IL PRIMO MAGGIO DELL’INCA NEL MONDO

Michele Pagliaro, Presidente Inca Cgil

La storia del radicamento dell’Inca anche all’estero - a partire dalla presenza accanto alle nostre comunità di migranti - inizia da lontano, dagli anni ’50. E’ una storia lunga, che vede momenti di grandi conquiste e di lotte impegnative, di assistenza alla singola persona e di impegno perché dal caso specifico possa emergere un diritto collettivo. Un lavoratore, quando emigra all’estero, è generalmente più debole-sia davanti al datore di lavoro, sia davanti alle istituzioni locali: e come recita il nostro Statuto, l’Inca è all’estero per aiutare i nostri connazionali – spesso vittime di discriminazioni e razzismo - a veder riconosciuti i propri diritti e ad integrarsi pienamente nella vita del loro “nuovo” Paese. Proprio per favorire questa acquisizione di diritti e raggiungere una piena integrazione nella realtà circostante, l’Inca ha sempre collaborato strettamente con le forze sindacali locali: promuovendo - su scelta della Cgil - l’affiliazione ai sindacati locali vicini a noi per valori e identità. Il mondo dell’Inca, anche all’estero, è naturalmente quello del lavoro. Spesso si parla dello straordinario contributo che hanno dato i nostri concittadini emigrati a far crescere i paesi che li hanno accolti; dal nostro punto di vista, tra le altre cose, hanno contribuito con qualcosa in più: diffondendo tra i lavoratori - anche attraverso le rivendicazioni e il supporto qualificato dell’Inca - la consapevolezza dei propri diritti. Tra questi, c’è il diritto al Primo maggio. Uno degli straordinari elementi di questa festa è proprio il suo carattere internazionale: il Primo maggio si festeggia il lavoro, si festeggiano i lavoratori, in tutto il mondo. Proprio perché, in tutto il mondo, i lavoratori sono uguali: hanno gli stessi bisogni, rivendicano gli stessi diritti. E non esiste altro momento come il Primo maggio che, in ogni singolo Paese, metta gli uni accanto agli altri i lavoratori - “nativi” o immigrati che siano. E il Primo maggio di quest'anno, al tempo della Pandemia, porta in sé una carica emotiva ancora più forte, perché anche la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in tutti questi anni, ha segnato una tappa importante per l'emancipazione del lavoro. La sicurezza del lavoro - che incontrammo nell’impegno dell’Inca all’estero già nella tragedia di Marcinelle - oggi è tristemente e forzatamente ritornata attuale; non possiamo minimamente distrarci, perché la tutela della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro in molti Paesi, ancora oggi, non sono riconosciuti come diritti universali: ma restano per noi diritti irrinunciabili. L’Inca e i nostri connazionali all’estero hanno sempre considerato il Primo maggio come una “loro” festa: e anche in quei paesi che incredibilmente non lo festeggiano (come scoprirete in queste pagine), l’Inca ha sempre fatto la sua parte perché il primo maggio sia - a partire dalla comunità italiana e non solo - il giorno del “Lavoro”. E perché quel giorno, nelle piazze in festa di tutte le città del mondo, ci sia anche la nostra bandiera della Cgil.

Ricordi e testimonianze

PRIMO MAGGIO 2019 A BRUXELLES

Un ricordo dell’Inca Cgil Belgio


I compagni e le compagne dell'Inca da sempre partecipano ai cortei e alle celebrazioni che si svolgono per il Primo maggio nelle varie zone del Belgio: dalla capitale Bruxelles, una delle città più multiculturali d’Europa, alle città dalla forte tradizione operaia, roccaforti “storiche” dell’emigrazione italiana. In particolare a Bruxelles, da ormai molti anni, partecipiamo attivamente alla Fête du Travail organizzata dal sindacato belga FGTB. La manifestazione si svolge nella zona centrale della Place Rouppe: una vera e propria festa con concertone finale, che riunisce migliaia di persone ogni anno, insieme ad associazioni e sigle sindacali di ogni parte del mondo. Come da tradizione, l'Inca contribuisce con il suo banchetto, portando materiale informativo sulle proprie attività ed un “tocco di italianità” con bevande e cibi tipici. L'anno scorso, nel 2019, un incontro particolarmente gradito: abbiamo potuto condividere una parte della giornata con l'Ambasciatrice di Cuba in Belgio Norma Goicochea Estenoz. Alcune delle associazioni cubane presenti alla manifestazione avevano il loro stand proprio accanto al nostro. Conversazioni, balli, lunghe chiacchierate, scambi di cibo e di idee…e, lasciatevelo dire: farsi offrire un bicchiere di Rum dall'Ambasciatrice di Cuba in Belgio il Primo maggio non ha prezzo!



IL NOSTRO MAGGIO A STOCCOLMA

Intervista con Antonella Dolci

Di Maria Zizzari (Inca Cgil Svezia)

Antonella Dolci ha molte vite. In quella attuale, lavora come traduttrice a Stoccolma. Appartenente ad una famiglia di radicata tradizione antifascista trasferitasi in volontario esilio a Parigi durante il ventennio, torna a Roma alla fine della seconda guerra mondiale. A diciotto anni scopre l’impegno sociale e il Primo Maggio festoso di piazza San Giovanni. Vive alcuni anni in Cile, rientra in Europa dopo il golpe del 1973 e arriva a Stoccolma nel 1976. Svolge i lavori più disparati fino a quando entra in contatto con la comunità italiana, divenendo responsabile della segreteria della Federazione delle Associazioni italiane in Svezia (Fais). Tra gli obiettivi principali del suo incarico, la revisione della convenzione sulla sicurezza sociale Svezia/Italia, la cui realizzazione getterà le basi per la creazione del patronato Inca Cgil di Stoccolma. Stabilisce inoltre rapporti con le Regioni italiane al fine di favorire viaggi di studio, soggiorni di anziani, colonie infantili e visite di rappresentanti delle Regioni in Svezia, impegnandosi altresì nell’attività di contrasto alla discriminazione in ogni sua forma, nell’ambito dell’ong SIOS (un raggruppamento di diverse federazioni etniche) fino al 2003. Oggi Antonella è anche vice-presidente della sezione svedese ANPI, fondata insieme alla staffetta partigiana Enzo Angeli, che ne è stato presidente fino alla morte, avvenuta all’inizio di quest’anno.

