programma

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[giovedì 30 NOVEMBRE]

10:00

Saluti istituzionali

10:15

Apertura lavori

[F. Anichini, G. De Felice, G. Gattiglia]

10:45

Invited speaker: Marco Milanese

Oltre il conflitto

11:15

Chair e position paper: Giuliano De Felice

11.45

“Sa vida pro sa Patria”: Archeologia della Brigata Sassari sull’Altopiano dei Sette Comuni.

[G. Azzalin, M. Milanese, L. Magnini]

Il presente contributo si propone di comunicare le novità relative allo studio del warscape dell’Altopiano dei Sette Comuni (Prealpi Vicentine). Nello specifico, la ricerca mira a ricostruire il paesaggio della Prima Guerra Mondiale nel quale i fanti della Brigata Sassari dovettero aspramente combattere. L’obiettivo di tale ricerca è pertanto definire la posizione, l’utilizzo e lo stato di conservazione delle strutture di guerra, ponendo inoltre particolare attenzione all’evoluzione diacronica dei contesti. A tal fine, vengono prese in considerazione diverse tipologie di dati georeferenziati: aerofotografici (foto aeree dalla Prima Guerra Mondiale ad oggi), cartografici (trench map), da sensori attivi (lidar) e da drone. Le features militari – trincee, gallerie, camminamenti, postazioni d’artiglieria, baracche etc. – una volta individuate mediante fotointerpretazione tradizionale, vengono prima mappate digitalmente e poi verificate attraverso attività di diagnostica archeologica non invasiva sul campo. I dati, sia telerilevati, sia raccolti sul campo, sono gestiti in ambiente GIS e organizzati in database. Gli areali d’indagine spaziano dalle Melette di Foza (in particolare, Monte Fior e Monte Castelgomberto) a Monte Zebio, fino alla zona dei Tre Monti (Col del Rosso e Col d’Echele tra tutti). Tale progetto si propone di arricchire le conoscenze già acquisite e consolidate grazie all’ampia memorialistica ma anche alla cospicua storiografia sviluppatasi intorno alla “Sassari”, che ancor oggi si concentra su una narrazione evenemenziale e prettamente militare della guerra, spesso trascurando la componente spaziale della vicenda bellica e il conseguente impatto del conflitto sul territorio dell’Altopiano dei Sette Comuni durante la Prima Guerra Mondiale.

12:00

Archeologia della Resistenza in Piemonte

[M. Bucchioni]

A volte tornare ai luoghi del passato è un istinto, una spinta verso qualcosa che sentiamo nostro e che pensiamo abbia ancora qualcosa da dirci, da ricordarci. La storia della Resistenza la conosciamo bene, ce l’ha raccontata una generazione di testimoni, la possiamo ripercorrere tra gli archivi degli Istituti storici, innumerevoli sono gli studi storiografici di cui è oggetto. Spesso è mancata però un’interrogazione rispettoai luoghi che ha interessato e al dato materiale conseguente, che, concordiamo, avanza sempre uno sguardo diverso, irrinunciabile. L’obiettivo dell’intervento è proporre un ritorno ai luoghi per raccontare la Resistenza in Piemonte attraverso la lente dell’archeologia, leggendo le tracce materiali che quei venti mesi hanno lasciato nel paesaggio. Cominciando da uno sguardo d’insieme sui luoghi toccati dal conflitto, analizzati nelle loro relazioni diacronico-spaziali tramite alcune cartografie elaborate in GIS, si approfondirà successivamente il caso di studio della Valle Sangone, entro la quale sono state condotte alcune ricognizioni mirate. Prendendo in esame scenari di eventi di natura diversa (scontri a fuoco, stragi, basi partigiane), si evidenzieranno le tracce materiali ancor oggi presenti in situ con l’obiettivo di metterle in dialogo e restituire un paesaggio complessivo della Resistenza in Val Sangone che tenga conto anche delle caratteristiche dell’ambiente ospite, non da ultima la collocazione montana. In conclusione, si considererà il rapporto tra i luoghi di memoria già noti, quelli dimenticati e i paesaggi “contaminati” di storia che questi formano, divenendo tasselli di una narrazione complessiva del paesaggio. Tale narrazione ha un intento restitutivo: avvicinare la storia a noi tramite il dato materiale quale oggetto portatore di pensiero critico. Una storia, quella della Resistenza, che sa rivolgersi alle nuove comunità che compongono la società odierna facendosi canale veicolante di ideali universali la cui tutela non va data per scontata: democrazia, giustizia sociale, pluralismo, libertà.

12:15

Towards an archaeology of the European Resistance: a comparative case study between northern Italy and northwestern Iberia.

