Riguardo al progetto di adeguamento agli standard NATO delle banchine all'interno dell'Arsenale Militare Marittimo della Spezia
Chiediamo:
La costruzione di un dibattito pubblico partecipato sul progetto Basi blu che coinvolga istituzioni, cittadine e cittadini, associazioni e parti sociali, che affronti questi temi:
• un piano reale di bonifica delle aree militari e di monitoraggio delle attività inquinanti, per una loro riorganizzazione e razionalizzazione;
• la valorizzazione, recupero e demilitarizzazione delle aree in stato di abbandono, dei beni culturali presenti e dimenticati (come la chiesa di
San Francesco Grande), per ridare alla città la sua storia;
• la restituzione di spazi alla comunità, per ricostruire un vero e naturale accesso al mare da parte della città;
• un piano di attività produttive di buona occupazione, garantita da vincoli di contrattazione d’anticipo in cui le organizzazioni sindacali svolgano il loro contributo in un confronto preventivo, con una reale prospettiva di compatibilità con l’ambiente che ci circonda e di salubrità.
Una spesa enorme. Nel silenzio, il parlamento finanziò il programma Basi blu (leggi di bilancio 2017 e 2018), per complessivi 750 milioni di euro. Una cifra che, nel 2024, è lievitata fino a 1,76 miliardi di euro. Nel silenzio le strutture del ministero della Difesa hanno redatto un progetto di fattibilità per la base spezzina, bandendo ed affidando la gara per adeguarla agli standard NATO. Tre nuovi moli, l’ampliamento di un molo e di una banchina esistenti, per un tombamento a mare di circa 40 mila metri quadrati. La
riattivazione dei serbatoi di carburante sotto le viscere della collina in cui sorge Marola, il dragaggio di 600 mila metri cubi di fondali della darsena, senza operare una reale bonifica delle realtà inquinate (discarica di Campo in ferro in primis). Adeguare la base navale della Spezia agli standard NATO costerà la cifra astronomica di 354 milioni di euro.
Le criticità. La “nuova” base spezzina, che fintamente viene colorata di blu senza divenire realmente sostenibile, creerà ulteriori criticità per la città e l’intero golfo. In termini di sicurezza per l’aumento del naviglio militare. In termini di impatto ambientale, aumentando attività che ad oggi hanno reso
quell’area un disastro ecologico. Non creerà un solo posto di lavoro, perché ampliare le infrastrutture non produrrà nessuna opportunità occupazionale stabile. Non sanerà le criticità ambientali, non prevedendo di bonificare dalle sostanze pericolose presenti in un’area fortemente inquinata, da di-
scariche ed abbandoni, lasciando una bomba ecologica, e di nocività, innescata. Non c’è l’ombra di una riorganizzazione di enormi aree militari, molte delle quali abbandonate ed inutilizzate, che fanno dell’area militare spezzina un dedalo logistico.
Le inquietanti prospettive di guerra. In un contesto globale di continue escalation belliche, invece di prospettare scenari di diplomazia e di dialogo, si progettano infrastrutture militari per una maggiore proiezione nei teatri di guerra, in un clima globale sempre più incandescente e conflittuale.
La scomparsa dell’Arsenale. Parallelamente le aree dell’Arsenale, sempre più lasciate all’incuria ed all’abbandono, vedono un inesorabile crollo dell’occupazione, arrivando oggi a registrare una situazione che prelude la scomparsa del comparto pubblico della Difesa. L’agonia di una delle più importanti realtà occupazionali della storia locale è accompagnata da concrete strategie di cessione di suoi spazi a privati. Aree militari concesse a privati senza nessuna ricaduta per la collettività. Va mantenuta la governance pubblica delle aree attualmente in uso alla Marina militare, per evitare un modello speculativo, nella logica degli appalti e subappalti selvaggi.
Per tutti questi motivi lanciamo una mobilitazione permanente della nostra comunità