Buongiorno, Antonella. Raccontaci il tuo Primo maggio.

Ho sempre festeggiato questa ricorrenza, anno dopo anno. Quello che mi ha sorpreso in Svezia è che il corteo ufficiale è organizzato dai partiti politici: ogni partito ha il suo settore e tutti marciano ordinati con le loro bandiere e i loro cori. Molto bello, serio e nordico, ma per me il Primo maggio rimane la festa dei lavoratori, non dei partiti, quindi preferivo la versione italiana, organizzata dalla Cgil, dal sindacato. Fino a quando non ho scoperto il Primo maggio de La Mano.

Che cos’è La Mano, che cosa rappresenta per Stoccolma e che cosa rappresenta per te?

La Mano è una monumentale statua in granito, rappresentante, appunto, una mano tesa nel gesto della protesta e dell’offerta. Fu realizzata nel 1977 da Liss Eriksson per commemorare i caduti svedesi nella guerra civile spagnola (più di centocinquanta persone) ed è ubicata sull’isola di Södermalm a Stoccolma, dove un tempo si trovava il quartiere operaio da cui tanti di quei caduti provenivano. La Mano ha da subito significato molto per me: la storia della guerra civile spagnola era molto presente nella mia famiglia, tra l’altro perché Carlo Rosselli - intellettuale antifascista fatto trucidare in Francia su mandato di Galeazzo Ciano nonché caro amico di mio padre - aveva combattuto a lungo anche lui a fianco delle forze repubblicane nella guerra civile spagnola. Ogni Primo maggio, alle 9,00 del mattino, si celebra presso La Mano una festa dei lavoratori alternativa, organizzata dai sindacati e non dai partiti, proprio come piace a me. Sono presenti, sebbene sullo sfondo, esponenti politici di diversi partiti di sinistra o anarchici con le loro bandiere; tutti fanno un breve intervento, ma sono pregati di astenersi dal fare discorsi partitici; sono invece benvenuti contenuti quali l’antifascismo, l’antirazzismo, i diritti e l’uguaglianza. Un’orchestra bellissima e un coro accompagnano la manifestazione con inni e musiche. Io, negli anni passati, sono intervenuta insieme ad Enzo Angeli, presidente della sezione svedese ANPI, che reggeva la nostra bandiera con grande fierezza, nonché con Manlio Palocci, presidente della Fais (Federazione delle Associazioni Italiane in Svezia) e figura storica dell’attivismo italiano in Svezia.

Come sarà quest’anno il tuo Primo maggio?

Da un lato, la morte di Enzo Angeli, una delle ultime staffette partigiane viventi in Svezia ed essenza stessa dell’ANPI scandinava, dall’altro le nuove norme sul contrasto alla diffusione del coronavirus (principalmente il divieto di assembramento per più di cinquanta persone), renderanno il Primo maggio 2020 una festa diversa. E’ chiaro che non sarà possibile ritrovarci tutti quanti alle 9.00 presso La Mano ad intonare i nostri canti. Ma mi piace pensare che forse sarà concesso a piccole rappresentanze delle nostre associazioni di levare la loro voce di libertà nei pressi di questo monumento così carico di significati, mantenendo (solo fisicamente) la distanza di sicurezza.

Che senso ha, oggi, se lo ha, il Primo maggio?

Mi diverte molto leggere ogni anno sui giornali i vari necrologi del Primo maggio (“non serve più a nulla”, “festa ormai superata”) e poi vedere regolarmente le piazze di tutto il mondo riempirsi fino a scoppiare di donne e uomini che si ritrovano pacificamente per celebrare il lavoro.

E questo periodo terribile, in cui siamo costretti nelle nostre abitazioni a causa della pandemia, dovrebbe aiutarci a capire che il lavoro è centrale nella vita di ciascuno di noi e nella società: il lavoro manuale, quello dei contadini e degli allevatori, del personale sanitario e scolastico, dei trasportatori, degli addetti alla nettezza urbana, insomma tutte le professioni indispensabili per far funzionare la società. Senza lavoro l’individuo perde la sua identità e la società non si evolve. Quindi sì, eccome se ha senso, il Primo maggio!




MONTREAL

Ricordi e memorie di Francesco Di Feo


Quella dell’emigrazione italiana, è proprio il caso di dirlo, è una storia che non conosce frontiere: così come non ne conosce l’ideale che portò all’istituzione del Primo maggio come festa per celebrare la solidarietà tra i lavoratori di tutto il mondo. Di emigrazione, solidarietà e lavoro parla la storia di Francesco Di Feo. Prima di lui, fu il fratello Mario ad arrivare a Montréal: decise di emigrare in Canada dal Belgio, dove era emigrato da Avellino per andare a lavorare nelle miniere - fu tra i minatori sopravvissuti alla tragedia di Marcinelle del 1956. Francesco, dopo essere emigrato a sua volta in Svizzera e in Germania, lo raggiunse in Canada. Forse, là, i cartelli sulle porte dei bar non avrebbero recato la scritta: “Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”. Ha lavorato in diversi settori prima di entrare in contatto con la Confédération des syndicats nationaux (CSN): "Ero di sinistra ed erano vicini ai valori socialisti. Per me andava bene. Volevano che aiutassi gli italiani che lavoravano nell'edilizia. Le loro condizioni di lavoro erano terribili". Da sindacalista e lavoratore di origini italiane, Di Feo è stato attivo per la comunità italiana di Montréal nell’arco di tutta la sua vita. Fu tra i fondatori della Federazione Italiana Lavoratori Emigranti e Famiglie (Filef) e fu proprio il Primo maggio del 1972 che, insieme ai compagni, inaugurò la sede dell’Inca Cgil di Montréal, di cui è stato direttore per diversi anni. La foto che lo ritrae è stata scattata oltre vent’anni dopo, il Primo maggio 1996. Lo slogan alle sue spalle, il tema di quell’anno, recitava: “Un Québec di condivisione, è necessario!” (Un Québec de partage, ça s’impose !).

