(La ricostruzione storica, qui riportata, è solo un estratto del libro "Bologna Sport City - Il Mistero del Cierrebi" di Riccardo Calamosca; molte altre interessanti ed utili informazioni sono riportate nelle pagine di un'opera che ha consegnato il Cierrebi alla Storia)
1929: il sig. Alfredo Cappelli acquistò il terreno dalla famiglia nobile bolognese Zucchini, proprietaria di altri poderi a nord della zona ove oggi si erge il cimitero della Certosa. Poiché l'interesse del nuovo proprietario consisteva nell’utilizzo del podere per la coltivazione intensiva di prodotti ortofrutticoli, le cosiddette primizie, fu tenuta solo la metà di terreno più facile da irrigare, ossia quella adiacente alla condotta dal canale Reno parallela alle mura del cimitero, mentre l’altra parte, confinante con il “Velodromo”, pista ciclistica ancora esistente in quegli anni, fu subito rivenduta.
1962: il Comune di Bologna iniziò a delineare il progetto di uno “stradone” che con l'avvenire di un nuovo Piano Regolatore avrebbe portato consequenzialmente all'esproprio per pubblica utilità di parte del terreno appartenente alla famiglia Cappelli, necessaria per la sua realizzazione. Così nello stesso anno avvenne la firma per il passaggio di proprietà a seguito di trattative intercorse tra il Comune e i fratelli Armando e Antonio Cappelli, figli di Alfredo, iter quasi “obbligato” a cui furono sottoposti i proprietari per ottenere un pagamento immediato e certo del terreno venduto (pagamento che invece avverrà solo dopo otto anni). Il terreno sarebbe stato pagato la stessa cifra anche nel caso dell'espropriazione, ma solo con tempistiche differenti e non prevedibili.
1970: nacque Viale Gandhi, strada che divise esattamente a metà l’allora Quartiere Saffi, ed il podere di proprietà Cappelli; la parte rimanente dello stesso podere andò in malora poiché non più irrigabile. Data la situazione precaria del terreno, che ormai non svolgeva più in maniera ottimale la funzione per la quale era stato pensato, e appurata la fattiva incedibilità dello stesso date le condizioni in cui verteva, nel 1968 la famiglia Cappelli riuscì ad ottenere la licenza dal Comune per costruire quattro campi da tennis in deroga ai vincoli ai quali era soggetto il terreno in questione che si qualificava come “Verde Agricolo in zona di rispetto cimiteriale”, grazie ad un permesso provvisorio di nove anni che però non consentiva la costruzione di nuovi edifici (difatti vennero solo ristrutturati e modificati quelli esistenti, passando da “uso abitativo” ad “uso sportivo”), al quale faceva da contrappeso una Convenzione stipulata tra Comune di Bologna e i fratelli Cappelli in cui si richiedeva al privato l'apertura del Circolo a tutti i cittadini, con prezzi per i campi da tennis poco più superiori a quelli comunali.
In questo modo l'intera struttura divenne di pubblica utilità grazie soprattutto all'impegno della proprietà che si adoperò per rispettare pienamente gli oneri della Convenzione, attivandosi reiteratamente e in più forme nella causa sociale che il Comune gli aveva affidato, per esempio organizzando corsi per i bambini del Quartiere completamente a suo carico e totalmente gratuiti. E questa fu senza dubbio la risposta di cui aveva più bisogno la comunità bolognese all'epoca poiché gli unici campi aperti erano costituiti dagli otto comunali, per i quali era già prevista la demolizione, contro una predominanza di circoli chiusi (es. “Circolo Virtus” e “Circolo dei Giardini Margherita”). Invece con il “Circolo Tennis Piave” dei Cappelli, composto da circa un centinaio di soci, vi era la possibilità eventuale di associarsi versando una quota di centomila lire, grazie alla quale si poteva usufruire di tariffe agevolate per l’utilizzo dei campi da tennis coperti e scoperti, quota di gran lunga inferiore rispetto a quelle richieste dagli altri Circoli presenti sul territorio.
