Giovanni nacque a Santa Maria in Cassiano, oggi Montecassiano in provincia di Macerata, il 15 luglio 1552 o forse 1555, dato che i fogli parrocchiali del tempo riportano i dati di nascita con una certa approssimazione. E’ il secondo figlio, dopo la primogenita Beatrice, dei quattro di Francesco Niccolucci e Francesca Piccinotti. Seguiranno la nascita di Giovanni, Olimpia ed il piccolo Pietr’Angelo. Francesco viene da una buona famiglia, anche se ormai decaduta, di S. Severino Marche e fa il falegname, Francesca è di Montecassiano. La famiglia è modesta, ma pia e serena e l’infanzia di Giovanni trascorre tranquillamente, fino alla morte del padre. Giovanni ha solo tredici anni e deve affrontare, poco dopo, anche la perdita della madre, morta nel dare alla luce l’ultimo bambino. Beatrice, già sposata, accoglie i fratelli Olimpia e Pietr’Angelo, Giovanni viene adottato da Bartolomeo Quattrini, un benestante della cittadina, commosso ed ammirato dal giovanissimo orfano, che vende tutto ciò che rimane dei beni familiari per saldare i molti debiti che Francesco aveva contratto. Il ragazzo frequenta la chiesa di S. Marco e presto scopre la sua vocazione, nel 1570 viene accolto nell’Ordine Agostiniano e nel 1576 viene ordinato sacerdote. Giovane prelato, rimane un anno a Montefortino, poi iniziano i viaggi legati agli studi accademici superiori. E’ a Fermo per dedicarsi alla Filosofia, gli studi teologici lo portano a Venezia, Rimini e Padova e presto si distingue per umiltà e rigore, nonostante divenga velocemente lettore di Teologia in sedi culturali prestigiose.
Nel 1581 è assegnato a Padova, dove, vittima della propria ingenuità, viene coinvolto dai confratelli in una denunzia contro il Priore dello studio, che viene inoltrata al tribunale dell’Inquisizione di Venezia. Egli subisce una condanna di allontanamento dallo studio e della privazione della voce attiva e passiva, ma sa sopportare con umiltà e pazienza infinite la pena e dimostra la forza e la serenità che sempre lo contraddistinsero. Riconosciuto innocente, gli vengono confermati incarichi importanti: maestro dei novizi a S. Felice Giano e Priore a Camerino. La fama del giovane santo religioso si va diffondendo, tanto che egli, sempre più schivo e nemico di elogi ed acclamazioni, chiede di potersi ritirare in un eremo, realizzando un ideale fatto non solo di ozio contemplativo, ma di contemplazione e di azione pastorale attiva. Viene inviato in Toscana ed alla fine del 1597 giunge in pellegrinaggio sulla tomba di Guglielmo di Malavalle in mezzo alle macchie della Maremma, che egli ama da subito e comincia a percorrerla a piedi, portando la sua parola in tutti i paesi e le cittadine del territorio ed in quelli limitrofi. Il suo desiderio di portare una parola di conforto, di accompagnare i propri simili nel percorso della ricerca della pace interiore, di tendere una mano caritatevole e di fare sempre del bene divengono la sua vita quotidiana, rigido e severo con se’ stesso è generoso e comprensivo con tutti, “egli era davvero un roveto ardente e bruciava di amore verso Dio e verso il prossimo” (P.A, Ferlisi: “La scala dei XV gradi”). Padre Giovanni diviene dunque l’apostolo della Maremma. In ogni luogo di predicazione la folla accorre e le scene di devozione ed affetto sono continue, la gente gli si affolla festante intorno per toccarlo, avere una benedizione, strappare un pezzetto del suo poverissimo mantello. Le sue attività non si limitano alla catechesi, alla carità attiva, alla predicazione inesausta, ma scrive lettere ed opuscoli ascetici, è sempre accanto a chi ha bisogno di sostegno e consolazione ed è amico e direttore spirituale di personaggi di primo piano della vita politica e culturale del paese e del territorio, benché la sua esigenza di solitudine, semplicità e rigore sia nota a tutti. Vive in maniera ascetica, a contatto con la natura e gli animali, che ama profondamente, privandosi anche del minimo indispensabile. Resta comunque vicino e riceve l’apprezzamento di uomini come Roberto Bellarmino e della Curia romana, gode non solo della devozione e del rispetto, ma del sincero affetto di membri delle case regnanti dei Medici e, attraverso di loro, di quelle di Germania, Austria e Francia. E’ padre spirituale della Granduchessa Cristina di Lorena, che lo vuole accanto a sé anche in momenti difficili. I rapporti con i personaggi illustri sono testimoniati da un carteggio fitto e denso di umanità e spiritualità, la carità e l’amore verso il prossimo di Padre Giovanni abbracciano e comprendono tutti, umili e potenti, grandi e piccoli, in un percorso alla ricerca di Dio e della pace interiore.
Nel 1592 nasce la riforma degli Agostiniani Scalzi, la cui regola unisce ai voti dell’obbedienza, della povertà e della castità quello dell’umiltà e Padre Giovanni vede la Riforma tanto in sintonia con il proprio ideale di vita che chiede di poter entrare a farne parte, benché non esistano in Toscana conventi dell’Ordine. Viene accolto, come Giovanni di San Guglielmo, tra gli Agostiniani Scalzi, dispensato anche del noviziato, grazie all’ assenso di Gregorio XV ed alla stima dell’amico Bellarmino nel febbraio del ‘21. Nell’aprile, dal macchione dove si era ritirato a vivere sotto Tirli e la Malavalle, Padre Giovanni si trasferisce a Batignano dove sorgerà un monastero dedicato alla Santa Croce che potrà ospitarlo. Infatti, Granduca Cosimo II non ha accettato che una figura di tale spessore spirituale ed umano abbia potuto lasciare il proprio territorio e padre Giovanni e tre confratelli si stabiliscono in un piccolo romitorio dedicato a Santa Lucia vicino al paese in attesa del nuovo convento. E’ stanco, provato da una vita durissima cui si è sottoposto costantemente con serenità ed amore e, di ritorno da una missione caritatevole cui non si è sottratto, viene colto da un malore che lo porta alla fine il 14 agosto 1621, vigilia dell’Assunta, in Batignano, ivi trasferito ed accolto da Olindo Baccellieri, suo amico e devoto. Le fonti storiche sulle esequie, che riferiscono di migliaia di persone in preghiera accompagnare e poi vegliare il loro Padre Giovanni per giorni, testimoniano il rapporto profondo di amore con la terra e la sua gente. Solo cinque anni più tardi, i resti di Padre Giovanni giungono nel Convento di S. Croce, saranno trasferiti poi, a seguito di decreti napoleonici, nella Chiesa di S. Martino a Batignano in una preziosa urna lignea, ultimo segno di affetto dell’amica Granduchessa Cristina di Lorena.