenta la cinta muraria di Parenzo - Wikimedia Commons

Un’altra torre, rotonda, fu fatta innalzare dal podestà Pietro da Mula nel 1475. La torre esiste ancora ed è in buone condizioni, ma è stata adibita a bar-ristorante, con sopra una terrazza. Il suo aspetto originario è senz’altro più godibile nella vecchia cartolina che si può vedere alcune righe più sotto.

Nel periodo romano Parenzo (Civitas Iulia Parentium) era una città fortificata e le mura, per la morfologia del luogo, dovevano percorrere il tragitto di quelle attuali e circondare quindi la penisola dove sorge la città, tagliando trasversalmente l’istmo che la collega alla terra. Le porte della città, la Porta del Mare, alla base del molo, e la Porta di Terra, dovevano trovarsi agli estremi del cardo e del decumano C’era probabilmente anche un’altra porta dal lato della Peschiera, perché l’antico porto romano si trovava sulla riva settentrionale, considerato che le strutture dei moli sono ancora presenti in fondo al mare, come risulta da scandagli che sono stati compiuti (da studi Arch. A. Berlam).

Vecchie cartoline Parenzo nei primi anni del '900 - delcampe.net

Parenzo, mura veneziane con torre rotonda e torre pentagona, anni 1930-1935 - eliovarutti

ORSERA

È una cittadina sulla costa dell’Istria croata, vicina a Parenzo, di cui ha condiviso per secoli le sorti, da quando era feudo del Vescovo di Parenzo a quando fece atto di dedizione alla Repubblica veneta nello stesso anno (1267). Nel 1778 il Senato di Venezia decise la sua secolarizzazione, riconoscendo una ricompensa annua al vescovo. Dopo varie vicende, negli ultimi anni di appartenenza a Venezia fu aggregata alla podesteria di San Lorenzo. Attualmente è una località di villeggiatura molto frequentata nel periodo estivo, ma ai tempi del dominio veneziano era famosa soprattutto per l’ottima pietra d’Istria che si ricavava dalle sue cave, oggi dismesse. Molti dei palazzi e delle chiese di Venezia sono stati costruiti con queste pietre.

Panorama di Orsera - ilturista.info
Cava di pietra d'Istria - istrianet.org

UMAGO

È la città di mare più settentrionale dell’Istria croata. Il suo atto di dedizione a Venezia risale al 1269, quando si trovava nel periodo in cui era vacante la sede patriarcale. Nel 1379, durante la guerra di Chioggia fra veneziani e genovesi, fu presa e saccheggiata da questi ultimi. Fu liberata l’anno dopo da Vettor Pisani. Come molte città costiere dell’Istria e della Dalmazia ha una vocazione turistica fin dall’antichità, quando molti cittadini romani ne fecero la loro residenza estiva. Nel suo suggestivo centro storico sono conservati, oltre a edifici di interesse storico e culturale, anche i resti di antiche mura e torri medioevali.

Panorama di Umago - ilturista.info

SAN LORENZO DEL PASENATICO

È a pochi chilometri dal mare, situato sopra una collina da cui si gode una vista piacevolissima su campi coltivati a ulivo e vigneto. È considerata a ragione una delle cittadine medioevali meglio conservate dell’Istria veneta, di cui un tempo fu centro dell’amministrazione militare, poi trasferita a Pinguente. Si entra nel centro storico dalla Porta Maggiore, perfettamente conservata, che reca gli stemmi delle famiglie veneziane Grimani e Moro. Poco lontano si trova la basilica a tre navate di San Martino, con l’alto campanile-torre e l’elegante loggia. Si può notare sulla piazzetta, di fronte alla loggia, una colonna infame di infausta memoria. Proseguendo verso nord ci si imbatte nella torre rettangolare Funtanela, così chiamata perché al suo interno si trova una cisterna di pietra del XIV sec. che reca lo stemma della famiglia Soranzo, la quale diede alla città ben quattro podestà. La cinta muraria appartiene a tre secoli distinti: X - XII e XV. A quest’ultimo risalgono naturalmente le mura veneziane , di cui sono ancora visibili alcuni tratti. San Lorenzo in Pasenatico si diede a Venezia nel 1271 e rimase legata alla città lagunare fino alla sua caduta (1797).

