Profilo Spirituale

La voce del Profeta

«Si collochi la mia salma in un luogo dove la preghiera venga spontanea e fervida...». E nel luogo ove sempre più si è pregato e dove sempre più si pregherà, nella chiesa di S. Francesco di Paola, presso la Casa Madre, in Montalto Uffugo (Cosenza) i suoi figli spirituali hanno tumulato il loro Padre e Fondatore, don Gaetano Mauro, proprio in quella chiesa ove l'11 febbraio 1931, mentre la folla si accalcava per l'avvenimento straordinario che era chiamata a vivere, aveva emesso primo catechista rurale i S. Voti, nelle mani di Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Carmine Cesarano, Vescovo di Campagna.

La voce di Mons. Cesarano, ferma e decisa come quella di un profeta, mostrava chiaramente la volontà di Dio e non restava che inginocchiarsi e pronunciare la formula: la riluttanza fortissima si mutò in pace e serenità del cuore; ma la voce del profeta di nuovo lo aveva scosso: «Ed ora, attenditi cose tremende».

«... E non sono mancate» e chiudeva gli occhi, quasi riandando a ritroso nel tempo a cercare i motivi, i sogni, gli ideali che gli avevano acceso nel cuore la "tentazione" così la chiama nei suoi scritti di promuovere un'opera nel seno della Chiesa.

Il 21 novembre del '38, a Petilia Policastro (CZ), in una conferenza rimasta celebre, perché da lui stesso chiamata «un bel sogno d' amore per la nostra regione» e perché indirizzata «a tutti gli uomini di buona volontà» aveva espresso di avere «nell'animo un tormento che ancora dura e che durerà finché il Signore misericordioso non gli conceda di veder realizzato un sogno bellissimo che lo ha sempre inebriato e confortato pur attraverso prove e contrasti durissimi».

Tormento quotidiano

Il tormento nasceva dall'esperienza quotidiana delle difficili condizioni di vita della gente dei campi: «spettacolo che perdura ancora, che per me è stato sempre tristissimo».

«E’ venuto qualche volta a voi, o amici, e benefattori nostri, di pensare alla triste condizione di tanti poveri fanciulli che vivendo a dieci e quindici chilometri dal centro abitato, con genitori che si preoccupano solo del lavoro materiale, vivono dispersi per le nostre campagne, senza vedere mai una funzione religiosa e senza quei sollievi morali che divertendoli li istruiscano e li educhino?

Un tempo, i genitori nelle campagne supplivano in qualche modo alla mancanza del sacerdote, ed erano poche le famiglie dove non si recitasse il S. Rosario o non si leggesse una paginetta della Storia Sacra; oggi invece va penetrando nelle campagne uno spirito di indifferentismo che fa paura; la preghiera in comune è trascurata, il catechismo dai genitori non lo si insegna più e i fanciulli vengono su col solo pensiero di badare al gregge o di raccogliere erbe.

Ne avviene per conseguenza che la vita di questi piccoli cari figliuoli, senza assistenza religiosa e morale, diventa sempre più pericolosa e pesante, e quando essi (o per l'America o per la vita militare) vengono messi all'improvviso a contatto con un ambiente tutto diverso, ne restano talmente presi che sentono ripugnanza a ritornare poi ai loro campi e vanno ad ingrossare le file di quei poveri illusi che attratti dalle false lusinghe della città, rinunziano per sempre alla vita pura e feconda della campagna».

Questo tormento quotidiano si faceva quindi ansia di apostolato: «Noi andiamo nelle campagne e diciamo che la terra è degna di essere amata perché fonte di virtù, di salute, di ricchezza vera.

Diciamo che i problemi che la riguardano sono degni di essere studiati assiduamente e profondamente coi criteri delle scienze moderne più progredite.

Nessun altro studio potrà essere più fecondo per la nostra Patria...

Noi accogliamo l'operaio e gli diciamo che il lavoro è una benedizione di Dio, che egli deve essere eccellente nella sua arte, perché il vero cristiano è ottimo in tutte le manifestazioni della sua vita; mentre il mondo corre al piacere, educheremo la gioventù alla purezza; mentre nel mondo gli uomini si dilaniano, noi educheremo i giovani all'apostolato, che è dedizione di sé, che è fiamma di carità... ».

