Sciopero scolastico per il clima.
Chi è Greta Thunberg?
Greta è figlia della cantante d'opera Malena Ernman e dell'attore Svante Thunberg. Per diminuire l'impatto ecologico della sua famiglia e ha insistito perché diventasse vegetariana.
Il 20 agosto 2018 Greta decise di non frequentare la scuola il venerdì fino alle elezioni legislative del 9/09/18. Questa decisione è nata a fronte delle eccezionali ondate di calore e degli incendi boschivi senza precedenti che hanno colpito il suo paese durante l'estate.
Voleva che il governo svedese riducesse le emissioni di carbonio, come previsto dall'accordo di Parigi sul cambiamento climatico, ed è rimasta seduta davanti al parlamento del suo paese ogni giorno durante l'orario scolastico. Il suo slogan era sciopero della scuola per il clima.
12 MARZO 2019
Trattato per anni da ossessione catastrofista, l'allarme climatico sta lambendo la percezione di massa. Le tre FFF di Fridays for Future (i venerdì per il futuro), lanciati da una studentessa svedese, stanno diventando un logo mondiale.
Non è straordinaria, è manifestamente ordinaria l'azione del clima in rapido mutamento. Ordinari sono i suoi colpi e le sue inclemenze, e dunque ordinaria deve diventare, insieme alla nostra percezione del fenomeno, la nostra azione quotidiana, fatta di "contenimento e regimentazione" degli effetti; e di profonda riflessione sulle cause.
Poiché l'argomento è tanto vitale quanto soggetto a manipolazioni, isterismi, luoghi comuni, negazionismi, sarà bene provare a riassumerlo. La climatologia non dispone di dati certissimi se non da un paio di secoli. Ma con mezzi indiretti (dalle testimonianze storiche ai carotaggi dei ghiacci alla geologia all'archeologia alla paleobotanica) si è potuto stabilire questo: che i mutamenti climatici, con fenomeni anche estremi come le glaciazioni e le deglaciazioni, sono sempre esistiti; però spalmati lungo archi di tempo enormemente più lunghi. La rapida impennata della temperatura globale negli ultimi anni non ha riscontri nel passato, anche quello remoto. È come se una lunga sinusoide dalle ampie, dolci curvature avesse a un tratto un picco inedito, del tutto imparagonabile agli andamenti precedenti.
A cosa si deve questo picco? La stragrande maggioranza degli studi scientifici lo attribuisce all'azione umana. Un fattore così enormemente potenziato nell'ultimo secolo (aumento esponenziale della popolazione, delle attività produttive, della potenza tecnologica, dei consumi, degli spostamenti) da avere suggerito al biologo Stoermer, alla fine del secolo scorso, di coniare il fortunato termine antropocene per indicare una nuova era geologica: la nostra, quella in cui la presenza umana determina in modo mai visto prima le condizioni della vita sul pianeta.
Che cosa possiamo fare, per non limitarci a una contagiosa e improvvida angoscia, o peggio a una cinica indifferenza? La ragazza Greta Thunberg, primo motore delle tre effe, insegna che il primo gradino è cercare di imporre la logica della realtà alla rimozione, che rende ciechi e sordi.
L'urbanizzazione di massa ha largamente incentivato questa rimozione, allontanando un grande numero di esseri umani dal contatto quotidiano con la natura, dalla conoscenza dei suoi ritmi e dei suoi cicli, che pure, in pieno evo tecnologico, ancora costituiscono il motore del mondo. Ancora oggi (e appena ieri, con la grande crisi idrica di Roma nell'estate del 2017) nelle città non si ha l'idea concreta della siccità che, nel Nord Italia, sta svuotando i laghi e i fiumi e asciugando le falde. Bisogna viverci, accanto agli argini e ai corsi d'acqua, per leggere ogni giorno lo stato delle cose.
La città, però, ha dalla sua una impareggiabile facoltà di mettere in contatto le persone e di generare idee. È nelle città del mondo che le tre effe potranno attecchire, dopodomani, nelle piazze, nelle strade, nelle scuole, speriamo negli uffici e nei luoghi della produzione, del pensiero scientifico e della innovazione tecnologica.
C'è una certa solitudine nelle persone che, in larghi spazi aperti e sotto l'arido cielo settentrionale di questi giorni, sondano col piede la terra secca e polverosa, e vedono il fiume quasi sparire tra i sassi. Ci sarà invece massa critica, voce corale, ci saranno pensiero e politica nelle città percorse dai cortei di ragazzi che chiedono rispetto per la Terra e rispetto per il futuro.
Si dovrebbe poi ristabilire, potendo e volendo, un nesso, una coscienza comune, tra l'agricoltore che bestemmia il cielo avaro, come i suoi avi, e lo fa oramai quasi ogni anno; e i cittadini che, fino a quando il rubinetto di casa dà acqua, non hanno facoltà di capire quanto grave, e nuova, sia la situazione.
Possono fare molto i media, smettendola di dimenticare la campagna, la natura e l'agricoltura, anima mundi negletta. Può fare molto la scuola, nella quale le scienze ambientali dovrebbero diventare tutt'uno con le scienze umane (siamo nell'antropocene, no?). E potrebbe fare moltissimo la politica, che ha perduto la sua funzione di tessuto connettivo ma in quella funzione non è ancora stata sostituita da alcunché.
Michele Serra