San Lorenzo del Pasenatico - central-istria.com
Porta Maggiore - iha.co.nl
Piazzetta, loggia, basilica e torre-campanile - central-istria.com
Loggia e piazzetta - central-istria.com
Particolare del torrione Funtanela - central-istria.com
Interno della Basilica di S. Martino - central-istria.com
La torre-campanile di San Martino - central-istria.com

CITTANOVA

È una città costiera, situata nella costa occidentale istriana, fra Parenzo e Umago. Come quest’ultima fece atto di dedizione a Venezia nel periodo di vacanza delle sede patriarcale di Aquileia (1271), pur avendo fatto giuramento di fedeltà alla città marciana fin dal secolo precedente, per difendersi dalle incursioni dei pirati che infestavano le coste dell’Adriatico orientale. Le origini di Cittanova sono molto antiche; nel periodo romano si chiamava Aemona, che fu poi mutato in Neapolis dai bizantini, i quali la rifondarono e ampliarono nel VI sec. Il suo porto era per Venezia molto importante, perché da lì partivano le navi cariche di legname dei boschi di querce di Montona, destinato all’Arsenale. Probabilmente Cittanova era circondata da mura fin dall’antichità, e quelle veneziane del sec. XV - che per alcuni tratti si vedono tuttora, ben conservate - furono costruite sulle vecchie fondamenta delle mura precedenti.

La città reca evidenti le tracce di Venezia nella sua struttura urbanistica, con le stradine strette e tortuose, e nelle caratteristiche architetture delle case e dei palazzi, con le finestre in stile gotico.

Un tratto ben conservato di mura veneziane - croaziainfo.it
Tracce delle mura cinquecentesche sul lungomare - croaziainfo.it

MONTONA

La dedizione di Montona a Venezia avvenne curiosamente in due tempi. Nel 1276 ebbe luogo la prima, ma poi tornò a prevalere la fazione del patriarca, ma solo per un breve periodo, per cui già nel 1278 ci fu il secondo atto di dedizione, questa volta duraturo, visto che Montona rimase fedele alla Serenissima fino a che questa non cadde, nel 1797. Come già prima accennato, Montona era di fondamentale importanza per Venezia, perché dai suoi boschi di querce si ricavava il miglior legname per la costruzione delle sue galee. I tronchi venivano trasportati lungo il fiume Quieto fino a Cittanova, dove venivano imbarcati. Montona era importante anche dal punto di vista difensivo. Le sue mura sono ancora le più imponenti e meglio conservate dell’Istria. Risalgono ai secoli XI e XII, ma furono rinforzate e sempre tenute in efficienza da Venezia nei secoli successivi.

Porta Nuova, del sec. XVI , sormontata da una torre, è l’accesso alla città, mentre da Porta Castellana, più antica, che reca sopra l’arco ogivale un leone di San Marco, si entra nella cittadella. Qui troviamo la piazza principale Andrea Antico, con la chiesa tardo rinascimentale, l’alta torre-campanile e una elegante vera da pozzo del ’400.

La cinta muraria ancora intatta di Montona - istriaexperience.com
Porta nuova - istria-culture.com
Porta della Madonna - Wikimedia commons
Porta Castellana - istria-culture.com
Vera da pozzo del sec. XV - leonidastravel.com
Leone di San Marco sopra Porta Castellana - istrianet.org
Panorama di Montona -lonelyplanetitalia.it

CAPODISTRIA

Vittore Carpaccio, Entrata del podestà Contarini nel Duomo di Capodistria, 1517 - pokrajinskimuzejkoper.si

È una città antichissima, come lo testimoniano i diversi nomi che le sono stati dati nel corso della sua lunga storia: dal greco Aegida al romano Capris (o Insula Capraria), da Justinopolis nei tempi in cui la città fu bizantina a Caput Ystriae, nome che le fu dato quando passò sotto il dominio del Patriarca di Aquileia. Anche Venezia le riconobbe il primato fra le città dell’Istria e quindi variò di pochissimo il nome: Cao d’Istria in dialetto, che diventò Capodistria in italiano.

Oltre che del primato politico, la città istriana godeva anche di quello economico. Era infatti un fiorente centro commerciale, il suo entroterra era ricco di boschi e di terreni fertili, e - cosa tutt’altro che secondaria - alla città era stato concesso fin dal 1182 il monopolio della produzione e della vendita del sale, che costituiva allora una delle attività che davano maggior lucro, essendo la salatura l’unico modo che si conosceva in quei tempi di conservare la carne.