[C. Tejerizo-García, F. Marchetti]

The consolidation of contemporary archaeology in Western Europe has prompted the emergence of a wide variety of topics regarding the impact of violence and resistance during the 20th century. One that is still in its beginnings yet contributing with a significant amount of case studies and new perspectives is the archaeology of the European resistance in the context of World War II. The application of an archaeological approach to this phenomenon has revealed interesting new insights in topics such as the sociology of the guerrilla fighters, the historical development of partisan wars or the impact of internecine conflicts in local populations, just to mention a few. In this paper, we will summarize the most relevant European contributions to this topic and explore its possibilities through a comparative case study between the archaeology of the Italian Resistance in Toscana and the anti-Francoist Spanish guerrilla in northwestern Iberia. Through this comparison, we will specifically explore the contribution of materiality to the study of the quotidian life of the fighters, invisible or blurred in other types of historical documents, such as documentary or oral evidence. We will conclude that materiality is crucial to understand the complexities of guerrilla warfare and, furthermore, that this should contribute to the emergence of critical counternarratives to official approaches to the phenomenon.

12:30

Discussione

12:50

Pausa Pranzo

14:15

La Guerra Sotterranea, un progetto di analisi topografica del paesaggio ipogeo della Prima Guerra Mondiale

[L. Magnini, E. Griggio, A. Michielin, G. Azzalin, M. Milanese]

La Guerra Sotterranea è un progetto finanziato dal Ministero della Cultura che si pone l’obiettivo di mappare, valutare lo stato di conservazione e l’accessibilità nonché di ricostruire, il paesaggio ipogeo sfruttato durante la Prima Guerra Mondiale all’interno del comprensorio sud-orientale dell’Altopiano dei Sette Comuni (VI), concentrandosi in prevalenza sul territorio delle municipalità di Lusiana-Conco e Asiago. Infatti, l’area selezionata è stata interessata, durante il Primo Conflitto Mondiale - grazie anche a un ambiente carsico favorevole - da numerose opere di difesa, connettive e logistiche, scavate nella roccia. La militarizzazione di quest'area si intensificò nella primavera del 1916, quando le truppe austro-ungariche, durante l’Offensiva di Primavera, costrinsero le truppe italiane a ritirarsi su posizioni più arretrate. A livello metodologico si è proceduto con il censimento e l’analisi di numerosi dati d’archivio, sia scritti che cartografici e aerofotografici, al fine di individuare le aree soggette alla più intensiva militarizzazione del territorio. Essendo in prevalenza ambienti ipogei, le tecniche di telerilevamento hanno fornito poche informazioni, mentre lo studio della cartografia militare, che unisce dati ricavati da ricognizioni aeree e da operazioni di intelligence sul campo, ha permesso di identificare la posizione di linee difensive connesse a infrastrutture e caposaldi sotterranei. In parallelo, sono state condotte numerose ricognizioni di superficie coadiuvate dall’utilizzo di un sistema di Mobile GIS per la mappatura delle tracce e l’acquisizione uniforme dei dati. Inoltre, gli ingressi delle gallerie sono stati rilevati e sottoposti a una valutazione sullo stato di accessibilità e pericolosità, seguendo un protocollo a cinque livelli. I dati acquisiti saranno resi disponibili su una piattaforma WebGIS interattiva (in fase di ultimazione), dove gli utenti registrati potranno segnalare eventuali nuovi rinvenimenti di gallerie militari e ambienti ipogei legati alla Prima Guerra Mondiale.

14:30

Un carcere sul mare nella prima metà del Novecento: l’arcipelago delle Isole Tremiti

[D. Leone, M. Turchiano, L.Pedico]

L’arcipelago delle Isole Tremiti, irenico stereotipo di bellezza incontaminata, fu periodicamente destinato ad assumere il ruolo di carcere sul mare. La legge del 15 agosto 1863 n.1409 introdusse per la prima volta nella legislazione italiana il termine domicilio coatto. Nel 1911 il Governo Giolitti iniziò una guerra coloniale contro la Turchia che dominava la Libia. Nel 1911 sbarcarono alle Tremiti circa 1390 prigionieri libici e purtroppo, a causa della mancanza di locali idonei, alcuni di loro furono stipati in maniera promiscua nelle stalle e nelle grotte dell’isola di San Nicola. Il cibo e l’acqua scarseggiavano e tante furono le malattie. A giugno del 1912 risultarono deceduti 437 libici. Le Tremiti, quindi, acquisirono la fama di luogo punitivo angusto ed emarginato. Il Regime Fascista introdusse il confino di polizia, modellato sulla struttura del domicilio coatto. Nel ventennio fascista le Tremiti divennero il luogo perfetto in cui umiliare e spedire italiani, croati, zingari, ebrei e diversi omosessuali. Tra il 1926 e il 1940 le ordinanze di confino per omosessualità furono centonovantasei. Nel 1939, per pochi giorni, anche Sandro Pertini fu trasferito per punizione da Ponza alle Tremiti. Nel 1943 terminarono ufficialmente le deportazioni e fu definitivamente abolita la Colonia Penale Fascista alle Isole Tremiti. Le Tremiti, ancora oggi, custodiscono tracce concrete del contesto storico, politico e sociale italiano della prima metà del ‘900: uffici della colonia penale, caserme, locali della marina militare, casermoni, prigioni, grotte dei prigionieri libici, bunker e polveriere parzialmente individuati e studiati nel corso delle indagini archeologiche condotte tra il 2018 e il 2019. Sono in corso campagne di studio e di ricerca da parte delle Università di Bologna e di Foggia, con l’obiettivo di ricostruire le dinamiche insediative, commerciali, politiche, sociali e culturali che investirono l’arcipelago tremitese.