Per queste memorie si ringraziano Francesco Di Feo e Giovanni Princigalli, autore insieme a Bruno Ramirez del documentario “Tre Compagni di Montréal”.


SLOVENIA

1° maggio 2019 sul confine: appuntamento a Divaca

Comunicato del Consiglio Sindacale Interregionale Friuli Venezia Giulia/Slovenia CGIL CISL UIL/ ZSSS KS90, 2 maggio 2019

Anche quest’anno si è tenuta la consueta anteprima transfrontaliera della Festa del lavoro, con l’incontro sul confine tra i sindacati del Friuli Venezia e quelli della Slovenia (Zsss e Ks 90). La manifestazione si è svolta lunedì 29 aprile alla stazione di Divaca, in Slovenia, l’importante snodo ferroviario che collega i porti di Trieste e di Capodistria, impegnati in grandi processi di sviluppo dei traffici, che rappresentano una delle principali opportunità di sviluppo economico e occupazionale per l’area giuliana e per l’intera regione. L’incontro, è poi proseguito nel municipio di Divaca, con una tavola rotonda sul tema dei traffici marittimi e sulle prospettive di collaborazione tra i due porti. Al termine è stato anche firmato un documento congiunto in vista delle elezioni europee. L’incontro tradizionalmente promosso dal Consiglio Sindacale Interregionale Friuli Venezia Giulia/ Slovenia CGIL CISL UIL/ ZSSS KS90 in occasione del I Maggio, quest’anno si svolge a Divaca, centro ferroviario dove si incontrano le linee ferroviarie che partono da Trieste e da Capodistria per poi proseguire verso i paesi del centro est Europa. Il centro logistico serve i due porti più a nord dell’Adriatico e collega le attività ed il lavoro portuale delle due città con i porti del medio ed estremo oriente, oltre che con l’Africa e l’intero bacino del Mediterraneo. Il ruolo propulsivo dei due porti, pur in una naturale logica di competitività, rappresenta uno strumento essenziale per lo sviluppo integrato di queste aree, interessate ad operare per attrarre traffico, lavoro e crescita economica in un momento nel quale si stanno aprendo grandi e inedite opportunità, a cominciare dalla Via della Seta. Lo sviluppo dei traffici su rotaia, in alternativa al trasporto su gomma, segna anche un importante contributo alla tutela dell’ambiente. Cooperazione internazionale, investimenti, sviluppo integrato, crescita dell’occupazione, difesa dell’ambiente: sono queste le risposte che le Organizzazioni Sindacali rivendicano in Italia, Slovenia, nell’Unione Europea. Con questo Primo maggio, alla vigilia delle elezioni europee, le organizzazioni sindacali rilanciano con forza e determinazione la richiesta di una diversa politica economica e sociale nell’Unione Europea, decisive per salvare la stessa idea di unità europea, messa a rischio da politiche ottuse di austerità, da forze politiche nazionaliste, dalla costruzione di muri, dall’assenza di solidarietà e di valori comuni. Vogliamo un’Europa migliore, non meno Europa. Un’Europa più giusta per i lavoratori, per un lavoro di qualità, per salari e pensioni più alti, per la sicurezza sul lavoro, per la piena parità di genere, per i diritti. Un’Europa senza ostacoli alla mobilità’ dei lavoratori, inclusi i lavoratori frontalieri delle nostre aree confinarie, per i quali rivendichiamo regole e diritti certi che favoriscano il lavoro regolare. Un’Europa impegnata a favore della democrazia, del superamento delle diseguaglianze sociali, della libera circolazione dei lavoratori, inclusiva e solidale. Un’Europa che ponga fine alle politiche di austerità e avvii, invece, un nuovo modello di sviluppo, anche attraverso un piano straordinario di investimenti ambientalmente compatibili per creare nuova occupazione stabile e un lavoro dignitoso. I partiti nazionalisti, dell’estrema destra e antieuropei non offrono soluzioni per i problemi che stiamo affrontando. Per tutti questi obiettivi manifestiamo oggi, forti della lunga esperienza di cooperazione tra sindacati in questa area di confine, dalla storia così travagliata, ma che da anni hanno scelto la strada della collaborazione e dell’idea di un’Europa unita.