1979: considerata la variante al Piano Regolatore che aveva cambiato la destinazione di questo terreno da “Verde Agricolo” a “Verde Sportivo Attrezzato”, e poiché ormai nota l'esigenza espressa più volte dal Consiglio di Quartiere sulla carenza di impianti sportivi, agli atti risulta che i due fratelli bolognesi, dopo aver richiesto che il permesso precario per i quattro campi da tennis divenisse definitivo, furono indirizzati dal Comune a presentare un progetto complessivo all'Amministrazione Comunale ed al Quartiere Saffi per la sistemazione dell’intera proprietà. In tale progetto si richiedeva di ottenere l'autorizzazione per l'ampliamento e la ristrutturazione del suddetto impianto sportivo e più specificatamente l'autorizzazione alla costruzione di altri sei campi da tennis, di due piscine, una di 25 x 15 mt. e l'altra di 15 x 10 mt., oltre che la sistemazione a “Verde Attrezzato” di una parte del terreno, la costruzione di nuovi spogliatoi e servizi igienici, e la ristrutturazione dei fabbricati esistenti, ottenendola solo nel 1982 con la sottoscrizione di una apposita Convenzione col Comune. Tuttavia la stipula di questa Convenzione nasceva dalla volontà del Comune di completare la zona adiacente alla proprietà Cappelli dove sorgevano già i campi da football di via Corticelli. Per il privato invece fu una scelta obbligata poiché le previsioni del Piano Regolatore Generale la ponevano come condizione indispensabile per ottenere la licenza di operare interventi all'impianto sportivo e la sua autorizzazione proveniva dal Consiglio Comunale.
Fin dalla sua nascita, il Circolo, denominato Piave, fu in primo luogo gestito dalla famiglia Cappelli e coordinato da Alberto, figlio di Armando, il quale volle fino all'ultimo promuoverlo ai fini sportivi, tanto da impegnarsi con passione per l’organizzazione di tornei ed altri eventi relativi all’attività sociale del Circolo prima del suo inevitabile passaggio di proprietà (fu offerta la possibilità ai soci di poter contribuire agli oneri dell’eventuale costruzione ma senza successo, malgrado la proprietà non volesse conseguire una speculazione edilizia ma solo perseguire finalità sportive).
1983: Non riuscendo nell’intento, dato l'ingente capitale di denaro necessario per completare tutte le opere, superiore alle possibilità della famiglia Cappelli, questi lo vendettero alla Cassa di Risparmio in Bologna, interessata a farne un circolo principalmente per i suoi dipendenti. La Convenzione che venne ereditata nel passaggio di proprietà è sostanzialmente identica a quella precedente approvata e firmata per la famiglia Cappelli. Inoltre si specifica che la Convenzione firmata dalla Cassa di Risparmio in Bologna conserverà la sua validità anche per futuri impianti aggiunti: è da considerarsi un esempio virtuoso di collaborazione fra pubblico e privato, favorito dall’Amministrazione Comunale dell’epoca per la carenza di impianti sportivi nel Quartiere Saffi, carenza tuttora esistente. E fu proprio grazie a questa Convenzione, approvata con delibera del Consiglio Comunale e sottoscritta dinnanzi ad un notaio nel 1984 (ad oggi ancora pienamente valida ed efficace), che questa zona della Città, con grande lungimiranza e senza oneri per il contribuente, si dotò di un vero e proprio fiore all’occhiello, di un centro di proprietà privata ma con uso pubblico, prevedendo la destinazione ad impiantistica sportiva di tutta l’area e il suo utilizzo da parte della cittadinanza, compreso il verde pubblico boscato: fu la nascita del CierrebiClub (acronimo riferito alla Cassa di Risparmio in Bologna). Per quanto riguarda l'accesso alla struttura l'accordo prevedeva di garantire ai residenti del Quartiere in determinati orari e giorni i campi da tennis e l'ingresso alla piscina (in estate questa veniva concessa gratuitamente a strutture comunali indicate dal Quartiere come ad esempio i campi estivi per bambini).
1986: la Cassa di Risparmio in Bologna non si limitò ad adempiere alla Convenzione ereditata dalla precedente proprietà, ma chiese ed ottenne dall'assessorato ai lavori pubblici, previo parere favorevole dell'AUSL e apposita delibera comunale, la riduzione della zona di rispetto cimiteriale da duecento a cento metri, secondo il R.D. del 27 luglio 1934 (Testo unico delle leggi sanitarie), poiché ritenuto prevalente l'interesse pubblico nell'ultimazione dell'impianto sportivo che comunque non avrebbe recato disturbo al prospicente cimitero (si ricorda che la stessa richiesta di riduzione fu avanzata in precedenza dai Cappelli ma non gli venne concessa: gli fu solo data la licenza per l'utilizzo delle volumetrie esistenti relative alla cascina, bar-ristorante, Club-House e spogliatoi, oltre che per i campi da tennis e le piscine previste a terra). In questo modo con la riduzione della zona di rispetto a 100 mt. gli fu concesso di ampliare di 25.000 mc. le volumetrie, realizzando il Palazzetto dello Sport per il basket, la struttura “polivalente”, l’edificazione ad “arena” degli spalti del campo centrale e la piscina sopraelevata. La suddetta piscina (25 x 16 mt.), completata all'inizio degli anni 90, è unica nel suo genere in quanto “pensile”, riscaldata ed immersa nella vasta vegetazione del Centro. Inoltre erano già stati realizzati due campi da tennis in terra battuta e tre campi in sintetico nella parte finale di via Marzabotto, come previsto dalla Convenzione. Da evidenziare come gli spazi architettonici del Palazzetto dello Sport, la struttura polivalente, gli spalti della piscina e quelli degli uffici, che vennero realizzati a quel tempo in maniera molto ardita dall’architetto Luciano Lullini, risultino invece molto moderni al giorno d'oggi. Nel frattempo, il Circolo Sportivo prese la definizione definitiva di “Centro Sportivo e di Rappresentanza” poiché la sua gestione diventando un'attività importante per la proprietà passò dal Circolo dipendenti alla Banca in prima persona, che lo avrebbe governato direttamente.