14:45

Discussione

15:00

Invited speaker: Giuliano Volpe

Paesaggi contemporanei

15:30

Chair e position paper: Gabriele Gattiglia

16:00

Archeologia della neve e archeologia con la neve. Memorie collettive e tracce intangibili nel paesaggio contemporaneo

[M. Bernardi, E. Farinetti, R. Santangeli Valenzani]

Fino a pochi decenni fa in ambito archeologico lo studio della neve non aveva ancora trovato il suo spazio nelle ricerche. I primi passi per una “archeologia della neve” sono stati mossi negli ultimi decenni nell’ambito dell’archeologia rurale, ambientale e della produzione, quando nelle indagini territoriali, specialmente nel Nord Italia, si inizia a sentire la necessità di rilevare anche l’evidenza materiale del legame tra l’uomo “moderno” e “contemporaneo” e l’ambiente, oltrepassando le gabbie temporali che fino a quel momento avevano impedito di sviluppare una ricerca pienamente diacronica. La neve, utilizzata nel passato per usi alimentari, conservativi, per raffreddare ambienti o con funzioni antipiretiche, anche se non ha lasciato tracce tangibili nelle stratificazioni e nei paesaggi, si è conservata di riflesso attraverso altri elementi: nei documenti scritti, nelle strutture di raccolta, nei percorsi che ha attraversato, e nelle memorie delle comunità rurali e montane contemporanee i cui avi hanno dedicato gran parte della loro vita alla produzione e al commercio di questo bene 'prezioso'. In questo contributo si cercherà di risalire ai luoghi della neve, di definirne gli spazi privilegiati e di ricostruirne i percorsi partendo dalle esperienze maturate nel contesto laziale, in cui sono state utilizzate metodologie e procedure prettamente archeologiche ed etnoarcheologiche per l’analisi delle attività tradizionali legate all’elemento neve. Si tenterà anche di focalizzare l’attenzione sul fare “archeologia con la neve” nelle zone ad alta quota, dove la neve può rivelarsi come elemento-guida nell’individuazione di strutture oggi intangibili, nel paesaggio contemporaneo, con l’ausilio di tecniche di telerilevamento e fotogrammetria digitale.

16:15

Archeologia contemporanea nei contesti minerari della Sardegna. Ruoli e prospettive dell'intervento archeologico con le comunità, a partire dal caso del Sulcis-Iglesiente.

[F.C. Pinna, M.Sanna Montanelli, F. Mameli]

In Sardegna, anche in ragione di una poderosa e prolungata attività estrattiva protrattasi fino alle soglie del nuovo millennio, lo studio attraverso metodi archeologici dei palinsesti culturali dei contesti minerari, sia industriali che preindustriali, ha subito un ritardo significativo rispetto ad altre regioni minerarie italiane ed europee. Nonostante anche dopo la cessazione delle attività estrattive non siano mancati nel dibattito pubblico riferimenti alle manifestazioni di “archeologia mineraria”, questo ambito di studio per molto tempo è rimasto ancorato alla sua dimensione industriale contemporanea e appannaggio di professionalità orientate all’analisi sociale, il ripristino ambientale, il restauro conservativo, la pianificazione territoriale, l’arte contemporanea, ambiti percepiti più adatti dell’archeologia propriamente detta ad interpretare l’“urgenza di recupero” dei valori fondativi delle comunità minerarie industriali, minacciati dalle poderose trasformazioni sociali innescati dalla deindustrializzazione dell’ultimo quarto del Novecento. Andando oltre una certa malintesa idea di “archeologia industriale”, che tende a rappresentare le società capitalistiche quasi esclusivamente attraverso le sue tracce monumentali e i grandi processi di produzione, ecco che oggi, a partire da alcune esperienze virtuose che hanno sede in alcuni villaggi minerari del Sulcis Iglesiente e per mezzo di un’archeologia più attenta al coinvolgimento delle comunità locali nella cura del patrimonio culturale materiale e immateriale, prendono forma alcune indicazioni per una agenda di interventi da attuare in altri casi simili, che si propongono di incidere tanto sulla ricerca (documentando aspetti più fragili, ma tutt’altro che privi di storia, legati agli abitati di fondazione rurali, ai rapporti tra uomo ed ambiente, alle strutture sociali, all’healthscape minerario, etc.), quanto sull’educazione (promuovendo una pedagogia del patrimonio intesa come possibilità di accesso alle componenti cognitive della disciplina archeologica, come strumento di decodifica degli ambienti antropizzati in grado di far emergere risposte a necessità attuali già prodotte negli stessi territori dalle generazioni precedenti).

16:30

Archeologia dei paesaggi pastorali in Aspromonte (Calabria) tra XX e XXI secolo.