Consiglio Sindacale Interregionale Friuli Venezia Giulia/Slovenia CGIL CISL UIL ZSSS KS90


Ricordi e memorie dal mondo. Gianluca Bianchi (UNIA Ticino) da Biasca, Ticino

Ricordi e memorie dal mondo. Carles Vallejo Calderón (CC.OO. e Associazione Catalana ex prigionieri politici del franchismo) da Barcellona


MAY DAY: UN CURIOSO INCROCIO DI STORIA E TRADIZIONE

Un racconto dall'Inca Regno Unito

Il 1 Maggio è una ricorrenza nata dall’intreccio di eventi storici e culturali variegati nel corso del tempo. La sua definizione moderna ed iconica nel diciannovesimo secolo deriva dal famoso sciopero di lavoratori avvenuto a Chicago il 1 maggio 1886 (che portò tre giorni dopo alla famosa Rivolta di Haymarket) ricordato e diventato simbolo del movimento dei lavoratori durante la Seconda Internazionale di Parigi del 1889 in cui venne proclamata una giornata di sciopero internazionale per il 1 maggio del 1890, occasione in cui nella sola citta’ di Londra, di domenica, parteciparono oltre 300,000 persone radunate ad Hyde Park. L’evento fu pensato inizialmente come un evento singolo che poi, grazie al consolidamento delle organizzazioni sindacali che nascevano e si rinforzavano alla fine della Rivoluzione Industriale, si trasformò nel simbolo di “risurrezione” della coscienza dei lavoratori. E’ a tutte queste persone e a tutte le loro famiglie che dobbiamo la riduzione dell’orario di lavoro (fino a quel momento poteva arrivare a 16 ore giornaliere) e il miglioramento delle condizioni lavorative, sanitarie e anche sociali che ne sono derivate. Nel Regno Unito questa data si intreccia alla tradizione popolare che celebrava proprio nello stesso periodo l’arrivo della primavera (e anche in questo senso di rinascita) con riti dalle radici antichissime. Secondo la tradizione anglosassone tutti i contadini inglesi, in questo periodo dell’anno, si riunivano nelle piazze dei loro villaggi per celebrare con danze tipiche e canti popolari il periodo della fertilità della terra ed il lavoro abbondante. I balli si svolgevano intorno al tradizionale “palo di maggio” (Maypole), addobbato con stoffe e lacci colorati, che veniva alzato al centro della piazza. Questa usanza è conosciuta con il nome di “Maypole dance”. Si organizzavano anche delle sfilate dove la bambina più bella del villaggio veniva eletta a “regina di maggio” e sfilava per le vie del paese su un carro, accompagnata da musica folkloristica, dando inizio alle tradizionali danze popolari, come la “Morris Dance”. La ricorrenza è stata poi dichiarata “Bank Holiday” dal governo laburista nel 1978 (la festività viene differita quando cade infrasettimanalmente). Nel Regno Unito, quindi, il 1 maggio è un normale giorno lavorativo (a meno che non capiti di lunedì) e la sua celebrazione avviene il primo lunedi successivo, nel May Day. Il 1 maggio è però una data memorabile perché proprio in questo giorno, nel 1707, viene sancito l’Atto di Unione che unisce Scozia, Inghilterra e Galles formando cosi il Regno Unito di Gran Bretagna. Altri eventi cardine della storia britannica hanno avuto luogo nello stesso giorno: nel 1840 il celebre francobollo Penny Black venne messo in vendita e nel 1851 venne inaugurata la Great Exhibition of Works of Industry of All Nations (Esposizione Universale) ad Hyde Park. Nell’aprile del 1918 fu arrestato per sedizione Jhon McLean, professore e rivoluzionario socialista scozzese, schieratosi apertamente contro la Prima guerra Mondiale, il cui discorso di 75 minuti divenne testo di riferimento ed ispirazione per tutta la sinistra scozzese. I lavoratori di Glasgow, di tutta risposta, proclamarono uno sciopero di massa per il May Day dimostrando, anche in tempi durissimi, unità e devozione alla causa e rendendo ancor più forte il senso della vicenda. In tempi più recenti, all’inizio degli anni ‘90 del secolo scorso, la celebrazione del May Day fu messa in discussione dal governo dei Tories che aveva avanzato una proposta per spostare la Bank Holiday ad ottobre in corrispondenza del Trafalgar Day, occasione commemorativa della vittoria dell’ammiraglio Nelson su Napoleone. La questione sollevò una forte opposizione: un’occasione di unità e celebrazione del lavoro e della sua dignità sarebbe stata soppressa in favore del ricordo di passati allori imperiali, la cui motivazione a sostegno era una maggiore produttività del Paese: a maggio, oltre il May Day si festeggia anche la Spring Bank Holiday (ultimo lunedi del mese), quindi spostare un giorno non lavorativo in un altro mese avrebbe comportato un vantaggio economico. Fortunatamente la proposta, pare spinta dalla ex Lady di ferro Margaret Tatcher (Primo Ministro fino al 1990), non fu approvata, confermando ancora una volta il profondo significato che racchiude in sé il May Day. L’INCA Regno Unito si inserisce trasversalmente in questo tessuto sociale e culturale: tutti gli operatori e le operatrici sono cittadini italiani che hanno scelto di vivere in maniera stabile nel Paese ma che restano legati alle proprie radici culturali per cui, a prescindere dal calendario UK, la giornata del 1 Maggio ha per tutti noi un significato profondo ed è un’occasione di riflessione e commemorazione. Le nostre sedi sono punti focali della grandissima comunità italiana che da sempre trova nel nostro lavoro e nel nostro impegno una risposta effettiva sia in termini di servizi sia in termini di coesione sociale e sostegno. La collaborazione con l’ANPI, lo SPI CGIL e tutte le realtà sociali che condividono valori comuni e credono che un altro mondo è possibile designa una rete di contatti, scambi, mutuo sostegno e creatività peculiare e preziosa nella costruzione quotidiana del percorso e nel suo percorrimento: una rete che permette anche, appunto, a tutte e tutti coloro per cui il 1 Maggio resterà sempre la Festa dei Lavoratori, di non essere “soli” a celebrarla. Il 1 Maggio è una data che dovrebbe essere impressa nelle coscienze di ognuno ad imperitura memoria di tutti i sacrifici e della forza di volontà che l’essere umano ha dimostrato di possedere. E’ a tutti quegli uomini e a quelle donne che nel corso del tempo sono stati impriogionati, torturati, uccisi perché credevano in una causa, credevano nella dignità e nell’equità delle condizioni di lavoro, che tutti noi oggi dovremmo ricordare quotidianamente ed onorare il loro operato continuando ciò che loro hanno iniziato. La strada da fare è ancora lunghissima ma, senza di loro, una strada non ci sarebbe nemmeno. E’ qui ed ora che tutti siamo chiamati a rispondere per il Mondo che abbiamo e il Mondo che vorremmo. L’INCA Regno Unito, insieme all’INCA Nazionale e alla CGIL, porta avanti quotidianamente la sua opera di tutela individuale senza sé e senza ma, con l’obiettivo di raggiungere quante più persone possibili, quante più coscienze possibili per diffondere e condividere gli ideali di dignità, uguaglianza ed inclusione con la sicurezza e la determinazione che con l’impegno di tutti e di tutte un mondo migliore sarà realtà.