Fine anni '90: il mercato impose alle banche di accordarsi per delle fusioni che avrebbero consentito a quelle più piccole di garantire gli stessi servizi che solo le più grandi potevano offrire in quel momento storico: la Cassa di Risparmio in Bologna si accordò con la Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, entrando a far parte del cosiddetto “Gruppo Cardine”.
2001: con le prime crisi del mercato finanziario gli investimenti iniziarono a calare e il bilancio del Cierrebi iniziò a non venire visto di buon grado dalle altre Casse del Gruppo.
2004: l'Istituto Bancario San Paolo di Torino acquisì tutte le azioni delle società del Gruppo Cardine (composto da Cassa di Risparmio in Bologna, dalle Casse di Risparmio di Padova e Rovigo, del Friuli, e di Venezia) e ne conseguì una variazione all'assetto organizzativo gestionale anche del Circolo, con i direttori generali che non provenivano più esclusivamente dalla realtà cittadina, ma venivano indicati dalla nuova proprietà. Appurato e confermata l'idea che la gestione dell'attività di un centro sportivo non era tipica della Banca, la proprietà si impegnò nella ricerca di un partner affidabile che sarebbe stato in grado di gestire al meglio gran parte della struttura.
2005-2006: la Virtus Pallacanestro divenne partener del Cierrebi, formulando un'offerta migliore rispetto alla Fortitudo Pallacanestro, società che aveva gestito fino ad allora parte del Centro Sportivo facendo del Palazzetto dello Sport il suo core business.
2006-2007: proseguirono le fusioni, Banca Intesa di Milano si unì con l'Istituto Bancario San Paolo di Torino dando vita alla Banca Intesa Sanpaolo, muovendo un grande passo a livello bancario per il futuro di entrambe le società (è attualmente il gruppo più importante in Italia e il terzo in Europa). In questo periodo, vista la riorganizzazione interna della Banca e soprattutto considerata la nuova gestione del Circolo, il Club ha vissuto un momento di disaffezione da parte dei soci che non riuscivano più a trovare con facilità i campi da tennis disponibili, anche a causa dell'entrata nel Circolo di una nuova scuola tennis gestita dalla Virtus Pallacanestro: i 1.500 soci che si contavano all'inizio della nuova gestione finirono per diventare 500-600 nel 2010.
Partendo proprio dal calo numerico dei soci la Banca realizzò cospicue perdite d'esercizio negli ultimi bilanci di gestione e a gravare ulteriormente su tale calo fu il ritornello ridondante della sua possibile vendita da parte della proprietà che nel frattempo non era più costituita dalla sola Cassa di Risparmio in Bologna, e che, considerate le sue voci di bilancio, poteva avere interessi e intenzioni differenti da quelli precedenti. Ma nonostante queste considerazioni la Banca ha sempre adempiuto ai suoi obblighi, sostenendo tutte le attività e garantendo tutti gli interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria. In particolare bisogna dare nota agli interventi fatti soprattutto di manutenzione straordinaria, la voce di costo più preponderante per una struttura di questo tipo, per di più nata negli anni 80: per esempio si consideri il costo per sostituire le varie tubature in ferro dell’impianto idraulico con il più moderno pvc, o semplicemente l'impermeabilizzazione della piscina che essendo pensile necessitava di un’importante manutenzione per ridurre a zero le perdite d’acqua.
2016: la spesa complessiva di 400.000 euro sostenuta dalla Banca permise la completa ristrutturazione e messa a norma del Cierrebi. Un piccolo ritorno di fiamma si riscontrò tra il 2014 e il 2016 con l'ottima Scuola Tennis del Maestro Mingori che diede un grosso contributo per raggiungere il numero di 800 soci.