Non era ancora un programma: era una volontà decisa a donare tutto per l'apostolato agricolo, a svegliare gli animi, a raccogliere tutte le energie possibili intorno a questo ideale: «lanciamo perciò il nostro caldo appello a quanti attendono ansiosi che si presenti una bella occasione di fare del bene e gridiamo a tutte le anime generose e di buona volontà: sentite, sentite cosa noi vogliamo : il trionfo di Cristo Re sulla terra e in ogni cuore... il mio primo appello perciò è rivolto ai Calabresi e alla classe che può e deve agire, e cioè, alla classe di coloro che hanno grandi mezzi morali e materiali».

Sogni che diventano realtà

Quando nel giugno del 1928 sul bolletino "Sempre più in alto" parla di «sogni che diventano realtà», c' è già una piccola comunità con un programma ormai ben delineato e approvato dall'Arcivescovo di Cosenza, Tommaso Trussoni: «Mi sono dato a tutto uomo a far sorgere la nostra piccola Istituzione ... le ho dato il nome di Congregazione dei Missionari Rurali, che popolarmente vengono chiamati ARDORINI dal motto ARDOR che sta nel centro del nostro stemma; le ho dato questo programma: la Congregazione, composta di sacerdoti e fratelli coadiutori, ha per fine specifico l'assistenza religiosa e sociale dei figli dei campi in modo che questi si educhino ad amare e rendere sempre più bella la vita rurale, essa perciò col suo apostolato vuole contribuire a restaurare la bella famiglia cristiana che un tempo faceva di ogni casa colonica un santuario, a ridare al nostro contadino la serena letizia della vita rurale che egli ha cercato e cerca di cambiare con gli effimeri piaceri della vita cittadina, ad arrestare il continuo e dannoso abbandono della vita dei campi educando i piccoli campagnuoli a sentire tutta la nobiltà del lavoro agricolo».

Il seme era gettato, costato già «ansie, delusioni amare, silenziose lacrime»; ma, «man mano che ci siamo avanzati per la via dell’ubbidienza, abbiamo visto sempre meglio la volontà del Signore ed oggi attendiamo con sicura speranza di votarci a lui».

La parola d'ordine

Il 18 dicembre 1928 i voti dei primi membri: attorno all'Eucarestia nasce la Chiesa, attorno all'Eucarestia nascono i Missionari Rurali: «Ai primi fanciulli che nel 1921 vedemmo stringersi intorno consigliammo la visita al SS. Sacramento ogni giorno, era il primo passo, oggi invece che quei fanciulli sono giovani esuberanti di vita diciamo loro: Siate anime eucaristiche! Ecco la parola d'ordine che la sera dell'8 dicembre rivolgemmo alla magnifica schiera di giovani che circondavano l'altare della Vergine, ed ecco il segreto di quella santa energia che dieci giorni dopo spingeva tutti loro a consacrarsi all'ARDOR».

L'Eucaristia

E sul tema dell'Eucarestia non avrà mai abbastanza parole per magnificarne i tesori di grazie e la fecondità del ministero sacerdotale; anzi l'Eucarestia è sempre stato il suo vero ideale; e anche scrivendo nelle Costituzioni: «L'insegnamento catechistico ai piccoli e ai grandi deve formare la caratteristica delle missioni ardorine», dichiara che ogni insegnamento deve «spingere sempre più questi cari piccoli alla pietà eucaristica».

Catechismo ed Eucaristia

Catechismo e Eucarestia si compenetrano nella sua vita e nel suo insegnamento: «Se noi parliamo di Dio Uno e Trino, di Dio Creatore del cielo e della terra: facciamo loro notare che un Dio così grande, così potente, così immenso, ha voluto per nostro amore restare fra noi nel SS. Sacramento dell'altare.

Parliamo del Paradiso, del Cielo, degli Angeli: ma facciamo sentire che sulla terra noi abbiamo il Paradiso, il nostro cielo, nel tabernacolo intorno al quale gli angeli si avvicendano in continua adorazione.

Parliamo loro della legge che il Signore ci ha dato per raggiungerlo nella vita eterna, ma facciamo anche sentire che le passioni e le tentazioni ci spingono a trasgredire questa legge, noi abbiamo a nostra disposizione il pane dei forti.

Parliamo del Papa, della Chiesa, dei Vescovi, dei sacerdoti: ebbene, facciamo notare che affinché questi possano compiere il lavoro da Dio assegnato, è necessario che noi li raccomandiamo ogni giorno e più volte al giorno a Gesù vivente nel Tabernacolo.

Non vi è lezione di catechismo che non si presti ad essere da noi trasformata in una lezione di palpitante vita eucaristica».