[F. Carrer, G. Domingo Ribas]

A partire dal 2020, un gruppo di ricerca della Newcastle University, coadiuvato da collaboratori locali, ha iniziato ad indagare le trasformazioni delle attività pastorale in Aspromonte tra l’inizio del ‘900 ed oggi. L’obiettivo è di comprendere come le strategie di allevamento stagionale hanno influenzato (e sono state influenzate da) il paesaggio culturale e l’ambiente naturale dell’Aspromonte, e quali possano essere le conseguenze del rapido abbandono di queste montagne. Caso studio principale di questa ricerca è il territorio di Africo Vecchio (Provincia di Reggio Calabria), completamente abbandonato sin dagli anni ’60, ma ancora frequentato da alcuni pastori durante l’estate. Il progetto combina metodologie archeologiche, come la ricognizione e il remote sensing, a metodi etnografici e partecipativi, utilizzando tecnologie informatiche e simulazione computazionale per potere rispondere a specifiche domande scientifiche. In questo resoconto verranno presentati alcuni dati preliminari e verranno discusse le basi teoriche e metodologiche di questo progetto.

16:45

Discussione

17:00

Coffee Break

17:20

Atlante storico-archeologico di un paesaggio contemporaneo. Gli aeroporti militari del Novecento in Puglia

[S. Chiaffarata Iannelli, M. N. Labarbuta, G. De Felice]

La modern conflict archaeology rappresenta un filone di ricerca che dimostra le potenzialità del fare archeologia del passato recente e si configura come un approccio globale al XX secolo. L’indagine dei paesaggi del conflitto si sovrappone infatti con dinamiche storiche e sociali molto più ampie e complesse della sola dimensione bellica, e si trasforma in una chiave di lettura straordinaria per comprendere le peculiarità del secolo della guerra di massa; forse breve, ma decisamente violento. Il progetto di ricerca che si intende presentare si inquadra nell’ampio campo di studi dell’archeologia e storia globale dei paesaggi, proponendosi di analizzare e comprendere gli esiti materiali e morfogenetici del potenziale tecnologico e industriale delle guerre sui luoghi contemporanei in termini di trasformazioni insediative, sociali e culturali. In questo panorama di studi, il contesto pugliese rappresenta, pur nella breve storia dell’archeologia del contemporaneo in Italia, un ambito di sperimentazione interessante grazie alle attività condotte nel comprensorio dell’Alta Murgia negli ultimianni, che hanno già messo in evidenza l’importanza dello studio archeologico dei conflitti per la ricostruzione del paesaggio storico di età contemporanea. In particolare, le indagini che si intendono presentare riguardano:

- identificazione e ricostruzione della fitta trama di aeroporti che si installarono in Italia meridionale nel Novecento, dalla Prima alla Seconda guerra mondiale, attraverso ricerche d’archivio e di fotointerpretazione.

- risultati della ricognizione sul campo e analisi delle strutture condotte in alcuni aeroporti dell’USAF presenti sul territorio pugliese (Spinazzola, Canosa e Cerignola), costruiti tra la fine del ’43 e gli inizi del ’44.

Le ricerche in corso evidenziano come l'archeologia dei fenomeni recenti e, in particolare l’archeologia dei conflitti permetta l’identificazione e lo studio di importanti testimonianze storiche, possa proporne la tutela e la valorizzazione e infine sia in grado di coinvolgere un vasto pubblico permettendo alle persone di ripensare criticamente il nostro presente.

17:35

L’invenzione della tradizione: la nascita della “riviera dei fiori” e le trasformazioni agrarie di Cipressa (IM) fra XIX e XXI secolo.

[A. Panetta, S. Costa, L. Gogo-Chorén, Y. Paciotti, A.M. Stagno]

Attraverso la discussione del caso di Cipressa (IM, riviera della Liguria di Ponente) in corso di studio da parte del Laboratorio di Archeologia e Storia Ambientale (LASA) dell’Università degli Studi di Genova, il contributo intende riflettere sul ruolo dell’archeologia nello studio del passato recente, dalla prospettiva della ricerca sugli spazi rurali e sulla storicizzazione del paesaggio. L'indagine, condotta con approccio interdisciplinare, riguarda il versante fra Cipressa ed il mare, caratterizzato oggi dalla presenza di piccole aziende agricole, e ha permesso di rivelare un'elevata densità di tracce della gestione della risorsa idrica negli ultimi 150 anni (pozzi, canalizzazioni, cisterne in cemento). Le ricognizioni archeologiche hanno permesso di ricostruire le trasformazioni del paesaggio negli ultimi due secoli, con particolare riferimento al passaggio fra XIX e XX secolo, da una fase di colture terrazzate irrigue (ulivo, vite, orti, alberi da frutto) alla nascita ed al progressivo intensificarsi della floricoltura, che dopo la metà del Novecento ha assunto un carattere di tipo “industriale”, per poi gradualmente affievolirsi, radicandosi però nell’immaginario collettivo (ad es. nella toponomastica) come un fenomeno “tradizionale” dell’area. L’analisi tipologica e dell'articolazione spaziale delle tracce ha permesso sia di ricostruire cronologie fini di usi, riusi e trasformazioni degli spazi che di “materializzare” i diritti di accesso alla risorsa idrica (e i conflitti) per la comunità di Cipressa e le vicine Lingueglietta e Costarainera, anche in riferimento all'istituzione del Consorzio Irriguo-Potabile del 1928, nonché di individuare le relazioni tra i cambiamenti nelle colture e le trasformazioni economico-sociali (ferrovia, flussi migratori, industria) che hanno interessato quest'area nel periodo in esame. Dal punto di vista metodologico questa ricerca vuole quindi ragionare sui processi di costruzione dello spazio locale ed evidenziare come, focalizzando l’attenzione sulle pratiche e i sistemi di gestione delle risorse ambientali, sia possibile mettere in discussione categorie consolidate ma spesso usate in maniera assiomatica come “modernità”, o dicotomie come rurale/urbano e industriale/rurale.

