Per questo mi chiamo Giovanni

Giovanni stava studiando Garibaldi nella sua stanza per il giorno dopo e rimane colpito dall"Obbedisco" quando il re ordina di abbandonare la marcia.

In quel momento entra nella stanza suo padre che per mestiere si occupa di aprire negozi di giocatoli. 

Il padre entra e gli pone la domanda che cosa fosse successo al suo compagno di classe Simone che era caduto e si era rotto il braccio. 

Ma il motivo vero della visita del padre era per chiedergli se loro due potevano fare una “gita” assieme il giorno dopo.

La mattina seguente Giovanni e il padre vanno a fare questa “gita” ed escono per le vie di Palermo.

L’uomo guida fino a via Castrofilippo e gli mostra il luogo dove era nato il giudice Falcone. 

Giovanni e il papà vanno poi al mare e il padre racconta la storia della scelta di Falcone di iscriversi all’Accademia di Livorno, gli mostra le tristi lettere dei genitori che sentivano la sua mancanza, gli racconta della scelta definitiva per gli studi di legge. 

Dopo un bagno in mare, in spiaggia il padre spiega a Giovanni che la parola mafia compare nel 1868 e significa miseria e prepotenza. 

Il padre spiega come sono organizzate le famiglie mafiose e come si svolge la cerimonia di iniziazione di un nuovo mafioso. Cerca nel vocabolario la parola mafia e la definisce. 

Questi racconti mettono molta rabbia in Giovanni; per tutta quella crudeltà anche il bagno in mare gli sembra più brutto.

Giovanni Falcone a Palermo fa fatica a trovare prove perché nessuno vuole parlare, come se tutti fossero minacciati di morte. 

Nel tribunale di Palermo viene allestita un'aula bunker  e l’11 Febbraio del 1986 inizia il maxiprocesso. Sono presenti 210 imputati e anche molti pentiti. Giornali e TV non parlano di altro e Cosa Nostra è sotto gli occhi di tutti. 

Davide Corona