"Un edificio non è più buono se funziona ed è efficiente, insomma, se è una macchina, ma deve dire e dare di più"
Il modo di concepire e realizzare l’architettura ha sempre riflettuto il periodo storico di appartenenza. Nella citazione tratta dall’articolo La via dei simboli di Antonino Saggio, viene menzionata la macchina e il suo compito funzionale univoco, strettamente legato all’epoca industriale. Il primo filone dell’architettura moderna, da William Morris a Walter Gropius, ha trovato un forte legame con gli ideali dell’industrializzazione, basati sul principio “esisto perché funziono”. Attribuire un significato simbolico all’architettura significava fare un passo indietro, motivo per cui, sin dall’inizio, furono rifiutate le dimensioni rappresentative e spesso imponenti dei grandi monumenti del passato.
Di conseguenza, per il Movimento Moderno separare forma e funzione in un edificio non avrebbe avuto senso. Tuttavia, Jorn Utzon, con la sua Opera House, è riuscito a superare queste convinzioni, conferendo autonomia e libertà alla forma architettonica.
Opera House, Sydney Jorn Utzon
Attribuire un valore simbolico all’intero edificio ha favorito il suo riconoscimento da parte degli abitanti, dei visitatori e della città stessa. Comunicare attraverso simboli e figure retoriche ha aperto la strada a una nuova forma di espressione architettonica, non più legata esclusivamente alla funzionalità oggettiva, ma capace di accogliere interpretazioni soggettive, riflettendo idee, credenze e visioni del mondo diverse.
Questa tendenza a conferire un significato metaforico all’architettura, introdotta con Utzon, è ancora oggi molto presente nelle opere contemporanee. Viviamo nell’era dell’informazione, un periodo in cui la comunicazione avviene attraverso messaggi simbolici e ricchi di significato, piuttosto che in modo diretto e immediato, come avveniva in passato.