Il Manifesto degli Scienziati antirazzisti (2008)


Il 5 settembre 1938 nella Tenuta di San Rossore, vicino a Pisa fu firmata dal re d’Italia Vittorio Emanuele III la promulgazione delle leggi razziali. Era guidata ‘scientificamente’ dal Manifesto degli scienziati razzisti che fissava le basi del “razzismo fascista”.

Redatto nel luglio dello stesso anno da autorevoli docenti universitari sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare fascista, quel Manifesto fu avallo a quelle leggi e l’università italiana tradì i pilastri fondativi della missione docente e di ricerca: il suo ruolo di garante della libertà di pensiero critico e del rispetto dei valori etici.

I docenti delle Università italiane furono così direttamente complici e responsabili di espulsioni di altri docenti, di tutti gli studenti di origine ebraica e della chiusura di tutte le iscrizione agli studenti ebrei fino alla fine della guerra. Accompagnarono così lo sterminio, giustificando alla società rancorosa del tempo, una visione del mondo aberrante, suprematista e come tale, genocidaria. Gli ebrei italiani vittime dell’Olocausto furono oltre 7 mila.

Nel 2008, in uno stesso 5 settembre, nello stesso luogo, la pineta pisana di San Rossore, a settant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali, ‘corroborate’ dagli enunciati del Manifesto razzista, alcuni rappresentanti delle istituzioni accademiche italiane, hanno, in una giornata di convegno storico, chiesto alla Comunità ebraica e alla società italiana intera simbolicamente scusa per un atto compiuto da generazioni passate di docenti e studiosi. Ma hanno fatto di più: hanno scelto di smontare punto per punto l’intera e dettagliata architettura pseudoscientifica, richiesta dal regime fascista a sostegno dell’antisemitismo italiano. E’ nato così il Manifesto degli scienziati antirazzisti italiani del 2008.

Su proposta dell’allora Presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, il Prof. Marcello Buiatti, autorevole genetista dell’Università di Firenze, aveva infatti organizzato con un gruppo di dieci studiosi (tra cui il Nobel Rita Levi Montalcini) un coordinamento per la stesura del Contro-Manifesto “degli Scienziati Italiani Antirazzisti”. Un documento specularmente opposto a quello del 1938. Nella sua articolazione rispondeva con dieci contro-argomentazioni confutatorie e ricche di nuovi dati scientifici, a ciascuno dei dieci articoli di quello fascista.

Nel Manifesto del 2008, la confutazione scientifica di quelli che erano pseudo-enunciati scientifici metteva infatti a frutto l’avanzamento nella seconda metà del XX secolo delle ricerche in genetica, paleantropologia, antropologia culturale, in storia del territorio e delle sue migrazioni remote, nelle scienze della mente e nella nuova filosofia della scienza.

Il quadro antitetico che emergeva è difficile da ignorare. Di certo non può, né potrà impedire rigurgiti razzisti nel corso del tempo, ma offre la limpidezza di dati e un modello di ragionamento scientifico interdisciplinare quale era quello disponibile a fine millennio. Un’utile dotazione di anticorpi, anche metodologici, per il futuro, di fronte al rinnovarsi di quel tipo particolare di aggressione che sono le falsità ammantate da verità: il fenomeno che oggi indichiamo come fake news, rivela radici remote.


Elena Gagliasso

1. Le razze umane non esistono.

L’esistenza delle razze umane è un’astrazione derivante da una cattiva interpretazione di piccole differenze fisiche fra persone, percepite dai nostri sensi, erroneamente associate a differenze “psicologiche” e interpretate sulla base di pregiudizi secolari. Queste astratte suddivisioni, basate sull’idea che gli umani formino gruppi biologicamente ed ereditariamente ben distinti, sono pure invenzioni da sempre utilizzate per classificare arbitrariamente uomini e donne in “migliori” e “peggiori” e quindi discriminare questi ultimi (sempre i più deboli), dopo averli additati come la chiave di tutti i mali nei momenti di crisi.