Brunella Sorrentino (Inca Cgil UK)


RICORDI E MEMORIE DI ITALO MURO

EMIGRANTE ITALIANO NEL REGNO UNITO

Italo Muro compirà tra poco ottant’anni. E' stato proprietario per quarantadue anni del ristorante San Francesco a Covent Garden; nel Regno Unito dal 1965 (precisamente, ci tiene: dal 22 maggio), ha sempre contribuito all’impegno politico della comunità italiana di Londra. “In Italia sono stato sempre nelle dimostrazioni, vengo da una famiglia strettamente socialista da generazioni. Il Primo Maggio sono sempre stato in piazza in prima fila, non a guardare, ma a difendere il nostro gruppo!”. Muro ricorda periodi di grande attività politica per la comunità italiana negli anni ’70 e ’80: “In quel periodo fiorivano gli incontri e le discussioni, era pieno di persone e sostenitori che partecipavano alle grandi feste e alle grandi dimostrazioni.” Negli anni, il signor Muro ricorda di aver incontrato il Presidente emerito Giorgio Napolitano (“quando era ancora un deputato, sempre molto elegante”), l’ex sindaco di Londra Ken Livingstone (all’epoca Leader del Greater London Council), i fratelli Partigiani Gian Carlo e Giuliano Pajetta. “Per gli incontri organizzati in occasione del Primo Maggio veniva gente da tutto il Regno Unito, da Manchester, da Liverpool, e anche dall’Italia. Portavano il prestigio della comunità italiana.” “Al Primo Maggio eravamo sempre in prima fila nelle dimostrazioni. In più, noi facevamo i meeting e si discuteva a livello di rapporti politici, del progresso italiano, delle contraddizioni nei vertici di partito. Eravamo presenti con i gruppi: sindacalisti inglesi, la ristorazione, i sarti, i barbieri: era pieno, a Londra, di italiani interessati alla politica.” Muro ricorda che all'epoca, durante le marce per il Primo Maggio e altre rivendicazioni nel Regno Unito, la comunità italiana era un bersaglio della polizia: perché, racconta, “eravamo visti molto male”. Addirittura, parla di un amico che “con altre due-tre persone, dopo una manifestazione, ha dovuto lasciare l’Inghilterra perché è stato perseguitato dalla polizia inglese.”. “Alla fine degli anni ‘70, durante una dimostrazione la polizia ha attaccato il gruppo italiano: mi ricordo che uno di noi è stato denunciato dall’autorità inglese e l’hanno tenuto per 24 ore.” Cos’è successo a quell’odio per la comunità italiana? “Con i mondiali vinti e il periodo d’oro della Ferrari – sorride Italo dall'altro lato della cornetta -, è tutto cambiato.” Dopo quei decenni, ad ogni modo, sente che le cose sono cambiate: “Il Primo Maggio allora era una festa molto più sentita, senza dubbio. La parte bella del Primo Maggio per me sono stati gli anni dal ‘75 in poi, fino quasi alla fine degli anni ‘80. Da un po' di anni a questa parte, mi sembra che le cose si “ammoscino” progressivamente: speriamo che i giovani di oggi, pur se forse avrebbero la possibilità di dimenticare quei tempi, riescano a non farlo mai – e, anzi, siano proprio loro a mantenerne viva l'atmosfera e la memoria.”

RICORDI E MEMORIE DI CARLO ROSATI EMIGRANTE ITALIANO IN CANADA

Carlo Rosati, originario di Santa Croce di Magliano, in Molise, e residente a Montréal, Québec, “da una vita”, in Canada ci è arrivato in nave. Forse, allora, mai si sarebbe immaginato la telefonata di oggi: lui al telefono fisso con la figlia Vera – tutti e due a Montréal, ma separati, a causa delle misure di sicurezza per il coronavirus – ed entrambi in videochiamata via smartphone verso l’altra sponda dell’Atlantico, con chi raccoglie queste memorie. “Peccato che non ci possiamo vedere, ne avrei di ricordi da mostrarvi!”. Militante del PCI e tra i fondatori delle primissime associazioni della comunità italiana a Montréal, Carlo Rosati il “suo” Primo maggio, anche se non può farcelo vedere, se lo ricorda benissimo. “Il Primo maggio del 1961, quello dello scontro coi fascisti!”. Dall’altro capo del filo, lo ascoltiamo e seguiamo la sua memoria che corre, come se fossimo lì, insieme a lui e ai suoi compagni, in quel giorno di quasi sessanta anni fa. “Per la Festa del Primo maggio si andava tutti alla parata: studenti, lavoratori, erano tutti amici e compagni. Il Primo maggio del 1961, organizzammo la Festa dei Lavoratori nella piazza vicino a Dante street: a un certo punto sentimmo partire a tutto volume gli altoparlanti della sezione del MSI, che era venuta a disturbare. Arrivò la polizia e ordinò di cessare la manifestazione”. “Io, all’epoca, ero nella ULIC, l’Unione dei Lavoratori italocanadesi. A quei tempi lavoravo con la ceramica, è stato uno dei primi lavori che ho trovato a Montréal. Lavoravo due, tre, cinque mesi l’anno: a seconda di come andavano le cose. Ma alle manifestazioni del Primo maggio ci andavo sempre. Ci si andava tutti insieme. Con uno dei compagni con cui facevamo i cortei, cercammo di sindacalizzare i lavoratori dell’Ospedale Santa Cabrini, sai, l’ospedale degli italiani. Per sensibilizzare i compagni, fondammo un giornaletto, “Il Lavoratore”: ci aiutò pure Giuliano Pajetta! Anche su “Il Cittadino Canadese”, che poi è diventato il giornale degli italiani in Canada, si parlava di lavoro. “Abbiamo fatto quello che potevamo”. Grazie, Carlo.