17:50

Archeologia multispecie: storie di abbandoni e risorgenze nella montagna apuana.

[C. Sciuto, S. Basile, E. Paperini, F. Anichini, G. Gattiglia]

La montagna Apuana, e in particolare il versante versiliese, ha subito un forte spopolamento a partire dal secondo dopoguerra. Tale processo di abbandono dei versanti ha innescato una serie di processi ecologici legati alla rioccupazione degli spazi da parte di specie vegetali e animali. La lettura di queste risorgenze non umane porta a ridiscutere il concetto stesso di abbandono in chiave non antropocentrica. Lo studio delle trasformazioni dei versanti montani è arricchito dalla comprensione delle dinamiche ecologiche su diverse scale, tramite un approccio metodologico multiproxy. La ricerca condotta dal laboratorio MAPPA sui versanti versiliesi combina una sperimentazione teorica e metodologica mirata allo studio delle ecologie locali e delle loro dinamiche, utilizzando un approccio multiscalare che spazia dallo studio dei paesaggi all’osservazione delle evidenze archeobotaniche. Lo studio regressivo della trasformazione dei paesaggi, letta attraverso i cambiamenti di uso/copertura del suolo è gestito attraverso la digitalizzazione delle particelle del catasto leopoldino e delle relative tavole indicative e il confronto con il dato aerofotografico di diversi decenni del XX e XXI secolo. Sul campo, si effettua un survey qualitativo delle specie vegetali tramite una metodologia agile, per descrivere la progressione delle serie ecologiche rispetto alle fasi di abbandono. Infine, le analisi archeobotaniche su campioni di sedimento raccolti nelle aree interpretate come aie carbonili, permettono di integrare i dati cartografici/catastali e da ricognizione con informazioni sulle pratiche di gestione dei boschi sui versanti montani. L’archeologia ambientale si presta quindi a una lettura orizzontale della complessità dei paesaggi contemporanei attraverso un approccio multipecie che mira a mappare le relazioni che intercorrono tra i diversi agenti.

18:05

Discussione

18:30

Chiusura lavori

 

 

[VENERDì 01.12.23]

9:30

Invited speaker: Cristina Cattaneo

Tracce nel presente

10:00

Chair e position paper: Francesca Anichini

10:30

La comunicazione extradigitale ai tempi del web: una ricerca sulla sticker art a Trento

[L. Pisoni]

Durante il 2022 chi scrive ha condotto il progetto “In cerca di appartenenza” che si propone di indagare il fenomeno della sticker art nella città di Trento. La città è stata divisa in settori ed è stata oggetto di una campagna di rilievo fotografico degli adesivi attaccati su supporti di diverso tipo. E’ apparso subito chiaro come essi si organizzino attorno a dei cluster individuati nei luoghi in cui le persone dispongono di una certa quantità di tempo libero: pensiline degli autobus, semafori antistanti gli incroci, edifici universitari e aree esterne a pub e locali della movida. Poche, invece, le tracce nelle zone periferiche o degradate, come quelle dedicate allo spaccio. La ricerca dei contenuti in Instagram ha permesso di risalire agli autori degli adesivi, divisi in tre tipologie: pubblicità, arte e comunicazione di gruppi formali e informali. Le interviste a chi produce e chi attacca gli sticker hanno messo in luce una netta separazione tra le due parti. Gli ideatori mandano l’immagine alle piattaforme on-line che recapitano gli adesivi via posta. Alcuni vengono quindi attaccati dagli ideatori stessi ma più spesso, per mezzo di una distribuzione che avviene nei locali, durante gli happening o negli spazi commerciali, giungono casualmente agli attacchini, che procedono autonomamente. Dalle interviste emerge che chi attacca gli sticker lo fa per cercare un’appartenenza che compensi lo spaesamento dato dalla precaria appartenenza ad un mondo sempre più segmentato dalla progressiva caduta dei corpi intermedi (partiti, sindacati, ecc.). In conclusione è possibile dire come in un tempo che sembrava inesorabilmente dominato dal web, gli adesivi costituiscono una reazione extradigitale che ha il sapore di una piccola rivincita.

10:45

I graffiti come traccia di archeologia contemporanea. Il caso studio di Venezia.