Del resto l'Eucarestia aveva acceso intorno a lui ogni entusiasmo.

A questo fuoco sacro aveva scaldato l'ardore dei giovani del suo Ricreatorio a Montalto Uffugo; spinti da questo amore quei giovani gli "rubavano" la chiave della chiesa per corrervi a fare adorazione; da quei giovani aveva ascoltato per la prima volta l'invito che diventerà poi ansia inquietante: perché nelle feste non andiamo in campagna a insegnare catechismo? Abbiamo trovato tanti ragazzi che non sanno fare neanche il segno della croce!

Il colloquio

Li aveva galvanizzati quei giovani, e per loro avrebbe osato tutto. Li accoglieva tutti e li trasformava; un po’ di lettura spirituale, una visita al SS. Sacramento, il Rosario. e soprattutto il contatto personale, il "colloquio" con ognuno di essi, l' incontro cuore a cuore dove l'uno si chinava a togliere con delicatezza le spine insorgenti e l'altro si lasciava contagiare e trascinare da una fede fervida e travolgente.

Era allora un intendersi a vicenda; alla maggiore sincerità dell' uno nel saper accogliere, ascoltare, affrontare situazioni, consigliare, incoraggiare, convincere: «Continua ad essere sempre contento come ti senti ora; ma bada che lo devi essere ancora di più quando il Signore ti visita con qualche prova dolorosa; allora sarai un ottimo discepolo di Colui che è morto in croce per la nostra salvezza» ... «Vivi e perfeziona sempre la tua vocazione»... «Va avanti con piena fiducia, e non dubitare di nulla per l’avvenire»... «Anche se dovessi agonizzare come Gesù nel Getsemani. non sgomentarti. Comprendo la tua pena, ma con tutta coscienza ti dico: resisti alla prova anche se ti senti morire, perché il Signore suole permettere queste cose per una nostra maggiore purificazione».

E tale sua bontà non si arrestava al singolo, ma abbracciava tutti coloro che potevano avvicinarlo.

Per tutti trovava parole di conforto e di sostegno alla sorgente perenne che è Cristo, attraverso il contatto fervido e costante della preghiera.

Il metodo educativo

Tutto il suo "metodo" lo mutuava da don Bosco, il "suo don Bosco"; a lui ispirava ogni sua azione: era il suo modello.

Né mancò mai di recarsi ai luoghi di don Bosco con vera devozione: «Appena uscito dalla prigionia nel campo di concentramento di Katzenau (Austria) il mio primo pensiero fu quello di andare a pregare sulla tomba di don Bosco a Valsalice. Gittai nella bussola delle offerte per la sua causa di beatificazione una piccola sterlina in oro che non ricordo come mi era rimasta in tasca per qualche estrema necessità... Don Ricaldone mi fece dormire nella camera del secondo successore di don Bosco don Albera. Ma come dormire, quella notte?».

E quando don Bosco venne innalzato agli onori degli altari, ancora espresse la «la riconoscenza di figli che da lui hanno tratto l'esempio e dalla sua prodigiosa azione sono stati spinti a sognare il sorgere di un' opera che porti tra gli umili sperduti figli dei campi la parola della fede», aggiungendo: «Forse nessuno ha goduto al par di noi per tanta gloria tributata a don Bosco. Gli stessi figli della sua Congregazione... non avranno forse sentito ciò che abbiamo sentito noi!».

Un altro grande amore, la Madonna

Un altro grande amore c' era nel suo cuore: La Madonna.

«La Madonna: la nostra impareggiabile regina di cui ogni cuore è affascinato, è innamorato. La Madonna: la mamma piena di tenerezza e di amore».

«Da lei e per Lei ci sono venute tutte le grazie che oggi fanno palpitare il nostro cuore di tanta amorosa gratitudine».

La devozione alla Madonna ebbe per lui una espressione ben delineata e precisa: il Santuario della Madonna della Serra di Montalto Uffugo: «Le grazie del passato hanno ingigantito la mia fede e se due volte all' anno scrivo ai miei benefattori intorno alla Madonna nostra è appunto per infondere nei loro cuori una fede vivissima e una devozione illimitata verso di Lei».

Il candore della sua fede nella Vergine SS.ma della Serra era addirittura disarmante come avvenne per esempio quando in visita al Prelato Pontificio di Pompei gli raccomandò di affidarsi per la salute di sua mamma alla Madonna della Serra.