La Banca decise di mettere in vendita l'immobile con offerta pubblica, basandosi sulla valutazione economica del bene effettuata da soggetti indipendenti. La società SECI del Gruppo Maccaferri risultò essere l'unico soggetto a formulare un'offerta condizionata, nel valore economico posto a base d'asta di 3,2 milioni di euro. Trattasi di un'offerta condizionata poiché la nuova proprietà prima di procedere all'acquisto ritenne necessario verificare la disponibilità dell'Amministrazione Comunale a condividere un percorso di ristrutturazione dell'ex-Cierrebi in fase di dismissione: sul lato privato, la possibilità di prevedere l'inserimento di una struttura commerciale costituita da una singola superficie di vendita alimentare di 2500 mc. in luogo della piscina (e non solo), e sul lato pubblico, la disponibilità a ricevere il trasferimento nel patrimonio comunale in via gratuita della parte rimanente dell'ex-Cierrebi. Difatti con l'introduzione del nuovo RUE nel 2009 questa zona era stata inserita nell' “Ambito consolidato di qualificazione diffusa mista”, prevedendo in questo modo la possibilità di trasformare le volumetrie esistenti per farne attività commerciale, ma mantenendo comunque la denominazione a “CIS” (centro impianto sportivo).
2017: la vecchia proprietà procedette alla chiusura definitiva dell'impianto e delle funzioni sportive in esso presenti, e il 9 ottobre dello stesso anno questo venne acquistato dalla società Bologna Sport City, una compartecipata tra SECI e Bologna F.C., attuale proprietaria (qui il Rogito di acquisto). Mutarono gli interessi gravitanti attorno alla destinazione del Centro Sportivo e con essi anche le scelte per la gestione, che fu affidata in via provvisoria (doveva perdurare circa per sei mesi) alla società Marzabotto 24, la quale avrebbe tenuto aperto il Centro a tutta la cittadinanza, dando in tal modo una parvenza di rispetto della Convenzione in vigore che ne determinava l'uso sportivo pubblico. Alcuni portavoce della proprietà in occasione di incontri pubblici hanno più volte sottolineato come questa si fosse adoperata fin da subito nel pieno rispetto della Convenzione in essere tra le parti, garantendo l'accesso aperto a tutta la cittadinanza per l'utilizzo delle strutture del Centro Sportivo: purtroppo però sembrerebbe che la piscina non fosse stata considerata come un elemento appartenente all'impianto poiché dall'acquisto ad oggi è rimasta chiusa e abbandonata al suo destino senza che venisse operato alcun tentativo per la sua manutenzione e per la sua riapertura da parte della proprietà.
Grazie all'intervento di alcuni soggetti che hanno combattuto per il destino del Cierrebi, trovando vincoli e impedimenti di tipo legislativo contro la realizzazione del supermercato, la permanenza della nuova società di gestione progredì per due anni dall’acquisto di Bologna Sport City, fino a chiudere i battenti poco dopo che il Comune, mediante le parole dello stesso assessore allo sport Matteo Lepore, si discostò definitivamente dalla posizione assunta in passato in merito alla vicenda, ammettendo pubblicamente l'impossibilità della realizzazione del supermercato, e suscitando un'immediata risposta della proprietà che, vedendosi sfumare nel nulla il proprio progetto, rimase sola con il cerino in mano dell'impianto sportivo, struttura con grandi costi di manutenzione e lontana dall'essere quella che si voleva realizzare. (Documentazione prodotta dall'attività del "Comitato Salviamo il CRB" e "Dossier" prodotto diffondere la storia e la situazione attuale).
Successivamente, il "Comitato Salviamo il CRB" richiedeva di partecipare al procedimento amministrativo, ricevendo parere negativo, e faceva numerose richieste di accesso agli atti, ricorrendo anche al giudice di pace regionale per i ritardi e le omissioni. (Documentazione prodotta)
In ritardo, arrivavano le risposte da parte del Comune che davano ragione ai dubbi e alle perplessità sollevate dal Comitato. (Documentazione prodotta)
2019: il 1 luglio, la proprietà "Bologna Sport City" comunicò unilateralmente (senza alcun accordo col Comune) la chiusura definitiva del Centro Sportivo a partire dal 2 settembre dello stesso anno, senza tenere alcun conto dei vincoli (per la proprietà) e dei diritti (per il Comune), derivanti dalla Convenzione.
Estate 2019: gli ultimi soggetti a usufruire dell'attrezzature sportive furono il centro estivo “5 Cerchi” e il campo estivo della Virtus Pallacanestro, che si suddivisero gli spazi a disposizione. In particolare il centro estivo “5 Cerchi” ha prodotto un elevato numero di iscritti (una media di 100 bambini a settimana, dai 3 anni fino alle classi medie) grazie alle peculiarità che proponeva nel suo pacchetto, tra cui in primis vi era la possibilità di fare diversi sport oltre che attività di laboratorio e didattiche di tipo non sportivo. Il tutto all'interno di una struttura di livello, dotata di comfort difficili da trovare in altri impianti con funzionalità analoghe, come per esempio la presenza di spazi scoperti e coperti di grandi dimensioni alternabili a seconda delle condizioni metereologiche, piuttosto che la presenza di un’area ombreggiata dalle fronde arboree.