MANIFESTO
Giovane,
non riuscivo
a scrivere versi.
Chi lapislazzuli
aveva mai visto?
Chi annusato
profumo di asfodeli?
A quell’epoca
se ne prendeva poca.
Più tardi,
quando il ceruleo
fu azzurro negli occhi
di spavalde signore,
cominciai a seguire
mazzi di dispari rose,
Rinunciai malinconico alle lucciole
e a donne mi inchinai
dal sorriso generoso.
UN PO’ SATIRO
Che ne dici, madame
di salire all’Elicona
per cercarvi funghi?
Credi davvero
che esistano le Muse?
O non ti aspetti, invece,
l’incontro con un satiro?
Tu fai finta
di leggere i miei versi.
Io, intanto,
ragioniere,
conto i bottoni
che mi separan dal tuo corpo
NOSTALGIA SESSANTOTTO
Tu non ammetti ch’io possa aver ragione
nel caso ti rinfacci, amica mia,
che fai l’amore senza convinzione
e neghi il corpo per pura ideologia.
Del diavolo dimostri la costanza
ché sempre ti innamori di leggere:
non sono tipi da portare in stanza,
al più si danno al tocco del sedere.
Ti trovi ormai nei pressi dei quaranta,
ma i sabati consacri in discoteca,
la birreria è una cappella santa
per te bardata da regina azteca
Ti porti ancora dentro il Sessantotto:
classe operaia quasi in paradiso,
Guevara il bello appeso nel salotto,
come un giglio la morte lo ha reciso.
Signorinella pallida e incazzata
quante assemblee per farti un po’ di filo;
da quei cortei a cui ti ho accompagnata
ci ritroviamo distanti qualche chilo.
Si trinca alle tue feste con il Porto
- alla faccia dei borghesi più retrivi –
ed alla fine intoniamo “Dio è morto”,
noi stessi illusi d’essere ancor vivi.
LA FARISEA
Quotidianamente
lei ricatta la mia vita
con la curva speranza sulla quale
scivola l’ardore uncinato
delle mie persecuzioni.
“Ti amo, ti amo, ti amo”:
così sigilla le mie colpe
al godimento corto
d’una felicità costosa.
E mentre lei dorme
in un sonno ostentato,
la mia mente gonfia
s’incanta, nell’insonnia stropicciata,
alle flatulenze dell’anima.
IL VASO DI PANDORA
Diciamo che la donna è un mistero
poi cerchiamo di svelarlo.
Non ci riusciamo!
Non ci basta quello che fa,
vogliamo anche sapere chi è.
Proprio vero:
la curiosità è donna.
A MARIA, MIA MOGLIE
Scie di vita il tuo sorriso
traccia sul mio petto curvo:
ogni giorno
mi inchino innamorato
alla tua ombra.
Fanciulli di campo
intrecciamo le dita dei giochi,
asciugando al calore dei corpi
le umide pieghe del silenzio.
Soffia come buona mamma,
nei graffi profondi del mio cuore.
Io, intanto, col dorso delle dita
percorro devoto
l’onda delle tue gote!
Certe volte ti osservo e
ritrovo il manto della fede
A BEATRICE, MIA FIGLIA
Ti porterò nel paese
delle perle sincere:
sarai la regina
di tutte le sere.
Ti porterò nel paese
dov’è assente l’orgoglio
dove ormai morta
sarà “l’erba voglio”.
Ti porterò nel paese
dei silenzi compiuti,
dove i baci promessi
vi son mantenuti.
Ti porterò nel paese
dei salici allegri,
dove i negri son bianchi
e i bianchi son negri.
Ti porterò nel paese
del sapere più chiaro,
dove ogni parola
non vi sa più di amaro.
Ti porterò nel paese
dell’eterna mimosa,
dove tutta la vita
non vive di posa.
Ti porterò nel paese
dell’Oriente lontano nato dal sogno
di un amore un po’ strano.
Ti porterò nel paese
di fanciulle fatate
che rispettan l’amore
… perché sono amate
SCIOPERO 1944 (A mio padre, nell’anniversario)
Cuore di paladino
caldo e fermo
impugnando la falce e il martello
sfasciasti le nere verghe.
Nel 1944.
Con te e con altri,
il nostro Balilla
all’austera tornò
ligure terra,
lasciando indietro
gli sguaiati sogni
di un corvo impettito.
Nel 1944.
Cuore di proletario
rivelasti ai compagni
che l’uomo nero
era solo il fantasma
della loro paura.
Nel 1944.
La fabbrica rossa
si rialzò solenne
con il suo silenzio,
soffocando lo stolto canto
della falsa giovinezza.
Nel 1944
Cuore di padre,
più tardi mi insegnasti
che mille baionette
non eguagliano
il peso di un tornio
né il grammo di un pennino
Nel 1944.
A MIO PADRE (In memoria)
Padre mio
che sei con la terra,
nel mio ultimo sogno
io ti avevo scordato.
Ti portavo un riparo di lana,
calore di una maglia ereditata,
giacché troppe volte
i mie cari son morti
in assenza di figli lontani.
Il tuo cuore azzurro
di principe eroe
ha lasciato le strade del tempo
per seguire vie più curiose.
La speranza ostinata
di poterti ancora vedere
ormai si è ridotta
al durare di un sogno
angolo breve di immortalità.
Costretto in quest’epoca avara
in cui più non imbiancano
le teste dei vecchi,
cerco solo di uscire
dal nebbioso stupore della tua candida morte.
Qualche volta il giovane pianto
vince il pudore adulto,
cosicché “mio papà”
posso ancora chiamarti
Il lutto allora ritrova
le rette linee tenaci
che tu hai tracciato
nella mia infanzia
Pater meus
che tu bene sia detto
tra gli uomini.
A MIA MADRE (In memoria)
Dopo la tua morte,
ho costretto le mie ferite
al riparo silenzioso
di una nebbia di seta.
Una notte finalmente,
di fronte alla tana del mio lutto
la tua ombra
mi è apparsa vicina.
Alla tua vista,
si è gonfiata di nuovo
la memoria dei tuoi
furbi sorrisi.