Rione Carità prima e dopo
Rione Carità prima e dopo
Rione Carità area Nord e area Sud
Il rione Carità sorge in pieno centro cittadino, nel quartiere San Giuseppe. È delimitata a nord da via Armando Diaz e piazza Matteotti, a ovest da via Toledo, a sud da piazza Municipio e via San Giacomo e infine a est da via Medina. Questa zona era chiamata territorio di Santa Marta, all'epoca fuori la cortina delle mura che chiudeva la città ad ovest nella regione di Donnalbina e a ridosso dell'ampia zona delle Corregge. I primi nuclei edificatori nascono nel XIV secolo: sono prevalentemente edifici di corte satelliti del Castel Nuovo e strutture ospedaliere. Il boom edilizio lo si riscontra nel XVI secolo, quando si amplia la cortina difensiva ad ovest, con le mura che scendono per l'attuale via Toledo fino a San Giacomo dove si raccordano a Castel Nuovo. La costruzione si presenta subito caotica e senza ordine in special modo nella zona immediatamente a ridosso delle Corregge. La zona più ad ovest rimane non edificata dal momento che è di proprietà della certosa di San Martino. Dopo la metà del cinquecento, in seguito all'abbattimento delle mura aragonesi, alla creazione di via Toledo lungo il vecchio fossato e all'avvio della costruzione dei quartieri spagnoli, si comincia a costruire anche nella zona ad ovest, ma solo su azione nobiliare. Nell'Ottocento vengono costruiti due dei molti mercati di commestibili istituiti per la città: il primo, ricavato nell'area conventuale di Monteoliveto (nel giardino del convento, sorgeva presso il largo della Carità. Il secondo, sorgeva presso il ponte di Tappia, in vico Bei Fiori e Belle Donne, dietro il palazzo Montemiletto, ed era assai animato per la vendita di pollame e conigli; verrà cancellato dai lavori degli anni cinquanta.
Il rione può essere diviso in due zone architettoniche: la prima, quella settentrionale, realizzata durante gli anni trenta e caratterizzata dai palazzi di architettura monumentalista situati attorno al fulcro costituito da piazza Matteotti. La seconda parte, tracciabile a sud della linea via Diaz-via dei Fiorentini, presenta i chiari aspetti dell'architettura del dopoguerra, essendo stata ricostruita nell'arco degli anni cinquanta. Unica eccezione è il blocco costituito dai gemelli palazzi della Banca d'Italia e dell'INA, che pur essendo coevi agli altri edifici per realizzazione, mostrano un aspetto che è più legato alla zona di ricostruzione fascista. Le opere architettoniche superstiti alla ricostruzione degli anni cinquanta sono la chiesa di Santa Maria Incoronata, unico edificio storico che trasse beneficio dagli interventi del dopoguerra perché fu finalmente liberata dal palazzo che da secoli si ergeva su di essa, la chiesa di San Giorgio dei Genovesi, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo dei Greci e i palazzi Giordano e Caramanico. I Guantai Nuovi erano un vero e proprio prolungamento degli adiacenti quartieri spagnoli, con la differenza che questi presentavano e presentano tuttora una disposizione degli edifici a scacchiera, con le strade che si intersecano in maniera ortogonale. L'asse principale era via Guantai Nuovi, che grosso modo esiste ancora oggi nel tracciato diviso in due toponimi: via Guantai Nuovi appunto e via Cervantes. Oggi l'antica conformazione stradale è stata cancellata, anche l'asse principale è stato ovviamente modificato sebbene mantenga l'antico tracciato e parte del toponimo. L'unica testimonianza ancora presente è nel vico Medina, anticamente definito vico Sghizzitiello, che mantiene l'antico aspetto da più di cento anni: il motivo per cui è arrivato fino a noi è da ritrovare nel fatto che divide i settecenteschi palazzi Giordano e Caramanico, che non sono stati toccati dalle modifiche urbanistiche. La sua strettezza ci può dare un'idea delle effettive dimensioni degli altri vicoli che insistevano nella zona che per questo ne risentiva molto, tant'è vero che le definizioni di Corsea erano legate a qualcosa di stretto, angusto e assai poco igienico.
Nei primi anni trenta, i lavori di demolizione incominciano con un ritmo e una velocità incredibili: viene demolito il complesso di San Tommaso d'Aquino, nel 1934 si procede alla demolizione della chiesa di San Giuseppe Maggiore. Si apre via Armando Diaz. Viene così eseguita la prosecuzione di via Guglielmo Sanfelice che inizialmente doveva terminare molto scenograficamente dinanzi alla chiesa di Santa Maria delle Grazie a Toledo, ma il tracciato differì lievemente dal progetto e fu terminato di poco sulla sinistra della chiesa. Si aprì anche piazza Matteotti. Il nuovo asse stradale scorreva nell'area dei due edifici religiosi abbattuti e verrà completata dai palazzi dell'Intendenza di finanza e da quello dell'Istituto della Previdenza Sociale, in seguito della Banca Nazionale del Lavoro.
Nell'area detta dei Guantai Vecchi sorsero il palazzo Troise e il palazzo delle Poste. la funzione positiva del palazzoè quella di mascherare il gran dislivello tra la superficie della piazza e la sottostante via Monteoliveto tantoché alla sinistra del palazzo è stata aperta una scalinata. Più a nord, fu completato il palazzo dell'Ente Autonomo Volturno e nel 1938 il palazzo dell'INA, sebbene dovesse sorgere al suo posto quello della Provincia. I palazzi sul lato destro di via Diaz vengono completati per ultimi, il palazzo dell'Hotel Oriente, la Casa del Mutilato e la Questura.
Le attenzioni al rione Carità tuttavia non si esauriscono: in città riceve grande spazio e crescente attenzione l'arte contemporanea, frutto della nuova corrente artistica è il grande mulino a vento posto nell'incrocio tra via Ponte di Tappia e via San Tommaso d'Aquino.