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in divenire
Fin dalla prima età della macchina, stiamo osservando un'accelerazione tecnologica vertiginosa, una spinta esponenziale che inesorabilmente velocizza il proliferare di nuovi dispositivi sempre più potenti e feroci, che erodono costantemente le nostre capacità previsionali e progettuali. L’emergere di accidentalità improvvise, sempre più frequenti, va di pari passo con l’assottigliarsi dello spettro del visibile, ma anche del riconoscibile, rendendo sempre più incerto ogni tentativo predittivo speculativo basato sulle variabili di possibilità, plausibilità, probabilità.
La prepotenza con cui il nuovo dispositivo AI è diventato strumento di massa è sorprendente. Uno stupore che degrada le già miopi capacità previsionali e progettuali del genere umano evidenziate nel corso degli ultimi 20 anni. Una velocità mai vista prima che lascia intravedere una presbiopia incipiente: un orizzonte in continua contrazione, colmo di segnali (alcuni nemmeno visibili) più o meno importanti, che fatichiamo a mettere a fuoco e poi a decifrare con chiarezza: alla nostra portata solo osservabili attentamente, dalla dovuta distanza e per il giusto tempo.
Il capitalismo dell’informazione maturo mette in evidenza un'ipertrofia comunicativa raramente vista in precedenza che ha messo in crisi il valore del servizio editoriale di qualità in favore di uno di quantità.
Il dibattito vede una polarizzazione in due grandi filoni informativi:
quello dei tecnoentusiasti (soprattutto “integrati”), che promuovono l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per lo più attraverso l’uso di prodotti retail.
quello degli oracoli (sia “apocalittici” che “integrati”) che delineano uno spettro di scenari vastissimo ed eterogeneo, in preda a quella compulsività produttiva di informazioni - spesso confuse con conoscenze e saperi - nata dall’avvento del web 2.0, che pretendono ingenuamente di poter prevedere un futuro in realtà sempre meno prevedibile.
Un futuro che prima o poi qualcuno indovinerà (ma non grazie al frutto del calcolo probabilistico).
Abbiamo a che fare con un susseguirsi frenetico di agenti rivoluzionari che esigono una velocità di adattamento retinico a cui non tutti riescono a tenere il passo, una affannosa rincorsa che costringe inevitabilmente all'inadeguatezza e alla conseguente resa dei più fragili che spesso consiste nell'abbandonare - più o meno consapevolmente - zavorre preziose perché di scarso valore nella vertiginosa rincorsa intrapresa.
La costante emergenziale della condizione contemporanea ha trovato nell’intelligenza artificiale il suo servo dionisiaco: quello strumento che da un lato promette e vorrebbe alleggerire le sofferenze inflitte dal padrone e permetterci ri-sincronizzarci ma dall’altro non fa che assecondare, con indulgenza, i ritmi frenetici imposti dall’anarco-capitalismo, foraggiando i prodromi del dispositivo a venire, ancora più spietato.
Prendere atto della portata dell’onda, impossibile da arginare con l’ennesima prova di forza: ci condurrebbe ad una guerra asimmetrica già vissuta, inutile ed estenuante.
Non potendola arginare in tempo, vale lo sforzo provare a cavalcarla per non farsi investire.
Riscoprire il concetto di maestria contro quello di professionalità, per comunicare sapientemente attraverso un qualsiasi linguaggio, non per pura sopravvivenza professionale ma per esistere ed essere apprezzati anche al di fuori della formalità del ruolo, non solo deontologicamente ma anche eticamente e politicamente (soggetti dal valore sociale riconoscibile).
Prima di preoccuparci di produrre - compulsivamente - strumenti pedagogici e didattici sempre nuovi, dovremmo adoperarci per trovare strumenti analitici e conoscitivi più affilati, strumenti euristici che, come buone lenti per la presbiopia, ci consentano - nello spazio/tempo concesso - di osservare con più attenzione
Giocare con arguzia - machiavellicamente - con le miope del turbocapitalismo che riconoscono solo le triviali regole del mercato, ci permetterebbe di generare e formare una domanda di mercato appetibile in grado di sfamare la belva: una classe di consumatori capace di guidare verso nuove rotte, non solo di seguire o inseguire.
Il linguaggio simbolico tipico dell’opera d’arte - libero, rapido ma riflessivo, sempre a cavallo tra stupore e orrore, - con la sua dimensione onirica e profetica, potrebbe rivelarsi lo strumento più interessante per intraprendere una sperimentazione cauta, in grado di esplorare rotte non ancora battute pur contenendone i rischi, e arrivare dove il solo design non può perché soggiogato da regole utilitaristiche. Proponiamo pratiche artistiche e ricerche d’avanguardia, non kitsch
Studiare, analizzare il dispositivo a partire dalle caratteristiche intrinseche e monitorare l'evolvere degli strumenti e dei meccanismi - attuatori di processi - per delineare la relazione appropriata tra l’agente tecnologico (AI) e gli agenti culturali produttori di pensiero (docenti), sottraendosi alla sterile contrapposizione tra “apocalittici” a “integrati”.