E per la verità aveva ragione di far cosi se si pensa che la Vergine della Serra fu (poteva mancare?) all'origine della Congregazione dei Catechisti Rurali: «un gruppo di giovanetti uniti strettamente fra loro dalla devozione alla Beata Vergine della Serra alla quale si consacrarono nel 1924. Niente altro contiene la nostra storia».

Il Santuario della Madonna della Serra

Spese tutta la vita per la ricostruzione del Santuario della Serra e per diffonderne la devozione: «Come sarei felice se sapessi che in tutte le famiglie dei nostri benefattori si recita ogni sera il Santo Rosario! Non c’è mezzo più potente per mantenere uniti tutti i cuori in una casa e per vincere tutte le difficoltà della vita».

Lui che scriveva: «per due volte mi sono visto ridonata la vita»; dalla Vergine SS. della Serra non si stancava mai di ripetere: «Apriamo dunque il cuore alla fiducia, se è vero che siamo sulla terra gli esuli figli di Eva, è ancor vero che l'affetto di un'altra Madre ci accompagna, ci sostiene, ci rialza fin tanto che la nostra povera anima abbattuta dai venti e dalle tempeste della vita non arriverà al suo amplesso materno che darà all'anima l'oblio d'ogni dolore passato, la certezza della felicità eterna ...».

Amore e dolore

Con questa fede è vissuto momento per momento. La sua vita ebbe, si può dire, due fasi diverse: la prima piena di ardore, di slancio, di movimento, di realizzazioni; la seconda costellata di sofferenze fisiche e morali atroci.

Agli anni movimentati degli entusiasmi seguirono gli anni della meditazione e della pena dello spirito.

«Si tratta di angustie in cui l'animo viene a trovarsi senza sapere il motivo e senza che si possa trovare il modo di liberarsene. Unico vero mezzo di sollievo è la preghiera e specialmente le nostre abituali giaculatorie».

Così l’imitazione di Cristo che annunzia la buona novella e opera il bene a favore della gente più povera, si completò con la partecipazione alla Croce e Passione del Signore.

Nel lontano 1907, a diciannove anni, nel ricevere l'accolitato, aveva fatto questa preghiera: «O Gesù, che questo primo mio passo verso il tuo Santo Monte sia diretto sulle tue orme; che la mia vita possa compendiarsi in queste due parole: Amore e Dolore».

Il Signore l’ha preso in parola. Gli ha dato un grande amore alle anime, specialmente ai giovani, forse come a don Bosco, forse come a S. Francesco di Paola; ma gli ha dato pure grandi dolori che egli ha saputo accogliere con umiltà e pazienza.

Tra i più sofferti dolori, quello dell'esiguità della sua Opera non l'ha mai abbandonato: pure trasfigurando tutto nella luce della fede scriveva: «Siamo un niente; e un vero niente ci sia dato di essere in mano di Dio. Noi nulla abbiamo di ciò che forma la gloria, il successo, la potenza di un’opera. Se avessimo queste grandezze umane temeremmo che Dio non fosse con noi. Noi ci facciamo innanzi muniti della benedizione della Chiesa».

Le vere gioie

«Nella lettera con cui l’11 febbraio 1931 presentai le Costituzioni ai primi Catechisti Rurali, vi sono delle frasi che devono formare tutto un programma di vita per il presente e per il futuro della nostra Congregazione.

Le vere gioie di cui vi parlo dovranno essere spremute al torchio dei più grandi dolori, dovranno rifulgere nello squarcio delle più folte tenebre».

Debbo dire che allora ero quasi inconsapevole di quanto scrivevo, ma col passar degli anni... ho dovuto convincermi che non è possibile vedere sorgere opere di bene senza che si tengano sempre presenti le parole del Maestro Divino: «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».

Quando egli disse che il discepolo non può essere diverso dal Maestro, voleva appunto far comprendere che avendo salvato il mondo col sacrificio della Croce, nessun altro bene si sarebbe potuto fare se non abbracciandosi alla Croce medesima... Ma dopo tutto debbo dire che se dovessi incominciare da capo non esiterei a camminare per la stessa via per la quale si è camminato».

Su questa via il cammino in realtà è continuato fino alla morte.

Ora, erede del suo grande cuore rimane la Congregazione dei Pii Operai Catechisti Rurali, la Famiglia Ardorina.

Essa guarda alle mete e agli orizzonti tracciati dal suo amatissimo Padre, in comunione di fede e nell'attesa vigile che l'ora del Signore si compia.