RICORDI E MEMORIE DI CLAUDIO ROMEI EMIGRANTE ITALIANO NEL REGNO UNITO

L’esperienza di Claudio Romei, italiano a Londra dagli anni ’90, comincia ancora prima della maggiore età, quando nel 1968 era già un giovanissimo militante politico. In quell'anno Romei aveva lasciato la scuola per unirsi alle proteste studentesche occupando la facoltà di architettura dell’università di Napoli. Racconta: “Il Primo maggio, in 300 persone coperti da un drago cinese di stoffa che avevamo disegnato noi, partecipammo alla manifestazione dei lavoratori a Napoli”. Da allora, Romei non si perse mai una manifestazione del Primo maggio – prima in Italia, poi in Danimarca dove ha vissuto per dieci anni, e infine nel Regno Unito, dove si trova dal 1997: “L’ho festeggiato ovunque, è una festa molto importante per me”. “In Danimarca era un evento poco politico: si festeggiava con eventi musicali nei parchi. Adesso, a Londra, partecipo ogni anno alle manifestazioni dei sindacati locali. Ci si riunisce a Clerkenwell Green; Clerkenwell è un luogo importante non solo perché è dove storicamente viveva la comunità italiana, ma perché lì si trovano la Marx Memorial Library (che contiene oltre 43.000 libri, opuscoli e giornali sul marxismo e il socialismo), ed è dove Lenin viveva a Londra.” “Il corteo che parte da Clerkenwell raggiunge Trafalgar Square. La cosa bella è che è un corteo variegato, e tanti gruppi si vestono elegantemente, come nell’Italia degli anni ’50, ricordandoci che questa è una festa importante a cui si va vestiti bene”.

UN ECCEZIONALE PRIMO MAGGIO 2020!

Jean-Marc Todeschini
emigrante bergamasco in Francia, già ministro e tuttora senatore della Repubblica francese

Proveniente dalla classe operaia, nipote di bergamaschi dal lato materno e paterno, figlio di un immigrato bergamasco che è venuto a cercare lavoro in Francia, sono sempre stato sensibile alla lotta dei lavoratori per vivere meglio e garantire un futuro migliore ai propri figli. La scuola pubblica della Repubblica francese mi ha permesso di evolvere dal destino che era generalmente riservato ai figli di carpentieri come mio padre: semplicemente succedendo ai loro genitori in queste grandi aziende, che pensavano più ai profitti dei loro azionisti che a migliorare il tenore di vita dei propri dipendenti. Se, personalmente, la scuola della Repubblica mi ha permesso di essere quello che sono diventato, e cioè un rappresentante eletto della Repubblica francese, senatore e ministro, lo devo soprattutto ai miei insegnanti che volevano, dopo la seconda guerra mondiale, che anche i bambini della classe operaia progredissero nella società. Essendo diventato a mia volta un insegnante in una Comune di lavoratori, coinvolto nell'Unione nazionale degli insegnanti (che oggi è scomparsa), ho pensato che queste richieste sindacali dovessero essere trasformate da azioni politiche, dalla creazione di relazioni di potere, in grado di far avanzare l'intera società. All'inizio, questo mi ha portato a candidarmi per le elezioni comunali nel 1983 sotto lo stendardo del Partito socialista dove ho iniziato a militare dal 1977. Volevo migliorare la vita quotidiana degli abitanti del mio comune. Naturalmente, i partiti politici non sostituiranno mai i sindacati. Nella mia mente, i partiti politici possono essere solo una staffetta per l'azione sindacale.

Il Primo Maggio in tutti i paesi è occasione di manifestazioni e sfilate collettive, spesso organizzate da molte sigle sindacali che si uniscono proprio per questo particolare giorno, che appartiene a tutti i lavoratori, senza confini e senza nazionalità diversa da quella della cultura della classe operaia. Quest'anno 2020 non vedrà la consueta mobilitazione per la giornata internazionale dei lavoratori, che avrà luogo senza cortei a causa delle regole di distanziamento imposte dalla pandemia provocata da Covid 19. Ma anche se confinati, so che la creatività umana non impedirà altre forme di dimostrazione, specialmente sui social network o tramite internet, come questo sito dedicato al Primo maggio dagli Archivi storici della Cgil. Come in Italia, ma anche in Francia, dove molti cittadini hanno applaudito tutto il personale infermieristico la sera sul balcone, è possibile esporre collettivamente insegne e striscioni dalle nostre finestre per celebrare un eccezionale Primo maggio 2020 : la risposta forte al tragico messaggio imposto dalla pandemia, può essere trovata anche in questa forma di azione collettiva. Non vi è dubbio che quest'anno, il Primo maggio sarà un'occasione per evidenziare "i dimenticati" delle nostre società che hanno continuato a lavorare a rischio della propria vita. Innanzitutto, penso a tutti gli operatori sanitari, ma ridurrebbe l'impegno di tutti gli altri lavoratori se non considerassimo gli impiegati nel commercio, nell'agricoltura, nelle imprese di pulizie e la raccolta dei rifiuti, e ovviamente tutto il personale dei servizi pubblici che è rimasto al proprio posto, a sostegno delle popolazioni.
Il mondo dopo questa pandemia non dovrebbe dimenticare tutto questo, le lavoratrici e i lavoratori che si sono trovati in prima linea, e che stanno sostenendo le nostre vite, spesso dimenticati del progresso sociale nelle nostre società.
Questo Primo maggio 2020 deve contribuire a questo.

