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"NON INSEGNATE AI BAMBINI"

Qualche anno fa scoprii la canzone di Gaber "non insegnate ai bambini" e me ne innamorai immediatamente. Se non la conoscete, vi consiglio di ascoltarla. Un passaggio mi ha particolarmente colpito: "non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, non li iniziate al bel canto o alla danza, ma se proprio volete raccontategli il sogno di un'antica speranza".

Questa canzone mi fa pensare alle aspettative che continuamente vengono riversate sui bambini, fin da piccoli, senza pensarci molto e poi trattando tutti i bambini come se avessero lo stesso tipo di intelligenza. La situazione nel corso della vita continua con le pressioni sociali, che risultano sempre più evidenti nel periodo universitario. Quante volte i ragazzi vogliono un lavoro solo perché li rende visibili agli occhi della società? Quante volte sarà loro capitato di svegliarsi di soprassalto nel cuore della notte, come succedeva spesso a Battiato, e di chiedersi "io chi sono"? Quante volte ci si pone questa domanda nel corso della vita e quante volte si prova a dare una risposta?

Cosa stiamo sbagliando come società e come sistema educativo? Siamo davvero in grado di mettere in atto la maieutica socratica o vorremmo alunni, bambini, adolescenti e poi adulti tutti uguali e guidati dalle stesse aspirazioni e dalla stessa rivalsa sociale? Perché non li esortiamo a porsi domande del tipo "perché fai quello che fai?", "cosa ti fa brillare gli occhi?". Perché non insegniamo a sviluppare l'intelligenza emotiva sia a casa che a scuola?

Paolo Crepet direbbe che i genitori oggi vogliono "sistemare" i figli, verbo raccapricciante se associato agli esseri umani e che richiama l'idea di un oggetto, di una sorta di "vaso cinese", come direbbe lo psicologo. Perché si vuole così male ai figli da paragonarli a oggetti? Perché non si danno loro gli strumenti per diventare veri adulti e al contrario li si vuole tenere sotto una campana di protezione, che poi diventa una gabbia e via via un mezzo di manipolazione genitoriale? I genitori dovrebbero avere il ruolo di "insegnanti di volo".

Tra le persone di maggior successo (e spessore) che ho conosciuto nella vita, la maggior parte non aveva una famiglia fomentata da manie di successo sociale. Al contrario, si trattava perlopiù di famiglie del ceto medio, ma di forti valori e soprattutto dotate di una caratteristica molto sottovalutata oggigiorno: l'umiltà. Fiorella Mannoia cantava "ricorda che l'umiltà apre tutte le porte". Quanto è vero. Trovo che il vero plus educativo sia la capacità di trasmettere la curiosità per il sapere, la voglia di mettersi in gioco e nel contempo di rialzarsi quando qualcosa non va per il giusto verso. Sì, perché più di una cosa non andrà per il giusto verso quando sei mosso da un anelito di un percorso di vita e di lavoro alto e nobile, non di quelli che ti esauriscono le energie e ti tolgono sempre di più la voglia di fare, ma di quelli che ti fanno sentire ogni giorno più viva. Ecco che allora la rincorsa sociale si trasforma invece in una rincorsa verso la "migliore versione di noi stessi", che è alta, pura, nobile. A questa ciascun individuo dovrebbe protendere, a questa dobbiamo educare i ragazzi, a questa dovremmo ispirarci ogni giorno nella vita adulta. E insegniamo ai bambini a conoscere se stessi, a porsi le domande che permetteranno loro di diventare adulti consapevoli e dalle alte e nobili aspirazioni.