[G. Frambusto, F. Masiero, D. Pasquariello]

I muri di Venezia sono come pagine di un libro che raccontano le storie di chi ha vissuto la città nelle sue varie fasi storiche. I segni lasciati sui suoi muri ci permettono di raccogliere la visione di chi e come sono state vissute molte fasi dell'età contemporanea; dai graffiti in cui si celebra l’arrivo delle truppe italiane a Venezia per l’annessione dei territori veneti alla neonata Italia, alle vicende della prima guerra mondiale, ai segni del regime fascista. Dai disegni di navi e sommergibili, ai segni dell’occupazione e della resistenza, dalle tracce delle vicende politiche fino ad arrivare al Covid e alla guerra in Ucraina. Il progetto VeLA, Venezia Libro Aperto, coordinato da Flavia De Rubeis (Università Ca’ Foscari), nasce nel 2019 con il sostegno finanziario di Ca’ Foscari e successivamente del Venice Centre for Digital and Public Humanities (VeDPH) del Dipartimento di Studi Umanistici di Ca’ Foscari e quindi dal programma Biblissima + (ÉquipEx BIBLISSIMA+, FR) di Clarin-IT (Infrastruttura Comune Italiana per le Risorse e Tecnologie Linguistiche del MUR). Il progetto prevede la schedatura e lo studio di tutte le scritture estemporanee, i graffiti, presenti a Venezia e isole della laguna veneziana, attraverso la creazione di una banca dati GIS che ne riporti l’immagine, la localizzazione e informazioni di inquadramento storico. I luoghi di indagine non sono semplicemente i contesti chiusi quali chiese e palazzi, ma la ricerca spinge il suo sguardo su tutto il tessuto urbano e principalmente proprio nelle zone esterne e fruibili dal pubblico, perché lo scopo è quello di leggere la città come un libro, da qui il nome del progetto.

11:00

Uno scavo archeologico all’I.I.S. Giorgio Asproni a Iglesias (Sud Sardegna).

[S. Porru]

Che il metodo stratigrafico e gli strumenti dell’archeologia siano utili strumenti di lettura del presente e del recente passato è oggigiorno indubbio. Partendo da questo presupposto, nonché grazie alla disponibilità del I.I.S Giorgio Asproni di Iglesias (SU), è nato il progetto “Uno scavo a scuola”. Il progetto ha il duplice obbiettivo di far conoscere i metodi e le potenzialità dell’archeologia, attraverso la pratica del learning by doing, e di riqualificare oggetti e spazi scolastici. Partendo dall’identificazione di un record archeologico racchiuso in un contesto chiuso di una stanza-magazzino di pochi metri quadri, un gruppo di ragazzi dell’I.I.S. Giorgio Asproni di Iglesias, costantemente guidati da un archeologo, si cimentano nell’analisi del contesto e nella successiva narrazione dello stesso ai compagni che non hanno preso parte al progetto. Le domande sono tante e sono quelle proprie dell’archeologia: come ogni singolo oggetto sia arrivato a depositarsi li e a cosa è servito in passato, perché e quando è stato dismesso ma anche cosa ci può raccontare ogni singolo reperto della storia dell’Istituto che i ragazzi vivono nel quotidiano. L’archeologia, raccontando se stessa e lasciandosi scoprire, diviene per i ragazzi strumento per conoscere meglio uno spazio del loro quotidiano nonché una potenziale chiave di lettura del proprio presente.

11:15

Discussione

11:40

Coffee Break

12:00

KEYNOTE SPEAKER: ALFREDO GONZÁLEZ-RUIBAL

13:00

Pausa Pranzo

14:30

Invited speaker: Andrea Augenti

15:00

TheGAME project. Un approccio archeologico alle mobilità informali lungo la rotta dei Balcani.

[E. B. Farina]

La Rotta Balcanica si disƟngue come arteria principale tra le rotte migratorie via terra Europee; ogni anno migliaia di profughi intraprendono 'the game' – un soprannome coniato da loro stessi per designare i loro viaggi clandestini verso l'Europa occidentale. Il progetto di ricerca interdisciplinare ERC 'TheGame: Counter-mapping informal refugee mobilites along the Balkan Route' si dà come scopo l’ indagine e lo studio dei cosiddetti 'makeshift camps', insediamenti informali temporanei creati autonomamente dai migranti. Questi campi si trovano sia in aree urbane che rurali, adiacenti ai campi profughi ufficiali o isolati. Il nostro obiettivo è teorizzare questi 'makeshift camps' come un arcipelago di insediamenti interconnessi, ognuno con una sua spazialità e una propria vita politica e sociale. Intendiamo inoltre creare un archivio che documenti l'esperienza dei profughi. Nell’ambito dell’interdisciplinarietà del progtto, il metodo archeologico si rivela uno strumento potenzialmente molto efficace. L’archeologia ha dimostrato una straordinaria capacità nell’ identificare varie tipologie di tracce materiali, tra cui le più effimere. L’obliterazione politica dei makeshift camps, spesso voluta dagli Stati attraversati dalla rotta, può dunque essere contrastata tramite documentazione, analisi e ricostruzione di questi spazi: dalla creazione, alle fasi di utilizzo, all’abbandono. Infine, l’analisi della cultura materiale può contribuire alla creazione di nuove e ampie narrative rispetto alla complessa tematica delle migrazioni.