2. L’umanità non è fatta di grandi e piccole razze.

È invece, prima di tutto, una rete di persone collegate. È vero che gli esseri umani si aggregano in gruppi di individui, comunità locali, etnie, nazioni, civiltà; ma questo non avviene in quanto hanno gli stessi geni ma perché condividono storie di vita, ideali e religioni, costumi e comportamenti, arti e stili di vita, ovvero culture. Le aggregazioni non sono mai rese stabili da DNA identici; al contrario, sono soggette a profondi mutamenti storici: si formano, si trasformano, si mescolano, si frammentano e dissolvono con una rapidità incompatibile con i tempi richiesti da processi di selezione genetica.

3. Nella specie umana il concetto di razza non ha significato biologico.

L’analisi dei DNA umani ha dimostrato che la variabilità genetica nelle nostra specie, oltre che minore di quella dei nostri “cugini” scimpanzé, gorilla e orangutan, è rappresentata soprattutto da differenze fra persone della stessa popolazione, mentre le differenze fra popolazioni e fra continenti diversi sono piccole. I geni di due individui della stessa popolazione sono in media solo leggermente più simili fra loro di quelli di persone che vivono in continenti diversi. Proprio a causa di queste differenze ridotte fra popolazioni, neanche gli scienziati razzisti sono mai riusciti a definire di quante razze sia costituita la nostra specie, e hanno prodotto stime oscillanti fra le due e le duecento razze.

4. È ormai più che assodato il carattere falso costruito e pernicioso del mito nazista della identificazione con la “razza ariana”,

coincidente con l’immagine di un popolo bellicoso, vincitore, “puro” e “nobile”, con buona parte dell’Europa,dell’India e dell’Asia centrale come patria, e una lingua in teoria alla base delle lingue indo-europee. Sotto il profilo storico risulta estremamente difficile identificare gli Arii o Ariani come un popolo, e la nozione di famiglia linguistica indo-europea deriva da una classificazione convenzionale. I dati archeologici moderni indicano, al contrario, che l’Europa è stata popolata nel Paleolitico da una popolazione di origine africana da cui tutti discendiamo, a cui nel Neolitico si sono sovrapposti altri immigranti provenienti dal Vicino oriente. L’origine degli Italiani attuali risale agli stessi immigrati africani e mediorientali che costituiscono tuttora il tessuto perennemente vivo dell’Europa. È solo la subalternità dell’Italia fascista nei confronti dell’alleato nazista che ha portato anche il nostro popolo alla stessa identificazione con gli “ariani”.

5. È una leggenda che i sessanta milioni di italiani di oggi discendano da famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio.

Gli stessi Romani hanno costruito il loro impero inglobando persone di diverse provenienze e dando loro lo status di cives romani. I fenomeni di meticciamento culturale e sociale, che hanno caratterizzato l’intera storia della penisola, e a cui hanno partecipato non solo le popolazioni locali, ma anche greci, fenici, ebrei, africani, ispanici, oltre ai cosiddetti ”barbari”, hanno prodotto l’ibrido che chiamiamo cultura italiana. Per secoli gli italiani, anche se dispersi nel mondo e divisi in Italia in piccoli Stati, hanno continuato a identificarsi e ad essere identificati con questa cultura complessa e variegata, umanistica e scientifica

6. Non esiste una razza italiana ma esiste un popolo italiano.

L’Italia come Nazione si è unificata solo nel 1860 e ancora adesso diversi milioni di italiani, in passato emigrati e spesso concentrati in città e quartieri stranieri, si dicono e sono tali. Una delle nostre maggiori ricchezze, è quella di avere mescolato tanti popoli e avere scambiato con loro culture proprio “incrociandoci” fisicamente e culturalmente. Attribuire ad una inesistente “purezza del sangue” la “nobiltà” della “Nazione” significa ridurre alla omogeneità di una supposta componente biologica e agli abitanti dell’attuale territorio italiano, un patrimonio millenario ed esteso di culture.

