STORIE DEL SIGNIFICATO: il “secolo semantico” e le sue radici
“Significato” è uno dei termini più controversi della linguistica, anzitutto nella sua dimensione storica. Da un lato, il focus sul significato (e sulla sua natura pubblica/oggettiva) è la cifra del pensiero linguistico del Novecento, del linguistic turn e dell’ascesa del linguaggio a tema principe nelle scienze umane (da Frege a Wittgenstein, da Bréal a Saussure, da Peirce a Morris) – ma questa spinta propulsiva sembra essersi esaurita nel secolo attuale. Dall’altro, il significato come dominio, come tema e come problema c’è sempre stato (anche prima che Bréal desse un nome alla scienza del significato), e rimane tuttora sullo sfondo, anche se i termini “semantica” e “significato” non vanno più di moda.
Del resto, bisogna riconoscere che il termine ‘significato’, linguisticamente, pone non pochi problemi concettuali: esso infatti funziona solo in quanto opposto a ‘significante’, e suppone un ruolo passivo (“ciò che è significato” si oppone a “ciò che significa”). Inoltre, esso incorpora un riferimento al segno e non tutte le teorie del linguaggio sono semiotiche. Nella letteratura anglofona (in larga parte non semiotica) ‘meaning’ svolge invece l’ufficio di un participio presente, si riferisce all’intenzione, e non allude al segno (ma piuttosto al pensiero, ed eventualmente alla realtà extralinguistica). Frege d’altra parte ha introdotto nel mondo germanofono la distinzione tra Sinn e Bedeutung che ha avuto enormi ricadute sulla riflessione sia linguistica che semiotica.
Questa consistenza fantasmatica del significato, però, non permette di disfarsene davvero, perché la parola (e la nozione di) ‘significato’ hanno un saldo ancoraggio nel senso comune e nel sapere epilinguistico e metalinguistico (per cui si parla p. es. di significato della musica, delle immagini ecc.). Proprio in questo contesto gli studi storici assumono un ruolo fondamentale nel recuperare i problemi che avevano fatto emergere e dato centralità al significato negli studi teorici del Novecento, che spesso non tenevano (abbastanza) conto della storia delle idee.
Un primo modo per affrontare i temi del “secolo semantico” è proprio a partire dalle sue radici che affondano nel tempo, attraverso la storia del pensiero e le sue articolazioni canoniche (convenzioni necessarie almeno come punti di riferimento per la costruzione di un quadro generale). Quali aspetti del pensiero linguistico anteriore prefigurano i temi della semantica novecentesca? In questa prospettiva, parlare di “significato nell’antichità” potrà dire, in concreto, riferirsi alla tradizione grammaticale, ma anche ad alcune sue espressioni specifiche, quali il Cratilo o al Peri hermeneias o all’Ashtadhyayi, ecc. Quanto al Medioevo, il pensiero dei modisti, quello di Pietro Ispano e Roger Bacon, o la disputa sugli universali saranno oggetti possibili, accanto, per esempio al De Magistro o alla lettera 57 di Girolamo. E così si può ragionare per gli esordi dell’età moderna (che vedono, tra l’altro, una fioritura di grammatiche e dizionari – agevolata dall’invenzione della stampa), per il razionalismo del XVII e XVIII secolo (in cui linguaggio, pensiero e conoscenza si saldano in un nodo a cui molti si sono poi richiamati nel “secolo semantico”), e per l’Ottocento, dominato linguisticamente dalla grammatica storico-comparativa (tanto che il nome stesso di ‘semantica’ nasce per denotare una disciplina storica), ma non riducibile a questo paradigma.
Un secondo modo per guardare alla storia del significato è relativo alle diverse discipline che hanno a che fare con le lingue e col linguaggio, e alle loro interrelazioni. In questo caso, la grammatica (normativa, e spesso comprensiva del lessico) svolge un ruolo fondamentale, ma i saperi implicati sono molti: dalla retorica alla filosofia, dalla filologia alla lessicografia (comprensiva di sinonimia ed etimologia, nelle diverse declinazioni che questa ha assunto nel tempo), fino alla storia e alla didattica delle lingue. Se il posto (o la funzione) del significato non è il medesimo in tutte queste discipline, è vero che nessuna di esse è autonoma o isolata nel definire cosa il significato sia (p. es., i filosofi si sono richiamati all’etimologia, i filologi alla retorica, i grammatici alla logica, e chi si occupa di storia e di didattica non può non tener conto di queste diverse dimensioni).