15:15

L’uso antropico contemporaneo della Grotta dell’Angelo di Vezzi Portio (Savona).

[S. Mordeglia]

La grotta “dell’Angelo o dell’Eremita” si trova in Liguria, nella provincia di Savona in comune di Vezzi Portio, ed è censita al Catasto Speleologico ligure con la sigla LI412. La cavità, di modeste dimensioni, si apre nel calcare miocenico della “Pietra del Finale”. Ad oggi non sono note evidenze archeologiche e sembra che non sia mai stata oggetto di ricerche, ma non è da escludere che potesse essere stata frequentata già dalla Preistoria, come è ampiamente documentato per le altre cavità del comprensorio finalese. La grotta offre un esempio di frequentazione in età contemporanea. Per il ventesimo secolo è possibile documentare e distinguere almeno due fasi di utilizzo diverse: dapprima come bivacco dei primi climbers che hanno frequentato il territorio finalese per l’arrampicata a partire dagli anni Settanta del secolo scorso e successivamente, una ventina di anni dopo, come dimora da un clochard, che vi ha abitato per circa un anno. Le indagini archeologiche nella cavità hanno previsto la realizzazione del rilievo topografico, unitamente alla documentazione fotografica e infine lo studio dello sfruttamento e dell’organizzazione dello spazio interno alla grotta.

15:30

L’archeologia del contemporaneo come strumento sociale di tutela, educazione e ricerca.

[T. Cevoli, L. Vignola]

Il contributo, attraverso la presentazione di alcuni emblematici casi di studio, mira ad un’analisi ed una riflessione sull’utilizzo dell’archeologia del contemporaneo come potenziale strumento, non solo repressivo ma anche preventivo, di tutela del patrimonio storico-archeologico, culturale e dell’ambiente.  L’analisi parte dal versante repressivo, con l’esame di concreti casi di studio riferibili al contributo che l’archeologia del contemporaneo, attraverso lo studio stratigrafico di contesti archeologici contemporanei e quello tipologico e tassonomico di reperti materiali, può offrire in ambito penale, come strumento a servizio dell’archeologia giudiziaria e forense.  In ambito forense, in particolare, il suo principale apporto consiste nell’utilizzo delle teorie, dei metodi e delle tecniche proprie della disciplina archeologica per la lettura e l’interpretazione delle tracce materiali e dei contesti medico-legali, in particolare nell’analisi della scena di un crimine, per la ricostruzione della disposizione di persone o oggetti nello spazio e nel tempo, nonché della sequenza delle azioni antropiche e naturali documentabili e rilevabili, infine per l’identificazione e la classificazione di reperti contemporanei, la loro interpretazione, datazione e provenienza. Proseguendo sul versante preventivo, si presentano alcune esperienze di utilizzo dell’archeologia del contemporaneo in progetti didattici finalizzati all’educazione alla legalità, al rispetto del patrimonio culturale e dell’ambiente, e al miglioramento dello sviluppo socio-culturale e della coesione territoriale, tramite la costruzione o ricostruzione dell’identità delle comunità locali e del loro legame con il territorio e la sua storia, in tutta la sua accezione diacronica, dall’antico al contemporaneo. Infine, passando al tema della ricerca archeologica, si avanzano alcune considerazioni e riflessioni sull’archeologia del contemporaneo come ambito di ricerca ancora open, capace di offrire opportunità di ricerca in grado di sfuggire alle dinamiche e alle prassi che in molti altri settori della ricerca archeologica, impedendo o limitando la possibilità di accesso ai materiali archeologici, ai dati e la circolazione delle informazioni, di fatto ostacolano la ricerca archeologica. 

15:45

Discussione

16:05

Coffee Break

16:25

L'archeologia dell'esplorazione spaziale: il caso studio della missione Rosetta.

[L. Forassiepi]

In questa presentazione, si introducono i principi, le metodologie e le prospettive dell'Archeologia dell'Esplorazione Spaziale, declinandoli nel caso di studio relativo alla missione Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (2004-2016). L’Archeologia dell'Esplorazione Spaziale può essere definita come “Lo studio sistematico e scientifico dei resti materiali non rinnovabili della storia del volo spaziale umano, attraverso il tempo e lo spazio, tramite l'applicazione del metodo e della teoria archeologica moderna.” (Westwood, L., Beth Laura O'Leary and Milford Wayne Donaldson 2017 The Final Mission: Preserving NASA’s Apollo Sites. Gainesville: University Press of Florida). Ogni contesto è approcciato secondo il modello teorico del Paesaggio Culturale, introdotto nella disciplina da Alice Gorman. Questo approccio olistico permette di analizzare in maniera integrata la relazione fra materialità, comportamento umano e ambiente naturale lungo la sua evoluzione nel tempo; inoltre, consente di includere nell’analisi i valori culturali associati al Paesaggio in questione. L’esplorazione spaziale interagisce infatti con ambienti caratterizzati da un’enorme stratificazione di significati culturali: ogni società umana nella storia ha sviluppato una relazione associativa con il cielo stellato e i corpi celesti; le missioni spaziali del XX e del XXI secolo sono entrate a far parte di questa relazione, plasmandola e aggiungendo nuovi strati di significato. Nel corso dell’intervento verrà mostrata una panoramica di questi aspetti, applicati al caso di studio della missione Rosetta. Nella fattispecie, si presenterà lo studio dei contesti archeologici generati dalle attività della sonda sulla cometa 67P Churyumov-Gerasimenko; il complesso delle infrastrutture di controllo e gestione del satellite; l’interazione fra Rosetta e il sostrato culturale associato alle comete nel corso dei secoli. Verrà inoltre illustrato l’approccio metodologico di questa ricerca, che si avvalsa dei fondamentali contributi di alcuni membri dell’ESA e della comunità scientifica europea.

