Il Cuore in cucina
(….) “ La vita è tenebre se non vi è slancio, e ogni slancio è cieco se non vi è conoscenza, e ogni conoscenza è vana se non vi è un operare, e ogni operare è vuoto se non vi è amore. Poichè se cuocete il pane con indifferenza, cuocerete un pane amaro, che sfamerà solo a metà la fame dell’uomo. E se spremerete l’uva controvoglia, il vostro malanimo distillerà veleno nel vino”
(Tratto da “Il lavoro “ di Kahlil Gibran)
“ La casuzza s’attrovava al centro di dù sarme di terra bona coltivata a orto. L’orto ‘nzemmula alle ova, era quello che dava da mangiari a tutti.Ogni mattina uno dei dù figli, a turno, scinniva ‘n paisi con lo scecco carrico per vinniri strate strate virdura bella frisca, e qualichi frutto di stascione, patati novelle, favuzze, ciciri virdi, cucummareddri, e cucummari. In un’orata e mezza massimo ogni cosa viniva vinnuta, pirchì si trattava di robba curata con affizioni da Bartolomè e dai sò figli e l’affizioni si senti macari nel sapore”
(Tratto da “ La regina di Pomerania e altre storie di Vigata” di Andrea Camilleri) Maternità di Gustav Klimt
IL PANE DI MATERA
Il pane fa parte della storia, della cultura e della tradizione materana; ha rappresentato ricchezza, civiltà e vita. Simboli e riti ne hanno accompagnato il cammino storico. I preparativi per la panificazione erano lunghi e selettivi; iniziavano la sera precedente con la preparazione del lievito, ricavato con farina e polpa di frutta tenuta a macerare in acqua. Tale lievito veniva ulteriormente impastato con farina e acqua tiepida e conservato x l’intera notte in un recipiente d’argilla. La fermentazione notturna ne favoriva la crescita ed il volume per essere pronto per l’impasto finale. La massaia si alzava verso le quattro del mattino ed allestiva nella sua grotta-abitazione un'asse di legno dai bordi rialzati (il tavoliere), sul quale, dopo aver fatto il segno della croce, ammucchiava la farina. Al centro faceva un grande buco e vi versava la pasta lievitata della sera precedente, insieme con acqua tiepida e sale. Cominciava la lunga lavorazione dell’impasto, la massaia a pugni chiusi premeva e ripremeva, girava e rigirava l'impasto senza sosta. Quando la massa presentava delle bollicine e quindi era ben lavorata, la massaia la copriva con coperte di lana per la lievitazione; il luogo preferito era il letto matrimoniale, non solo perché era caldo dei corpi della notte, ma anche perché questo era il simbolo dell’amore e della lievitazione della vita. Il pane con le sue caratteristiche di colori, sapori e profumi creava nelle case un’atmosfera di festa e di sana soddisfazione per una fatica che allietava e univa la famiglia.
(Tratto da “INCONTRI” n°78/2003)
IL PANE
(…) Il pane, la spiaggia: due calori connessi, due attrattive complici, e ogni volta un mondo intero di gioie rustiche assale la nostra percezione. Il pane basta a se stesso perché è molteplice, non nel senso delle sue tante tipologie, ma per la sua essenza stessa giacchè il pane è ricco, è vario, il pane è un microcosmo. In esso si incorpora un’assordante varietà, come un universo in miniatura che svela le sue ramificazioni nel corso della degustazione. L’assalto, che di primo acchito si scontra con la muraglia della crosta, dopo che ha superato questa barriera resta sbalordito dalla remissività che gli riserva la mollica fresca. E’quasi sconcertante l’abisso che c’è tra la scorza screpolata, a volte dura come pietra, a volte semplice manto che cede ben presto all’offensiva, e la morbidezza dell’interno che si raggomitola nelle guance con carezzevole docilità. Le fessure della crosta sono come richiami al mondo campestre: sembrano solchi di aratro, e così ci troviamo a pensare al contadino sul far della sera, al campanile del paese, sono appena suonate le sette e lui si asciuga la fronte con il risvolto della giacca, fine del lavoro. Al momento dell’incontro fra la crosta e la mollica, invece, davanti al nostro sguardo interiore si materializza un mulino: attorno alla macina vola la polvere di grano, l’aria è satura di pulviscolo volatile. Attorno alla tavola ruminiamo tutti in coscienzioso silenzio. Lontano dai riti e dai fasti delle messe istituzionalizzate, senza arrivare all’atto religioso di spezzare il pane e rendere grazie a Dio, noi comunque ci univamo in una sacra comunione che ci faceva accedere, senza che lo sapessimo, a una verità superiore, decisiva tra tutte. E se alcuni di noi, vagamente consapevoli di questa orazione mistica, l’attribuivano banalmente al piacere di stare insieme, di condividere, nella convivialità e nel riposo delle vacanze, un’estasi consacrata, io sapevo che si sbagliavano solo perché non avevano le parole e gli strumenti per esprimere e illustrare una simile ascensione. Provincia, campagna, gioia di vivere ed elasticità intrinseca: nel pane c’è tutto questo, oggi come allora. Ecco perché il pane è il mezzo privilegiato grazie al quale perderci in noi stessi, alla ricerca di noi stessi. (Tratto dal libro “Estasi culinarie” di Muriel Barbery)
REMO BAVIERI
STORIA DEL PANE
Chapati, Knackebrod, bretzel, bagel ,pita… hanno tutti la stessa storia! In tutte le religioni il pane ha qualcosa di sacro perché è un dono della natura ed è frutto del lavoro dell’uomo ; assume inoltre significati elevati e simbolici :per gli ebrei e i cristiani rappresenta quell’essenza che può “sfamare” veramente la ricerca del senso della nostra vita.
12000 anni a.C.
I nostri antenati impastano polvere di ghiande schiacciate con acqua e cuociono l’impasto su lastre roventi: la focaccia è piuttosto dura. Migliorerà con la farina che ricavano dai cereali che imparano a coltivare.
2500 anni a.C
Gli antichi egizi coltivano i cereali sulle fertili sponde del Nilo. Piccole statue ritrovate nelle tombe dei faraoni riproducono tutti i gesti legati alla lavorazione della farina, dalla macinatura fino alla cottura: preparare il pane è un’arte! La scoperta del lievito avvenne per caso, ma pare che la paternità del pane lievitato sia da attribuire agli egizi. Questa è stata una grande scoperta perché l’uomo ha così imparato a preparare un pane tenero e soffice.
500 anni a.C
I greci furono i primi ad istituire i forni pubblici e le prime regole per la panificazione e ad aggiungere al primitivo composto di farina e acqua altri prodotti come il latte o le spezie.
150 anni a.C
Con i romani il pane diventa il cibo di tutti: una legge stabilisce che il prezzo della farina di frumento destinata al pane fosse inferiore. Vengono aperti i primi negozi di pane.
1300 d. C
Nel medioevo il pane bianco di frumento è di esclusiva dei signori. La popolazione mangia il pane nero fatto con altri cereali come l’orzo, il farro e la segale.
1789 d. C.
In Francia il frumento è raro e il prezzo sale. Sarà una delle cause della Rivoluzione francese.
PANE E DIGNITA’
Sono state tante le” guerre del pane”; ne ricorda una Alessandro Manzoni ne “ I Promessi Sposi” ( 10 novembre 1628 a Milano).
In tempi più recenti in vari Paesi ci sono state sommosse per il rincaro del prezzo del pane; oltre alla fame di cibo, c’è un’altra fame da saziare: il bisogno di democrazia e di un futuro migliore.