Acropoli di Napoli vista dai Vergini
Acropoli di Napoli vista dai Vergini
Non è ancora chiara la conformazione urbanistica dell’area di Caponapoli nel periodo greco-romano, né dei templi che vi insistevano. È possibile però ipotizzarlo, alla luce delle testimonianze archeologiche rinvenute in altre zone del centro storico, è ragionevole ipotizzare che nella zona dell’acropoli sorgessero i templi delle altre divinità patrie dell’antica città greca. Ad oggi l’area di Caponapoli non è che un insieme caotico di palazzoni novecenteschi – per lo più appartenenti ai plessi ospedalieri del Primo Policlinico – per la cui realizzazione è stato necessario demolire alcuni tra i principali complessi monastici del centro storico, come quello di San Gaudioso e il chiostro della chiesa della Croce di Lucca. In tale contesto è davvero arduo intravedere lo splendore di quella che doveva essere una delle aree più suggestive, nonché sacre, dell’antica Neapolis.
Nel 1979 che emersero i primi resti della fortificazione greca, il reperto più antico è rappresentato da un muro a doppia cortina parallela con briglie trasversali di collegamento, rinvenuto nel transetto della chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli, risalente al IV secolo a.C., non è che un segmento delle lunghe mura di contenimento che i greci eressero a protezione della collina di Caponapoli. In aggiunta ai reperti d’epoca greca, lo scavo della navata ha portato alla luce anche un tratto di mura romane in opus reticolatum risalente al I secolo d.C. Inoltre, negli intervalli tra un muro e l’altro, lo scavo ha disvelato anche delle tombe paleocristiane. Il percorso delle mura greche del IV secolo a.C. rinvenute nella chiesa di Sant’Aniello continua all’esterno della stessa, in largo Sant’Aniello a Caponapoli, sono stati rinvenuti reperti nel corso di uno scavo realizzato degli anni ’80. Si tratta della continuazione della cinta muraria greca a doppia cortina del IV secolo a.C., già incontrata nel transetto della chiesa di Sant’Aniello.
Le mura greche di piazza Cavour, la cinta muraria d’epoca greca circondava l’intero perimetro dell’Acropoli di Napoli, degradando dall’area collinare fino a raggiungere l’attuale piazza Cavour. Qui, infatti, è possibile ammirare un’altra porzione dell’antica murazione. L’ultima porzione della murazione greca fu scoperta proprio durante i lavori di realizzazione dell’edificio di Guerra e della retrostante rampa di Maria Longo. Anche per questo tratto le mura sono costituite da conci in tufo del IV secolo a.C. Oltre ad esso, è stata rinvenuta anche una più antica porzione di mura interne, risalenti al V secolo a.C. Nell’insieme, il complesso di mura raggiunge un’altezza massima di 9 metri, con una lieve inclinazione verso la collina retrostante.
Il Complesso degli Incurabili il complesso, di epoca rinascimentale, comprendeva originariamente: la chiesa di Santa Maria del Popolo, l'oratorio della Compagnia dei Bianchi della Giustizia e lo storico ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili. Col tempo ingloberà anche la chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli e l'omonimo chiostro, il complesso di Santa Maria della Consolazione, la chiesa di Santa Maria di Gerusalemme e il chiostro delle Trentatré. L'insieme di queste strutture racchiude alcune fra le più importanti testimonianze del rinascimento napoletano. Lo storico ospedale degli Incurabili attesta un'attività umanitaria e sanitaria rivolta all'assistenza dei cosiddetti malati incurabili. Il cortile vanta due fontane storiche, gli scaloni monumentali e il "pozzo dei pazzi", un pozzo dove venivano calate le persone in stato di agitazione per farle calmare. Farmacia degli Incurabili quasi del tutto intatta, è composta da due sale contenenti l'originaria scaffalatura in legno, sulla quale sono collocati circa 400 preziosi vasi in maiolica dell'epoca. La farmacia, a cui si accede dal cortile, si deve alla ristrutturazione dell'antica spezieria cinquecentesca. Giardino dei Semplici degli Incurabili presenta diversi "semplici" ovvero fiori e specie vegetali, in passato ampiamente utilizzate in campo farmacologico. Fra queste abbiamo un albero di canfora dalla considerevole altezza di 35 metri, un Eucalipto, una Camelia, un tasso e diverse strelitzie
Porta San Gennaro è la più antica porta della città di Napoli, menzionata già in documenti risalenti all'anno 928, quando era dilagata la paura dei Saraceni che avevano già distrutto la città di Taranto. Era l'unico punto di accesso per chi proveniva dalla parte settentrionale della città. Il nome di Porta San Gennaro deriva dal fatto che di qui partiva anche l'unica strada che portava alle catacombe dell'omonimo santo. In età ducale la porta fu ricostruita poco lontano dal luogo originale, tra Caponapoli e il vallone di Foria, nei pressi del Monastero di Santa Maria del Gesù delle Monache. Già dal X secolo si hanno testimonianze che la porta veniva denominata di San Gennaro. La porta veniva detta anche del tufo perché da essa entravano i grandi blocchi di tufo delle cave del vallone della Sanità. Nel 1537 fu ancora spostata e furono eliminate le due maestose torri fortificate che la fiancheggiavano, occupando la collocazione che ancora oggi conserva su via Foria, di fronte a piazza Cavour, inglobata nel complesso edilizio che gli è stato costruito intorno.