Jean-Marc Todeschini
Senatore della Repubblica francese
Già Ministro


IL PRIMO MAGGIO IN GERMANIA E A FRANCOFORTE

Una storia dall'Inca Germania

Si sta avvicinando la data del Primo maggio 2020, Festa del Lavoro o dei Lavoratori. Quest’anno però è tutto diverso: non ci sarà nessuna manifestazione, nessun corteo, nessun raduno, nessun concerto. Quest’anno non solo per dare voce alle idee e ai valori che si vorrebbe gridare al mondo intero ma anche semplicemente per condividere insieme questa ricorrenza, occorrerà inventarsi nuove forme, nuovi percorsi, e questa è la sfida di questi giorni. La situazione di emergenza causata dalla pandemia del Covid-19 ha sconvolto le nostre vite in modo inaspettato e, per i più, insospettabile. E dunque anche in Germania per la prima volta dal 1949, anno di costituzione del principale sindacato (DGB), non si svolgerà alcuna manifestazione. L’appuntamento nonostante tutto è confermato e sarà digitale… Alle ore 11.00 ci si potrà incontrare live per discutere online al motto: “nella solidarietà non si è da soli!”. Le lotte e le conquiste che si ricordano in questa data, d’altronde, hanno avuto un percorso tortuoso e drammatico. La ricorrenza del Primo maggio ha origine da una serie di episodi sanguinosi accaduti nel 1886 negli Stati Uniti e precisamente a Chicago dove, a seguito di uno sciopero contro il mancato rispetto della legge che istituiva il tetto delle otto ore lavorative giornaliere e dei successivi scontri di Haymarket, la polizia aveva represso le proteste e imprigionato i presunti organizzatori, condannando alcuni di loro a morte, altri all’ergastolo. Il 14 luglio 1889, in occasione del centenario della presa della Bastiglia, 400 delegati di partiti socialisti e sindacati si riunirono per un congresso a Parigi: la seconda internazionale socialista. Nella risoluzione finale si può leggere la proposta del delegato francese Raymond Felix Lavigne: “Sarà organizzata una grande manifestazione internazionale a data fissa, in modo che contemporaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori esortino i poteri pubblici a ridurre legalmente la giornata di lavoro a otto ore e ad applicare le altre risoluzioni del congresso internazionale di Parigi”. L’internazionalismo è dunque l’idea alla base della Festa del Primo maggio. Come scriveva August Bebel (uno dei padri fondatori dell’SPD, il partito socialista tedesco, che visse tra il 1840 e il 1913), lo scopo della celebrazione era di “dare espressione all’idea di solidarietà della classe operaia in tutte le culture”. Anche in Germania la storia delle lotte operaie che si intrecciano a questa ricorrenza è tutt’altro che pacifica. Dopo alterne vicende si riuscì solo nel 1918, con la Repubblica di Weimar, a concordare la giornata lavorativa di otto ore, i sindacati furono riconosciuti quali “rappresentanza professionale dei lavoratori” e il Primo maggio 1919 fu proclamato giorno di festa nazionale, ma solo per quell’anno. Alla fine degli anni ’20 la crisi economica, la disoccupazione di massa e la lotta politica di strada fecero da sfondo alle manifestazioni non autorizzate organizzate dal partito comunista (KPD). In particolare nel 1929, per paura dei disordini spesso provocati dalla frazione paramilitare del KPD, che era solita scontrarsi con le forze dell’ordine, erano state abolite le manifestazioni del primo maggio. Tali misure ebbero però l’effetto di esasperare gli animi e portarono agli avvenimenti cruenti di quello che viene ricordato come “Blutmai” ovvero “maggio sanguinario”, che si riferisce agli scontri tra manifestanti e polizia dei giorni 1, 2 e 3 maggio 1929 che culminarono il 3 maggio con l’uccisione di 33 manifestanti. Questo evento segnò il declino politico della Repubblica di Weimar, mostrando la fragilità dell’SPD, il partito di governo, e palesando l’assenza di prospettiva di una coalizione con il partito comunista filosovietico (KPD). Fu poi il regime nazista, nel 1933, a decidere di ripristinare tale festività facendo del Primo maggio una "Festa nazionale del popolo tedesco", mettendo in scena uno spettacolo di massa propagandistico a Berlino e snaturandone il significato originario. Le SS e le SA, infatti, il 2 maggio presero d'assalto e occuparono i centri sindacali, abolirono i sindacati liberi e ne arrestarono i funzionari. Al termine del conflitto, nell’aprile 1946, nella Germania occupata, il Consiglio di controllo alleato confermò il Primo maggio come giorno festivo. La Germania dell’Ovest e quella dell’Est, come è immaginabile, erano solite celebrare la data del Primo maggio in modo completamente diverso. Nella Repubblica Democratica Tedesca il Primo maggio fu chiamato "Giornata internazionale di lotta e festa dei lavoratori per la pace e il socialismo", una manifestazione nella quale aveva particolare risalto la parata militare secondo il modello sovietico la cui partecipazione era obbligatoria. Solo nel 1977 il regime decise di fare a meno della parata militare. Nella Germania dell’Ovest, invece, erano le organizzazioni sindacali ad organizzare i raduni di maggio, allo scopo di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei politici sulle problematiche del mondo del lavoro. Nel 1990, anno dell'unificazione tedesca, i sindacati festeggiarono i 100 anni della Festa del Lavoro. Dopo