16:40

Il passato non è più quello di una volta.

[F. Nicolis]

L’archeologia è una disciplina indiziaria che si interessa della realtà materiale del passato e si attua attraverso il metodo dello scavo stratigrafico. In Italia, il senso comune, ma in gran parte anche quello accademico, identifica il passato archeologico con una antichità dai contorni indistinti e sfuggenti. Per capire cosa è il passato sarebbe per prima cosa necessario riflettere sul concetto e sulla natura del tempo, sul processo della memoria e dell’oblio, sulla loro costruzione, organizzazione e percezione. In questo quadro disciplinare trova poco spazio l’archeologia del mondo contemporaneo, che in altri ambiti culturali, invece, in particolare quelli americani, anglosassoni e scandinavi, sviluppa riflessioni ed elaborazioni di grande interesse. La definizione “archaeology of the contemporary past” sembra avvilupparsi attorno ad un apparente ossimoro per risolvere il quale ci possono venire in soccorso le parole di Italo Calvino: “Perciò cercheremo sempre di metterci dalla parte del fuori, degli oggetti, dei meccanismi, dei linguaggi: vorremmo far nostro lo sguardo dell’archeologo e del paleoetnografo, così sul passato come su questo spaccato stratigrafico che è il nostro presente, disseminato di produzioni umane frammentarie e mal classificabili: industrie metalliche, megaliti, veneri steatopigie, scheletri di ecatombi, feticci”. In realtà il metodo archeologico, lo scavo, lo scoprimento, lo svelamento, il riportare alla luce, può essere applicato a qualsiasi contesto materiale che si possa considerare velato, oscurato, nascosto, in senso reale o metaforico, ma anche politico. L’oggetto della ricerca diventa quindi tutto ciò che è “fuori”, il dimenticato, l’abbandonato, il detrito, la rovina, lo scarto, il clandestino, il rifiutato e il rifiuto. Dopo una breve introduzione saranno presentati alcuni casi di archeologia del passato contemporaneo.

16:55

Comunicare l’archeologia contemporanea, individuare obiettivi e concetti-chiave.

[A. Cimarosti]

La comunicazione per l’archeologia contemporanea si concentra non solo sull’obiettivo di allargarsi verso un pubblico di non addetti ai lavori, ma anche verso portatori di interesse nella società e nel mondo accademico, a cominciare dagli stessi archeologi. Un fronte di comunicazione mira infatti a supportare quasi un compito “non dichiarato”, ossia mostrare che tratti effettivamente di archeologia, delineandone gli scopi e l’utilità.  Seconda linea di penetrazione comunicativa è necessariamente quella di identificare casi di studio “da titolo” senza spingere sull’acceleratore della cronaca. L’intersecarsi tra contesti indagati dall’archeologia “della contemporaneità” e vicende spesso al centro dell’interesse politico e giornalistico (guerre, migrazioni, effetti della società dei consumi etc.) genera infatti un possibile disturbo nell’accogliere i risultati di una ricerca, e un’altrettanta rischiosa possibilità di strumentalizzazione della ricerca stessa.  Importante, infine, è un concetto chiave da tenere sempre presente nel comunicare l’archeologia contemporanea: il superamento della più classica delle obiezioni, ossia quella del “non c’è nulla da scoprire dove esistono fonti di ogni genere e spesso testimonianze dirette raccolte dai protagonisti in prima persona”, basti pensare a tutti quei casi di indagine attorno a vicende belliche sia tra militari che popolazioni civili. Ogni comunicazione sui diversi media in questo campo dovrebbe quindi avere presente questi punti, per affrontarli in modo efficace e, talvolta, necessariamente ridondante.  Individuare template per veicolare questi concetti-chiave è quindi un passo fondamentale per creare uno strumento utile per centrare gli obiettivi, dopo un necessario confronto sulla base di una prima ipotesi di lavoro con gli archeologi impegnati in questa branca della disciplina.

17:10

Discussione

17:30

Semi per il futuro 

[F. Anichini, G. De Felice, G. Gattiglia]

18:00

Chiusura lavori

 

Non è prevista una poster session, ma tutti i poster saranno esposti e visibili per l'intera durata del convegno nelle aree di break...

un caffè e due chiacchiere?