7. Il razzismo è contemporaneamente omicida e suicida.

Gli Imperi sono diventati tali grazie alla convivenza di popoli e culture diverse, ma sono improvvisamente collassati quando si sono frammentati. Così è avvenuto e avviene nelle Nazioni con le guerre civili e quando, per arginare crisi le minoranze sono state prese come capri espiatori. Il razzismo è suicida perché non colpisce solo gli appartenenti a popoli diversi ma gli stessi che lo praticano. La tendenza all’odio indiscriminato che lo alimenta, si estende per contagio ideale ad ogni alterità esterna o estranea rispetto ad una definizione sempre più ristretta della “normalità”. Colpisce quelli che stanno “fuori dalle righe”, i “folli”, i “poveri di spirito”, i gay e le lesbiche, i poeti, gli artisti, gli scrittori alternativi, tutti coloro che non sono omologabili a tipologie umane standard e che in realtà permettono all’umanità di cambiare continuamente e quindi di vivere. Qualsiasi sistema vivente resta tale, infatti, solo se é capace di cambiarsi e noi esseri umani cambiamo sempre meno con i geni e sempre più con le invenzioni dei nostri “benevolmente disordinati” cervelli.

8. Il razzismo discrimina, nega i collegamenti, intravede minacce nei pensieri e nei comportamenti diversi.

Per i difensori della razza italiana l’Africa appare come una paurosa minaccia e il Mediterraneo è il mare che nello stesso tempo separa e unisce. Per questo i razzisti sostengono che non esiste una “comune razza mediterranea”. Per spingere più indietro l’Africa gli scienziati razzisti erigono una barriera contro “semiti” e “camiti”, con cui più facilmente si può entrare in contatto. La scienza ha chiarito che non esiste una chiara distinzione genetica fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono state assolutamente dimostrate, dal punto di vista paleontologico e da quello genetico, le teorie che sostengono l’origine africana dei popoli della terra e li comprendono tutti in un’unica razza.

9. Gli ebrei italiani sono contemporaneamente ebrei ed italiani.

Gli ebrei, come tutti i popoli migranti (nessuno è migrante per libera scelta ma molti lo sono per necessità) sono sparsi per il Mondo ed hanno fatto parte di diverse culture pur mantenendo contemporaneamente una loro identità di popolo e di religione. Così è successo ad esempio con gli Armeni, con gli stessi italiani emigranti e così sta succedendo con i migranti di ora: africani, filippini, cinesi, arabi dei diversi Paesi , popoli appartenenti all’Est europeo o al Sud America ecc. Tutti questi popoli hanno avuto la dolorosa necessità di dover migrare ma anche la fortuna, nei casi migliori, di arricchirsi unendo la loro cultura a quella degli ospitanti, arricchendo anche loro, senza annullare, quando è stato possibile, né l’una né l’altra.

10. L’ideologia razzista é basata sul timore della “alterazione” della propria razza eppure essere “bastardi” fa bene.

È quindi del tutto cieca rispetto al fatto che molte società riconoscono che sposarsi fuori, perfino con i propri nemici, è bene, perché sanno che le alleanze sono molto più preziose delle barriere. Del resto negli umani i caratteri fisici si modificano più per effetto delle condizioni di vita che per selezione e i caratteri psicologici degli individui e dei popoli non stanno scritti nei loro geni. Il “meticciamento” culturale è la base fondante della speranza di progresso che deriva dalla costituzione della Unione Europea. Un’Italia razzista che si frammentasse in “etnie” separate come la ex-Jugoslavia sarebbe devastata e devastante ora e per il futuro. Le conseguenze del razzismo sono infatti epocali: significano perdita di cultura e di plasticità, omicidio e suicidio, frammentazione e implosione non controllabili perché originate dalla ripulsa indiscriminata per chiunque consideriamo “altro da noi”.

Autori e primi firmatari

Enrico Alleva, Docente di Etologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma

Guido Barbujani, Docente di Genetica di popolazioni, Università Ferrara

Marcello Buiatti, Docente di Genetica, Università di Firenze

Laura dalla Ragione, Psichiatra e psicoterapeuta, Perugia

Elena Gagliasso, Docente di Filosofia e Scienze del vivente, Università La Sapienza, Roma

Rita Levi Montalcini, Neurobiologa, Premio Nobel per la Medicina

Massimo Livi Bacci, Docente di demografia, Università di Firenze

Alberto Piazza, Docente di Genetica Umana, Università di Torino

Agostino Pirella, Psichiatra, co-fondatore di Psichiatria democratica, Torino

Francesco Remotti, Docente di Antropologia culturale, Università di Torino

Filippo Tempia, Docente di Fisiologia, Università di Torino

Flavia Zucco, Dirigente di Ricerca, Presidente Associazione Donne e Scienza, Istituto di Medicina molecolare, CNR , Roma