l’iniziale euforia data dalla riunificazione e anche dal boom economico che caratterizzava l’economia tedesca, ci si accorse presto che in realtà il peso della riunificazione gravava tutto sull’economia dell’ovest. Il motto “dividere unisce” scelto dal DGB in occasione del primo maggio 1992 per incoraggiare a sostenere gli sforzi e i costi della riunificazione fu criticato da molti che lo considerarono una richiesta di solidarietà rivolta solo ad alcuni gruppi di lavoratori e quindi non equamente distribuita tra le varie parti sociali. A partire dal 2000 sono molti gli eventi organizzati dai vari sindacati allo scopo di ottenere maggiori consensi e anche di contrastare le rivolte e gli incidenti che si verificano spesso in questa occasione. L’”Inlineskater block” e il “Myfest” sono ad esempio delle iniziative rivolte a giovani e alle famiglie inaugurate a Berlino nel 2000 e nel 2003. A Francoforte la tradizione del Primo maggio è sempre stata molto forte. Francoforte è una città la cui popolazione di origini straniere rappresenta ormai la maggioranza, vivono In questa città pacificamente cittadini di oltre 170 nazioni. I raduni del Primo maggio a Francoforte sono tradizionalmente accompagnati da eventi interculturali. La manifestazione inizia abitualmente in un parco cittadino alla presenza delle varie rappresentanze sindacali e del sindaco e prosegue poi in corteo in direzione del centro, in genere verso la piazza del Municipio dove continuano i festeggiamenti. Il Patronato Inca e rappresentanti del Circolo Di Vittorio, hanno sempre partecipato alla manifestazione. Quest’anno a Francoforte, su iniziativa della “Linke”, è in programma un corteo di automobili per le vie cittadine. A questa iniziativa parteciperanno per la Cgil i compagni Luigi Brillante, William Vitale e Giulia Marino del Patronato Inca Cgil di Francoforte. Qualunque forma si voglia dare alla giornata del Primo maggio, in Germania come in altri paesi, si dovranno pensare nuove forme di partecipazione, diverse ma non meno incisive, perché in questo momento storico, per tornare alla citazione di August Bebel, occorrerà più che mai dare espressione all’idea di solidarietà dei lavoratori delle diverse culture. La pandemia ha messo in ginocchio i sistemi sanitari di molti paesi, svelandone anche la fragilità e mostrando le conseguenze tragiche di scelte politiche miopi ed irresponsabili delle classi dirigenti, e ha anche gettato milioni di lavoratori nell’incertezza e nello sconforto. In questi giorni, al di là della narrazione e delle strumentalizzazioni sovraniste che spargono solo odio senza contribuire in modo costruttivo alla ricerca di soluzioni razionali, la situazione di molti lavoratori è particolarmente precaria e dal futuro incerto. Dopo aver inizialmente creduto che il virus rendesse tutti uguali, tutti ugualmente fragili, stiamo via via constando che la vulnerabilità dei lavoratori, dipendenti o autonomi che siano, è maggiore in contesti nazionali che non hanno predisposto una rete di sicurezza, dove quindi i più deboli sono, ancora una volta, destinati a soccombere. Non si sa ancora come faranno le varie economie nazionali ad affrontare la crisi economica dovuta alla pandemia, ma solo se si rimane solidali in Europa si potranno affrontare le sfide di questi tempi, come ha affermato il presidente federale tedesco Frank-Walter Steinmaier nel potente discorso di Pasqua: “Credo che noi ora siamo a un bivio. Già nell’emergenza si prospettano le due direzioni che possiamo imboccare: ognuno per sé (…)? Oppure rimarrà la rinata dedizione reciproca e per la società? Chi uscirà economicamente indenne dalla crisi aiuterà chi è stato maggiormente colpito a rimettersi in piedi? E cercheremo nel mondo la via d’uscita assieme o ricadremo nell’isolamento e nelle soluzioni unilaterali? (…) No, questa pandemia non è una guerra. Non ci sono nazioni che combattono nazioni, soldati che combattono soldati. È un banco di prova per la nostra umanità. In questa pandemia la gente dà il peggio e il meglio di sé. Dimostriamoci l’un l’altro il meglio di noi. E dimostriamolo anche in Europa. La Germania non può uscire da questa crisi forte e sana se i nostri vicini non saranno anche loro forti e sani. Questa bandiera blu (la bandiera dell’Unione Europea, ndr) non è qui per caso. A trent’anni dall’Unità tedesca, a settantacinque anni dalla fine della guerra noi tedeschi non siamo solo chiamati, siamo obbligati alla solidarietà. Solidarietà, lo so, è una parola grossa. Ma al momento ognuno di noi sperimenta, effettivamente, il valore della solidarietà molto concretamente e a livello esistenziale. Facciamo tesoro di questa preziosa esperienza. Della solidarietà che dimostrate ogni giorno avremo ancora più bisogno in futuro. Dopo questa crisi saremo un’altra società. Non vogliamo diventare una società timorosa, diffidente. Possiamo, invece, essere una società con più fiducia, più rispetto e più ottimismo. È sperare troppo, anche se è Pasqua? A questo proposito il virus non ha potere. Qui decidiamo solo noi. Sicuramente molte cose in futuro non saranno più semplici. Ma noi tedeschi non sempre ci semplifichiamo le cose. Pretendiamo molto da noi stessi e facciamo molto affidamento sugli altri. Anche in questa situazione possiamo crescere e lo faremo.”

Paola Tatta (Inca Francoforte)