Non dimentichiamo che anche Venezia fu dedita, agli inizi della sua storia, a quella attività e che per mantenerne il monopolio non aveva esitato a mettere a ferro e fuoco Comacchio - sua concorrente - e a deportarne parte della popolazione.

L’atto formale di dedizione di Capodistria a Venezia (con ogni probabilità ottenuto con le maniere forti...) risale al 1278, forse in seguito a un tentativo di ribellione della città istriana. È per questo motivo che probabilmente venne dato inizio in quel periodo alla costruzione del Castel Leone, possente struttura difensiva situata nel mezzo del ponte che univa la città alla terraferma (vedi illustrazione riportata alcune righe più avanti). Ristrutturato nel XVI sec., fu demolito nel XIX. Alle mura Venezia mise mano in più occasioni, cercando di adeguarle al ruolo strategico e militare importante che la città era chiamata a svolgere.

Capodistria dimostra nei sec. XIII e XIV di mal sopportare il dominio veneziano. Alleandosi con Pola si fa promotrice di rivolte, sempre represse, talvolta in modo sanguinoso.

L'ultima, la più importante, avviene nel 1380 e ha come epilogo la riconquista della città da parte dei veneziani e - come si usava in quei tempi - il suo saccheggio.

L’uso della forza in queste circostanze può apparire non coerente con quanto affermato nella premessa da chi scrive (vedi Caratteri distintivi), vale a dire che i veneziani, in quanto popolo dedito in netta prevalenza ai commerci, preferivano di gran lunga il metodo della trattativa a quello dell’uso indiscriminato della forza. Ma questo non vuol dire che in certi casi non potesse ricorrervi. In effetti Venezia fin che poteva trattava, ma se per raggiungere il suo scopo (che nel caso specifico consisteva nel mantenimento del controllo sulla città) occorreva far uso delle armi, quello veneziano non era certo un popolo imbelle. In mancanza di alternative sapeva anche adoperarle, sia per mare che in terraferma e la sua storia millenaria lo dimostra. Nelle guerre contro Genova scese più volte a patti, ma nell’ultima, quella decisiva di Chioggia, quando la flotta genovese penetrò in laguna e assediò Venezia, mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa della città, allora non ebbe alcuna esitazione e sotto la guida del comandante della flotta Vettor Pisani e del doge ottuagenario Andrea Contarini diede battaglia e ne uscì vittoriosa. Altre volte fu sconfitta (a Cipro e a Candia, per esempio, contro gli ottomani) ma sempre dopo essersi battuta strenuamente, contro forze soverchianti. L’estremo sacrificio di Marcantonio Bragadin - scuoiato vivo a Famagosta per aver resistito troppo a lungo ai turchi che assediavano la città - ne è la prova più evidente.

Pianta del 1619, che indica l'assetto definitivo delle mura della città - kamra.si
Disegno del Castel Leone (demolito nel XIX secolo) - cherini.eu

Si può provare a spiegare anche in un altro modo il rapporto ambiguo che avevano i veneziani con l’uso della forza: finché erano loro ad avere l’iniziativa e a dettare i tempi, come nella fase di acquisizione di una città, privilegiavano la trattativa, che di solito riuscivano a portare a buon fine raggiungendo i loro scopi (la resa o la dedizione, di solito) . Quando invece venivano presi alla sprovvista, come nel caso di una rivolta o di un attacco da parte di un nemico esterno, allora magari era più probabile che potesse far ricorso alle armi.

Esiste un modo di dire molto diffuso nel Veneto: “Mi no vado combàtar” che oggigiorno, in tempi di pace (per noi almeno...) ha perso il suo significato letterale. Se però ci aggiungiamo, sempre in dialetto: “se proprio no me tòca” (a meno che non ci sia proprio costretto), penso che ci avviciniamo a quello che pensavano i veneziani ai tempi del loro impero, della guerra. D’altra parte, a prescindere dai detti popolari, che potrebbero essere anche sbagliati, penso che dovrebbe essere un atteggiamento comune fra tutte le persone assennate, non solo fra gli stati. A menar le mani, vale a dire a far male o a farsi male, c’è sempre tempo...