Quando, nel Novecento, il significato diventa senz’altro l’oggetto di studio, i problemi (e dunque, la storia che se ne può fare) cambiano. Il primo che si presenta è la questione dell’inserimento di una semantica nel novero di altre sottodiscipline (fonologia, morfologia, sintassi) ben altrimenti formalizzate. La linguistica, infatti, aveva trattato il significato come una sorta di black box: non vi è bisogno di definirlo, ma non se ne può fare a meno, perché serve da sfondo per fare emergere le altre dimensioni (la prova di commutazione è solo il caso più evidente). In tempi ancora più recenti, la questione diviene quella della definizione dei limiti della semantica rispetto alle forme di “linguistica esterna” (e in primo luogo della pragmatica, onnipresente e invasiva, che sembra essersi “mangiata” la semantica nel XXI secolo). Se usciamo poi dalla linguistica stricto sensu, per rivolgerci alla semiotica e alla filosofia, l’intreccio tra questioni teoriche, costruzione della terminologia e ambiti di applicazione si fa ancora più fitto e difficile da districare: se “le stesse parole” non significano “le stesse cose” è perché sono diversi i problemi, gli approcci e – per così dire – le esperienze privilegiate da chi si occupa di significato, e non vuole più chiamarlo così. Per questo la semiotica strutturale (nella sua versione greimasiana/testualista) si concentra sul senso, quella interpretativa (derivata dalla lettura echiana di Peirce) parla di interpretazione/semiosi. In entrambi i casi, si fugge dall’esigenza di formalizzazione (interna ed esterna) che una nozione di significato in qualche modo esige, per concentrarsi sull’esperienza e sul processo della significazione. Analogamente, in filosofia del linguaggio, la svolta rappresentata dal cosiddetto “secondo Wittgenstein” e dalla filosofia del linguaggio ordinario ha sostituito le categorie di ‘uso’ e ‘forma di vita’ al significato (inteso in senso fregeano o saussuriano). Anche la relazione tra significato e ontologia (che nella storia aveva assunto forme diverse, da Platone a Ockham, da Leibniz a Frege) sembra passare in secondo piano dopo il colpo di coda rappresentato da Kant e l’ornitorinco.
Oggi che il significato non è più all’ordine del giorno, e abbiamo macchine parlanti che del significato non sanno che farsene (o così ci viene raccontato), il “secolo semantico” sembra lontanissimo. Ma forse, allora, è proprio la storia (del “secolo semantico” inquadrato nella “lunga durata”) che può darci una risposta non banale sul futuro del significato.
Proposte di comunicazioni o di panel sul tema del convegno, con riferimento a qualsiasi area, tradizione, periodo o autore appartenente alla storia delle idee linguistiche e semiotiche saranno prese in considerazione. Proposte contenenti un abstract di massimo 300 parole oltre a una bibliografia di riferimento (max 7 titoli) dovranno essere inviati per e-mail entro il 31 maggio 2025 a Emanuele Fadda, Giuseppe Cosenza e Paola Cotticelli. Le proposte saranno valutate dal comitato scientifico costituito dagli organizzatori e dal Direttivo Cispels.
Qui di seguito una lista (non esaustiva) di possibili argomenti e ambiti intorno ai quali formulare le proposte:
- Le radici storiche del secolo semantico: antichità e Medioevo, modernità e razionalismo, grammatica comparata e linguistica storica.
- Il posto del significato nelle diverse discipline che si occupano di lingue e linguaggio: grammatica e retorica, etimologia e histoire de mots, filosofia, filologia, lessicografia, storia delle lingue, didattica linguistica.
- La semantica e le altre dimensioni linguistiche: morfologia, lessico, sintassi, pragmatica, linguistica testuale.
- La terminologia semantica nel tempo (in prospettiva semasiologica e onomasiologica).
- “Accanto” (o “intorno”) al significato: riferimento, interpretante, inferenza, semiosi.
- L’articolazione del significato: dal significato “nucleare” alle connotazioni e alle accezioni.
- Significato e ontologia: l’articolazione semantica come descrizione del mondo.
- La dimensione assiologica del significato: significato e significatività.
Date importanti
Deadline per la presentazione delle proposte: 31 maggio 2025
Deadline per la presentazione dei panel: 30 aprile 2025
Comunicazione accettazione delle proposte: 31 luglio 2025
Comunicazione accettazione dei panel: giugno 2025
Comitati
Comitato organizzatore: Emanuele Fadda, Giuseppe Cosenza, Paola Cotticelli
Comitato scientifico: Direttivo CISPELS: https://cispels.altervista.org/direttivo.