ANCORA UNA VOLTA
Ancora una volta
discreto
un nonno è partito,
lasciando il suo nome
- dono di re mago -
appeso alla culla del nipote.
Un altro flusso di marea
si è adagiato solenne
sulla grande terra
Ancora una volta
il cuore intero del saggio
consente alla vita
il fraterno incontro con la morte.
Poiché il sole e la luna
compongono incantati
il medesimo giorno.
INCONTRO CON PASCAL
Oggi ho accettato la scommessa di Pascal:
sono andato a messa tra i monti.
Il Creato, davvero,
sembrava creato.
Un uomo sacro
in bianco,
fantasma di Dio fra noi,
ha parlato di coraggio.
Fiero della mia umiltà
mi sono inchinato
di fronte al disco divino
della buona Grazia.
Ho così ritrovato
quel rosario muto di mia nonna
che io recitavo con lei
aggrappato al suo braccio asciutto.
Oggi ho accettato la scommessa di Pascal:
entrambi abbiamo vinto
CAVE CANES
Guardati da chi,
predicando superbe coerenze
- solo orgoglio del vinto -
rinnega le urlanti
cacofonie del cuore.
Guardati da chi
- cinica carie dell’anima –
allettandoti con pissidi vuote,
ti fa camminare
sui tappeti della colpa.
Guardati da chi
- lillipuziano vischioso –
promettendoti lieti fini
ti appiopperà
solidi principi.
Forse qualcosa
ci ha tenuti sempre
lontani da noi stessi.
ALTROVE
Da mesi
sono nel letto
come madre incinta
che tema un aborto.
Sbaglia perciò
la mia donna,
se mi dice
sterile!
Quelli come me,
a Samoa
li adorano,
quali dei incarnati,
per le loro natiche pesanti..
E poi,
dieci lune
non bastano
alla gestazione di un sogno.
IL FOLLE E’ NORMALE
- Che hai fatto, oggi?
- Ho scritto poesie.
Risolino.
- E’ matto!
- Che hai fatto, oggi?
- Ho dormito e sognato.
Risolino.
- E’ matto!
- Che hai fatto, oggi?
- Ho ascoltato dei passeri.
Risolino.
- E’ matto!
- Che hai fatto, oggi?
- Ho aiutato una pianta a crescere.
Risolino.
- E’ matto!
- Che hai fatto, oggi?
- Sono stato col vuoto.
Risolino.
- E’ matto!
- Che hai fatto, oggi?
- Ho lavorato.
Risolino.
- Sono proprio matto!
IL CASO
Con ali di condor
stremate
ho cercato la gioia
senza mai raggiungerla.
Come figlio disamato
ripudiavo il caso,
bizzarro principe importuno
che destava la mia
angoscia addormentata.
Il mio occhio autunnale diventava
spettatore curioso
di ogni vivere.
IO, IO, IO
Lo stregone yaqui
dice che mi prendo
troppo sul serio.
Il monaco
rincara da Oriente
che troppo adoro il mio Io.
Milioni di anni ci separano:
quelli che ho impiegati
per giungere ad esso.
Debbo dunque tornare all’ameba
prima di trovare una risposta?
Forse sì.
NON PIU’ COLPE
Non ci sono più colpe
figliastre di meriti smarriti!
Con arterie scorrevoli
respiro dall’attento mare
uno iodio sereno:
ritrovo l’amicizia
di quei libri
che ti danno la pace,
di quelle materne valli tibetane
che mi paiono aperte
ad una morte buona.
LA METAMORFOSI DEL SÌ
Si potrebbe dire, allora
che se qualcuno ha bisogno
di ucciderti,
glielo puoi concedere.
L’universo annoiato
proverà un brivido e tu,
in un silenzio caldo,
sarai pronto ad accoglierlo
nella conca nuova
di due mani aperte.
La volontà vermiglia
troverà la quiete
in un vuoto d’oro.
QUALE FACCIA?
A diciotto anni non mi piacevo.
Grattavo la mia faccia
sulle foto.
Narciso che increspa l’acqua.
A ventotto
la faccia,
la coprivo con la barba
Continuavo a non piacermi.
A trentotto
Vennero in aiuto gli occhiali:
davano importanza e
nascondevano.
Dopo tanti anni
finalmente mi piaccio.
E continuo a guardarla
la mia faccia.
Adesso ci sono le rughe.