Stampa del 1831 di Capodistria, con Castel Leone non ancora demolito - Wikimedia commons
Leone di San Marco sulla facciata di Palazzo Totto - cherini.eu

Ci scusiamo per la lunga digressione e torniamo a Capodistria. Dopo l’ultima rivolta, quella del 1380, sembra non ce ne siano state altre, di così disastrose almeno. Con tutta evidenza quello fra Capodistria e Venezia non era stato un matrimonio d’amore, ma di interesse. In ogni caso è durato per altri quattrocento anni, fino al 1797.

Per fortuna comunque alla città istriana i veneziani non hanno portato solo morte e distruzione, ma anche molte cose belle che si possono vedere ancora oggi. Capodistria assomiglia molto a una città veneta. L’impianto urbanistico (con strade disposte a raggiera che convergono verso la piazza principale), le case, i palazzi, le architetture in genere, ma anche i colori, tutto insomma ricorda in qualche modo alcuni centri dell’arcipelago veneziano. Vale la pena ritornarci, non più in veste di conquistatori naturalmente, ma di pacifici turisti.

Palazzo Pretorio, sede del potere politico, militare e giurisdizionale veneziano - istria-culture.com
Porta della Muda, l'unica rimasta, rivolta verso la terraferma - istria-culture.com
Istria e "venezianità" - Capodistria, Caffè Loggia - cartolina di inizio '900 - Wikimedia commons
Istria e "venezianità" - Capodistria, Palazzo Comunale - cartolina di inizio '900 - Wikimedia commons
Istria e "venezianità" - Capodistria, Piazza del Brolo, Duomo e pozzi - cartolina di inizio '900 - Wikimedia commons

ISOLA

Sembra sia stata fondata da profughi di Aquileia nel VII secolo. È una cittadina di pescatori ed è la più meridionale fra quelle slovene lungo la costa istriana. Chiese la protezione di Venezia, e la ottenne - nel 1280 - e fece atto di dedizione nel 1292. Tornò per brevissimo tempo sotto il governo del Patriacato di Aquileia (1379-80) ma poi fu ancora veneziana e rimase tale fino al 1797. Non lasciò grandi tracce nella storia, ma in compenso è molto fotogenica, come si può vedere.

Isola com'era (1961) - Wikimedia commons
...e com'è oggi - Wikimedia commons
Isola, Porto e palazzo Municipale a inizio '900 - istrianet.org
Isola, Porto e palazzo Municipale oggi - sloveniavacanze.com
Immagine medievale di Isola con il porto e Piazza Grande - istrianet.org
Isola, molo della Sanità a inizio '900 - istrianet.org

PIRANO

La tradizione vuole che Pirano sia sorta, come Venezia, dall’arrivo di popolazioni dell’entroterra in fuga dall’invasione degli Unni, soprattutto da Aquileia. Pirano, che dal 976 apparteneva alla Carinzia, si avvicinò gradatamente a Venezia, allora nel pieno dell’espansione verso le coste orientali dell’Adriatico, prima con accordi diplomatici e commerciali, poi con una vera e propria alleanza politica, suggellata da un atto di dedizione nel 1283. A tale accordo non venne mai meno fino alla caduta di Venezia .

Circondata da possenti mura, opera dei veneziani, Pirano respinse diversi assalti dei pirati e resistette a due assedi dei genovesi, nel 1354 e nel 1379. Durante il suo dominio Venezia si prendeva cura, oltre che delle mura, anche della manutenzione delle porte di accesso alla città. La parte più recente della cinta muraria, con le torri di difesa, si trovava a sud-est del centro abitato e risale al periodo 1470-73, quando incombeva il pericolo turco. La nuova cinta incluse anche la parte costiera, detta Marciana, che prima non era protetta da mura, e l’intero settore della città dal lato della terraferma, tra la costa settentrionale e meridionale.

Veduta dall'alto di Pirano. Sulla sinistra si intravede un tratto delle mura veneziane - wallsofpiran.com
Particolare delle torri e delle mura veneziane - wallsofpiran.com
Pirano, Portici di San Giorgio (cartolina dei primi del '900) - kamra.si
Porta Marciana, sormontata dal Leone di San Marco - maremagnum.com

Nei secoli successivi la città potè espandersi solo in direzione della terraferma, dato che l’intera penisola era edificata. La città vecchia consisteva in quattro rioni: Muggia, Domo, Misana e Castello, cinti da mura fin dai tempi antichi. Alla fine del sec. XIII, quando arrivarono i veneziani, la città cominciò ad espandersi rapidamente e nuove mura cinsero anche il Rione Campo con il suo porto interno, fino ad allora non difeso. La cinta muraria è quasi interamente conservata e così due delle porte antiche principali (Porta Terra di Raspo e Porta Marciana).La più alta, detta di San Nicolò, invece non esiste più. Anche le sette torri son ben conservate, con i loro merli ghibellini, e completano le maestose difese murarie. Pirano era dotata di un proprio statuto fin dal 1270 e nel periodo in cui era sottomessa al dominio veneziano si resse sempre in maniera semi-autonoma.

Pirano vista dal molo - Pinterest
Il porto di Pirano ai primi del '900 - total-slovenia-news.com

ROVIGNO

Il Porton del Ponte - arupinum

In origine la penisola in cui sorge Rovigno era un’isola ed era separata dalla terraferma da un canale e da una cinta muraria con torri, presente presumibilmente fin dal VII secolo. Ad occidente si trovava la Porta di San Damiano sormontata da un torrione, a levante la Porta Val di Bora e nel mezzo il Porton del Ponte, attraverso il quale si accedeva alla città dalla terraferma. Sopra la porta, oltre al consueto leone di San Marco, si trovava una lapide che riportava questa curiosa scritta: “Lo Reposso del Deserti”. Quello che si vede qui a fianco è un disegno, perché la porta fu demolita nel 1763 ed il canale interrato per espandere l’abitato.

Rovigno aveva giurato fedeltà a Venezia fin dal 1149 (ma forse con la città marciana c’erano stati buoni rapporti già dal tempo della spedizione del doge Orseolo), in ogni caso furono molteplici le ragioni che spinsero la città istriana a fare, nel 1283, atto di dedizione a Venezia, non ultimo l’aiuto che avrebbe potuto ricevere per tenere a bada le mire egemoniche di Capodistria, con cui c'erano stati scontri anche aspri nel corso di tutto il XIII secolo.

Il motivo più importante che aveva spinto Rovigno a sottomettersi alla città veneta era però senza dubbio quello dei vantaggi economici che sarebbero derivati dall’unione con una città, anzi uno stato, in pieno sviluppo come lo era quello veneziano in quell’epoca. Dopo non molto infatti, alla pesca e all’agricoltura, che erano le principali attività degli abitanti di Rovigno, si aggiunsero, in misura via via sempre maggiore, il commercio, l’artigianato e la marineria. I marinai della città istriana si dimostrarono molto abili e anche coraggiosi in occasione degli scontri armati con i nemici di Venezia, i turchi in primo luogo.

Arco dei Balbi - istria-culture.com
Torre dell'Orologio - rovinj-tourism.com

Con l’economia crebbe anche la popolazione, il che ebbe ripercussioni anche sulla struttura urbanistica della città, con effetti che ancor oggi si possono vedere: le case si svilupparono sempre più in altezza, si strinsero l’una all’altra e tutte insieme alle mura di cinta. Queste nel 1379 furono assediate e prese dai genovesi, in guerra contro Venezia, e la città fu saccheggiata. Dopo un anno fu riconquistata dalle armate veneziane, comandate da Vettor Pisani.

Nel XVII e XVIII secolo si sviluppò molto la cantieristica navale, nella quale Rovigno conquistò il primato in Istria.

Delle sette porte antiche della città ne sono rimaste tre: Porta San Benedetto, Porta di Santa Croce e Porta Sottomuro. La Porta della Pescheria fu trasformata nel 1678 in un elegante arco barocco, l’Arco dei Balbi (dal nome di un antico casato veneziano), sovrastato dall’immancabile leone di San Marco. Un antico torrione della cinta muraria (sul lato sud), fu trasformato nella Torre dell’Orologio.

Rovigno dall'alto - pleinair.it
Rovigno dall'alto - croatiareviews.com
Porta di Santa Croce - Wikipedia
Il Porto - inforovinj.com
arche e pescatori - rovinj-tourism.com
Giochi sul molo - inforovinj.com
Pesca e vendita delle sardelle - Twitter.com